Contenuti del libro
Informazioni
“L’ammazzabambini. Legge e scienza in un processo di fine Ottocento” di Patrizia Guarnieri ci immerge nella Toscana del 1875, partendo dalla piccola comunità di Incisa Val d’Arno, terrorizzata da un terribile omicidio plurimo di bambini. Il libro segue la vicenda di Carlino Grandi, l’uomo accusato, dal suo arresto che scatena la rabbia popolare, fino al complesso processo penale che si svolge a Firenze. Non è solo una storia di cronaca nera di fine Ottocento, ma un’indagine affascinante sullo scontro tra il sistema legale e le nuove correnti scientifiche dell’epoca. Al centro del dibattito c’è la sanità mentale di Grandi: era pienamente responsabile o affetto da disturbi? La nascente psichiatria forense e la criminologia positivista cercano di dare risposte, mettendo in discussione concetti fondamentali come l’imputabilità e il libero arbitrio. Attraverso le testimonianze, le perizie mediche e le cronache giudiziarie, come quelle vivaci di Pietro Ferrigni Yorick, il libro esplora il conflitto tra la legge tradizionale e la scienza che cerca di spiegare il crimine, mostrando come questo caso giudiziario sia diventato un terreno di scontro per visioni diverse sull’uomo, la responsabilità e il “delitto inspiegabile”. È un viaggio nel passato che fa riflettere su temi ancora attuali, sulla difficoltà di conciliare legge e scienza di fronte alla complessità della mente umana e sulla reazione di una comunità di fronte all’orrore.Riassunto Breve
Carlino Grandi, soprannominato il Pelato, torna a Incisa Val d’Arno dopo aver scontato una pena per omicidio plurimo, scatenando paura nella comunità che non dimentica le sparizioni di bambini avvenute vent’anni prima, nel 1875. All’epoca, le indagini brancolano nel buio finché un bambino, Amerigo Turchi, viene trovato nella bottega di Grandi mentre questi tenta di seppellirlo vivo. La scoperta porta al ritrovamento dei corpi di altri bambini scomparsi nel fondo della bottega. Grandi confessa i delitti, descrivendo come attirava e uccideva le vittime. La sua confessione e l’arresto provocano indignazione popolare, evitata solo dall’intervento delle autorità. Trasferito e interrogato, Grandi viene accusato di omicidio premeditato e continuato. Il movente individuato è la vendetta per le derisioni subite a causa del suo aspetto deforme. Durante il processo, la difesa solleva la questione della sanità mentale di Grandi, chiedendo una perizia psichiatrica. Questo sposta il dibattito sulla sua imputabilità: è un criminale lucido o un folle? Il caso attira l’attenzione pubblica e scientifica. Giornali e intellettuali dibattono se Grandi sia una vittima della società. Antropologi e psichiatri studiano Grandi per comprendere le cause del crimine, cercando anomalie fisiche e psichiche in linea con le nascenti teorie della criminologia positivista. Il processo diventa un confronto tra la giustizia tradizionale e la scienza psichiatrica. I periti della difesa sostengono l’infermità mentale di Grandi, basandosi sulle sue deformità come segno di imbecillità congenita. I periti dell’accusa riconoscono una debolezza mentale ma affermano la sua capacità di intendere e volere. La corte rigetta ulteriori accertamenti psichiatrici. La giuria lo dichiara colpevole, ma riconosce attenuanti per uno stato mentale vicino alla semi-infermità, condannandolo a vent’anni di casa di forza. Questo verdetto è visto come una sconfitta per la psichiatria, che si scontra con il sistema giudiziario basato sul senso comune e sul principio del libero arbitrio. La psichiatria positivista, influenzata dal determinismo, vede il crimine come prodotto di cause biologiche o sociali, negando il libero arbitrio, mentre il diritto penale classico si fonda sulla responsabilità morale e la libertà di scelta. Il caso Grandi evidenzia questa contrapposizione. I periti psichiatrici che diagnosticano l’imbecillità congenita in Grandi sostengono l’assenza di un movente razionale e quindi la non imputabilità, vedendo il crimine come determinato dalla sua natura deviante. Tuttavia, emerge anche l’idea che il contesto sociale e le derisioni subite possano aver innescato la violenza, introducendo una dimensione di responsabilità collettiva. La comunità, però, preferisce vedere Grandi come un mostro isolato. La difficoltà di accettare spiegazioni complesse per i crimini inspiegabili porta spesso a preferire semplificazioni deterministiche, che deresponsabilizzano la società.Riassunto Lungo
1. Allarme a Incisa
La scarcerazione di Carlino Grandi, detto il Pelato, dopo una lunga detenzione per omicidio plurimo, suscita immediato allarme a Incisa Val d’Arno, dove aveva commesso i suoi crimini. La comunità locale è ancora profondamente segnata dagli eventi di vent’anni prima e teme il suo ritorno, soprattutto per la sicurezza dei bambini. Questo timore collettivo nasce da una serie di tragiche sparizioni avvenute a Incisa nel 1875.Le sparizioni del 1875
Nel 1875, Incisa fu sconvolta dalla scomparsa di numerosi bambini. Inizialmente, le autorità e gli abitanti non riuscirono a capire cosa stesse succedendo, avanzando diverse ipotesi: rapimenti da parte di sconosciuti o incidenti fatali come annegamenti nel fiume Arno. La mancanza di risposte certe e le voci incontrollate crearono un clima di paura e sospetto in tutta la comunità.La scoperta di Carlino Grandi
Le indagini ebbero una svolta inaspettata quando Amerigo Turchi fu ritrovato nella bottega di Carlino Grandi, mentre questi cercava di seppellirlo vivo. Grazie all’intervento tempestivo della madre del bambino e di altri compaesani, l’omicidio fu sventato e Carlino Grandi venne smascherato. La scoperta più macabra avvenne poco dopo, quando nel fondo della bottega furono ritrovati i corpi di altri bambini scomparsi.La confessione e il ritorno della paura
Carlino Grandi confessò gli omicidi, raccontando con freddezza come attirava le giovani vittime nella sua bottega per poi ucciderle e seppellirle. La sua confessione e il ritrovamento dei corpi spiegarono le misteriose sparizioni che avevano terrorizzato Incisa, lasciando però una ferita profonda nella memoria di tutti. Il ritorno di Grandi, dopo molti anni di prigione, riapre quella ferita e risveglia la paura in un paese che non ha dimenticato l’orrore vissuto.La paura collettiva descritta nel capitolo è una reazione emotiva comprensibile, ma è sufficiente a giustificare l’allarme generalizzato senza considerare il contesto attuale e la riabilitazione del reo?
Il capitolo si concentra sull’impatto emotivo del ritorno di Carlino Grandi, trascurando però di analizzare se la paura sia basata su una valutazione razionale del pericolo attuale o se sia principalmente una riattivazione di traumi passati. Per comprendere appieno la dinamica, sarebbe utile esplorare le dinamiche psicologiche della paura collettiva e i meccanismi di memoria sociale, magari approfondendo autori che si sono occupati di psicologia delle folle e di criminologia, per valutare se l’allarme sia proporzionato e fondato su elementi concreti o su mere suggestioni emotive.2. L’Incubo Incisano
La testimonianza cruciale di Giulia Monsecchi
La testimonianza di Giulia Monsecchi, una ragazzina di dodici anni, si rivela di fondamentale importanza nelle indagini. Giulia viene subito convocata dal pretore Chelini. Questo avviene subito dopo un evento drammatico: Callisto Grandi viene scoperto mentre sta strangolando il giovane Amerigo Turchi. La scoperta avviene in un luogo preciso, la bottega di un carradore. Proprio in questo luogo vengono ritrovati anche i resti di quattro bambini scomparsi.La reazione della popolazione e l’arresto di Callisto Grandi
La notizia del ritrovamento dei resti dei bambini sconvolge profondamente la popolazione di Incisa. La comunità, piena di rabbia e dolore, chiede a gran voce giustizia immediata contro Callisto Grandi. Grandi, nel frattempo, si è barricato in casa e le autorità cercano di gestire la situazione. L’arresto di Grandi non placa l’indignazione popolare, anzi, la rabbia si estende a tutta la Valdarno. Solo grazie all’intervento dei carabinieri e di alcuni notabili locali si riesce a evitare che la folla inferocita linci Grandi. Dopo l’arresto, Grandi viene trasferito a Figline per essere interrogato dai magistrati fiorentini Melegari e Satti.L’interrogatorio e la confessione di Grandi
Le accuse contro Grandi sono molto gravi: omicidio premeditato e continuato, per la morte dei quattro bambini, e tentato omicidio nei confronti di Amerigo Turchi. Durante l’interrogatorio, viene individuato anche il movente di questi terribili crimini. Sembra che Grandi abbia agito spinto dall’odio e dal desiderio di vendetta. Questi sentimenti sarebbero nati a causa delle continue derisioni che Grandi subiva per il suo aspetto fisico deforme. Inizialmente, Grandi nega ogni responsabilità e cerca di accusare altri compaesani. Però, in seguito, Grandi crolla e confessa i delitti. La sua confessione è piena di dettagli macabri: racconta come attirava i bambini nella sua bottega, per poi ucciderli e seppellirli. I verbali dell’interrogatorio sono stati conservati e rappresentano una testimonianza processuale molto importante. Questi documenti ci offrono uno sguardo diretto sulle parole dell’accusato. Nonostante ciò, bisogna ricordare che questi verbali sono una testimonianza filtrata e parziale. Infatti, non riescono aDocumento Word suggerire le dinamiche complete e le sfumature del dialogo tra il giudice e Grandi. Questi aspetti più umani e complessi sono andati persi a causa della natura formale e burocratica degli atti giudiziari.È credibile che il movente di una serie di omicidi efferati possa essere ridotto a semplici “derisioni per l’aspetto fisico”?
Il capitolo presenta un movente apparentemente chiaro per i crimini di Grandi, ovvero la vendetta per le derisioni subite. Tuttavia, una tale semplificazione rischia di banalizzare la complessità psicologica che sottende atti criminali così gravi. Per comprendere meglio le motivazioni profonde di comportamenti antisociali, sarebbe utile approfondire studi di psicologia criminale e criminologia, esplorando autori come Cesare Lombroso o più contemporanei studi sulla psicopatia e i disturbi della personalità. Inoltre, è importante considerare se la confessione, ottenuta in un contesto di interrogatorio, rifletta pienamente la realtà psichica di Grandi o sia influenzata da altri fattori.3. Il Caso Grandi: Tra Confessione e Dubbio sulla Sanità Mentale
Il caso Grandi e il giudice Satti
Il giudice Satti si trova a dover gestire il caso di Grandi, un uomo che ha confessato l’omicidio di minori. In un primo momento, la situazione sembra chiara e semplice da risolvere. Grandi ha confessato e ci sono prove evidenti contro di lui.Pressioni politiche e attenzione pubblica
Nonostante la confessione, il caso si complica rapidamente. Satti è un magistrato che subisce forti pressioni politiche, è criticato dai giornali e non è ben visto da diverse persone influenti. L’opinione pubblica è molto colpita dal crimine commesso, ma anche dalle polemiche che riguardano il giudice Satti.Il movente e la svolta inaspettata
Le testimonianze raccolte nel paese di Incisa rivelano il motivo dell’omicidio. Sembra che Grandi, un uomo con un aspetto fisico deforme e oggetto di derisione da parte dei bambini, abbia agito per vendicarsi delle continue prese in giro. Nonostante la confessione e un movente apparente, il processo ha una svolta imprevista.Il dubbio sulla sanità mentale di Grandi
Durante il processo, la difesa introduce un nuovo elemento: la sanità mentale dell’accusato. Gli avvocati di Grandi chiedono che venga fatta una perizia psichiatrica per accertare se l’uomo fosse in grado di capire quello che faceva e di controllarsi nel momento in cui ha commesso i delitti. Questa mossa cambia completamente il processo e mette in dubbio la vera natura di Grandi. Ci si chiede se sia un criminale consapevole o una persona con problemi mentali. La questione della sua sanità mentale diventa quindi fondamentale, rallenta il processo e apre un nuovo modo di analizzare il caso.Se la psichiatria era considerata una scienza, perché la corte ha preferito il “buon senso” alle valutazioni psichiatriche, mettendo in discussione la competenza scientifica in un ambito così delicato come la sanità mentale?
Il capitolo evidenzia un momento storico in cui la validità del sapere psichiatrico fu contestata in ambito giudiziario. La preferenza accordata al “buon senso” rispetto alle diagnosi psichiatriche solleva interrogativi importanti sul ruolo della scienza nelle decisioni legali e sulla comprensione della malattia mentale. Per approfondire queste tematiche, è utile studiare la storia della psichiatria e le critiche al positivismo scientifico, ad esempio attraverso le opere di Foucault e Popper, per comprendere meglio le complesse interazioni tra scienza, diritto e società.8. Il Delitto Inspiegabile
Libero arbitrio e determinismo: due prospettive a confronto
Presupporre o negare il libero arbitrio risponde a due esigenze diverse: quella morale e quella scientifica. Questo contrasto è evidente nel dibattito tra la scuola classica del diritto penale e la criminologia positivista, che hanno idee opposte sulla libertà di scelta e sulla responsabilità individuale. Queste diverse posizioni influenzano il modo in cui si giudica e si comprende il crimine.La scuola classica e la responsabilità morale
La scuola classica del diritto penale considera la libertà di scelta come il fondamento della responsabilità morale e giuridica. Secondo questa scuola, il reato è un’entità giuridica astratta e viene valutato in base all’intenzione e alla volontà di chi lo commette. La pena è vista come una conseguenza proporzionata al reato, partendo dal presupposto che l’individuo fosse libero di agire in modo diverso. In sostanza, si ritiene che chi commette un crimine lo faccia perché ha scelto liberamente di farlo, ed è quindi giusto che ne paghi le conseguenze.La scuola positiva e il determinismo scientifico
La scuola positiva, che nasce in ambito psichiatrico e criminologico, adotta un approccio opposto, basato sul determinismo. Questa scuola sposta l’attenzione dal reato al reo, che viene considerato un individuo pericoloso, influenzato da diversi fattori, sia biologici che sociali. L’obiettivo principale diventa la difesa della società, che si può ottenere cercando di prevenire altri crimini attraverso lo studio scientifico del criminale. In questa prospettiva, la perizia psichiatrica diventa fondamentale per stabilire se una persona è imputabile o meno, arrivando spesso a negare il libero arbitrio e a individuare cause organiche o ambientali come vere responsabili del comportamento criminale.Il caso di Carlino Grandi: un esempio di contrasto
Il caso di Carlino Grandi è un esempio concreto di questa contrapposizione tra la scuola classica e quella positiva. Grandi è accusato di aver commesso diversi omicidi e il suo processo mette in evidenza il conflitto tra la valutazione giuridica classica e l’interpretazione psichiatrica di stampo positivista. I periti psichiatrici, seguendo le teorie del determinismo biologico, diagnosticano a Grandi una forma di imbecillità congenita. Secondo loro, Grandi non aveva un motivo razionale per commettere quei crimini e quindi non poteva essere considerato responsabile delle sue azioni. Questa interpretazione si basa sull’idea che il crimine sia causato da una predisposizione innata e deviante, determinata biologicamente.La voce critica di Livi: il ruolo del contesto sociale
All’interno della stessa scuola psichiatrica positivista, emerge però una voce diversa, quella di Livi. Pur riconoscendo che Grandi è malato di mente, Livi sottolinea l’importanza del contesto sociale e delle relazioni interpersonali nel determinare il comportamento criminale. Livi evidenzia come le continue prese in giro e l’emarginazione che Grandi ha subito possano aver generato in lui un desiderio di vendetta, che è diventato incontrollabile a causa della sua fragilità psichica. In questo modo, Livi introduce il concetto di una responsabilità collettiva, che invece manca nelle interpretazioni che considerano solo fattori biologici.La reazione della comunità e la ricerca di spiegazioni semplici
La comunità locale però rifiuta l’idea di essere in parte responsabile di quanto accaduto e preferisce pensare a Grandi come a un mostro isolato, completamente estraneo alla società. Questa reazione è abbastanza comune e dimostra come spesso si preferiscano spiegazioni semplici e deterministiche, che liberano la società dalla responsabilità di fronte al crimine e alla sofferenza. Nonostante i limiti scientifici, la scuola positiva ha avuto successo proprio perché offre una spiegazione rassicurante, che elimina la necessità di indagare le cause sociali profonde della devianza. Ancora oggi, di fronte a crimini che non riusciamo a capire, è difficile superare queste semplificazioni deterministiche, sia di tipo biologico che sociologico, per arrivare a una comprensione più completa e complessa del fenomeno criminale.Ma è davvero utile ridurre un dibattito così complesso come quello sul libero arbitrio a una mera contrapposizione tra scuola classica e scuola positiva?
Il capitolo presenta una dicotomia forse troppo netta tra scuola classica e scuola positiva, rischiando di semplificare eccessivamente un dibattito filosofico e scientifico molto più ampio e sfaccettato. Per comprendere meglio le diverse sfumature del problema, sarebbe utile esplorare il pensiero di filosofi come Kant, che ha cercato una via di conciliazione tra libertà e necessità, o neuroscienziati contemporanei come Antonio Damasio, che studiano le basi neurali del processo decisionale. Approfondire queste diverse prospettive permetterebbe di superare la rigida contrapposizione schematizzata nel capitolo e di cogliere la complessità del rapporto tra libertà individuale, determinismo e responsabilità.Abbiamo riassunto il possibile
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