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Informazioni
“La mutazione. Come le idee di sinistra sono migrate a destra” di Luca Ricolfi è un libro che scava a fondo nel perché la politica di oggi sembra così diversa da quella di una volta. Ricolfi analizza come la sinistra, nata per difendere i diritti sociali dei lavoratori, abbia cambiato pelle, spostando il focus sui diritti civili e l’inclusione, diventando parte dell’establishment. Questo ha portato a un vero e proprio “grande swap” elettorale, visibile in Italia, Europa e Stati Uniti, dove i ceti popolari votano sempre più a destra, mentre i più istruiti scelgono la sinistra. Il libro esplora anche come questo cambiamento politico abbia influenzato la cultura, con l’abbandono dell’idea di cultura come emancipazione e l’emergere del politicamente corretto, che a volte sembra mettere in discussione la libertà d’espressione. “La mutazione” offre una prospettiva chiara su queste trasformazioni, mostrando come alcune “idee di sinistra” siano di fatto “migrate a destra” e analizzando le fratture profonde nella società italiana contemporanea.Riassunto Breve
La sinistra si è divisa, con una parte che resta legata ai vecchi temi sociali e un’altra che abbraccia idee liberali, il mercato e i diritti civili. Questa sinistra moderna, integrata nell’establishment, viene criticata da chi la vede troppo vicina all’individualismo e lontana dalla comunità, anche per posizioni come l’apertura delle frontiere. In Italia, la società è divisa in chi ha garanzie lavorative, chi vive nel rischio (autonomi, precari) e chi è escluso (disoccupati). Chi ha garanzie vota più a sinistra, chi è nel rischio vota a destra, e gli esclusi votano per il Movimento 5 Stelle. Questo mostra che i ceti più fragili non si sentono rappresentati dalla sinistra tradizionale. In Europa e negli Stati Uniti succede qualcosa di simile: le persone con meno istruzione e che vivono fuori dalle grandi città votano per la destra o i populisti, mentre i laureati e chi vive nei centri urbani vota per la sinistra o i partiti di sistema. Questo scambio di basi elettorali, dove i ceti popolari vanno a destra e i ceti più istruiti a sinistra, si chiama “grande swap”. Questo accade perché la sinistra, dagli anni ’70, ha spostato l’attenzione dai diritti sociali e dai lavoratori ai diritti civili e ai temi della globalizzazione e delle minoranze. I ceti popolari, invece, subiscono gli effetti negativi della globalizzazione, come la perdita di lavoro, e cercano protezione e un senso di comunità, che trovano più nei partiti di destra che nel liberalismo della sinistra.Nel dopoguerra c’era una censura forte in Italia, legata soprattutto a idee conservatrici e religiose, contro opere d’arte e intellettuali. Poi la censura è cambiata, diventando più politica e colpendo chi criticava figure potenti. Dopo, la satira in TV è diventata meno incisiva e l’autocensura è aumentata. È nata una nuova forma di controllo, il “politicamente corretto”, partito dall’America. All’inizio era solo usare parole meno offensive, ma poi è diventato un sistema che crea una lingua artificiale e viene criticato per ipocrisia. Negli Stati Uniti, il politicamente corretto è cresciuto, influenzato da movimenti sociali, e si concentra sulla denuncia del razzismo “sistemico”. Questo porta a comportamenti che limitano la libertà, come impedire a certi studiosi di parlare, togliere testi classici dai programmi o punire chi non si adegua. L’idea di “eguaglianza” della sinistra è stata sostituita da “inclusione” e “antirazzismo”. L’inclusione è un concetto vago che può portare a richieste infinite da parte di gruppi che si sentono vittime. L’antirazzismo diventa un’identità che squalifica chi non la condivide. Alcune teorie promuovono l’idea che l’oppressione sia ovunque e che servano “discriminazioni positive” per rimediare al passato, creando forme di razzismo al contrario basate sull’identità (essere bianco, maschio, eterosessuale). Il linguaggio è diventato un campo di battaglia, perché si crede che le parole abbiano potere e possano fare danno. Questo porta a chiedere spazi protetti e regole rigide sull’uso dei pronomi. L’inclusione, essendo vaga, permette di censurare anche espressioni normali. Si cerca di imporre una lingua complicata con regole su genere, professioni e termini per descrivere le persone. Anche parole come “normale” o “donna” vengono messe in discussione. Questo porta a “cancellare” il passato, come abbattere statue, e a usare intimidazioni e azioni sui social per punire chi non si conforma.Questo clima di paura limita la libertà di espressione, soprattutto nelle università, dove si cerca di impedire eventi o licenziare professori per le loro idee. Anche in Italia ci sono casi di sanzioni per opinioni espresse fuori dal lavoro. Questo fa sì che le persone, anche giovani, si autocensurino per paura delle conseguenze. Nel mondo delle donne, l’alleanza con la comunità LGBT si è rotta per via dell’idea che il genere sia solo una questione di autoidentificazione e non biologica. Questo porta a voler sostituire termini specifici per le donne, a insultare chi difende la base biologica del genere (chiamandole TERF), e a permettere a maschi che si sentono femmine di accedere a spazi per donne, creando problemi di sicurezza e competizione nello sport. La Social Justice Theory influenza la cultura mescolando politica, scienza e arte. Dice che l’oggettività non esiste e che le istituzioni devono cercare la giustizia sociale, portando a giudicare persone e opere non per il loro valore ma per criteri politici o identitari. Questo porta a chiedere la “cancellazione” di artisti, all’autocensura e all’uso di “sensitivity readers” nell’editoria. Anche in Italia si vede il politicamente corretto con autocensura nei media e sanzioni. Il caso del DDL Zan contro l’omotransfobia ha mostrato queste tensioni, con proposte che mettevano a rischio la libertà di espressione e la sicurezza delle donne, e la scelta di non discutere le critiche ha fatto fallire la legge. Storicamente, la sinistra difendeva la libertà di espressione, ma oggi l’establishment culturale ed economico promuove il politicamente corretto, e la sinistra ufficiale sembra d’accordo. Molti intellettuali che prima criticavano il potere ora fanno parte del sistema e controllano che le regole del politicamente corretto siano rispettate. Questo cambiamento, forse legato al cambio della base sociale della sinistra, porta a giudicare il politicamente corretto per i suoi obiettivi dichiarati e non per i suoi metodi che limitano la libertà. Però, ci sono segnali che mostrano una reazione contro l’eccesso di politicamente corretto e intolleranza, anche dentro la sinistra.L’eguaglianza è sempre stata importante per la sinistra, ma il suo significato è cambiato. Prima si cercava l’eguaglianza delle condizioni di vita o si correggevano le disuguaglianze con la redistribuzione. Poi si è passati all’idea di eguaglianza delle condizioni di partenza, legata all’istruzione e al merito. In questo percorso, la cultura era vista come uno strumento fondamentale per migliorare la vita e la posizione sociale, soprattutto per i ceti popolari. Nel dopoguerra, il Partito Comunista Italiano promuoveva una cultura “alta”, come il latino, per elevare i lavoratori. Questa visione si basava sull’idea che la cultura fosse universale e importante per la formazione. Dagli anni Sessanta, questa idea è cambiata. Si sono diffuse idee come il relativismo culturale, che dice che tutte le culture sono uguali, e che “tutto è cultura”, mettendo sullo stesso piano l’arte alta e i consumi di massa. Alcune teorie dicevano che la cultura alta era solo uno strumento dei potenti per mantenere il controllo e le disuguaglianze. Questa visione ha portato a riforme scolastiche per combattere la selezione di classe, abbassando i livelli di valutazione e semplificando i programmi, riducendo lo spazio per la cultura alta. Dopo, l’idea della “Terza via” ha promosso il merito e l’investimento nell’istruzione, ma spesso senza garantire che tutti partissero dalle stesse condizioni. Il risultato è stato il contrario di quello sperato: invece di ridurre le disuguaglianze, abbassare la qualità dell’istruzione le ha aumentate. Una preparazione solida è l’unico modo che i ragazzi di famiglie svantaggiate hanno per competere. Un sistema educativo debole li penalizza di più, rendendo più difficile il loro percorso e facendoli dipendere di più dalla famiglia di origine. L’idea che la cultura possa aiutare a migliorare la propria vita sembra oggi dimenticata sia a sinistra che a destra. L’impoverimento del linguaggio e della cultura ha effetti negativi sulla vita sociale, sulla capacità di pensare in modo critico e sulla democrazia.La differenza principale tra sinistra e destra sta nel modo in cui vedono il progresso, cioè i cambiamenti avvenuti dopo la Seconda guerra mondiale. La sinistra ufficiale vede la modernizzazione come un percorso di miglioramenti continui. Questo include i vantaggi della globalizzazione, le nuove tecnologie, l’aumento del benessere e le rivoluzioni culturali come la libertà sessuale e i diritti civili. Per questa visione, ogni cambiamento è visto come un passo avanti, e la modernizzazione è positiva, bisogna solo fare in modo che più persone ne traggano beneficio. Questa idea è diversa da quella di pensatori come Pasolini, che vedeva la modernizzazione capitalistica non come progresso ma come una forza che distruggeva le cose, legata al consumismo. Il capitalismo si è evoluto in un modo che, a differenza di quello che pensavano alcuni, promuove il consumismo e la libertà individuale restando capitalismo. La sinistra, che ha combattuto contro la repressione, finisce per accettare questa evoluzione. La destra, invece, vede il “lato oscuro” di questo progresso. Vede le conseguenze negative della modernizzazione e globalizzazione, come la perdita di posti di lavoro, la chiusura di aziende e la minaccia ai valori tradizionali. Questo giudizio negativo sul capitalismo è in parte condiviso dalla sinistra che è contro il capitalismo. Questa differenza di visione spiega perché alcune idee sono passate dalla sinistra alla destra. La difesa dei deboli, per la sinistra ufficiale, si concentra sugli immigrati in nome dell’inclusione, mentre la destra difende i lavoratori e le piccole imprese danneggiate dalla globalizzazione. La difesa della libertà di espressione, che era un punto fermo della sinistra, si scontra con il politicamente corretto promosso dalla stessa sinistra in nome dell’inclusione, mentre la destra si oppone a queste limitazioni. Anche su temi come il femminismo, la destra difende posizioni critiche verso certe teorie o pratiche, posizioni che a volte la sinistra ufficiale ha abbandonato. Esiste una divisione sociale tra un “mondo di sopra”, con lavori meno pesanti, bisogni legati alla realizzazione personale, e un “mondo di sotto”, che lotta per i bisogni primari e ha lavori materiali. La sinistra ufficiale si schiera con il “mondo di sopra”, mentre la destra (e la sinistra anticapitalista) si schiera con il “mondo di sotto”, vedendo in esso la prova del potere distruttivo del capitalismo. La destra si pone domande sul progresso e su cosa si è perso, un esercizio che la sinistra ufficiale non fa più, anche se queste domande vengono dalla storia del pensiero di sinistra.Riassunto Lungo
1. Il ribaltamento delle basi elettorali
C’è stato un cambiamento importante nelle preferenze di voto che ha ribaltato le alleanze politiche tradizionali. I gruppi sociali che una volta votavano a sinistra ora si orientano verso destra, mentre chi vota a sinistra oggi ha spesso un profilo diverso. Questo fenomeno, chiamato “grande swap”, si osserva in Europa e negli Stati Uniti, dove chi ha meno istruzione e vive fuori dalle grandi città tende a votare per partiti di destra o populisti. Al contrario, chi ha una laurea e vive nei centri urbani vota più per la sinistra o per partiti considerati parte dell’establishment.La trasformazione della sinistra
Questo cambiamento accade perché la sinistra si è trasformata dagli anni ’70 in poi. Prima era concentrata sui diritti dei lavoratori e sui temi sociali, legata alla vecchia classe operaia. Poi ha spostato l’attenzione sui diritti civili, le istanze legate alla globalizzazione e le minoranze, diventando una corrente più moderna, liberale e pro-mercato. Una parte di questa sinistra moderna è diventata parte dell’establishment ed è criticata da pensatori di sinistra anticapitalista. Questi critici la vedono come troppo lontana dalla visione comunitaria e troppo vicina all’individualismo liberale, accusandola di aver abbandonato i suoi principi originari. Alcuni criticano questa sinistra perché sembra accettare l’apertura delle frontiere, vista come utile solo al grande capitale globale, e perché mette i diritti civili prima dei diritti sociali, considerati talvolta semplici desideri individuali.Le preoccupazioni dei ceti popolari e l’attrattiva della destra
Nel frattempo, i ceti popolari sentono gli effetti negativi della globalizzazione. Perdono posti di lavoro e vedono indebolirsi i legami sociali nelle loro comunità. Cercano sicurezza e protezione, ma sentono che la sinistra tradizionale non li ascolta più o minimizza le loro preoccupazioni. Invece, i partiti di destra spesso danno voce a queste paure. Parlano di difendere la tradizione, i confini nazionali e la sicurezza sociale. Offrono un senso di comunità che i ceti popolari trovano più vicino alle loro esigenze rispetto al liberalismo proposto dalla sinistra. Per questo, molti preferiscono votare per partiti che rappresentano questo “comunitarismo”.L’esempio dell’Italia: società e voto
Guardando all’Italia, vediamo una società divisa in modi che vanno oltre la vecchia distinzione tra ricchi e poveri, con fratture profonde. Possiamo identificare tre gruppi principali. C’è la “società delle garanzie”, fatta di lavoratori con contratti stabili e protetti. Poi c’è la “società del rischio”, che include autonomi e precari con meno sicurezza economica e livelli di istruzione più bassi. Infine, c’è la “società degli esclusi”, composta da disoccupati, persone in situazioni irregolari e con bassa istruzione. I gruppi più fragili si trovano nelle ultime due categorie. L’analisi dei voti in Italia mostra come queste divisioni influenzino le scelte politiche. La “società delle garanzie” tende a votare per i partiti di sinistra. La “società del rischio” vota più spesso a destra. E la “società degli esclusi” ha mostrato una preferenza per il Movimento 5 Stelle. Questo dimostra che i gruppi più deboli non si sentono rappresentati dai partiti di sinistra tradizionali.Chi sono questi “pensatori di sinistra anticapitalista” che criticano la sinistra moderna, e quali alternative propongono concretamente?
Il capitolo menziona l’esistenza di critiche alla sinistra moderna da parte di pensatori di sinistra anticapitalista, ma non specifica chi siano questi critici né quali siano le loro argomentazioni nel dettaglio, al di là di accuse generiche di vicinanza all’individualismo liberale o al grande capitale. Questa mancanza di specificità rende difficile valutare la fondatezza di tali critiche e comprendere le alternative proposte. Per approfondire questo aspetto e dare corpo alle figure e alle idee accennate, sarebbe utile esplorare il pensiero di autori contemporanei che analizzano le trasformazioni del capitalismo e della sinistra, come Chantal Mouffe, Wolfgang Streeck o Nancy Fraser.2. Dalla Censura Morale al Politicamente Corretto
In Italia, nel periodo dopo la guerra, la censura colpiva libri, spettacoli teatrali, film e musica. Questa censura era guidata soprattutto da gruppi legati al conservatorismo e alla religione. Si basava sull’idea di “buon costume” e puniva reati come il vilipendio. Per contrastarla, molti intellettuali e artisti, spesso vicini alle idee di sinistra, si unirono per difendere la libertà di dire e creare.La censura politica
Tra il 1976 e il 2005, il modo in cui la censura agiva cambiò. La società evolveva, i costumi si modificavano, e la satira in televisione trovava maggiore spazio. Tuttavia, la censura iniziò a colpire soprattutto figure politiche potenti. Questo portò all’allontanamento dalla TV di chi criticava leader come Craxi e Berlusconi. Finito quel periodo, la satira in televisione divenne meno pungente, e aumentò la tendenza a censurarsi da soli per evitare problemi.La nascita del Politicamente Corretto
Successivamente, emerse una forma diversa di controllo sul linguaggio e sulle idee, chiamata “politicamente corretto”. Questa tendenza nacque in America e si diffuse in molti paesi. All’inizio, negli anni Settanta, si manifestò con l’uso di parole “attenuate” (eufemismi) per non usare termini ritenuti offensivi. Un esempio è sostituire “cieco” con “non vedente”. Questa abitudine creò una specie di “anti-lingua”, un modo di parlare artificiale, che venne criticato perché sembrava ipocrita e lontano dal modo in cui le persone parlano davvero.L’evoluzione negli Stati Uniti
Negli Stati Uniti, il fenomeno del politicamente corretto ha avuto alti e bassi. Dopo un periodo di crescita, sembrava essersi un po’ attenuato, per poi tornare a espandersi con forza dal 2013. Questa ripresa è legata a nuovi movimenti sociali e punta a denunciare il razzismo che si ritiene presente “nel sistema” della società. Si traduce in azioni che limitano la libertà, come impedire a studiosi non graditi di parlare, togliere opere letterarie considerate classiche dai programmi di studio, e punire chi non segue le idee dominanti.Concetti chiave: Inclusione e Antirazzismo
Le idee di base cambiano: l’obiettivo di “uguaglianza” tipico della sinistra viene rimpiazzato da concetti come “inclusione” e “antirazzismo”. L’idea di inclusione è molto ampia e può portare a richieste infinite da parte di gruppi che si considerano vittime. L’antirazzismo, invece, diventa quasi un’etichetta che serve a delegittimare chi non la accetta. Esiste anche una teoria, chiamata Critical Race Theory, che sostiene che l’oppressione sia presente in modo “sistemico” nella società. Questa teoria propone di fare “discriminazioni positive” per compensare le ingiustizie del passato. Questo può portare a situazioni che sembrano una forma di razzismo al contrario, basate su chi si è per nascita (ad esempio, essere bianco, uomo, eterosessuale).Il linguaggio come strumento di potere
Il linguaggio diventa un terreno di scontro fondamentale. Si diffonde l’idea che il potere si manifesti attraverso le parole, considerate capaci di fare del male, quasi come azioni. Questo porta a chiedere la creazione di “spazi sicuri” e a stabilire regole molto rigide, per esempio sull’uso dei pronomi personali. Poiché l’idea di inclusione non è ben definita, si finisce per poter censurare anche modi di dire che sembrano innocui, come saluti rivolti a tutti o termini specifici di un settore. Ci sono tentativi di imporre questa “anti-lingua” con regole complicate sul genere dei nomi (per professioni, ecc.) e sui termini da usare per descrivere persone con disabilità o persone obese. Addirittura, parole come “normale” e persino “donna” vengono messe in discussione o sostituite con altre espressioni.Conseguenze concrete
Tutto questo ha effetti concreti. Tra le conseguenze pratiche c’è la volontà di “cancellare il passato”, per esempio abbattendo statue o eliminando opere storiche considerate offensive. Per far rispettare queste nuove regole, si ricorre all’intimidazione, all’attivismo molto forte sui social media e ad azioni dirette per colpire persone e organizzazioni che non si adeguano ai nuovi modi di pensare e parlare.È corretto definire il “politicamente corretto” una semplice evoluzione della censura statale e religiosa, o si rischia di confondere fenomeni diversi e complessi?
Il capitolo propone una linea evolutiva che lega la censura post-bellica al fenomeno del “politicamente corretto”, suggerendo una continuità tra il controllo statale/religioso e le pressioni sociali contemporanee. Tuttavia, le dinamiche, gli attori e le motivazioni dietro questi fenomeni sono profondamente diversi. La censura classica implica spesso un potere istituzionale che vieta o limita l’espressione, mentre il “politicamente corretto” si manifesta più come una pressione sociale, un tentativo di stabilire norme linguistiche e comportamentali all’interno di specifici gruppi o contesti, o come parte di movimenti per il riconoscimento e la giustizia sociale. Equiparare questi due fenomeni senza distinguere le loro specificità rischia di semplificare eccessivamente il dibattito e di presentare in modo parziale le intenzioni e gli effetti delle diverse forme di controllo o influenza sul discorso pubblico. Per approfondire le complesse relazioni tra potere, linguaggio e dinamiche sociali, è utile esplorare le opere di autori che hanno analizzato il ruolo del discorso nella costruzione della realtà e delle relazioni di potere, come Michel Foucault, o sociologi e filosofi che studiano i movimenti identitari e le trasformazioni culturali contemporanee.3. La mutazione della libertà d’espressione
Un clima di intimidazione limita la libertà di espressione, specialmente nelle università. Negli Stati Uniti, i tentativi di bloccare eventi o licenziare professori per le loro idee sono frequenti e spesso riescono. Anche in Italia, chi esprime opinioni al di fuori del lavoro può subire sanzioni. Questo crea un effetto di autocensura diffuso. Anche studenti e giovani hanno paura di esprimere le proprie idee per timore di conseguenze.La questione dell’identità di genere
Nel mondo femminile, l’alleanza con la comunità LGBT incontra difficoltà a causa del concetto di autoidentificazione di genere. Questa idea sostiene che il genere sia solo una costruzione sociale, non legato alla biologia. Questo porta a diverse conseguenze per le donne. Si propongono di sostituire parole specifiche con termini più generici. Le donne che affermano l’importanza della base biologica del genere vengono criticate, a volte definite TERF. Inoltre, si pone il problema dell’accesso di persone nate maschi ma che si identificano come femmine a spazi riservati alle donne, sollevando preoccupazioni per la sicurezza e creando competizione non equa nello sport.L’impatto della Social Justice Theory sulla cultura
La Social Justice Theory ha un forte impatto sulla cultura, mescolando politica con ambiti come la scienza e l’arte. Chi la sostiene afferma che l’oggettività non esista e che le istituzioni debbano puntare prima di tutto alla giustizia sociale. Questo modo di pensare porta a valutare persone e opere non per il loro valore o merito, ma in base a idee politiche, identitarie o morali private. Ne derivano richieste di “cancellare” artisti o opere, una diffusa autocensura e l’uso di “sensitivity readers” nel mondo editoriale per controllare i testi. Alcuni studi hanno mostrato che in certe riviste accademiche l’ideologia può prevalere sul rigore scientifico.Il politicamente corretto e il caso DDL Zan in Italia
Anche in Italia si vedono gli effetti del politicamente corretto. Questo si manifesta con l’autocensura nei media, l’esclusione in alcune istituzioni culturali e l’imposizione di codici etici che possono portare a sanzioni. La discussione sul DDL Zan contro l’omotransfobia ha evidenziato queste tensioni. Il disegno di legge prevedeva il riconoscimento dell’autoidentificazione, l’obbligo di organizzare celebrazioni nelle scuole e la possibilità di perseguire legalmente opinioni considerate pericolose. Molti hanno criticato queste proposte, vedendo rischi per la libertà di espressione e la sicurezza delle donne. La decisione politica di non voler discutere queste criticità ha portato alla bocciatura della legge.Il cambiamento storico della sinistra sulla libertà d’espressione
Storicamente, la sinistra ha sempre difeso la libertà di espressione contro ogni forma di censura. Oggi, invece, l’establishment economico-culturale promuove il politicamente corretto, e la sinistra ufficiale sembra allineata a questa visione. Molti intellettuali che un tempo criticavano il potere ora fanno parte di questo establishment e controllano che i principi del politicamente corretto vengano rispettati. Questa trasformazione, forse iniziata negli anni Novanta con il cambio della sua base sociale, porta a valutare il politicamente corretto solo per i suoi obiettivi dichiarati, ignorando i suoi metodi che limitano la libertà. Tuttavia, iniziano a esserci segnali di una reazione contro gli eccessi del politicamente corretto e l’intolleranza, anche all’interno della sinistra stessa.Ma la critica alla cultura come “arbitrario culturale” implica necessariamente il suo abbandono come strumento di emancipazione?
Il capitolo descrive efficacemente il passaggio da una visione della cultura alta come leva di elevazione sociale all’idea che essa sia uno strumento di potere della classe dominante. Tuttavia, l’argomentazione sembra suggerire che questa seconda visione abbia inevitabilmente portato all’indebolimento dell’istruzione e all’aggravarsi delle disuguaglianze. Non è del tutto chiaro se la critica sociologica (come quella di Bourdieu) sia la causa diretta del declino educativo o se, al contrario, offra strumenti per comprendere come la cultura possa essere usata contro le disuguaglianze, magari insegnando esplicitamente i codici culturali dominanti a chi ne è privo. Per approfondire questo punto e capire meglio le dinamiche in gioco, sarebbe utile studiare più a fondo le teorie sociologiche sull’educazione e il capitale culturale, leggendo direttamente autori come Pierre Bourdieu, e confrontarsi con diverse prospettive sulla storia delle riforme scolastiche e le loro reali motivazioni e conseguenze.5. La Lente Inversa del Progresso
La differenza fondamentale tra sinistra e destra riguarda come vedono il progresso, cioè i grandi cambiamenti avvenuti dopo la Seconda guerra mondiale nell’economia, nella società e nella cultura. La sinistra ufficiale considera la modernizzazione come un cammino fatto di conquiste progressive. Questo include i vantaggi della globalizzazione, le nuove tecnologie, l’aumento del benessere e le rivoluzioni culturali come la libertà sessuale e i diritti civili. Per questa visione, quasi ogni cambiamento è visto come un passo avanti, e la modernizzazione è considerata positiva, da sostenere per includere sempre più persone. Questa idea si scontra però con quella di pensatori come Pasolini, che vedeva la modernizzazione capitalistica (chiamata da lui “sviluppo”) non come progresso, ma come una forza che distruggeva legata al consumismo tipico della borghesia. L’evoluzione del capitalismo ha mostrato una via che, diversamente da quanto pensavano figure come Freud o Marcuse, spinge al consumo e alla libertà individuale, ma rimane sempre capitalismo. La sinistra, che in passato ha lottato contro le repressioni, finisce così per accettare questa evoluzione. La destra, invece, percepisce il “lato oscuro” di questo stesso progresso. Vede le conseguenze negative della modernizzazione e della globalizzazione, come la perdita di posti di lavoro, la chiusura di molte attività e la minaccia per i valori tradizionali. Questo giudizio critico sul capitalismo è in parte condiviso anche da chi si trova a sinistra ma è contro il capitalismo.Le Conseguenze della Divergenza
Questa differenza nel modo di vedere il progresso spiega perché certe idee e battaglie passano dalla sinistra alla destra. Ad esempio, la difesa dei più deboli per la sinistra ufficiale si concentra sugli immigrati, parlando di inclusione, mentre la destra si schiera a difesa dei lavoratori e delle piccole imprese che subiscono gli effetti negativi della globalizzazione. La difesa della libertà di espressione, che un tempo era una bandiera della sinistra, oggi si trova spesso in conflitto con il “politicamente corretto” promosso dalla stessa sinistra per favorire l’inclusione, mentre la destra si oppone a queste limitazioni. Anche su temi come il femminismo, la destra prende posizioni critiche verso la teoria gender o pratiche come l’utero in affitto, posizioni che a volte la sinistra ufficiale ha abbandonato. Questa diversa percezione del progresso crea anche una divisione profonda nella società tra un “mondo di sopra”, dove ci sono lavori meno faticosi, interessi legati alla realizzazione personale e bisogni non materiali, e un “mondo di sotto”, che lotta con lavori manuali, bisogni primari e la fatica di arrivare a fine mese. La sinistra ufficiale si identifica con il “mondo di sopra”, mentre la destra (e la sinistra anticapitalista) si sente più vicina al “mondo di sotto”. Quest’ultimo viene visto come la dimostrazione concreta del potere distruttivo del capitalismo. La destra si pone domande sul costo del progresso e su ciò che si è perso, un tipo di riflessione che la sinistra ufficiale non fa più, anche se queste domande affondano le radici nel pensiero della sinistra di un tempo.È davvero così semplice dividere il mondo in “sopra” e “sotto”, e attribuire l’uno alla sinistra e l’altro alla destra, basandosi solo sulla visione del progresso?
Il capitolo propone una dicotomia netta tra “mondo di sopra” e “mondo di sotto” e la associa in modo altrettanto netto alle posizioni politiche. Questa semplificazione, pur utile a delineare un quadro generale, rischia di trascurare la complessità delle stratificazioni sociali contemporanee e le sfumature ideologiche all’interno dei diversi schieramenti politici. Non è detto che tutti coloro che rientrano nel “mondo di sopra” aderiscano acriticamente alla visione progressista descritta, né che il “mondo di sotto” sia un blocco omogeneo di critica al capitalismo. Per approfondire questa tematica e comprendere meglio le dinamiche sociali e politiche che vanno oltre le semplificazioni, sarebbe utile esplorare gli studi di sociologia sulle classi sociali e le disuguaglianze, e le analisi di scienza politica sull’evoluzione e la frammentazione delle identità politiche. Autori come Pierre Bourdieu offrono strumenti per analizzare le diverse forme di capitale (economico, culturale, sociale) che contribuiscono a definire le posizioni sociali e le relative visioni del mondo, fornendo una prospettiva più articolata rispetto alla divisione binaria proposta nel capitolo.Abbiamo riassunto il possibile
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