Le elezioni italiane del 2013 e 2018 hanno determinato uno stravolgimento inedito del quadro politico. Partiti consolidati hanno subito un drastico ridimensionamento, mentre nuove forze come il Movimento 5 Stelle e la Lega hanno conosciuto un’ascesa significativa. Questo cambiamento non deriva primariamente da una variazione improvvisa e diffusa delle opinioni degli elettori su temi centrali quali l’Europa o l’immigrazione. La trasformazione si fonda piuttosto su una profonda e radicata crisi di fiducia verso la classe politica tradizionale. La percezione di inefficacia e la sfiducia nella capacità dei partiti di risolvere i problemi del paese hanno orientato le scelte. Lo spazio politico si ridefinisce: l’asse tradizionale sinistra-destra mantiene la sua rilevanza, ma si affianca a una dimensione inedita centrata sulla critica radicale alla democrazia rappresentativa e all’anti-establishment. Il voto si configura come un processo di riallineamento basato sulla sfiducia, non su mutamenti strutturali delle opinioni, evidenziando una società che interroga il ruolo e l’autorità dei propri rappresentanti.
1. Il crollo della fiducia e il terremoto elettorale italiano
Le elezioni italiane del 2013 e del 2018 hanno segnato un cambiamento politico molto importante. I partiti che solo pochi anni prima, nel 2008, raccoglievano insieme il 70% dei voti, come il Partito Democratico e Forza Italia (che allora si chiamava Popolo delle Libertà), hanno visto i loro consensi dimezzarsi. Nello stesso tempo, sono emerse con grande forza due nuove realtà: il Movimento 5 Stelle, che era appena nato sulla scena politica nazionale, e la Lega, che ha aumentato moltissimo i suoi voti. Questi partiti emergenti usavano un linguaggio e idee populiste e non avevano mai avuto esperienze di governo a livello nazionale. Le elezioni di quegli anni sono state considerate un evento fuori dal comune per la storia politica europea, con un grande e rapido spostamento di voti e una sensazione di incertezza sul futuro da parte degli elettori.Due modi di vedere il cambiamento
Si può guardare a questo cambiamento elettorale da due punti di vista diversi. Il primo si concentra sui motivi che hanno spinto gli elettori verso i nuovi partiti, come un possibile cambiamento nelle loro idee su questioni importanti. Il secondo punto di vista si concentra invece sui motivi che li hanno allontanati dai partiti tradizionali, come la perdita di fiducia nella loro capacità e onestà. Molte spiegazioni che si sentono più spesso tendono a concentrarsi sul primo punto, collegando il cambiamento a grandi trasformazioni globali e alla crisi economica. Si pensa che questi eventi abbiano modificato le opinioni degli elettori su temi come l’Europa, l’immigrazione e l’economia.La perdita di fiducia, la vera causa
Tuttavia, un’analisi più attenta suggerisce che la causa principale del cambiamento non è stata una modifica profonda e duratura delle idee degli elettori su questi temi. I dati mostrano piuttosto che il motivo fondamentale è stata una grave crisi di credibilità e di immagine della vecchia classe politica. Gli elettori hanno smesso di fidarsi della capacità dei partiti storici di risolvere i problemi del paese, soprattutto dopo la crisi economica legata al debito pubblico che c’è stata nel 2012. Questa sfiducia diffusa ha portato molti a “punire” i partiti che erano stati al centro della politica italiana per anni.Il ruolo del Movimento 5 Stelle
La nascita e l’affermazione del Movimento 5 Stelle ha reso più facile questo spostamento di voti. Presentandosi come una forza politica che non era né di destra né di sinistra, il M5s ha permesso agli elettori che prima votavano per il centro-sinistra o per il centro-destra di abbandonare i loro partiti senza dover passare direttamente allo schieramento politico opposto. In questo modo, è stato superato il tradizionale confine che divideva i due schieramenti principali. Il cambiamento elettorale è quindi soprattutto una conseguenza della crisi di fiducia nella classe politica tradizionale, più che una trasformazione delle idee degli elettori su questioni specifiche.Ma siamo sicuri che sia stata solo la sfiducia a muovere gli elettori, e non anche un reale cambio di idee?
Il capitolo, pur evidenziando giustamente il ruolo cruciale della crisi di fiducia, sembra minimizzare l’impatto di un possibile mutamento nelle idee degli elettori su temi centrali come l’economia, l’immigrazione o l’Europa. Le nuove forze politiche non si sono limitate a presentarsi come “pulite”, ma hanno proposto visioni e soluzioni specifiche che hanno evidentemente trovato riscontro. Per approfondire questo aspetto e capire quanto le “idee” (e non solo la sfiducia) abbiano pesato, sarebbe utile esplorare gli studi sul comportamento elettorale e sulla polarizzazione politica, considerando il ruolo dei fattori socio-economici e culturali. Autori come Pippa Norris o Cas Mudde, o analisti italiani del voto, possono offrire prospettive più sfaccettate su come sfiducia e cambiamento ideologico si intrecciano nei processi elettorali.2. La persistenza delle coordinate e il riassetto elettorale
Le categorie di sinistra e destra continuano a definire la competizione elettorale e servono da punti di riferimento per capire dove si posizionano i vari partiti. Anche se la società cambia e compaiono nuove questioni importanti, come quelle legate all’Europa o all’immigrazione, sia i partiti che gli elettori usano ancora queste etichette per orientarsi.L’asse politico tradizionale e il ruolo del M5s
Guardando come gli elettori erano disposti a votare per i principali partiti (M5s, Pd, Lega, Forza Italia) tra il 2013 e il 2018, si vede che lo spazio della politica è organizzato soprattutto lungo l’asse sinistra-destra. Questo asse mette uno contro l’altro il Partito Democratico da una parte e il gruppo formato da Lega e Forza Italia dall’altra. Il Movimento 5 Stelle si trova in una posizione centrale su questo asse, ma sembra anche agire su un piano diverso, che riguarda di più il rapporto tra chi governa e i cittadini.La separazione degli elettorati
Esiste una divisione netta tra chi vota a sinistra e chi vota a destra. Sono pochi gli elettori che sarebbero disposti a votare per partiti dello schieramento opposto a quello a cui si sentono tradizionalmente legati. Il Movimento 5 Stelle diventa così lo spazio dove si confrontano i partiti per conquistare gli elettori che non vogliono votare per i due blocchi tradizionali.L’atteggiamento verso l’Europa e l’effetto “sorting”
Col tempo, l’atteggiamento degli italiani verso l’integrazione europea è diventato più cauto e scettico. Nonostante questo, il tema dell’Europa non è stato il punto centrale della campagna elettorale del 2018. Però, le posizioni dei partiti sull’Europa sono viste come diverse: il Partito Democratico è percepito come più a favore dell’Europa, mentre la Lega è vista come più critica. Il legame tra le idee sull’Europa e il voto nel 2018 non è nato dal fatto che le opinioni degli elettori siano cambiate molto nel tempo, né da un modo di giustificare il voto dopo averlo dato. Dipende invece da un meccanismo chiamato “sorting”: gli elettori che avevano già certe idee sull’Europa si sono orientati verso i partiti che sembravano più vicini alle loro posizioni. Questo è molto chiaro per chi ha deciso di votare Lega, perché spesso aveva già idee euro-scettiche. Gli spostamenti verso il Movimento 5 Stelle sono avvenuti anche se le idee sull’Europa di questi nuovi elettori non sempre coincidevano con quelle degli elettori che votavano M5s da tempo. Le nuove generazioni di elettori sembrano più aperte a considerare diversi partiti, anche quelli che usano un linguaggio più populista, e questo potrebbe portare a un cambiamento nel modo in cui è organizzato lo spazio politico in futuro.Ma se un attore politico cruciale si muove su un piano diverso, ha ancora senso insistere sulla centralità dell’asse tradizionale?
Il capitolo sostiene la persistenza dell’asse sinistra-destra, ma introduce il Movimento 5 Stelle come forza che opera su una dimensione differente, quella del rapporto tra élite e cittadini. Questa apparente contraddizione non è risolta in modo convincente. Per affrontare tale nodo, sarebbe opportuno esplorare la letteratura scientifica che analizza l’evoluzione delle fratture sociali e politiche nelle democrazie contemporanee, con particolare attenzione agli studi sui partiti anti-establishment e populisti. Autori come H. Kriesi o C. Mudde offrono prospettive utili su questi temi.3. Il riallineamento silenzioso degli elettori
Le elezioni del 2018 mostrano che i cambiamenti nel voto degli italiani non sono dipesi da un mutamento improvviso delle loro opinioni su temi importanti come l’Europa, l’immigrazione o l’economia. Le posizioni su questi argomenti erano in gran parte già definite prima del 2018. Invece, il risultato è stato un riallineamento, o “sorting”, degli elettori che avevano opinioni preesistenti e si sono spostati verso i partiti che meglio rappresentavano quelle posizioni. L’offerta politica ha reso queste posizioni più visibili e chiare, facilitando questo spostamento. Questo meccanismo di riallocazione degli elettori è diventato il fattore principale che spiega l’esito delle elezioni del 2018.Le posizioni sull’Europa
Sull’Europa, gli elettori erano già divisi tra chi era favorevole e chi contrario prima del 2018. I partiti erano visti in modo chiaro: il Partito Democratico come pro-Europa, la Lega come anti-Europa e il Movimento 5 Stelle in una posizione intermedia. Questa distinzione netta tra i partiti ha funzionato come una guida per gli elettori, aiutandoli a scegliere chi votare in base alle loro idee sull’argomento. Le opinioni sull’Europa non sono cambiate molto nel periodo considerato. La stabilità delle posizioni individuali, unita alla chiarezza delle proposte politiche, ha permesso agli elettori di allinearsi più facilmente con il partito che sentivano più vicino alle proprie idee europee.L’immigrazione come problema
Per quanto riguarda l’immigrazione, i dati mostrano che le opinioni negative erano già diffuse nel 2013 e sono rimaste stabili fino al 2018. Non c’è stato un peggioramento generale degli atteggiamenti verso gli immigrati. Quello che è aumentato, invece, è stata la percezione che l’immigrazione fosse un problema importante per il paese. La Lega, in particolare, ha preso una posizione molto chiara e forte su questo tema, diventando il punto di riferimento per gli elettori che consideravano l’immigrazione una priorità assoluta.L’impatto dell’economia
Anche l’economia ha avuto un ruolo, ma non a causa di un peggioramento improvviso subito prima delle elezioni. Dal 2014, l’economia ha mostrato segni di ripresa, anche se debole. Le percezioni degli italiani riflettevano questa debolezza, con molti che vedevano la situazione come ferma piuttosto che in declino. Un fattore cruciale è stata la convinzione diffusa, presente già dal 2013, che tutti i partiti tradizionali fossero responsabili della crisi economica del 2012. Questo senso di pessimismo radicato e la mancanza di fiducia nella classe politica hanno influenzato profondamente le decisioni di voto.Il meccanismo del “sorting”
Il meccanismo principale che spiega il voto del 2018 è il “sorting”, ovvero il riallineamento degli elettori. Le persone che avevano già idee precise su Europa, immigrazione o economia si sono spostate verso i partiti che meglio rappresentavano quelle posizioni. L’offerta politica, diventando più chiara su questi temi, ha permesso agli elettori di trovare più facilmente il partito in linea con le proprie idee. Questo spostamento ha reso più coerenti le opinioni degli elettori con le posizioni dei partiti votati, soprattutto per chi è passato dal Movimento 5 Stelle alla Lega, che spesso condivideva già posizioni simili sull’immigrazione. Il Movimento 5 Stelle ha giocato un ruolo nel facilitare il passaggio degli elettori tra diverse aree politiche. Il risultato finale è un elettorato che appare più ordinato e allineato lungo l’asse sinistra-destra su questi argomenti chiave.Ma la sfiducia, da sola, basta a spiegare un cambiamento così radicale nel voto?
Il capitolo individua correttamente nella sfiducia verso i partiti tradizionali un elemento centrale per comprendere lo spostamento elettorale. Tuttavia, concentrarsi esclusivamente su questo aspetto rischia di sottovalutare come le posizioni su temi come l’immigrazione o l’economia, pur non essendo cambiate radicalmente per i singoli elettori, possano essere diventate più centrali o polarizzanti nel dibattito pubblico, anche grazie all’azione e alla comunicazione dei nuovi partiti. Per approfondire come interagiscono sfiducia e posizioni tematiche nel determinare il voto, è utile studiare il comportamento elettorale e le strategie dei partiti, magari leggendo autori come Diamanti o Pasquino.5. La doppia dimensione del voto e la crisi dei vecchi partiti
I cambiamenti nel modo di votare tra il 2013 e il 2018 sono legati all’arrivo di Movimento 5 Stelle e Lega nel panorama politico e alla grande sfiducia degli italiani verso la politica. Analizzando come votano gli elettori, si vede che la differenza tra sinistra e destra è ancora molto importante. Chi vota per partiti di sinistra come il Pd, in genere non vota per partiti di destra come Lega o Forza Italia, e viceversa. Questo dimostra che l’antica divisione politica esiste ancora.La seconda dimensione: l’anti-politica
Molti elettori, pur restando legati alla loro posizione sull’asse sinistra-destra, si dichiarano disponibili a votare anche per il M5s. La forza centrale del M5s deriva proprio da questa capacità di attrarre voti da diverse aree, non dalla scomparsa della distinzione tra sinistra e destra. Questa dinamica crea una seconda linea di divisione nella politica. La natura di questa seconda linea non riguarda tanto le posizioni sui singoli temi, ma piuttosto una forte critica verso il sistema politico tradizionale e i partiti. Il M5s riesce a farsi votare da chi non ha idee politiche rigide su tutto, ma condivide un forte sentimento contro chi è al potere e crede che la gente comune possa decidere meglio dei politici. Questa idea di “democrazia impolitica” si basa sulla convinzione che si possa trovare un accordo generale senza bisogno dei partiti o delle elezioni.Crisi di fiducia e voto di protesta
Un’altra causa fondamentale dei cambiamenti è la perdita di credibilità dei partiti tradizionali, in particolare Pd e Pdl/Fi. La maggior parte degli italiani li considera responsabili della crisi economica iniziata dopo il 2008. La sfiducia è aumentata perché i partiti non hanno saputo gestire in modo convincente la crisi del debito (2011-2012), non riuscendo a spiegare agli elettori perché le misure di rigore fossero necessarie per il paese. Nella Prima Repubblica, il voto era soprattutto un modo per esprimere la propria identità politica. Dagli anni ’90, con i governi più visibili, il voto è diventato uno strumento per punire chi governa. Tuttavia, i leader della Seconda Repubblica non hanno migliorato la loro capacità di affrontare i problemi importanti e hanno continuato a comportarsi come in un sistema basato sugli accordi tra partiti, causando instabilità. Questa mancanza di efficacia, insieme agli scandali, ha creato una profonda sfiducia e la sensazione che la politica non possa davvero risolvere i problemi. Il comportamento di chi ha guidato il paese nella Seconda Repubblica ha creato una “bolla di non-politica” e una crisi di credibilità. Gli elettori hanno scelto il “nuovo” (M5s, Lega) al posto del “vecchio”, visto come inaffidabile. I risultati delle elezioni mostrano questa crisi di credibilità, rendendo difficile per la politica di oggi, con partiti visti come poco legittimi, ritrovare la forza di prendere decisioni importanti per il futuro.Ma che razza di “democrazia impolitica” è quella che si basa sull’idea di trovare un accordo generale senza bisogno dei partiti o delle elezioni, quando i movimenti che la incarnano sono essi stessi partiti e partecipano attivamente al gioco elettorale?
Il capitolo introduce il concetto di “democrazia impolitica” come elemento centrale della seconda dimensione politica, ma la sua definizione appare contraddittoria. Parlare di accordo senza partiti o elezioni, quando i protagonisti di questa dinamica sono forze politiche che competono per il potere attraverso il voto, richiede un chiarimento maggiore. Per comprendere meglio questa apparente contraddizione e le sue implicazioni per la teoria democratica, sarebbe utile approfondire gli studi sulla natura dei movimenti populisti e anti-sistema, e le diverse concezioni della democrazia rappresentativa e partecipativa. Autori come Nadia Urbinati o Pierre Rosanvallon offrono spunti critici sulla trasformazione delle forme democratiche e sul ruolo dei partiti nell’era contemporanea.Abbiamo riassunto il possibile
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