Contenuti del libro
Informazioni
“La morte a Roma” di Wolfgang Koeppen ti catapulta nella Roma postbellica, dove un gruppo di tedeschi fa i conti con l’ingombrante eredità del nazismo. Non è una storia facile, ma ti prende subito. C’è Gottlieb Judejahn, un ex generale nazista che non si arrende, ancora pieno di odio e coinvolto in affari loschi, una figura quasi bestiale che incarna la violenza del regime caduto. Poi c’è Siegfried, un giovane compositore che cerca di scappare da tutto questo con la sua musica dissonante, e suo cugino Adolf, che prova a trovare rifugio nella fede, diventando prete per sfuggire al peso del padre. Ci sono anche i Pfaffrath, la famiglia “normale” che cerca di dimenticare, e i Kürenberg, che portano le cicatrici della persecuzione. Roma, con la sua storia millenaria, diventa lo sfondo perfetto per questo scontro tra passato e presente, tra chi non vuole dimenticare e chi cerca di andare avanti, o semplicemente di nascondersi. È un romanzo tedesco dopoguerra che scava a fondo nella colpa storica e nel difficile confronto col passato, mostrando come le ferite non si rimarginino facilmente e come l’eredità nazismo continui a pesare sulle nuove generazioni. Un libro potente sui personaggi tedeschi a Roma e sulla loro lotta interiore.Riassunto Breve
A Roma, nel dopoguerra, si incontrano diversi tedeschi che portano il peso del passato nazista. Gottlieb Judejahn, un ex potente gerarca, vive nascosto sotto falso nome, ancora legato all’ideologia violenta e coinvolto in affari illeciti, come il commercio di armi. Disprezza la nuova Germania normalizzata. La sua famiglia, i Pfaffrath, cerca di adattarsi: Friedrich Wilhelm è borgomastro, sua moglie Eva (o Anna), sorella di Judejahn, è tormentata dalla colpa e legata al mito nazista, e il figlio Dietrich punta a una carriera nella nuova amministrazione ma è attratto da Judejahn. Adolf, figlio di Judejahn, si sta formando come prete, cercando nella fede una fuga dall’eredità familiare dopo un’esperienza traumatica, ma lotta con dubbi e teme il padre. Siegfried, cugino di Adolf e figlio dei Pfaffrath, è un giovane compositore la cui musica dissonante esprime il rifiuto della sua famiglia e del passato nazista, cercando una verità nell’arte ma sentendosi impotente. Anche Kürenberg e sua moglie Ilse, figlia di un perseguitato, vivono con il peso della storia. Roma è lo scenario dove questi personaggi affrontano le conseguenze del passato. Judejahn non è solo un tipo autoritario, ma una presenza fisica potente e degradata, un “fascista dei desideri” la cui violenza nasce da impulsi sensoriali. La sua violenza culmina nell’omicidio di Ilse Kürenberg, un’ebrea tedesca, vista come simbolo del nemico. Judejahn muore poco dopo in un giardino di museo; Adolf tenta di dargli l’estrema unzione. L’arrivo del romanzo in Italia nel 1959 incontra difficoltà, con critiche negative spesso legate a divisioni politiche e ideologiche. Il libro è visto come un attacco alla Germania postbellica e la rappresentazione di Roma offende alcuni. Il confronto con Curzio Malaparte contribuisce a una ricezione sfavorevole, anche per ragioni politiche. Cambiamenti nel mercato editoriale e nei gusti dei lettori, insieme alla successiva assenza di nuovi romanzi di Koeppen, limitano la sua riscoperta in Italia per molti anni. Il passato continua a influenzare profondamente il presente e le relazioni familiari, lasciando aperte domande sulla redenzione e sul significato dell’esistenza in un mondo segnato dalla violenza.Riassunto Lungo
1. Il Passato a Roma
A Roma si ritrovano diversi tedeschi, ognuno alle prese con le conseguenze del dopoguerra. La città eterna, ricca di storia antica e vita moderna, diventa lo scenario in cui si manifestano le ferite ancora aperte del passato tedesco e i tentativi di affrontarlo o sfuggirgli. Questi personaggi rappresentano modi diversi di vivere l’eredità del regime caduto, cercando la propria strada tra arte, religione, affari illeciti o una difficile normalizzazione. Ognuno di loro porta il peso della storia, cercando di trovare un senso o una fuga nella nuova realtà. Le loro storie si intrecciano nella città, rivelando le profonde divisioni e le difficili scelte che il dopoguerra ha imposto.
La musica e il peso della storia
Tra questi personaggi c’è Siegfried, un giovane compositore arrivato per un congresso musicale. La sua musica, piena di dissonanze e disperazione, è un chiaro rifiuto del suo ambiente e della sua famiglia, profondamente segnati dal nazismo. Siegfried cerca attraverso l’arte una verità che vada oltre l’esperienza umana, un percorso che lo distingue dalla visione più tradizionale del direttore d’orchestra Kürenberg. Kürenberg e sua moglie Ilse, la cui famiglia fu perseguitata dal regime nazista, vivono una vita in continuo movimento, portando con sé il peso della storia ma trovando un modo per sentirsi liberi nonostante tutto.
L’ombra del nazismo e la ricerca di normalità
Contemporaneamente, Gottlieb Judejahn, zio di Siegfried, si nasconde a Roma sotto falso nome. Ex potente figura del regime nazista, è ora coinvolto in affari illeciti. Judejahn incarna la violenza e l’ideologia del nazismo caduto, disprezzando la nuova società tedesca che considera normalizzata e borghese, rappresentata dal cognato Friedrich Wilhelm Pfaffrath, che è diventato borgomastro. Pfaffrath e sua moglie Eva, sorella di Judejahn e ancora legata ai vecchi ideali nazisti, sono anch’essi a Roma con l’obiettivo di aiutare Judejahn a rientrare nella società. Mentre Judejahn rimane intrappolato nella sua violenza, i Pfaffrath cercano una normalizzazione che appare solo superficiale.
La fuga nella fede
Un altro membro della famiglia è Adolf, figlio di Judejahn e cugino di Siegfried. Adolf sta studiando per diventare prete. La sua scelta di vita religiosa nasce da un evento traumatico vissuto alla fine della guerra: l’incontro con un prigioniero ebreo che lo ha costretto a confrontarsi con la terribile brutalità del regime guidato da suo padre. Adolf cerca rifugio nella fede, sperando di sfuggire all’eredità pesante della sua famiglia e della storia.
Ma è davvero credibile la “normalizzazione” cercata da alcuni personaggi del capitolo, o si tratta piuttosto di una fuga o di una mera superficie, data l’ombra indelebile del passato?
Il capitolo presenta diverse reazioni al peso della storia e all’eredità del nazismo, dalla fuga nella fede o negli affari illeciti all’arte come rifiuto, fino al tentativo di “normalizzazione”. Tuttavia, la narrazione non approfondisce sufficientemente cosa significhi realmente questa “normalizzazione” dopo un trauma collettivo di tale portata. È un vero superamento o un semplice adattamento esteriore? Per esplorare la complessità di questi processi e le sfide nel confrontarsi con la memoria e la colpa in società post-totalitarie, sarebbe utile approfondire gli studi sul trauma storico, la psicologia post-conflitto e la sociologia della memoria. Autori come Aleida Assmann o Harald Welzer offrono prospettive fondamentali su come individui e collettività elaborano (o non elaborano) i passati traumatici.2. Eredità e Impotenza a Roma
Nella città eterna di Roma, un gruppo di tedeschi affronta il pesante fardello del passato nazista e lotta per definire la propria identità nel dopoguerra. I monumenti antichi e i luoghi sacri della città creano un forte contrasto con le loro esistenze moderne, segnate da conflitti interiori e irrisolti. Per loro è difficile sfuggire a ciò che è stato, mentre cercano continuamente un significato o un senso di vera libertà. Il peso della storia grava sulle loro scelte presenti e sulle loro relazioni.Judejahn: L’Ombra del Passato
Tra loro c’è Judejahn, un tempo figura potente, che ora vive sotto falso nome. Rimane profondamente legato agli ideali nazionalisti ed è coinvolto nel commercio di armi. Vede la città tranquilla intorno a lui come un ostacolo al suo desiderio costante di conflitto e guerra. Il suo passato continua a plasmare le sue azioni e la sua visione del mondo. Soglie ancora di tornare alla sua precedente posizione di potere e alle ideologie che ha servito.La Famiglia Pfaffrath: Adattamento e Contrasti
Judejahn incontra la famiglia Pfaffrath, un gruppo borghese che cerca di adattarsi alla nuova realtà della Germania post-bellica. Provano allo stesso tempo fascino e repulsione verso Judejahn. Friedrich Wilhelm Pfaffrath, che ora ricopre la carica di borgomastro, e sua moglie Anna, sembrano rassegnati alla sconfitta della Germania. Tuttavia, nutrono forti ambizioni per il figlio Dietrich. Dietrich punta a una carriera nella nuova amministrazione tedesca, sebbene sia attratto dalla figura carismatica di Judejahn.Altre Lotte: Colpa, Fede e Ribellione
Altri personaggi affrontano percorsi personali altrettanto difficili. Eva, moglie di Judejahn, è tormentata dal senso di colpa per essere sopravvissuta alla guerra e si rifiuta di vedere il marito. Sente che il loro legame era indissolubilmente legato al Reich caduto. Adolf, figlio di Judejahn e diacono, lotta profondamente con la sua fede e la storia della sua famiglia. Cerca rifugio nella religione ma trova le istituzioni ecclesiastiche distanti e concentrate su questioni terrene. Vive nel timore del padre e cerca di nascondersi da lui. Siegfried, figlio dei Pfaffrath, è un compositore che rifiuta la sua famiglia e l’educazione nazista che ha ricevuto. Desidera ardentemente una vita libera e autonoma, ma si sente impotente e disconnesso dal mondo. Mette in discussione il senso della sua arte e il suo stesso istinto di vita.Descrivere le diverse reazioni individuali al peso della storia è sufficiente per comprendere come una nazione affronta il proprio passato?
Il capitolo, pur offrendo ritratti individuali toccanti, sembra concentrarsi sulle manifestazioni personali del peso della storia senza fornire un contesto più ampio sui meccanismi collettivi di elaborazione del trauma. La mera descrizione delle singole reazioni rischia di non cogliere la complessità del processo nazionale. Per comprendere meglio come le società e gli individui affrontano eventi traumatici su larga scala, è fondamentale esplorare la psicologia sociale e la sociologia storica. Autori come Alexander Mitscherlich o Norbert Elias possono offrire strumenti concettuali per analizzare le dinamiche sottostanti alle diverse risposte individuali e collettive al passato nazista, andando oltre la semplice constatazione del conflitto interiore.3. Roma, Echi del Passato
Il peso del passato nazista
Una famiglia tedesca si trova a Roma e deve fare i conti con il peso del passato nazista. Judejahn, un ex generale, e sua moglie Eva rimangono fermi nelle loro vecchie idee. Vedono tradimento ovunque e danno la colpa agli ebrei per la sconfitta della Germania. Eva in particolare considera il figlio Adolf, che ha scelto di diventare prete, un nemico e un traditore della famiglia e delle sue origini.Le nuove generazioni in cerca di strada
Adolf e suo cugino Siegfried, un compositore, rappresentano la generazione successiva. Cercano di trovare la loro strada, ma sono segnati dalla storia della famiglia. Siegfried scrive musica moderna, che suona strana e disturbante. Non vuole piacere, ma mostrare il disagio e la morte. Questo lo mette in contrasto con i gusti classici dei suoi parenti, i Pfaffrath. Adolf, invece, lotta con dubbi sulla sua fede e sul senso della vita. Si sente isolato e diverso dagli altri.Violenza e morte a Roma
La tensione arriva al culmine durante vari incontri a Roma. Judejahn è ossessionato dall’odio razziale. Incontra Laura, una cassiera, e le sue idee malate si riversano su di lei. La sua rabbia nascosta esplode quando spara a Ilse Kürenberg. Vede in lei, figlia di un ebreo, un simbolo del nemico che è sopravvissuto. Judejahn muore poco dopo nel giardino di un museo, circondato da statue antiche. Adolf cerca di dargli l’estrema unzione, sperando nella salvezza per il padre nonostante tutto quello che ha fatto. Le diverse reazioni dei personaggi alla musica di Siegfried, agli eventi e alla morte di Judejahn mostrano ferite profonde nelle relazioni familiari. Il passato continua a pesare sulle loro vite e sui loro rapporti.[/membership]Se il capitolo si intitola ‘Roma, Echi del Passato’, quali sono questi echi e come la città influenza realmente i personaggi?
Il capitolo, pur intitolandosi ‘Roma, Echi del Passato’, sembra utilizzare la città più come un semplice sfondo scenografico che come un elemento attivo e significativo nella narrazione. Non viene esplorato a sufficienza come la storia specifica di Roma – i suoi legami con il fascismo, l’occupazione nazista, la sua identità post-bellica – possa interagire con il peso del passato nazista portato dalla famiglia tedesca. Per comprendere appieno il potenziale significato del setting, sarebbe utile approfondire la storia contemporanea italiana, in particolare il periodo bellico e post-bellico, e gli studi sul rapporto tra memoria storica e spazio urbano. Questo permetterebbe di valutare se e come Roma non sia solo un luogo di passaggio, ma un vero e proprio catalizzatore o specchio delle tensioni vissute dai personaggi.4. La Bestia e la Città Eterna: Un Incontro Mancato
Nel romanzo La morte a Roma, il protagonista è Gottlieb Judejahn, un ex generale delle SS. Non viene presentato solo come un tipo autoritario, ma soprattutto come una figura dotata di una potente presenza fisica, sebbene degradata. Il suo corpo è massiccio, è dominato da una forte voracità e prova un profondo disgusto verso sé stesso e il mondo che lo circonda. Il suo percorso nella città di Roma è descritto come una vera e propria discesa, sia fisica che morale. È come se la città stessa lo assorbisse e lo trascinasse verso il basso, in un processo di progressivo annientamento.La natura di Judejahn: impulsi e violenza
Judejahn viene definito un “fascista dei desideri”. I suoi crimini non nascono da una fredda ideologia, ma piuttosto da impulsi legati ai sensi e a vere e proprie ossessioni. La sua violenza raggiunge il culmine con l’omicidio di un’ebrea tedesca, un atto che compie dopo un rapporto sessuale e che rivela un delirio di tipo razzista. Questa rappresentazione del male, così strettamente connessa a una vitalità quasi animalesca e sensoriale, distingue Judejahn dai ritratti più comuni di figure fasciste, spesso descritte come semplici burocrati o opportunisti. L’autore Koeppen sceglie di associare una dimensione “dionisiaca”, cioè legata alla vitalità e agli istinti primordiali, a questo personaggio così negativo. Questa scelta è considerata provocatoria, specialmente se si confronta Judejahn con altri personaggi presenti nella trilogia di Koeppen, che invece appaiono spesso privi di vitalità e con vite sentimentali e sessuali fallimentari. Judejahn, nonostante provi timore per la propria stessa forza vitale, è l’unico tra questi personaggi a sperimentare un atto d’amore e a raggiungere un appagamento fisico.La difficile accoglienza del romanzo in Italia
Quando il romanzo arriva in Italia nel 1959, nonostante fosse stato segnalato e consigliato, incontra notevoli difficoltà. La maggior parte delle critiche iniziali è negativa, spesso influenzata dalle profonde divisioni politiche e ideologiche che caratterizzavano l’epoca. Il romanzo viene interpretato da alcuni come un attacco alla Germania del dopoguerra, e la descrizione della città di Roma risulta offensiva per altri lettori e critici. Anche il confronto con la figura di Curzio Malaparte, sebbene giustificato da alcune somiglianze nello stile e nei temi trattati, contribuisce a una ricezione sfavorevole. Questo accade anche per le ragioni politiche legate alla controversa figura di Malaparte stesso. Il mancato successo del libro è dovuto anche a un cambiamento nel mondo dell’editoria italiana e nei gusti del pubblico in quel periodo. I lettori italiani di quegli anni si orientavano infatti verso altri autori tedeschi, proposti da case editrici emergenti. La successiva mancanza di nuovi romanzi pubblicati da Koeppen limita ulteriormente la possibilità che la sua opera venisse riscoperta in Italia per molti anni a venire.È davvero sufficiente descrivere il male nazista come mera espressione di “impulsi vitali e sensoriali”?
Il capitolo, nel tentativo di distinguere la figura di Judejahn dai ritratti più comuni di burocrati del male, associa la sua violenza a una dimensione “dionisiaca”. Questa scelta, pur provocatoria, rischia di semplificare eccessivamente la complessità del fenomeno nazifascista, riducendolo a una questione di vitalità deviata piuttosto che a un sistema ideologico e politico strutturato. Per comprendere meglio le diverse sfaccettature del male totalitario, è fondamentale approfondire gli studi sulla psicologia dei perpetratori e sull’organizzazione dei regimi, confrontandosi con autori che hanno analizzato la “banalità del male” o le dinamiche di potere e ideologia.Abbiamo riassunto il possibile
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