Contenuti del libro
Informazioni
“La privacy. Proteggere i dati personali oggi” di Carlo Focarelli affronta la sfida cruciale di difendere la nostra sfera privata nell’era digitale. Il libro esplora l’enorme valore economico dei big data, che alimentano l’economia digitale e creano nuove opportunità, ma sollevano anche seri problemi per la protezione dati personali. Vediamo come le vecchie norme privacy faticano a gestire questa rivoluzione e come la sorveglianza digitale, spesso giustificata dalla sicurezza nazionale, si intreccia con l’uso commerciale dei dati, come mostrato dal Datagate. L’autore analizza l’evoluzione delle norme, dalla Direttiva europea al nuovo GDPR, e il ruolo cruciale di organismi internazionali come l’ONU nel definire il diritto alla privacy nell’era digitale. Ma la questione va oltre la singola violazione: il vero rischio è il controllo sociale che deriva dalla raccolta e analisi massiccia dei dati. Non si tratta solo di proteggere l’individuo, ma di capire come l’automazione e la profilazione di massa stiano ridefinendo la nostra società e i nostri diritti. Il libro suggerisce che servono nuove strategie, sia legali che tecnologiche come la privacy by design, per trovare un equilibrio tra innovazione, sicurezza e la tutela della collettività.Riassunto Breve
L’uso dei dati personali ha un grande valore economico nell’economia digitale, specialmente con i big data, enormi quantità di informazioni raccolte da varie fonti e analizzate in tempo reale. Questo fenomeno porta benefici in settori come pubblicità, pubblica amministrazione, sanità e trasporti, ma crea anche problemi come lo squilibrio di potere tra chi ha i dati e chi li dà, e il rischio di discriminazioni. Le vecchie leggi sulla privacy, pensate per meno dati, non bastano più. Concetti come “dato personale” o “finalità” sono difficili da applicare ai big data, usati spesso per scopi diversi da quelli iniziali. Serve un nuovo approccio legale che guardi più all’uso dei dati e ai loro effetti negativi, non solo alla raccolta. Si promuovono tecnologie che proteggono la privacy fin dalla progettazione (“privacy by design”). La privacy diventa anche un fattore economico: non proteggere i dati fa perdere la fiducia dei clienti, mentre proteggerli può essere un vantaggio commerciale. Esiste un mercato dei dati, anche se il valore del singolo dato utente è basso. Le grandi aziende che controllano molti dati hanno un forte potere, sollevando questioni di concorrenza. Il vecchio sistema basato su “avviso e consenso” non funziona bene con i big data, perché gli avvisi sono complicati e il consenso non è sempre vero. L’attenzione si sposta sulla responsabilità di chi controlla i dati e sul momento dell’uso. Accordi commerciali internazionali possono limitare le regole nazionali sulla privacy. Gli stati vedono i dati come una risorsa per la sorveglianza, anche nelle democrazie, per sicurezza nazionale o lotta al terrorismo. Rivelazioni come quelle di Snowden hanno mostrato programmi di sorveglianza di massa basati sull’intercettazione globale delle comunicazioni, spesso con l’aiuto di aziende private. C’è poca trasparenza su come i governi accedono ai dati privati. Non tutti sono d’accordo sull’efficacia della raccolta di massa per prevenire crimini; alcuni pensano sia inutile o serva a nascondere analisi mirate. Le attività di sorveglianza di massa hanno causato proteste e azioni legali internazionali, con risultati diversi. Il Datagate evidenzia come sorveglianza statale e commerciale si uniscano, potenziate dai big data. Il diritto è fondamentale per regolare i dati. Le prime leggi nazionali sono degli anni Settanta, seguite da norme internazionali e europee come la Direttiva 95/46/CE, che ha stabilito principi base e diritti per gli interessati. Queste norme hanno limiti perché sono spesso nazionali e faticano a stare al passo con la tecnologia. L’Unione Europea sta lavorando a un nuovo Regolamento (GDPR) per rafforzare la protezione, con norme dirette, nuovi diritti (oblio, portabilità) e sanzioni più alte, ma ci sono ancora incertezze. Anche accordi internazionali sul trasferimento dati creano problemi di protezione. Le Nazioni Unite affrontano la privacy digitale, affermando che vale online come offline e chiedendo agli stati di proteggerla con leggi. Rapporti ONU mostrano che la sorveglianza di massa può violare i diritti umani e la libertà di espressione, anche i metadati sono rivelatori. La sorveglianza deve essere legale, necessaria e proporzionata. Non solo gli stati, ma anche le aziende hanno responsabilità nel rispettare i diritti umani. È stato creato un Relatore speciale ONU sulla privacy. La privacy è un diritto umano fondamentale, riconosciuto a livello internazionale. Le intrusioni sono permesse solo se previste dalla legge, per scopi legittimi (sicurezza, crimini), necessarie e proporzionate. I diritti umani valgono online. Il diritto all’oblio permette di rimuovere informazioni non più attuali dai motori di ricerca, bilanciandolo con la libertà di espressione. La protezione dei dati non è assoluta e va bilanciata con altre esigenze. L’idea di diritti inalienabili si scontra con la pratica di cedere dati per vantaggi. Il consenso individuale è spesso debole con i big data; la protezione collettiva può essere più importante. L’uso massiccio di dati e la profilazione portano a un controllo sociale basato sulla conoscenza dei comportamenti, che modella le persone non con la forza, ma con l’adattamento e la soddisfazione dei bisogni. Il pericolo maggiore è questo controllo sottile che mina la vita collettiva e i diritti nel tempo, più simile a un “Mondo nuovo” che a un “Grande Fratello”. La privacy non è superata, ma cambia significato. Servono strumenti tecnologici e legali efficaci. La protezione dei dati è legata all’economia e alla crescita, oltre che alla sicurezza. La questione centrale è il controllo sociale dovuto all’automazione. Concentrarsi solo sulla privacy individuale non basta per affrontare il problema collettivo. Tecnologia, economia e sicurezza vanno tutelate insieme alla privacy, cercando un equilibrio. Il consenso individuale è spesso inutile con i big data. Il diritto deve guidare l’uso dei dati per massimizzare i benefici e ridurre i rischi per individui e collettività. Servono strumenti tecnologici integrati (privacy by design) e regole che vadano oltre la sola privacy individuale, regolando l’uso dei big data e dei dispositivi connessi (IoT). Non si può lasciare al mercato la decisione su come costruire questi prodotti; il diritto deve imporre requisiti di sicurezza e tutela. Le leggi devono basarsi su principi generali, aggiornati da esperti, perché le regole troppo dettagliate diventano obsolete. Il rischio più grande è un’automazione collettiva che porta a manipolazione sociale. La privacy individuale è meno importante di questo rischio. L’appello alla democrazia o ai diritti umani può essere usato dai manipolatori se non ripensato. Serve riformulare democrazia e diritti umani per contrastare la manipolazione.Riassunto Lungo
1. Dati Personali: Valore Economico e Sfide per la Privacy
I dati personali hanno sempre avuto un valore economico, ma nell’era digitale diventano fondamentali. Questo è evidente nel fenomeno dei “big data”, che consiste nel raccogliere ed elaborare in tempo reale enormi quantità di informazioni da tantissime fonti: web, social media, dispositivi mobili, archivi pubblici e privati. Anche se aggregati o resi anonimi, questi dati vengono analizzati per ricavarne valore. L’industria legata ai big data è in forte espansione e sta creando nuovi lavori.Vantaggi e Rischi dei Big Data
Questi grandi volumi di dati portano vantaggi significativi in molti campi. Nella pubblicità online, ad esempio, permettono di costruire profili precisi dei clienti per campagne pubblicitarie molto specifiche. Migliorano l’efficienza, la trasparenza e la sicurezza nella pubblica amministrazione, supportano la ricerca, la diagnosi e la cura in sanità, e aiutano a gestire meglio risorse e trasporti. Nonostante questi benefici, l’impiego dei big data porta con sé problemi importanti. C’è una forte differenza di potere tra chi possiede i dati e chi li fornisce. Esiste anche il pericolo che nascano nuove forme di discriminazione basate sull’analisi di queste informazioni.Le Leggi Attuali Non Bastano
Le leggi sulla privacy che abbiamo oggi, pensate per dati meno numerosi (“small data”), non sono quasi mai sufficienti per affrontare i big data. Concetti fondamentali come cosa sia un “dato personale”, perché viene raccolto (il principio di finalità) o quanto siano precisi i dati diventano difficili da gestire. Spesso, i big data vengono usati per scopi diversi da quelli per cui erano stati raccolti all’inizio, e assicurarsi che siano accurati è molto complicato. Serve quindi creare nuove leggi e principi legali.Nuovi Modi di Proteggere la Privacy
Per questo, una tendenza nuova suggerisce di concentrare il controllo legale non tanto su quando i dati vengono raccolti, ma su come vengono usati. L’attenzione si sposta sugli effetti negativi che l’uso dei dati può avere sulle persone o sui gruppi. Si incoraggia l’uso di tecnologie che integrano la protezione della privacy fin dalla progettazione (“privacy by design”). È chiaro che proteggere i dati non dipende solo dalla tecnologia, ma richiede anche regole chiare e punizioni per chi non le rispetta.La Privacy Diventa un Fattore Economico
La privacy stessa sta diventando un elemento economico importante e un’occasione per fare affari. Se le aziende non proteggono i dati, i clienti perdono fiducia, e questo danneggia le imprese. Al contrario, proteggere la privacy può diventare un punto di forza commerciale. C’è un vero e proprio mercato dei dati personali, dove il loro valore economico è chiaro, anche se il singolo dato dell’utente vale spesso poco. Si sta creando anche un “business della privacy”, con nuovi lavori e servizi legali dedicati a questo settore.Privacy e Concorrenza
Il rapporto tra privacy e concorrenza è un argomento molto discusso oggi. I big data danno un grande potere alle aziende più grandi, e questo solleva problemi di concorrenza sleale o di posizione dominante. Si suggerisce di vedere i dati personali come una risorsa fondamentale e di cambiare le regole per evitare che le grandi aziende ne abusino. L’obiettivo è anche quello di favorire la concorrenza tra le aziende che offrono servizi per proteggere la privacy.Il Limite dell’Avviso e Consenso
Il vecchio sistema basato sull'”avviso e consenso” per raccogliere i dati non funziona più bene con i big data. Gli avvisi che le aziende danno sono quasi sempre troppo lunghi e difficili da capire. Il consenso che si dà non è sempre una scelta vera e consapevole, e il valore effettivo dei dati si capisce solo dopo che sono stati raccolti e analizzati. Per questo, l’attenzione si sta spostando: non è più l’utente a dover fare attenzione, ma chi gestisce i dati. E non conta tanto il momento in cui i dati vengono presi, ma come vengono usati.Impatto degli Accordi Internazionali
Infine, accordi commerciali tra paesi, come il TiSA, preoccupano perché potrebbero rendere più facile il passaggio dei dati tra confini. Questo potrebbe limitare le leggi nazionali sulla privacy e favorire gli interessi delle grandi aziende.Se il vecchio “avviso e consenso” non funziona più, come pensiamo di ottenere un “consenso vero e consapevole” per usi dei dati che si capiscono solo dopo la raccolta e l’analisi?
Il capitolo evidenzia giustamente l’inefficacia del modello “avviso e consenso” nell’era dei big data, sottolineando come il valore e gli usi effettivi dei dati emergano solo a posteriori. Tuttavia, non chiarisce quali meccanismi pratici e legali possano sostituire questo modello per garantire un controllo effettivo da parte dell’individuo, soprattutto quando gli usi futuri dei dati sono imprevedibili al momento della raccolta. Per affrontare questa lacuna, è utile approfondire le discipline del diritto digitale e della data governance, esplorare i concetti di “controllo algoritmico” e “trasparenza delle decisioni basate sui dati”, e studiare le proposte di modelli alternativi al consenso, come la gestione basata sul rischio o i diritti di opposizione rafforzati, confrontandosi con i lavori di giuristi e tecnologi che si occupano di questi temi.2. Sorveglianza Digitale e Sicurezza Nazionale
Gli stati considerano i dati personali una risorsa strategica fondamentale. Li utilizzano per attività di sorveglianza e, in alcuni casi, di repressione. Questo avviene anche nelle democrazie, sebbene entro limiti stabiliti dalla legge. Il diritto alla privacy dei cittadini non è considerato assoluto e non impedisce allo stato di agire. Le autorità possono intraprendere azioni preventive e coercitive per garantire l’applicazione delle leggi e proteggere la popolazione da minacce, come nel caso del terrorismo. La libertà individuale, in questo contesto, è garantita dai poteri statali, ma solo nella misura in cui questi poteri sono regolati e limitati dalla legge stessa.Le rivelazioni sulla sorveglianza di massa
Nel 2013, le rivelazioni di Edward Snowden e WikiLeaks hanno portato alla conoscenza del pubblico l’esistenza di vasti programmi di sorveglianza di massa. Tra questi, spiccano il programma PRISM negli Stati Uniti e Tempora nel Regno Unito. Questi programmi sono gestiti principalmente dai paesi che formano l’alleanza Five Eyes (Stati Uniti, Regno Unito, Australia, Canada e Nuova Zelanda), ma coinvolgono anche altri stati. I governi hanno giustificato l’esistenza di tali programmi invocando motivi di sicurezza nazionale e la necessità di contrastare il terrorismo.Come funziona la raccolta dati e il ruolo delle aziende
Questi programmi si basano sull’intercettazione e sull’analisi su vasta scala delle comunicazioni elettroniche che avvengono a livello globale. Vengono raccolti ed esaminati non solo i contenuti delle comunicazioni, ma anche i metadati, ovvero le informazioni su chi comunica con chi, quando e da dove. Per realizzare questa raccolta massiccia, le attività di sorveglianza si avvalgono anche dell’accesso ai dati che sono detenuti da grandi aziende private che operano nel settore di internet e delle telecomunicazioni. Spesso, questo accesso da parte dei governi avviene tramite accordi segreti o richieste informali, sollevando questioni sulla trasparenza delle norme e delle pratiche. Le leggi che regolano la protezione dei dati personali spesso prevedono eccezioni specifiche che consentono l’accesso alle informazioni per motivi legati alla sicurezza nazionale, e si nota una tendenza da parte delle aziende a condividere volontariamente i dati con le autorità statali.Il dibattito sull’efficacia e la natura dei dati
Sull’effettiva utilità della raccolta indiscriminata di milioni di dati per prevenire reati o atti di terrorismo, esistono opinioni molto diverse tra esperti e magistrati. Alcuni sostengono che una raccolta così vasta e caotica di informazioni, senza criteri specifici e mirati, sia in realtà inutile o addirittura controproducente, rendendo più difficile individuare le minacce reali. Altri suggeriscono che la raccolta di massa possa servire, almeno in parte, a nascondere un’analisi più mirata e specifica su una porzione molto piccola dei dati raccolti. Un altro punto centrale del dibattito riguarda la natura dei metadati: c’è chi li considera meno invasivi del contenuto delle comunicazioni, ma molti contestano questa visione, ritenendo che i metadati possano rivelare abitudini, relazioni e movimenti di una persona in modo altrettanto dettagliato e potenzialmente più invasivo del contenuto stesso.Reazioni internazionali e sfide legali
Le attività di sorveglianza di massa rivelate hanno provocato forti proteste a livello internazionale. Governi di diversi paesi, istituzioni europee e le Nazioni Unite hanno espresso preoccupazione, denunciando queste pratiche come violazioni dei diritti fondamentali dei cittadini, in particolare del diritto alla privacy. In risposta a queste preoccupazioni, numerose organizzazioni non governative (ONG) hanno promosso azioni legali. Hanno presentato ricorsi in vari paesi e presso corti internazionali con l’obiettivo di contestare la legalità di questi programmi di sorveglianza. Le sentenze emesse dai tribunali a seguito di queste azioni legali hanno avuto esiti diversi, riflettendo la complessità e la novità delle questioni legali sollevate dalla sorveglianza nell’era digitale.Implicazioni nell’era digitale
Quanto emerso dal Datagate evidenzia in modo netto la crescente integrazione tra la sorveglianza operata dagli stati e le pratiche di raccolta dati delle grandi aziende commerciali. Il ruolo dei big data è diventato cruciale in questo scenario, poiché le enormi quantità di informazioni disponibili e le tecnologie per analizzarle potenziano notevolmente le capacità di controllo, sia per i governi che per le corporations private. Questa situazione solleva interrogativi urgenti sui limiti legali ed etici che dovrebbero essere posti all’accesso e all’uso delle informazioni personali in un mondo sempre più connesso. È fondamentale affrontare queste sfide per trovare un equilibrio tra l’innovazione tecnologica, la necessità di sicurezza e la protezione delle libertà e dei diritti individuali nell’era digitale.Come può la libertà individuale essere garantita dai poteri statali, quando il capitolo stesso descrive come questi poteri limitino tale libertà, spesso in segreto?
Il capitolo afferma che la libertà individuale è garantita dai poteri statali, a condizione che siano regolati dalla legge. Questa formulazione solleva un interrogativo fondamentale: la libertà è un diritto preesistente che lo stato deve rispettare, o è un costrutto che emerge dalla regolamentazione del potere statale stesso? Il capitolo descrive come i poteri statali, anche se regolati, limitino la privacy e la libertà attraverso la sorveglianza, a volte in modi poco trasparenti. Per esplorare questa tensione, sarebbe utile approfondire la filosofia politica e giuridica, in particolare le teorie sulla natura della libertà, i diritti individuali e il ruolo dello stato. Autori come Locke, Mill o Foucault offrono prospettive diverse sul rapporto tra potere statale, sorveglianza e libertà.3. L’evoluzione delle norme per proteggere i dati personali
La regolamentazione attraverso il diritto è essenziale per gestire la raccolta e la protezione dei dati personali, affiancando aspetti tecnologici, economici e di sicurezza. I primi passi legislativi a livello nazionale per proteggere i dati risalgono agli anni Settanta. Sul piano internazionale, diverse organizzazioni hanno posto le basi con principi comuni: l’OCSE con linee guida non vincolanti nel 1980, il Consiglio d’Europa con la Convenzione 108, che è vincolante, nel 1981, e le Nazioni Unite con principi guida non vincolanti nel 1990. All’interno dell’Unione Europea, la protezione dei dati è riconosciuta come un diritto fondamentale, sancito dalla Carta di Nizza e dai Trattati UE, portando all’armonizzazione delle leggi nazionali attraverso la Direttiva 95/46/CE.I principi della Direttiva 95/46/CE
La Direttiva 95/46/CE ha introdotto principi fondamentali per il trattamento dei dati personali. Tra questi, spiccano la necessità che il trattamento sia lecito e corretto, la limitazione delle finalità per cui i dati vengono raccolti, l’obbligo di garantire la qualità dei dati e l’adozione di misure di sicurezza adeguate. Ha inoltre definito i diritti degli interessati, come la possibilità di accedere ai propri dati, richiederne la rettifica o la cancellazione. La Direttiva ha anche istituito le figure del titolare del trattamento, che decide come e perché i dati vengono trattati, e dell’incaricato del trattamento, che agisce per conto del titolare. Ogni Stato membro è stato tenuto a creare autorità di controllo indipendenti per vigilare sull’applicazione delle norme. Il trasferimento di dati personali verso paesi esterni all’UE era consentito solo se questi garantivano un livello di protezione considerato adeguato.Limiti e sfide attuali delle norme
Nonostante il quadro normativo esistente, incluse le disposizioni della Direttiva, si sono evidenziati diversi limiti. Le norme sono spesso frammentate a livello nazionale o regionale, rendendo difficile un’applicazione uniforme. Alcuni strumenti internazionali non sono vincolanti o mancano di meccanismi di controllo efficaci. Soprattutto, il diritto fatica a tenere il passo con i rapidi progressi tecnologici e l’evoluzione dell’economia basata sui dati su larga scala. L’uso massiccio dei big data, lo sviluppo dell’Internet delle Cose e tecniche di tracciamento avanzate come i cookie e il fingerprinting pongono sfide inedite. È chiaro che il diritto deve intervenire in modo più incisivo per regolare l’uso dei dati in settori complessi come l’economia digitale e la sicurezza nazionale, dove la quantità e la circolazione dei dati sono enormi.La proposta di riforma europea: il GDPR
Per affrontare questi limiti e adeguare la protezione dei dati all’era digitale, l’Unione Europea ha avviato un’importante riforma. Questa riforma si concretizza nella proposta di un Regolamento generale sulla protezione dei dati (GDPR), destinato a sostituire la Direttiva 95/46/CE. L’obiettivo è creare norme che siano direttamente applicabili in tutti gli Stati membri, superando la frammentazione. Il GDPR mira a rafforzare significativamente i diritti degli individui, introducendo concetti innovativi come il diritto all’oblio e la portabilità dei dati. La proposta rende inoltre obbligatoria la figura del responsabile della protezione dei dati (DPO) per molte organizzazioni e prevede sanzioni amministrative molto più severe in caso di violazioni. Questa riforma rappresenta un tentativo ambizioso di costruire un sistema di protezione dei dati più robusto e adatto al futuro.Incertezze e contesto internazionale
Tuttavia, la proposta di riforma del GDPR non è esente da critiche e incertezze. Permangono dubbi su possibili lacune nel testo o sulla sua effettiva applicabilità in contesti diversi. C’è anche la preoccupazione costante che l’evoluzione tecnologica possa continuare a progredire più velocemente del quadro normativo, richiedendo continui aggiornamenti. Al di là delle regole interne all’UE, anche i trattati internazionali che regolano il trasferimento di dati, come quelli tra l’UE e gli USA relativi ai dati dei passeggeri (PNR) o al tracciamento dei flussi finanziari (TFTP), sollevano questioni complesse sulla garanzia di un livello di protezione adeguato a livello globale. Organismi come il Gruppo di lavoro Articolo 29 hanno un ruolo cruciale nell’interpretare le norme esistenti e nel cercare di rispondere alle sfide poste da questi flussi internazionali e dalle nuove tecnologie emergenti.Se il consenso informato è “quasi impraticabile” nell’era dei big data, come afferma il capitolo, su quale fragile fondamento poggiano i nostri diritti digitali?
Il capitolo evidenzia correttamente la difficoltà di ottenere un consenso veramente informato e significativo di fronte alla mole e alla complessità dei dati raccolti. Questo solleva un dubbio fondamentale sulla validità del consenso come pilastro della protezione dei dati nell’attuale ecosistema digitale. Se il consenso è una chimera, quali altri meccanismi legali o etici possono garantire la tutela della sfera personale? Per approfondire, è utile esplorare le discussioni in filosofia del diritto e in etica dei dati, considerando autori che analizzano le dinamiche di potere nell’economia digitale e le alternative al modello basato sul consenso.6. Dati, Controllo Sociale e la Nuova Sfida della Privacy
La privacy nell’era digitale non è un concetto superato, ma il suo significato cambia profondamente. Le persone continuano a desiderare una sfera privata che sia protetta. Per raggiungere questo obiettivo, si ritiene che siano necessari strumenti efficaci, sia dal punto di vista tecnologico che legale, capaci di salvaguardare i dati personali. È importante considerare questo aspetto tenendo conto anche dei grandi vantaggi che derivano dall’uso dei big data. La protezione dei dati è vista principalmente come una questione economica strettamente legata alle imprese e alla crescita generale. Sebbene i governi utilizzino anch’essi enormi quantità di dati, la problematica principale non riguarda solo la sicurezza governativa. Il diritto alla privacy non è sempre prevalente rispetto alla necessità di prevenire reati, a patto che vengano sempre rispettati i diritti umani fondamentali di ogni individuo.Il passaggio dal singolo alla collettività
La vera sfida oggi non riguarda tanto la privacy del singolo cittadino, che rimane comunque un aspetto importante da tutelare. La questione centrale si sposta piuttosto sul controllo sociale che può derivare dall’automazione crescente della nostra società. Concentrarsi unicamente sulla protezione della privacy individuale rischia di non affrontare adeguatamente il problema nella sua dimensione collettiva. La tecnologia, l’economia e la sicurezza sono elementi fondamentali che devono essere tutelati insieme alla privacy. Si cerca costantemente un equilibrio delicato tra la protezione dei diritti individuali e collettivi e il rapido sviluppo tecnologico ed economico che caratterizza la nostra epoca.Il ruolo del consenso e la necessità di nuove regole
Con l’enorme mole di big data a disposizione, il semplice consenso dell’individuo diventa spesso uno strumento insufficiente o addirittura impraticabile per garantire una protezione efficace. È il diritto che deve intervenire per guidare i comportamenti, con l’obiettivo di massimizzare i benefici che derivano dall’uso dei dati e, al tempo stesso, ridurre al minimo i rischi. Questo approccio deve considerare sia la tutela degli individui che quella della collettività nel suo complesso. Per essere efficaci, servono strumenti tecnologici che siano integrati direttamente nei prodotti fin dalla loro progettazione (il concetto di “privacy by design” e “privacy by default”). Questi strumenti devono operare in modo preventivo, prima ancora che si renda necessario un intervento legale per correggere eventuali violazioni.Regolare i dati e gli oggetti connessi
Le norme legali devono andare oltre la semplice protezione della privacy individuale e regolare in modo efficace la raccolta e l’utilizzo dei big data e di tutti i dispositivi connessi che fanno parte dell’Internet of Things (IoT). Non si può lasciare al solo mercato la decisione su come questi prodotti vengano costruiti e quali garanzie offrano. Il diritto ha il compito fondamentale di imporre requisiti chiari in termini di sicurezza e tutela per le persone e per l’intera collettività. Le leggi in questo settore, data la rapidità del progresso tecnologico, devono basarsi su principi generali solidi. Questi principi devono poi essere aggiornati costantemente da autorità competenti, perché regole troppo specifiche e dettagliate rischiano di diventare obsolete molto velocemente.Il rischio più grande: la manipolazione sociale
Il rischio maggiore che si profila è quello di un’automazione collettiva che possa portare a un’elevata possibilità di manipolazione sociale su larga scala. Di fronte a questa minaccia, la privacy individuale, pur restando importante, assume un ruolo secondario. Anche concetti fondamentali come l’appello alla democrazia o ai diritti umani, se non vengono attentamente ripensati nel nuovo contesto digitale, possono essere strumentalizzati e utilizzati dai manipolatori per i propri fini. È quindi indispensabile riformulare e rafforzare il significato della democrazia e dei diritti umani per poter contrastare efficacemente le nuove forme di manipolazione che emergono in un mondo sempre più automatizzato e basato sui dati.Ma se la manipolazione sociale di massa è il rischio principale, la privacy individuale è davvero un problema ‘secondario’ o non è piuttosto la sua progressiva scomparsa a spianare la strada a tale manipolazione?
Il capitolo, pur evidenziando il cruciale rischio di manipolazione sociale collettiva, sembra sminuire la privacy individuale definendola quasi secondaria. Questa prospettiva trascura forse il fatto che l’erosione della sfera privata e dell’autonomia dell’individuo non è un problema minore, ma potrebbe essere la condizione necessaria che spiana la strada a forme di controllo e manipolazione su vasta scala. Per comprendere meglio questa dinamica, è essenziale approfondire il rapporto tra potere e individuo nell’era digitale, esplorando autori che hanno studiato i meccanismi di sorveglianza e controllo, come Michel Foucault, o i fondamenti filosofici della libertà e della dignità umana.Abbiamo riassunto il possibile
Se vuoi saperne di più, devi leggere il libro originale
Compra il libro[sc name=”1″][/sc] [sc name=”2″][/sc] [sc name=”3″][/sc] [sc name=”4″][/sc] [sc name=”5″][/sc] [sc name=”6″][/sc] [sc name=”7″][/sc] [sc name=”8″][/sc] [sc name=”9″][/sc] [sc name=”10″][/sc]