Informazioni
“La mite” di Fëdor Dostoevskij è una novella che ti prende e ti porta dentro la testa di un uomo, un gestore di un banco dei pegni, che si ritrova a fare i conti con il suicidio della sua giovane moglie. La storia si svolge principalmente tra le mura soffocanti del loro appartamento, che è anche il suo luogo di lavoro, un banco dei pegni a San Pietroburgo, diventando quasi un personaggio a sé, testimone silenzioso di un matrimonio basato più sulla convenienza e sul controllo che sull’amore. Attraverso il suo monologo interiore febbrile e pieno di sensi di colpa, scopriamo la relazione complessa e fallimentare tra lui, un uomo segnato dal passato e ossessionato dal dominio, e lei, la “mite”, una ragazza che cerca una via di fuga dalla povertà ma che nasconde una forza e una disperazione inattese. Dostoevskij scava a fondo nella psicologia dei personaggi, esplorando temi come la solitudine, l’incapacità di comunicare, il potere, la ribellione silenziosa e il mistero insondabile del suicidio, lasciandoti con domande difficili sulla natura delle relazioni umane e sulla verità, che qui appare frammentata e dolorosamente elusiva. È un racconto breve ma potentissimo, un’immersione totale nella mente tormentata di un uomo che cerca disperatamente di capire “perché” sia successo, in un’anatomia straziante di una tragedia annunciata dal silenzio e dall’incomprensione reciproca.Riassunto Breve
Un uomo che gestisce un banco dei pegni riflette sulla sua relazione con la moglie morta. La incontra quando lei impegna oggetti per finanziare annunci di lavoro. La nota per la sua timidezza e giovane età, intuendo la sua povertà. La proposta di matrimonio arriva inaspettata dopo che lui scopre la sua difficile situazione familiare e il tentativo di evitare un matrimonio combinato. L’uomo le si presenta realisticamente, offrendo una via di fuga. Lei accetta, e la convivenza è segnata dal silenzio e dal suo controllo. Lui impone austerità e riserbo, credendo che la severità porti rispetto. La donna, mite, mostra insofferenza, mettendo in discussione la gestione del banco e frequentando un ex commilitone del marito. La gelosia lo spinge a spiare un incontro, ma vede la moglie respingere l’ufficiale con dignità. Tornati a casa, la tensione cresce quando lei gli punta la rivoltella mentre lui finge di dormire. Lui percepisce questo gesto come una lotta decisiva. Dopo l’episodio, lui allestisce un letto separato per lei, segnando la fine del matrimonio. La donna si ammala gravemente, rimanendo a letto per settimane in un silenzio carico. Dopo la sua morte, l’uomo è solo, riflettendo sulle sei settimane di malattia e il silenzio successivo. Si illude che il silenzio sia temporaneo, un tempo per lei di abituarsi. Rimanda ogni chiarimento, appagato da un senso di trionfo per aver superato la crisi della rivoltella, credendo di essersi riscattato ai suoi occhi. Ripensa al suo passato, alle dimissioni dal reggimento per un incidente banale, alla perdita del patrimonio e all’apertura del banco dei pegni per una nuova vita. Vede il matrimonio come un modo per trovare amicizia e redimersi. Crede di poterla plasmare, convinto che la prova della rivoltella abbia dimostrato il suo valore. Evita spiegazioni profonde, preferendo fantasticare sul suo dominio. Durante l’inverno, la osserva di nascosto, interpretando la sua timidezza come sottomissione. Si compiace della loro disuguaglianza, provando a tratti pietà. Compie azioni caritatevoli, forse per mostrare bontà. Con la primavera, una consapevolezza improvvisa lo colpisce: si rende conto della loro distanza emotiva. Sentendola cantare una melodia triste, è sconvolto. La canzone rivela una malinconia che lo turba. In un’estasi improvvisa, le dichiara amore, cadendo ai suoi piedi. Lei reagisce con paura, stupore, poi isteria. Nei giorni seguenti, lui cerca di rimediare, confessando errori e proponendo una nuova vita, un viaggio. Lei sembra accettare, ma la paura persiste. Gli confessa di aver creduto che lui l’avrebbe lasciata vivere in disparte. Questa rivelazione lo colpisce, ma lui continua a illudersi di poter cambiare tutto. La mattina dopo, dopo una notte d’angoscia, lei appare calma e promette devozione. Lui, pieno di gioia, esce per commissioni. Durante la sua breve assenza, lei, sola, si getta dalla finestra con un’icona. Al suo ritorno, la trova morta, incapace di capire il gesto. Si interroga ossessivamente sul perché, tormentandosi per essere tornato solo cinque minuti in ritardo, convinto che un attimo in più avrebbe cambiato il destino. Solitudine e rimorso lo sopraffanno, lasciandolo con il suono indifferente del pendolo e il peso della perdita. La storia è presentata come il monologo interiore di un uomo davanti al corpo della moglie suicida. Il suo discorso è frammentato, mescola auto-discolpa e accusa. Attraverso i ricordi, emerge una verità dolorosa che trasforma il suo smarrimento iniziale in una consapevolezza lucida e straziante. Il racconto esplora il tema del suicidio, ricorrente nell’opera di Dostoevskij e nella società russa dell’epoca, legato a stanchezza esistenziale o ribellione silenziosa. La figura della “mite” evoca dolcezza e rassegnazione, richiamando figure evangeliche e altri personaggi dostoevskiani. La narrazione si concentra sull’introspezione psicologica. La protagonista femminile rimane silenziosa, il suo mondo interiore emerge solo attraverso brevi accenni e gesti. Il linguaggio di Dostoevskij, disarmonico e ripetitivo, rende la confusione e le esitazioni del protagonista, riflettendo la complessità della verità umana. L’uso insistito di “improvvisamente” sottolinea la natura inattesa degli eventi. La storia è un’indagine profonda sulle ragioni del suicidio e sulla natura elusiva della verità, narrata attraverso la voce cruda di un uomo confrontato con l’insondabile mistero della perdita.
1. Il Banco dei Pegni e il Silenzio
Un uomo, gestore di un banco dei pegni, ripensa al suo legame con la moglie, ora scomparsa. Inizialmente, lei si presenta come cliente, impegnando piccoli oggetti per pagarsi gli annunci di lavoro come governante. Lui la nota subito: è giovane, timida, e i suoi oggetti modesti raccontano una storia di povertà. Un giorno, la proposta di matrimonio arriva inattesa. L’uomo scopre la difficile situazione familiare della giovane, il suo tentativo di evitare un matrimonio combinato con un bottegaio. Lui, consapevole dell’età e del suo carattere, si offre come una via di fuga, senza illusioni. Lei accetta. Inizia così una convivenza fatta di silenzi e controllo. L’uomo impone austerità e riserbo, convinto che la severità sia la chiave per farsi capire e rispettare. Lei, mite, a volte si ribella, critica la gestione del banco, frequenta un ex commilitone di lui. La gelosia spinge l’uomo a spiare un incontro tra la moglie e l’ufficiale. Assiste però a una scena inattesa: lei respinge le avances con dignità e sarcasmo. A casa, la tensione sale. La donna prende la rivoltella di lui, gliela punta contro mentre finge di dormire. Per l’uomo, quel gesto è una sfida decisiva. Dopo questo episodio, allestisce un letto separato per lei, segnando la fine del loro matrimonio. La donna si ammala gravemente e resta a letto per settimane, in un silenzio denso di conseguenze.
2. Cinque Minuti di Ritardo
Luker’ja parte dopo il funerale, lasciando il protagonista solo, in preda a pensieri confusi e senza sonno. Ricorda le sei settimane di malattia della moglie, la veglia costante, le spese per le cure. Dopo la guarigione, il silenzio tra i due, interrotto solo da parole essenziali. Un silenzio che il protagonista interpreta come una pausa, un tempo necessario alla moglie per dimenticare, per abituarsi. Lui stesso rimanda ogni chiarimento, cullandosi in un trionfo interiore: la catastrofe superata con la rivoltella, la sua reputazione riscattata agli occhi della moglie.Un ricordo affiora: le dimissioni dal reggimento, un banale incidente al buffet di un teatro, l’accusa di non aver difeso l’onore del corpo militare. Poi, la vergogna, la perdita del patrimonio. L’eredità inattesa, l’apertura del banco dei pegni, una nuova vita, il passato da dimenticare. Il matrimonio con la giovane moglie, un’amicizia, una redenzione. La convinzione di poterla plasmare, di aver dimostrato il suo valore con la prova della rivoltella. Ma le spiegazioni profonde sono rimandate, sostituite da fantasie di dominio silenzioso.Durante l’inverno, la osserva di nascosto, la timidezza di lei interpretata come sottomissione. Si compiace della disuguaglianza, pur provando a tratti pietà. Compie gesti caritatevoli, quasi a voler dimostrare la sua bontà. Ma la primavera porta una consapevolezza improvvisa: la distanza emotiva tra loro. Un giorno, la sente cantare una melodia triste. La canzone rivela malinconia, fragilità. Sconvolto, dichiara il suo amore, cade ai suoi piedi. Lei reagisce con paura, stupore, un attacco isterico.Confessa i suoi errori, propone una nuova vita, un viaggio a Boulogne. Lei sembra accettare, ma la paura persiste. In un momento di apparente serenità, la confessione di lei: credeva che lui l’avrebbe lasciata vivere in disparte, senza pretese. Lui ne è colpito, ma continua a illudersi. La mattina seguente, dopo una notte di angoscia, lei si mostra calma, promette di essere una sposa devota. Lui, pieno di gioia, esce per delle commissioni. Lei, sola, si getta dalla finestra con un’icona in mano. Il suo ritorno, il corpo senza vita. L’incomprensione, il tormento. Cinque minuti di ritardo, un attimo che avrebbe potuto cambiare il destino. Il suono del pendolo, la solitudine, il peso della perdita.
3. Anatomia di un Suicidio Mite
“La mite”, pubblicata nel 1876 all’interno del “Diario di uno scrittore”, è definita “fantastica” pur essendo profondamente ancorata alla realtà. L’elemento fantastico è nella forma narrativa: il monologo interiore di un uomo di fronte al corpo della moglie, suicida. L’uomo, sconvolto e ipocondriaco, cerca di ricostruire gli eventi che hanno portato al tragico gesto. Il suo discorso è un flusso di coscienza che mescola auto-discolpa e accusa verso la defunta. Attraverso i ricordi, emerge una verità dolorosa, che trasforma il suo iniziale smarrimento in una lucida consapevolezza. Viene affrontata la questione del suicidio, molto presente nella società russa dell’epoca, segnata da una crescita di tali eventi. Sono evocati esempi di suicidi reali e letterari, accomunati da stanchezza esistenziale o da ribellione silenziosa. La figura della “mite” evoca dolcezza, mansuetudine e rassegnazione, qualità che richiamano figure evangeliche e che si ritrovano in altri personaggi. La narrazione si concentra sull’introspezione psicologica. La protagonista femminile rimane avvolta nel silenzio, lasciando trasparire il suo mondo interiore solo attraverso brevi accenni e gesti. Il linguaggio, a volte criticato per la sua disarmonia e ripetitività, è utilizzato intenzionalmente per rendere la confusione e le esitazioni del protagonista, in un monologo che riflette la complessità della verità umana. L’uso dell’avverbio “improvvisamente” sottolinea la natura inattesa e catastrofica degli eventi. Viene rappresentata un’indagine profonda sulle ragioni del suicidio e sulla natura elusiva della verità, narrata attraverso la voce di un uomo confrontato con il mistero della perdita.
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