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Contenuti del libro
Informazioni
“La vera croce. Storia e leggenda dal Golgota a Roma” di Chiara Mercuri è un libro che ti prende e ti porta indietro nel tempo, seguendo un oggetto incredibile: la Vera Croce. Non è solo la sua storia fisica dal Golgota a Roma, ma soprattutto la sua leggenda e il suo impatto enorme. Vedrai come questo simbolo ha cambiato tutto, dall’Impero Romano che diventava cristiano con Costantino ed Elena, fino al Medioevo con figure come Ambrogio e Carlo Magno che lo usavano per legittimare il loro potere. Il libro esplora come il culto delle reliquie, e in particolare quello della Vera Croce, abbia trasformato città come Gerusalemme e Roma, influenzato la politica, e dato vita a storie potenti come quelle della Legenda Aurea. È una narrazione affascinante su come la fede si intreccia col potere, su come le leggende diventano storia, e su come un pezzo di legno sia diventato il cuore di un’eredità che dura da secoli.Riassunto Breve
La trasformazione dell’Impero Romano e la nascita dell’Europa medievale sono strettamente legate all’ascesa del cristianesimo e al ruolo centrale che simboli e reliquie, come la Vera Croce, assumono nel definire l’identità e legittimare il potere. L’imperatore Costantino, dopo aver riconosciuto la libertà di culto per i cristiani nel 313, convoca il concilio di Nicea nel 325 per unire la Chiesa divisa da dispute dottrinali, stabilendo un credo comune che l’imperatore può imporre. Costantino favorisce il cristianesimo, costruendo grandi basiliche a Roma, Gerusalemme e nella nuova capitale Costantinopoli, monumentalizzando i luoghi sacri e cambiando la topografia urbana. Sua madre Elena ha un ruolo importante, e la tradizione le attribuisce il ritrovamento della Vera Croce a Gerusalemme. Questa reliquia diventa un simbolo potente, prova tangibile della passione di Cristo e oggetto di grande devozione. Ambrogio, vescovo di Milano, figura politicamente influente nella capitale occidentale, usa la leggenda del ritrovamento della Croce da parte di Elena per affermare il legame tra il potere imperiale e la fede cristiana, introducendo l’idea che l’imperatore riceve la sua autorità da Dio e deve difendere l’eredità di fede. Simbolicamente, un chiodo della Croce viene posto nel diadema imperiale e uno nel morso del cavallo di Costantino, a significare la protezione divina sul regno e il freno all’orgoglio del sovrano.Nel Medioevo, con la caduta dell’Impero d’Occidente e la formazione dei regni barbarici, i nuovi sovrani si convertono al cristianesimo per legittimarsi. Cercano una propria sacralità, non più basata sul carisma magico, ma su fondamenti divini e dinastici. Adottano pratiche come l’unzione, si ispirano a re biblici come David, e cercano di controllare spazi sacri autonomi. L’acquisizione di reliquie prestigiose, in particolare quelle legate a Cristo, diventa uno strumento politico per accrescere il proprio carisma e competere con l’autorità ecclesiastica. Carlo Magno, incoronato imperatore nell’800, si presenta in continuità con Costantino e stabilisce una capitale ad Aquisgrana, dove custodisce un frammento della Vera Croce, usandola come simbolo identitario del suo impero cristiano. La leggenda lega Carlo a Gerusalemme e all’ottenimento di reliquie, consacrandolo come difensore della cristianità.Il culto delle reliquie si diffonde, portando alla frammentazione dei corpi dei santi e alla creazione di reliquiari. Le reliquie hanno un forte valore civico e identitario, ma anche un mercato di falsi e critiche nel corso dei secoli. La *Legenda Aurea* di Iacopo da Varazze diffonde storie popolari sulla Vera Croce, legandone l’origine al legno dell’albero della conoscenza e usandola per la predicazione, talvolta con toni polemici contro gli ebrei.Roma, pur in declino dopo l’antichità, si trasforma in una città cristiana grazie al culto dei martiri. Attorno alle loro tombe nascono borghi e strutture per i pellegrini. I papi guidano questa trasformazione, monumentalizzando le catacombe e poi traslando le reliquie all’interno delle mura per proteggerle. Questa operazione rinnova il mito di Roma dei martiri e rafforza il ruolo del papato. Sorge una competizione tra la basilica di San Giovanni in Laterano, sede papale, e San Pietro in Vaticano per il titolo di *caput ecclesiarum*, usando reliquie come la Vera Croce (Laterano) e la Veronica (Vaticano) per affermare la propria preminenza. La basilica di Santa Croce in Gerusalemme a Roma, costruita su terra portata dalla Terra Santa, diventa un punto di riferimento per i pellegrini che cercano un legame fisico con i luoghi santi. Le reliquie di Gerusalemme arrivano in Occidente in vari modi, anche a seguito di eventi come la Quarta Crociata.Infine, la leggenda della Vera Croce viene usata per affermare la superiorità del potere papale su quello imperiale. Affreschi come quelli nei Santi Quattro Coronati a Roma reinterpretano la storia di Costantino e papa Silvestro I, mostrando l’imperatore sottomesso al papa e la Croce come simbolo del carisma papale. La scoperta del *titulus crucis* nella basilica di Santa Croce nel 1492 rafforza ulteriormente il legame della città con le reliquie della Passione, che continuano ad acquisire significati diversi a seconda dei contesti storici e politici.Riassunto Lungo
1. Costantino e la trasformazione cristiana dell’Impero
Nel 325 d.C. si tiene il concilio di Nicea. Questo incontro è voluto dall’imperatore Costantino con un obiettivo preciso: dare unità alla Chiesa cristiana. La libertà di culto per i cristiani è stata riconosciuta di recente, nel 313, con l’editto di Milano. Tuttavia, le discussioni interne sulla natura di Cristo e sulla Trinità, come quelle tra adozionisti, modalisti e ariani, creano forti divisioni. Queste dispute non riguardano solo la fede, ma minacciano anche la stabilità dell’Impero stesso. Il concilio serve quindi a stabilire un credo comune, che l’imperatore può poi far rispettare. Viene così scritto il Credo, un testo fondamentale che definisce la dottrina ufficiale e viene imposto a tutti i vescovi e ai fedeli.Il favore imperiale verso il Cristianesimo
La posizione di Costantino cambia radicalmente dopo una visione avuta prima della battaglia di Ponte Milvio nel 312. Questa visione, interpretata come un segno divino (il Crismon), lo spinge a favorire il cristianesimo. Anche se la sua conversione ufficiale avviene solo in punto di morte, la sua politica religiosa segna una svolta decisiva. L’imperatore si allontana gradualmente dalla tradizione pagana di Roma. Mostra un certo disinteresse per il centro storico della città e rifiuta di partecipare ai tradizionali riti pagani che si tenevano dopo le vittorie militari. Questo segna un chiaro distacco dal passato religioso dell’Impero.Nuove costruzioni e capitali cristiane
L’interesse di Costantino si concentra sulla costruzione di grandi edifici cristiani. A Roma, promuove e finanzia la realizzazione di imponenti basiliche. Tra queste spicca San Giovanni in Laterano, che diventa il più grande luogo di culto cristiano della città. Vengono edificate anche numerose basiliche cimiteriali fuori dalle mura, costruite sopra le tombe dei martiri. Un esempio notevole è la basilica di San Pietro sul Vaticano, per la cui costruzione viene spianata parte della collina. Questi edifici rendono visibile e monumentale la presenza cristiana, attirando molti fedeli e modificando profondamente l’aspetto della città. Contemporaneamente, Costantino progetta una nuova capitale imperiale a Bisanzio, che prende il nome di Costantinopoli. Questa nuova città viene dotata di grandi chiese e nuove strutture imperiali, mostrando un interesse maggiore per l’urbanistica della nuova capitale e dei siti cristiani rispetto al centro civile tradizionale di Roma.I luoghi santi in Gerusalemme
L’attenzione si rivolge anche ai luoghi legati alla vita di Cristo in Gerusalemme. Costantino ordina la costruzione di due importanti basiliche: la basilica del Martyrium sul Golgota e la basilica dell’Anastasis sul sito del sepolcro vuoto. Questi progetti richiedono la demolizione di edifici preesistenti, inclusa una struttura pagana che era stata eretta in precedenza dall’imperatore Adriano. L’intensa attività di scavo e costruzione in questi luoghi sacri, forse anche grazie all’influenza di sua madre Elena, contribuisce alla nascita della celebre leggenda del ritrovamento della Vera Croce.Le conseguenze per la Chiesa
Le azioni di Costantino, pur partendo da un riconoscimento formale di semplice tolleranza, hanno un impatto enorme sul cristianesimo. Le sue decisioni forniscono alla Chiesa solide basi civili e istituzionali. La monumentalizzazione dei luoghi sacri più importanti ne rafforza l’identità e l’attrattiva. La definizione di un credo comune a Nicea stabilisce l’ortodossia e unifica la dottrina. Questi interventi imperiali sono determinanti nel preparare il cristianesimo a diventare, nei decenni successivi, la religione ufficiale dell’Impero Romano.Se Costantino si convertì solo in punto di morte, quanto fu realmente “cristiana” la sua “trasformazione cristiana dell’Impero”?
Il capitolo, pur descrivendo efficacemente le conseguenze delle azioni di Costantino, lascia aperta la questione fondamentale delle sue motivazioni e della natura profonda del cambiamento. Affermare che la sua conversione fu tardiva, ma la sua politica decisiva per il cristianesimo, solleva dubbi sulla sincerità religiosa come unico motore delle sue scelte. Per comprendere meglio questa complessità, sarebbe utile approfondire la storia politica e sociale del IV secolo, analizzando il rapporto tra potere imperiale e religioni, sia cristiane che pagane, e considerando le pressioni interne ed esterne sull’Impero. Autori che si occupano della Tarda Antichità e della storia del cristianesimo antico possono offrire prospettive più sfaccettate sulla figura di Costantino e sul processo, tutt’altro che lineare, che portò il cristianesimo a diventare la religione dominante.2. La Croce di Elena e la Parola di Ambrogio
Elena, madre dell’imperatore Costantino, ha un ruolo importante nell’avvicinamento del figlio al cristianesimo. Le sue umili origini e le sofferenze passate, come l’allontanamento da parte del padre di Costantino, la rendono particolarmente sensibile a una religione che dà valore agli ultimi. Quando Costantino sale al potere, la eleva di rango e si affida a lei per molte decisioni, specialmente quelle che riguardano la religione.La Leggenda della Croce Vera
La tradizione cristiana, in particolare attraverso la figura di Ambrogio, attribuisce a Elena il ritrovamento della Vera Croce a Gerusalemme. Questo evento si colloca dopo il Concilio di Nicea e assume un grande significato simbolico. In un’epoca segnata da dispute teologiche che tendevano a sminuire l’importanza della passione e dell’incarnazione di Cristo, trovare la croce offre una prova concreta del suo passaggio sulla terra e della sua sofferenza. La croce stessa, da strumento di morte, si trasforma in un simbolo cristiano dopo che Costantino ne proibisce l’uso per le condanne.Costruire la Fede a Gerusalemme
Elena non si limita a promuovere la devozione attraverso i dogmi, ma agisce anche concretamente monumentalizzando i luoghi santi a Gerusalemme. La costruzione di una basilica sul sito del martirio e la ricerca della croce mirano a creare un legame forte, sia emotivo che visivo, con la storia di Cristo. La croce diventa così una reliquia fondamentale, quasi un sostituto del corpo di Cristo ormai assente, capace di suscitare profonde emozioni e di rafforzare la fede dei credenti.Il Culto e le Testimonianze
La leggenda del ritrovamento della croce, raccontata in diverse versioni che includono anche un miracolo per identificare quella autentica, si sviluppa probabilmente insieme ai grandi lavori di costruzione cristiani a Gerusalemme. L’obiettivo è fornire una storia fondativa alla basilica e attirare pellegrini. Storicamente, il culto della croce è documentato in modo certo solo dalla metà del IV secolo. Testimonianze come quelle di Cirillo ed Egeria confermano l’intensa venerazione della reliquia a Gerusalemme. I pellegrini cercavano avidamente frammenti della croce, spesso ottenendo reliquie da contatto.L’Influenza di Ambrogio
Ambrogio, vescovo di Milano, ha un ruolo cruciale nel diffondere ampiamente la leggenda del ritrovamento della croce da parte di Elena. Inserisce questa narrazione nel suo importante discorso funebre per l’imperatore Teodosio nel 395. Questa scelta può sembrare insolita, considerando la mancanza di legami diretti tra Teodosio ed Elena e il delicato contesto politico legato alla successione imperiale. L’inclusione della leggenda in un momento così significativo suggerisce che Ambrogio avesse un intento preciso, che andava oltre la semplice devozione religiosa.Se l’intervento di Ambrogio fu così ‘insolito’ e con un ‘intento preciso’ legato al contesto politico, perché il capitolo non ne svela la natura, lasciando il lettore nel vago?
Il capitolo solleva un punto cruciale, definendo “insolita” la scelta di Ambrogio di inserire la leggenda della Croce nel discorso funebre per Teodosio e suggerendo un “intento preciso” legato al “contesto politico” del 395. Eppure, non viene fornita alcuna spiegazione su quale fosse questo intento o su quale fosse tale contesto, lasciando il lettore con un’affermazione intrigante ma del tutto priva di fondamento esplicativo. Per colmare questa lacuna e capire le reali motivazioni dietro l’operato di Ambrogio, è indispensabile immergersi nella complessa realtà politica e religiosa del tardo impero romano, analizzando le dinamiche tra la Chiesa e la corte imperiale e studiando direttamente gli scritti di Ambrogio. Approfondire autori che si sono dedicati a questo periodo, come Peter Brown o Neil McLynn, è un passo necessario.3. Da Governatore a Vescovo nella Capitale Occidentale
Ambrogio nasce nel 340 in Gallia in una famiglia di alto rango. Inizialmente non segue la fede cristiana, ma si dedica alla carriera politica, ricalcando le orme del padre, che era un funzionario statale. Studia a Roma e diventa avvocato, dimostrando fin da subito notevoli capacità. Nel 370, viene nominato governatore della provincia dell’Emilia-Liguria, stabilendo la sua sede a Milano.Milano, centro dell’Impero e delle tensioni religiose
Milano, dalla fine del III secolo, è la capitale della parte occidentale dell’Impero Romano. Questa posizione strategica conferisce al vescovo di Milano un’importanza politica notevole, quasi paragonabile a quella di un papa per l’Occidente. La città cresce rapidamente, diventando un nodo cruciale per le comunicazioni e l’amministrazione imperiale. In questo periodo, sebbene il conflitto tra pagani e cristiani si stia attenuando, emergono forti divisioni all’interno del cristianesimo stesso, principalmente tra i sostenitori della fede nicena (considerati cattolici) e gli ariani. Queste due fazioni sono in costante lotta per ottenere potere e il favore degli imperatori, creando un clima di instabilità e tensione nella città e nell’Impero.L’elezione inaspettata a vescovo
Nel 374, la morte del vescovo ariano di Milano scatena nuove tensioni riguardo all’elezione del suo successore. Ambrogio, nel suo ruolo di governatore, interviene per cercare di calmare l’assemblea riunita per l’elezione. Contro ogni previsione, la folla presente lo acclama a gran voce come nuovo vescovo. Nonostante sia ancora un laico e non abbia ricevuto il battesimo, viene scelto per la sua reputazione di imparzialità e per evidenti ragioni politiche, accettando l’incarico con una certa riluttanza iniziale. Dopo l’elezione, Ambrogio compie passi decisivi: si battezza, dona gran parte dei suoi beni ai poveri e adotta uno stile di vita molto austero, improntato alla spiritualità e alla rinuncia. Mette le sue notevoli capacità amministrative, acquisite nella carriera politica, al servizio della diocesi, impegnandosi attivamente nella lotta contro la corruzione all’interno della Chiesa.Il nuovo scenario politico e religioso
La situazione politica dell’Impero si complica ulteriormente con la morte dell’imperatore Valentiniano I nel 375. Gli succedono i figli Graziano e il giovanissimo Valentiniano II, quest’ultimo sotto la tutela della madre Giustina. Intanto, nella parte orientale dell’Impero, l’imperatore Valente, noto per le sue simpatie ariane, muore in battaglia contro i Goti nel 378. Graziano prende allora un’importante decisione nominando Teodosio, un generale di fede nicena, come nuovo imperatore d’Oriente. Sia Graziano che Teodosio iniziano a promuovere attivamente la fede nicena come religione dominante. Graziano, in particolare, vieta il culto pubblico per gli ariani a Milano nel 379. Teodosio, con un editto, dichiara eretico chiunque non creda nella dottrina della Trinità e ordina che le chiese fino ad allora in mano agli ariani vengano assegnate al clero niceno.Lo scontro con l’imperatrice Giustina
In questo contesto, gli ariani trovano un’alleata nell’imperatrice Giustina, che aderisce alla loro fede. A Milano, Giustina chiede ad Ambrogio di cedere una delle chiese della città alla comunità ariana per permettere loro di celebrare i propri riti. Ambrogio, fedele alla dottrina nicena e forte della sua posizione, rifiuta categoricamente questa richiesta. La tensione tra il vescovo e la corte imperiale aumenta rapidamente, portando a disordini e agitazioni in città. Di fronte alla reazione dei cittadini e all’opposizione di Ambrogio, Giustina è costretta, almeno temporaneamente, a ritirare la sua richiesta.L’escalation del conflitto e la vittoria di Ambrogio
Nel 386, l’imperatrice Giustina decide di riprendere lo scontro emanando una legge che concede esplicitamente libertà di culto agli ariani e minaccia la pena di morte per chiunque si opponga a questa disposizione. Rinnova quindi la sua richiesta ad Ambrogio di cederle una basilica specifica, la basilica Portiana, per le celebrazioni ariane. Ancora una volta, Ambrogio rifiuta fermamente. Giustina invia dei funzionari per preparare la basilica all’uso degli ariani, ma i fedeli cattolici, incoraggiati e guidati da Ambrogio, si ribellano pacificamente, occupando la chiesa e manifestando il loro dissenso. I funzionari imperiali, di fronte alla resistenza popolare, sono costretti a ritirarsi senza ottenere quanto richiesto. Ambrogio esce vincitore da questo duro confronto, ma la città è profondamente scossa dagli eventi e dalle tensioni accumulate. Per ristabilire la calma e rafforzare il legame della comunità con la fede nicena, Ambrogio promuove intensamente la devozione verso i martiri cristiani. In questo clima, vengono ritrovati i corpi dei martiri Gervasio e Protasio. Ambrogio organizza eventi solenni e commoventi legati alla traslazione e alla venerazione di queste reliquie, che generano grande emozione tra i fedeli e contribuiscono a consolidare la comunità cattolica attorno alla figura del vescovo e al ricordo dei primi martiri.Ma quanto di queste “leggende” e “credenze” ha un fondamento storico verificabile?
Il capitolo descrive con vivacità le leggende e le credenze che circondavano figure come Silvestro II e luoghi come Santa Croce, sottolineando il ruolo delle reliquie e dei pellegrinaggi. Tuttavia, si limita a riportare queste narrazioni senza indagare a fondo il loro fondamento storico. Quanto c’è di verificabile nelle storie sulla terra di Gerusalemme a Roma o sull’autenticità delle reliquie arrivate in Occidente? Per rispondere, è essenziale confrontare queste narrazioni con le fonti storiche e l’archeologia. Approfondire la storia della Chiesa medievale, la storia delle reliquie e gli studi sulla cultura materiale e le credenze popolari dell’epoca, leggendo autori che si occupano di questi temi, permetterebbe di distinguere la fede dalla realtà storica.13. La Croce, l’Imperatore e il Potere del Papa
L’interesse per la Terra Santa si intensifica e questo ha un impatto sui culti e sulle rappresentazioni a Roma. La chiesa dei Santi Quattro Coronati, situata vicino al Laterano che è il centro del potere del papa, diventa un luogo significativo. Questa chiesa fa parte del percorso seguito durante il “possesso”, la cerimonia in cui il nuovo papa prende possesso della sua cattedra. Gli affreschi che si trovano al suo interno non sono solo decorazioni, ma celebrano un’idea precisa: l’origine del potere temporale dei papi, un potere che si riteneva basato sulla famosa e discussa Donazione di Costantino.La Leggenda di Costantino e Papa Silvestro
Questi affreschi furono commissionati dal nipote di Innocenzo III, un papa che desiderava fortemente affermare la superiorità del potere papale su quello dell’imperatore. Per fare ciò, gli affreschi mostrano l’imperatore Costantino in una posizione di sottomissione rispetto a papa Silvestro I. Questa rappresentazione segue un testo chiamato Actus Silvestri, che propone una versione dei fatti completamente diversa dalla realtà storica. Nella storia vera, Silvestro era semplicemente un vescovo tra gli altri, mentre l’imperatore era visto come il protettore della religione cristiana. Gli affreschi, invece, raccontano che Costantino era malato di lebbra e che i pagani gli consigliarono di bagnarsi nel sangue di bambini per guarire. Ma gli apostoli apparvero a Costantino in sogno e gli indicarono Silvestro come colui che poteva curarlo. Così, Silvestro lo guarì attraverso il battesimo.Elena, la Croce e il Carisma Papale
Grato per la guarigione, Costantino decise di donare a Silvestro la città di Roma e i simboli del potere imperiale. Gli affreschi mostrano Costantino che compie un atto di omaggio tipico del rapporto feudale: tira le redini del cavallo del papa mentre questi entra trionfalmente in città. Anche il ritrovamento della Vera Croce da parte di Elena, la madre di Costantino, viene inserito in questa narrazione per rafforzare l’idea del potere del papa. Secondo gli Actus Silvestri, Silvestro convertì Elena al cristianesimo dopo aver compiuto un miracolo, resuscitando un toro, dimostrando così la superiorità della fede cristiana rispetto ai rabbini. Dopo la sua conversione, Elena trovò la Croce, che in questa interpretazione diventa un simbolo del carisma e dell’autorità del papa.La Reliquia della Vera Croce a Roma
La Vera Croce divenne oggetto di grande venerazione, in particolare nella basilica sessoriana, oggi conosciuta come Santa Croce in Gerusalemme. Questa basilica divenne una delle chiese più importanti per le celebrazioni del Venerdì Santo. In quel giorno, il papa si recava in processione a piedi nudi fino alla basilica, portando con sé la reliquia e baciandola insieme al popolo. La presenza di una reliquia della Vera Croce in questa basilica risale a tempi antichi. Nel 1492, durante alcuni lavori di restauro, venne fatta una scoperta sorprendente: il titulus crucis, l’iscrizione che si trovava sulla croce di Cristo. Questa scoperta, avvenuta nello stesso giorno in cui i sovrani spagnoli riconquistarono Granada ponendo fine alla presenza musulmana in Spagna, fu interpretata come un segno divino, la conferma della vittoria del cristianesimo sull’Islam. La reliquia della Vera Croce ha così assunto significati diversi nel corso dei secoli, adattandosi ai contesti storici e politici del momento.Ma quanto è credibile un potere che si basa su una storia “completamente diversa dalla realtà storica”?
Il capitolo evidenzia come gli affreschi nella chiesa dei Santi Quattro Coronati utilizzino la narrazione degli Actus Silvestri, base della Donazione di Costantino, per affermare la superiorità papale e l’origine del potere temporale. Tuttavia, il capitolo stesso sottolinea che questa versione dei fatti è “completamente diversa dalla realtà storica”. Questo solleva un interrogativo fondamentale sulla legittimità e la fondatezza di un potere che, almeno nella sua rappresentazione visiva e nella giustificazione offerta dagli affreschi, si appoggia su una narrazione riconosciuta come non veritiera. Per comprendere meglio questa tensione tra mito e storia nella costruzione del potere papale, è utile approfondire gli studi sulla Donazione di Costantino, la sua falsificazione e il suo impatto politico e ideologico nel Medioevo. Autori come Lorenzo Valla, che ne dimostrò la falsità, o storici del papato medievale possono offrire prospettive cruciali su come tali narrazioni venissero create, diffuse e utilizzate per scopi politici.Abbiamo riassunto il possibile
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