Contenuti del libro
Informazioni
Risposta: “Le città collaborative ed eco-sostenibili. Strumenti per un percorso multidisciplinare” di Stefania Tubertini è un libro che ti porta a scoprire come le città non siano più solo luoghi dove viviamo, ma veri e propri motori di cambiamento e cooperazione. Si parla di come le città stiano diventando sempre più protagoniste sulla scena mondiale, con una sorta di “paradiplomazia” che le fa agire in modo autonomo, stringendo accordi e partecipando a reti globali, anche in campi come i diritti umani e l’ambiente. Il libro esplora modelli urbani innovativi come le “smart cities”, le “sharing cities” e le “green and circular cities”, analizzando come queste realtà puntino sulla sostenibilità e sul benessere dei cittadini, spesso grazie alla tecnologia e a nuove forme di collaborazione. Un tema centrale è l’amministrazione condivisa, ovvero come cittadini e pubblica amministrazione possano lavorare insieme per il bene comune, basandosi sulla sussidiarietà e su patti di collaborazione. Vengono presentati strumenti concreti e casi studio da città italiane come Bologna, Torino, Capannori, Milano e Prato, mostrando come queste collaborazioni prendano vita e quali siano le sfide per farle funzionare al meglio. È un viaggio affascinante nel futuro dell’amministrazione urbana, dove la partecipazione civica e la sostenibilità ambientale sono le parole d’ordine per costruire città migliori.Riassunto Breve
Le città oggi non sono più solo parti di uno Stato, ma sono diventate attori importanti che possono fare da sole, anche a livello internazionale. Questo significa che non si studiano più solo come enti locali, ma come veri e propri “spazi socio-economici e politici unici”. Le città si stanno trasformando, e per descriverle si usano termini come “smart”, “green” o “sharing”, che spesso arrivano da altre materie e non solo dal diritto. Questo rende difficile classificarle in modo fisso, perché sono sempre in movimento e cambiano. Per studiarle bene, bisogna usare metodi che capiscano questa fluidità, guardando anche a regole meno formali e a idee che circolano. Le città, infatti, fanno “paradiplomazia”, cioè si muovono sulla scena internazionale con accordi propri e partecipando a reti globali, anche in campi che prima erano solo degli Stati, come i diritti umani o l’ambiente. Esempi come le “human rights cities” o le “sharing cities” mostrano come le amministrazioni cittadine lavorino insieme ai cittadini e ad altre organizzazioni, spesso usando la tecnologia, per risolvere problemi sociali, economici e ambientali. Si parla anche di “co-city”, dove la cura e il miglioramento delle città sono affidati all’intelligenza dei cittadini e alla collaborazione tra pubblico, privato e comunità. Progetti come gli “ecobarrios” in Sud America, che promuovono uno stile di vita sostenibile e la partecipazione della gente, dimostrano come le città possano diventare posti dove si sperimentano nuove idee per l’ambiente e la società. In generale, le città moderne sono attori complessi e attivi, capaci di influenzare le politiche a tutti i livelli, promuovendo un modo di governare basato sulla collaborazione, l’aiuto reciproco e la sostenibilità.Un aspetto fondamentale di questa trasformazione è l’amministrazione condivisa, un modo di gestire i servizi pubblici che coinvolge attivamente i cittadini e le organizzazioni del terzo settore. Questo si basa sul principio di sussidiarietà, che significa che lo Stato o il comune supportano le iniziative dei cittadini, invece di fare tutto da soli. La Costituzione, in particolare l’articolo 118, già prevedeva questo, incoraggiando i cittadini a prendersi cura degli interessi comuni. A livello locale, i comuni sono centrali in questo processo, usando strumenti come regolamenti e “patti di collaborazione” per definire insieme ai cittadini come gestire i beni comuni e migliorare la vita di tutti. Anche le leggi nazionali, come il Codice del Terzo Settore, hanno aiutato a definire meglio queste collaborazioni, introducendo concetti come la “coprogrammazione” e la “coprogettazione”, che permettono alla società civile di partecipare alle decisioni e alla realizzazione dei servizi. Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) offre nuove opportunità per rafforzare questo modello, specialmente in settori come l’ambiente e la rigenerazione urbana.Per mettere in pratica queste collaborazioni, esistono diversi strumenti. Questi non sono solo leggi o soldi, ma anche modi di organizzarsi, informazioni e incentivi. La scelta dello strumento giusto dipende da molti fattori, non solo dall’efficacia, ma anche da quanto è facile metterlo in pratica e se la gente lo accetta. Le collaborazioni tra comuni e cittadini possono avvenire in tutte le fasi, dalla definizione del problema alla sua valutazione. Per capire meglio come funzionano, si possono dividere gli strumenti in base alle risorse usate: regole e norme, organizzazione degli uffici, finanziamenti e informazioni. Ci sono molti esempi in Italia che mostrano come i comuni usino combinazioni diverse di questi strumenti a seconda degli obiettivi: alcuni per dare una forma legale a iniziative già esistenti, altri per incoraggiare nuovi comportamenti, o per provare soluzioni innovative. La scelta e l’adattamento degli strumenti dipendono molto dal contesto locale, dalla storia dei rapporti tra amministrazione e cittadini e dalle risorse disponibili, spesso legate a finanziamenti esterni. Non esiste una soluzione unica, ogni comune deve trovare la sua strada, combinando gli strumenti in modo flessibile e adattandoli nel tempo in base all’esperienza e alle nuove opportunità.Riassunto Lungo
1. Le città come attori di cambiamento e cooperazione
Nuovi metodi di studio e il concetto di “diritto delle città”
Studiare le città in modo comparato richiede nuovi metodi e un superamento della visione incentrata solo sullo Stato. Le città, infatti, non sono più solo enti amministrativi interni agli Stati, ma stanno diventando soggetti politici e istituzionali autonomi. Questo cambio di prospettiva porta a considerare le città come “spazi socio-economici e politici unici”. Per comprendere appieno questo nuovo ruolo, è necessario abbracciare lo studio del “diritto delle città”, che va oltre il tradizionale studio del diritto degli enti locali.L’evoluzione delle categorie urbane e la sfida della classificazione
Le categorie usate per descrivere le città, come “smart”, “green”, “sharing” o “human rights”, derivano spesso da discipline non giuridiche e riflettono la loro continua evoluzione. Questo rende la classificazione complessa, poiché le città sono fenomeni dinamici e difficili da inquadrare in schemi rigidi. L’analisi comparata deve quindi adattarsi, usando strumenti che considerino la fluidità di questi fenomeni, con un’attenzione particolare al “soft law” e alle dottrine che ne accompagnano lo sviluppo.La “paradiplomazia” delle città e la collaborazione internazionale
Le città stanno assumendo un ruolo sempre più attivo a livello internazionale, sviluppando una vera e propria “paradiplomazia” attraverso accordi bilaterali e la partecipazione a reti globali. Questo avviene anche in settori tradizionalmente di competenza statale, come i diritti umani e le politiche ambientali. Esempi concreti di questo fenomeno includono le “human rights cities” e le “sharing cities”, dove le amministrazioni locali collaborano attivamente con cittadini e organizzazioni per affrontare sfide sociali, economiche e ambientali, spesso sfruttando le potenzialità delle tecnologie digitali.Il modello della “co-city” e l’innovazione sociale e ambientale
Questo approccio collaborativo si manifesta in modo significativo nel modello della “co-city”, dove la cura e la rigenerazione urbana sono affidate all’intelligenza civica e alla cooperazione tra settore pubblico, privato e comunità. Le iniziative come gli “ecobarrios” in America Latina, che promuovono uno stile di vita sostenibile e una forte partecipazione comunitaria, evidenziano come le città possano diventare veri e propri laboratori di innovazione sociale e ambientale, sperimentando nuove forme di convivenza e gestione del territorio.Le città come motori di cambiamento globale
Le città moderne si configurano come attori complessi e proattivi, capaci di influenzare le politiche a livello locale e globale. Promuovono modelli di governance basati sulla collaborazione, la solidarietà e la sostenibilità, diventando così motori di un cambiamento necessario per affrontare le sfide contemporanee.Se le città sono attori di cambiamento autonomi e proattivi, perché il capitolo insiste sulla necessità di un “diritto delle città” che sembra ancora in fase di definizione e non su un riconoscimento giuridico già consolidato a livello internazionale?
Il capitolo presenta le città come soggetti politici e istituzionali autonomi, capaci di condurre una propria “paradiplomazia” e di influenzare le politiche globali. Tuttavia, l’enfasi sulla necessità di studiare un “diritto delle città” e l’accenno al “soft law” suggeriscono che questo nuovo ruolo sia ancora in una fase embrionale o non pienamente codificato. Manca una chiara spiegazione del perché, nonostante questa presunta autonomia e proattività, le città non dispongano ancora di un quadro giuridico internazionale consolidato che ne sancisca formalmente il ruolo di attori autonomi, piuttosto che di meri enti locali delegati dagli Stati. Per approfondire questa apparente contraddizione, sarebbe utile esplorare le teorie di diritto internazionale pubblico che analizzano la soggettività degli enti sub-statali e le dinamiche di potere tra Stati e città nelle relazioni internazionali. Un autore di riferimento in questo ambito potrebbe essere Robert Keohane, le cui opere sulla governance globale e le reti transnazionali offrono spunti preziosi per comprendere l’evoluzione degli attori non statali sulla scena mondiale.2. Città, Diritti e Sostenibilità: Un Nuovo Paradigma Urbano
L’Evoluzione del Ruolo delle Città nel Contesto Globale
Le città stanno assumendo un ruolo sempre più centrale nelle politiche pubbliche e nelle relazioni internazionali. Questo cambiamento le rende attori fondamentali nel panorama globale, influenzando direttamente lo sviluppo e le interazioni tra nazioni e comunità.Modelli di Città per la Sostenibilità e il Benessere
Emergono diversi modelli che cercano di rispondere alle sfide contemporanee, ognuno con un approccio specifico alla sostenibilità e al benessere dei cittadini. Tra questi, le “smart cities” utilizzano la tecnologia per migliorare la vita urbana, sebbene si critichi un’eccessiva focalizzazione sull’aspetto tecnologico. Le “sharing cities”, invece, promuovono la condivisione e la collaborazione, puntando a creare valore per l’intera collettività piuttosto che sul profitto.Diritti Umani al Centro della Governance Urbana
Un aspetto cruciale è l’integrazione dei diritti umani nelle decisioni che riguardano le città. Le amministrazioni urbane si impegnano sempre più attivamente per garantire e promuovere i diritti fondamentali di chi vive e lavora al loro interno. Questo si traduce in politiche concrete volte a creare maggiore equità, inclusione e a tutelare l’ambiente.Città Verdi e Circolari: Un Approccio Ecologico
Le “green and circular cities” rappresentano un modello urbano che mette la sostenibilità ambientale al primo posto. Queste città adottano pratiche specifiche per ridurre l’impatto ecologico delle loro attività e per promuovere i principi dell’economia circolare. Gli “ecobarrios” sono esempi concreti di quartieri che incarnano questi approcci ecologici e comunitari, costruendo attivamente città più sostenibili.La “Paradiplomacy”: Le Città sulla Scena Internazionale
Si analizza inoltre il concetto di “paradiplomacy”, che descrive l’attività delle entità subnazionali, come le città, sulla scena internazionale. Questo fenomeno dimostra la crescente autonomia e influenza delle città nelle relazioni globali. Le città stabiliscono accordi, collaborano con altre realtà e promuovono i propri interessi, configurando un nuovo paradigma urbano. L’insieme di questi modelli e approcci rende le città protagoniste nello sviluppo sostenibile e nella tutela dei diritti dei cittadini.Se le “smart cities” migliorano la vita urbana tramite la tecnologia, ma si critica un’eccessiva focalizzazione su quest’ultima, come si garantisce che il benessere dei cittadini non venga sacrificato sull’altare dell’innovazione, soprattutto quando si parla di diritti umani e sostenibilità ambientale?
Il capitolo presenta modelli urbani distinti come le “smart cities”, le “sharing cities” e le “green and circular cities”, delineando un nuovo paradigma urbano in cui le città assumono un ruolo sempre più centrale nelle politiche pubbliche e nelle relazioni internazionali. Tuttavia, la critica rivolta alle “smart cities” per un’eccessiva focalizzazione tecnologica solleva interrogativi sulla potenziale disconnessione tra progresso tecnologico e benessere umano, specialmente in relazione ai diritti fondamentali e alla sostenibilità ambientale. Per approfondire questa problematica, sarebbe utile esplorare studi che analizzino l’impatto sociale ed etico delle tecnologie urbane, considerando approcci interdisciplinari che integrino scienze sociali, etica e urbanistica. Autori come Manuel Castells, con i suoi lavori sulla società in rete, o Jane Jacobs, con le sue critiche alle pianificazioni urbane astratte, potrebbero offrire prospettive preziose per comprendere le dinamiche tra tecnologia, comunità e diritti in contesti urbani complessi.3. Cittadini e Stato, un patto per il bene comune
L’Amministrazione Condivisa e la Sussidiarietà
L’amministrazione condivisa, o collaborazione civica, è un modo di gestire gli interessi comuni che coinvolge attivamente i cittadini. Questo modello si fonda sul principio di sussidiarietà: i poteri pubblici aiutano l’iniziativa dei cittadini, invece di fare tutto da soli.Le Basi Costituzionali e Locali
I principi fondamentali di questo approccio si trovano nella Costituzione, in particolare nell’articolo 118, che incoraggia i cittadini a prendere l’iniziativa per attività di interesse generale. Questo si collega anche ai valori di democrazia, uguaglianza e solidarietà. A livello locale, i comuni sono centrali nell’applicare l’amministrazione condivisa. Usano strumenti come regolamenti e patti di collaborazione. Questi accordi permettono a cittadini e amministrazioni di decidere insieme come prendersi cura dei beni comuni, migliorando la vita di tutti.Il Ruolo della Legislazione e del PNRR
Le leggi regionali e nazionali hanno sempre più riconosciuto e promosso questo modello. Il Codice del Terzo Settore, per esempio, ha introdotto strumenti come la co-programmazione e la co-progettazione. Questi ampliano le possibilità di collaborazione tra enti pubblici e organizzazioni del terzo settore. Anche il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) offre opportunità per rafforzare l’amministrazione condivisa. Questo è particolarmente vero in settori come la transizione ecologica e la rigenerazione urbana. È però importante assicurare un buon coordinamento tra le politiche nazionali e le iniziative locali. Questo aiuterà ad affrontare le sfide urbane in modo completo e con la partecipazione di tutti.L’amministrazione condivisa rappresenta un modo nuovo di intendere il rapporto tra cittadini e pubblica amministrazione. Promuove una gestione più partecipata e responsabile dei beni comuni e degli interessi di tutti.Se l’amministrazione condivisa si fonda sul principio di sussidiarietà, come si concilia questo con la potenziale “sostituzione” dello Stato, rischiando di creare vuoti di responsabilità o disparità nell’accesso ai servizi?
Il capitolo presenta l’amministrazione condivisa come un modello innovativo che coinvolge cittadini e terzo settore nella gestione dei servizi pubblici, basandosi sulla sussidiarietà. Tuttavia, l’idea che i privati possano “prendere il posto dello Stato quando necessario” solleva interrogativi cruciali sulla garanzia dell’universalità e dell’equità dei servizi. La potenziale discrezionalità nell’interpretare quando e come lo Stato debba essere sostituito potrebbe portare a frammentazione, disuguaglianze territoriali o settoriali, e una minore capacità di intervento in situazioni di crisi o fallimento dei soggetti privati. Per approfondire questa problematica, sarebbe utile esplorare le implicazioni della sussidiarietà orizzontale in relazione ai principi di uguaglianza sostanziale e alla responsabilità ultima dello Stato nel garantire i diritti fondamentali. Autori come Luigi Einaudi, nel suo pensiero sulla libertà e il ruolo dello Stato, o studiosi contemporanei di diritto amministrativo e politiche sociali che analizzano le forme di partenariato pubblico-privato e la loro regolamentazione, potrebbero offrire spunti preziosi per comprendere meglio i limiti e i rischi di un’eccessiva delega di funzioni pubbliche. È fondamentale analizzare criticamente come il quadro normativo, citato nel capitolo, riesca effettivamente a prevenire tali derive, garantendo al contempo la flessibilità necessaria per l’innovazione civica.5. La Cassetta degli Attrezzi della Collaborazione Civica
Gli Strumenti per Risolvere i Problemi Pubblici
Gli strumenti di policy sono i mezzi che le amministrazioni utilizzano per affrontare e risolvere i problemi della collettività. Questi strumenti servono a trasformare le idee in azioni concrete, e la collaborazione tra amministrazione e cittadini è considerata uno di questi strumenti essenziali. Accanto alla collaborazione, esistono altri modi per raggiungere obiettivi comuni, che vanno oltre le semplici leggi o i finanziamenti. La scelta di uno strumento rispetto a un altro non si basa solo sulla sua efficacia, ma anche sulla sua realizzabilità pratica e sull’accettazione da parte della società.Le Fasi della Collaborazione Civica
La collaborazione tra le amministrazioni locali e i cittadini può manifestarsi in diverse fasi del processo decisionale. Si inizia con la definizione del problema, un processo chiamato “co-commissioning”, per poi passare alla progettazione delle soluzioni, definita “co-design”. Successivamente, si arriva all’attuazione delle idee, nota come “co-delivery”, e infine alla valutazione dei risultati, o “co-assessment”. Per comprendere meglio come queste collaborazioni prendono forma, è utile categorizzare gli strumenti in base alle risorse che utilizzano: l’autorità, che comprende norme e regolamenti; l’organizzazione, che riguarda uffici e competenze; la finanza, che include fondi e incentivi; e l’informazione, che si manifesta attraverso campagne e piattaforme digitali.Esempi di Collaborazione in Italia
L’analisi di casi pratici in diverse città italiane, come Bologna, Torino, Capannori, Milano e Prato, dimostra come le amministrazioni impieghino diverse combinazioni di questi strumenti. A Bologna, ad esempio, la collaborazione è stata usata per la rigenerazione urbana e per creare un’assemblea dedicata al clima. Torino ha sperimentato il bilancio deliberativo, mentre Capannori ha puntato sull’economia circolare. Milano ha affrontato il tema dello spreco alimentare e Prato si è concentrata sulle foreste urbane. Queste diverse combinazioni di strumenti vengono scelte in base agli obiettivi specifici che si vogliono raggiungere. Alcune iniziative mirano a dare una base legale a progetti già avviati, come è successo a Bologna. Altre cercano di incoraggiare nuovi comportamenti, come a Capannori e Milano, mentre altre ancora puntano a testare soluzioni innovative, come nel caso di Torino.Adattare gli Strumenti al Contesto Locale
La scelta e l’adattamento degli strumenti dipendono fortemente dal contesto specifico di ogni territorio. Fattori come la storia dei rapporti tra amministrazione e cittadini e le risorse disponibili, spesso influenzate da finanziamenti esterni, giocano un ruolo cruciale. Non esiste una formula magica valida per tutti; ogni amministrazione deve trovare la propria strada, combinando gli strumenti in modo flessibile. È importante adattare questi strumenti nel tempo, imparando dall’esperienza e cogliendo le nuove opportunità che si presentano. Questo processo continuo di aggiustamento è fondamentale per assicurare che le iniziative collaborative siano non solo efficaci nel breve termine, ma anche capaci di durare nel tempo.Se la collaborazione civica è uno strumento “essenziale” per risolvere i problemi pubblici, come si concilia questa affermazione con la palese inefficacia o addirittura l’assenza di tale collaborazione in innumerevoli contesti storici e geografici, e quale validazione scientifica supporta l’universalità di questo “strumento” al di là delle specifiche esperienze italiane citate?
Il capitolo presenta la collaborazione civica come una soluzione universale e fondamentale per la risoluzione dei problemi pubblici, ma trascura di affrontare le ragioni profonde per cui, in molti casi, tale collaborazione non si concretizza o fallisce miseramente. Manca un’analisi critica delle barriere strutturali, culturali ed economiche che ostacolano la partecipazione civica effettiva, e si sorvola sulla potenziale strumentalizzazione di questi processi da parte delle amministrazioni stesse. Per una comprensione più completa, sarebbe utile approfondire la teoria della scelta pubblica, studiando autori come James M. Buchanan, per analizzare le dinamiche di potere e interesse che influenzano le decisioni politiche. Inoltre, un’esplorazione delle scienze politiche comparative, con particolare attenzione ai modelli di governance partecipativa e alle loro criticità, potrebbe fornire un quadro più equilibrato e contestualizzato.Abbiamo riassunto il possibile
Se vuoi saperne di più, devi leggere il libro originale
Compra il libro[sc name=”1″][/sc] [sc name=”2″][/sc] [sc name=”3″][/sc] [sc name=”4″][/sc] [sc name=”5″][/sc] [sc name=”6″][/sc] [sc name=”7″][/sc] [sc name=”8″][/sc] [sc name=”9″][/sc] [sc name=”10″][/sc]