Letteratura

La mite

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1. Il Banco dei Pegni e il Silenzio

Un uomo, gestore di un banco dei pegni, ripensa al suo legame con la moglie, ora scomparsa. Inizialmente, lei si presenta come cliente, impegnando piccoli oggetti per pagarsi gli annunci di lavoro come governante. Lui la nota subito: è giovane, timida, e i suoi oggetti modesti raccontano una storia di povertà. Un giorno, la proposta di matrimonio arriva inattesa. L’uomo scopre la difficile situazione familiare della giovane, il suo tentativo di evitare un matrimonio combinato con un bottegaio. Lui, consapevole dell’età e del suo carattere, si offre come una via di fuga, senza illusioni. Lei accetta. Inizia così una convivenza fatta di silenzi e controllo. L’uomo impone austerità e riserbo, convinto che la severità sia la chiave per farsi capire e rispettare. Lei, mite, a volte si ribella, critica la gestione del banco, frequenta un ex commilitone di lui. La gelosia spinge l’uomo a spiare un incontro tra la moglie e l’ufficiale. Assiste però a una scena inattesa: lei respinge le avances con dignità e sarcasmo. A casa, la tensione sale. La donna prende la rivoltella di lui, gliela punta contro mentre finge di dormire. Per l’uomo, quel gesto è una sfida decisiva. Dopo questo episodio, allestisce un letto separato per lei, segnando la fine del loro matrimonio. La donna si ammala gravemente e resta a letto per settimane, in un silenzio denso di conseguenze.

2. Cinque Minuti di Ritardo

Luker’ja parte dopo il funerale, lasciando il protagonista solo, in preda a pensieri confusi e senza sonno. Ricorda le sei settimane di malattia della moglie, la veglia costante, le spese per le cure. Dopo la guarigione, il silenzio tra i due, interrotto solo da parole essenziali. Un silenzio che il protagonista interpreta come una pausa, un tempo necessario alla moglie per dimenticare, per abituarsi. Lui stesso rimanda ogni chiarimento, cullandosi in un trionfo interiore: la catastrofe superata con la rivoltella, la sua reputazione riscattata agli occhi della moglie.Un ricordo affiora: le dimissioni dal reggimento, un banale incidente al buffet di un teatro, l’accusa di non aver difeso l’onore del corpo militare. Poi, la vergogna, la perdita del patrimonio. L’eredità inattesa, l’apertura del banco dei pegni, una nuova vita, il passato da dimenticare. Il matrimonio con la giovane moglie, un’amicizia, una redenzione. La convinzione di poterla plasmare, di aver dimostrato il suo valore con la prova della rivoltella. Ma le spiegazioni profonde sono rimandate, sostituite da fantasie di dominio silenzioso.Durante l’inverno, la osserva di nascosto, la timidezza di lei interpretata come sottomissione. Si compiace della disuguaglianza, pur provando a tratti pietà. Compie gesti caritatevoli, quasi a voler dimostrare la sua bontà. Ma la primavera porta una consapevolezza improvvisa: la distanza emotiva tra loro. Un giorno, la sente cantare una melodia triste. La canzone rivela malinconia, fragilità. Sconvolto, dichiara il suo amore, cade ai suoi piedi. Lei reagisce con paura, stupore, un attacco isterico.Confessa i suoi errori, propone una nuova vita, un viaggio a Boulogne. Lei sembra accettare, ma la paura persiste. In un momento di apparente serenità, la confessione di lei: credeva che lui l’avrebbe lasciata vivere in disparte, senza pretese. Lui ne è colpito, ma continua a illudersi. La mattina seguente, dopo una notte di angoscia, lei si mostra calma, promette di essere una sposa devota. Lui, pieno di gioia, esce per delle commissioni. Lei, sola, si getta dalla finestra con un’icona in mano. Il suo ritorno, il corpo senza vita. L’incomprensione, il tormento. Cinque minuti di ritardo, un attimo che avrebbe potuto cambiare il destino. Il suono del pendolo, la solitudine, il peso della perdita.

3. Anatomia di un Suicidio Mite

“La mite”, pubblicata nel 1876 all’interno del “Diario di uno scrittore”, è definita “fantastica” pur essendo profondamente ancorata alla realtà. L’elemento fantastico è nella forma narrativa: il monologo interiore di un uomo di fronte al corpo della moglie, suicida. L’uomo, sconvolto e ipocondriaco, cerca di ricostruire gli eventi che hanno portato al tragico gesto. Il suo discorso è un flusso di coscienza che mescola auto-discolpa e accusa verso la defunta. Attraverso i ricordi, emerge una verità dolorosa, che trasforma il suo iniziale smarrimento in una lucida consapevolezza. Viene affrontata la questione del suicidio, molto presente nella società russa dell’epoca, segnata da una crescita di tali eventi. Sono evocati esempi di suicidi reali e letterari, accomunati da stanchezza esistenziale o da ribellione silenziosa. La figura della “mite” evoca dolcezza, mansuetudine e rassegnazione, qualità che richiamano figure evangeliche e che si ritrovano in altri personaggi. La narrazione si concentra sull’introspezione psicologica. La protagonista femminile rimane avvolta nel silenzio, lasciando trasparire il suo mondo interiore solo attraverso brevi accenni e gesti. Il linguaggio, a volte criticato per la sua disarmonia e ripetitività, è utilizzato intenzionalmente per rendere la confusione e le esitazioni del protagonista, in un monologo che riflette la complessità della verità umana. L’uso dell’avverbio “improvvisamente” sottolinea la natura inattesa e catastrofica degli eventi. Viene rappresentata un’indagine profonda sulle ragioni del suicidio e sulla natura elusiva della verità, narrata attraverso la voce di un uomo confrontato con il mistero della perdita.

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