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Contenuti del libro
Informazioni
“La mente vista in operazioni” di Giuseppe Vaccarino non è il solito libro di filosofia astratta. È più una specie di manuale per capire come funziona davvero la nostra testa, proponendo di trasformare la filosofia in una vera e propria scienza della mente. L’idea forte è che la realtà non sia qualcosa di già pronto là fuori, ma che la costruiamo noi con le nostre operazioni mentali. Il libro usa l’analisi operativa del linguaggio come strumento principale, perché le parole, anche quelle che sembrano astratte come le categorie mentali o i correlatori, corrispondono a operazioni specifiche che facciamo. Vaccarino spiega come creiamo concetti come le leggi, le cause, il vero e il falso, mostrandoci che non sono scoperti nella natura, ma sono nostri costrutti. Critica un sacco di approcci tradizionali, dalla vecchia filosofia che evita i problemi al behaviorismo che ignora il mentale, e propone un metodo scientifico rigoroso basato sulla verificazione e sulla ripetibilità, anche per le cose private come i pensieri. Non si ferma a dire che la mente è solo il cervello, ma analizza le operazioni stesse, collegando la conoscenza all’azione e alle operazioni pratiche. È un modo per vedere tutto da capo, capendo che il significato delle cose sta nel come le costruiamo e le verifichiamo.Riassunto Breve
La filosofia affronta una crisi perché non ha un metodo rigoroso e non studia i problemi fondamentali. Si propone che diventi una scienza della mente, analizzando le operazioni mentali che costruiscono la realtà che crediamo di conoscere. La mente è l’insieme di queste operazioni. L’analisi del linguaggio è uno strumento per studiare la mente, perché le parole corrispondono a operazioni mentali. Questa nuova filosofia è una linguistica operativa, una semantica che definisce i termini in base alle operazioni necessarie per capirne il significato. Questa scienza della mente serve da base per le altre scienze. Un metodo scientifico richiede criteri chiari e verificabili. Le operazioni mentali fondamentali sono attenzione, memoria e correlazione. L’attenzione e la memoria di mantenimento sono cruciali per le operazioni in corso. Le parole si dividono in quelle che indicano cose fisiche o psichiche, che richiedono i sensi, e quelle che indicano categorie o correlatori, che sono aggiunte mentali create dall’attenzione pura e dalla memoria. Le categorie e i correlatori si formano combinando momenti di attenzione. Le parole legate ai sensi dirigono l’attenzione verso gli organi sensoriali, rendendo presenti i presenziati che servono a costruire gli osservati. Gli osservati non sono oggetti dati, ma costruzioni basate su ciò che i sensi distinguono. La visione di una realtà esterna indipendente è un errore. Quando si hanno almeno due elementi costruiti, si può stabilire un rapporto tra loro, che è consecutivo alla loro costituzione. Pensare significa correlare, cioè tenere insieme costrutti con un correlatore, che può essere esplicito o implicito. Ogni correlatore è un’operazione mentale unica. Il linguaggio nasce legando simboli fisici (suoni, grafie) a operazioni mentali (simbolizzati) tramite un accordo. L’analisi linguistica rivela le strutture del pensiero. Le leggi non sono regolarità della natura, ma vengono costruite mentalmente prendendo svolgimenti come modelli (paradigmi) e confrontandovi altri svolgimenti. Cause ed effetti sono categorie mentali introdotte per spiegare le differenze rispetto al paradigma. Diversi schemi causali dipendono dallo scopo della spiegazione. Le leggi probabilistiche si formano da eventi considerati simili, spiegando le differenze con il numero limitato di prove. La scelta tra visione probabilistica e deterministica dipende dallo scopo. Un atteggiamento è un punto di vista adottato verso un costrutto. I valori (come bello/brutto, vero/falso, buono/cattivo) non sono nelle cose, ma nascono dal mettere qualcosa in relazione con altro e valutarlo. L’atteggiamento estetico implica una frammentazione ritmica dell’attenzione. L’etica si forma con valori come buono/cattivo, diversi dalla disciplina basata su comandi esterni. Il dovere nasce quando un comando esterno diventa interno. L’atteggiamento scientifico usa vero/falso, reale/apparente, basati sul confronto tra azioni presenti e passate. La scienza si distingue per il metodo di verifica (ripetibilità, intersoggettività). Vero e reale sono ciò che si ripete uguale. La verifica del privato (pensieri, sentimenti) avviene confrontandoli con quelli passati. L’analisi della mente non si riduce allo studio fisico del cervello o al comportamento esterno. La funzione mentale è diversa dall’organo fisico. Le ricerche sul cervello verificano indirettamente l’attività mentale. Confondere operazioni costitutive e consecutive porta a credere che il calcolo spieghi il pensiero. La cibernetica della mente crea modelli che ripetono operazioni mentali. I calcolatori attuali eseguono operazioni consecutive, non costitutive. L’intelligenza è la capacità di stabilire rapporti. Il concetto di informazione tecnica è diverso dal significato semantico. La visione materialista vede la realtà costituita solo da materia, con il pensiero come forma complessa di materia. Il metodo scientifico si fonda sulla ripetibilità, che richiede conoscenza delle operazioni. L’operazionismo lega i concetti a operazioni fisiche. Nell’analisi delle operazioni si incontrano espressioni negative o metaforiche irriducibili, che portano a contraddizioni. La negazione definisce solo se ciò che è negato è già costituito e in rapporto. La filosofia tradizionale usa parole comuni in modo irriducibilmente metaforico. Un criterio scientifico evita metafore irriducibili o negazioni non fondate. Accettare nozioni senza analizzare le operazioni è nozionismo, che può essere fideistico (basato su evidenza/autorità) o assiomatico (partendo da affermazioni non analizzate). L’assiomatica è utile se gli assiomi sono analizzati. Il convenzionalismo vede gli assiomi come scelti per coerenza formale, ignorando l’attività mentale. La scienza adotta principi come l’univocità (teorie uniche, significati unici) e l’economia (spiegare molto con poco). L’univocità si basa sull’attività mentale, che opera in modo univoco. Le figure geometriche sono costruzioni mentali. L’economia può portare a mantenere metafore irriducibili. La scienza cerca conferma o smentita, la tecnica mira a risultati. La tecnica può rivelare i limiti delle teorie. La distinzione tra filosofia e scienza tradizionale si basa su premesse errate; entrambe si occupano del mentale con metodo scientifico. La psicologia ha difficoltà a distinguere mentale e psichico (privato presenziato). La psicanalisi nota che l’inconscio è memoria dimenticata. La teoria della Gestalt considera forme come cose osservabili, non categorie applicate. I fatti storici sono irripetibili; ogni storico crea la propria storia. La filosofia della storia cerca strutture (progresso, cicli) che sono categorie applicate dallo storico. La spiegazione scientifica si concentra su processi osservabili e meccanismi fisici (evoluzione, processi cerebrali). La mente è legata alla fisiologia del cervello. La difficoltà nel capire la relazione mente-corpo nasce dal vederli come mondi distinti. La definizione dei concetti scientifici si lega alle operazioni di misurazione. La conoscenza è un insieme di operazioni pratiche. Il procedimento scientifico si identifica con quello pratico. Il significato di una proposizione è legato ai mezzi per controllarla e verificarla. Conoscere è padroneggiare una tecnica di controllo. La comprensione di una proposizione si sviluppa attraverso passaggi, non è un atto isolato. La fecondità del sapere è la sua capacità di generare nuove proposizioni. Una nuova filosofia analizza la ricerca scientifica, concentrandosi sul metodo e sulla conoscenza effettiva. I problemi filosofici tradizionali sono spesso equivoci linguistici. L’identità tra calcolo binario e logico mostra una struttura formale condivisa. Il significato di un enunciato è dato dalle regole del suo uso, che sono le regole della sua verificazione.Riassunto Lungo
1. La Mente come Scienza Fondamentale
La filosofia attraversa un momento difficile, in parte perché i filosofi tendono a evitare i problemi classici e manca un metodo di indagine rigoroso. Una via per superare questa crisi è trasformarla in una scienza della mente. Questo significa studiare le operazioni che la nostra mente compie per costruire ciò che percepiamo come realtà, invece di partire dal presupposto di una realtà già fatta da conoscere.La Mente e il Linguaggio
La mente è vista proprio come l’insieme di queste operazioni. Per studiare l’attività mentale, si può analizzare il linguaggio che usiamo. Le parole corrispondono a specifiche operazioni della mente. In questo modo, la filosofia rinnovata diventa una forma di linguistica operativa, una semantica. Questa semantica definisce i termini non in base a descrizioni come nei dizionari tradizionali, ma spiegando le operazioni mentali necessarie per comprenderne il significato.Un Metodo Scientifico
Questa scienza della mente serve come base fondamentale per tutte le altre scienze, fornendo i principi su cui si costruisce la conoscenza. È essenziale che adotti un metodo rigoroso e scientifico, con criteri chiari che possano essere verificati, proprio come avviene in discipline come la chimica.Le Operazioni Fondamentali: Attenzione e Memoria
Le operazioni fondamentali su cui si basa l’attività mentale sono l’attenzione, la memoria e la correlazione. L’importanza dell’attenzione è stata riconosciuta da pensatori come Leibniz e si studiano i diversi campi in cui opera. La memoria, in questo contesto, non è solo un semplice deposito di ricordi passati. È cruciale la memoria di mantenimento, quella che ci permette di tenere presenti le informazioni mentre compiamo un’operazione. Esistono diversi tipi di memoria. Gli studi classici, come quelli di Ebbinghaus sull’oblio, si sono concentrati sulla memoria che richiede ripetizione. Ricerche più recenti esplorano gli aspetti chimici ed elettrici della memoria e persino l’idea che possa essere trasferita.La Sfida della Definizione
Definire l’attenzione e la memoria stesse all’interno di questo sistema presenta una sfida particolare. È una situazione simile a quella della chimica quando cerca di definire i suoi elementi fondamentali, gli atomi. Questo suggerisce che la spiegazione ultima di cosa siano l’attenzione e la memoria potrebbe trovarsi al di fuori delle operazioni mentali che esse stesse contribuiscono a costituire.Se la filosofia deve diventare una ‘scienza fondamentale’ basata su operazioni mentali, come può definire le sue stesse operazioni fondamentali, come l’attenzione e la memoria, senza cadere in un circolo vizioso?
Il capitolo giustamente solleva la sfida di definire le operazioni base all’interno del sistema che esse stesse costituiscono, paragonandola alla definizione degli atomi in chimica. Tuttavia, per una scienza che si propone come “fondamentale” per tutte le altre, questa lacuna nella definizione dei suoi mattoni essenziali rappresenta un problema logico non indifferente che richiede un approfondimento. Per esplorare possibili vie d’uscita o per comprendere la portata di questa sfida, è utile confrontarsi con studi nell’ambito della Filosofia della Mente e dell’Epistemologia, che affrontano i fondamenti della conoscenza e della cognizione. Autori come Ludwig Wittgenstein, che ha analizzato a fondo il rapporto tra linguaggio, significato e le “operazioni” che compiamo con le parole, o Immanuel Kant, che ha indagato le strutture a priori della nostra mente nella costruzione dell’esperienza, possono offrire prospettive cruciali per affrontare il nodo della definizione delle operazioni mentali fondamentali.2. I Mattoni Mentali e il Lavoro dell’Attenzione
Le parole che usiamo si possono dividere in due gruppi in base a come funzionano nella nostra mente. Un gruppo è formato da parole che indicano cose che possiamo percepire con i sensi, come “libro” o “dolore”. L’altro gruppo è fatto di parole che non si riferiscono a cose fisiche o psichiche, ma a concetti astratti, chiamati categorie, come “singolare” o “causa”. È importante capire che queste categorie non si percepiscono con i sensi e non si ricavano semplicemente osservando la realtà. Sono costruzioni della nostra mente, create dall’attenzione pura, che si applicano poi a ciò che osserviamo. Anche parole come preposizioni o congiunzioni (“e”, “o”, “di”), chiamate correlatori, non sono vuote, ma corrispondono a specifiche operazioni mentali. Categorie e correlatori si formano grazie a un meccanismo che usa l’attenzione pura, che si concentra sui propri momenti interni, combinandoli in strutture. Per esempio, la categoria “cosa” è un costrutto semplice creato dalla combinazione di due momenti di attenzione pura. Le diverse categorie si distinguono solo per come questi momenti uguali vengono combinati.Le parole legate ai sensi
Le operazioni della mente per le parole che si riferiscono a ciò che percepiamo con i sensi funzionano in modo diverso. In questo caso, l’attenzione si dirige verso gli organi sensoriali. Questo processo fa emergere i “presenziati”, che sono i dati sensoriali grezzi, come la sensazione di “duro” o il “rumore”. Questi presenziati sono il punto di partenza per costruire gli “osservati”. Gli osservati non sono oggetti già fatti e finiti nel mondo esterno, con le loro proprietà già attaccate. Sono invece costruzioni che la nostra mente crea a partire da ciò che i sensi riescono a distinguere. L’idea comune che esista una realtà esterna già formata e indipendente dalla nostra mente è, secondo questa visione, un errore.Tipi di costruzioni mentali
Le costruzioni che la mente crea, gli osservati, possono essere di tipo fisico o psichico. Sono considerati fisici se una certa percezione o rappresentazione si ripete e se hanno una posizione nello spazio. Sono invece psichici se la loro posizione è solo nel tempo e se contengono quei dati sensoriali grezzi che abbiamo chiamato presenziati. Le cose puramente mentali, come i pensieri astratti, non contengono presenziati. Anche il processo di riconoscere forme o figure, chiamato figurazione, è una costruzione che dipende da come usiamo l’attenzione. Le figure che vediamo non sono già pronte nella realtà esterna. Dipendono da come la nostra attenzione si applica e si sposta, e modi diversi di dirigere l’attenzione possono farci vedere forme differenti nello stesso stimolo fisico.Su quali basi empiriche o filosofiche si fondano le affermazioni che la realtà esterna sia una mera costruzione mentale e che le categorie astratte non derivino dall’esperienza?
Il capitolo presenta una visione radicale sulla natura della realtà e sulla formazione dei concetti, sostenendo che sia gli oggetti percepiti (“osservati”) sia le categorie astratte siano costruzioni della mente, non derivate dall’osservazione di una realtà esterna preesistente. Questa prospettiva, pur affascinante, si posiziona in un dibattito filosofico e scientifico millenario e non universalmente risolto. Affermare che la realtà esterna sia un errore e che le categorie siano puramente interne all’attenzione pura richiede una solida giustificazione che il capitolo non esplicita a sufficienza. Per comprendere meglio il contesto e le possibili risposte a questa domanda, è utile esplorare le diverse correnti di pensiero in epistemologia e filosofia della mente. Si possono approfondire le posizioni dell’idealismo (che nega o mette in dubbio l’esistenza di una realtà esterna indipendente dalla mente) in contrasto con il realismo. È fondamentale anche considerare le teorie sulla formazione dei concetti nella psicologia cognitiva e nella filosofia del linguaggio, che spesso vedono l’astrazione come un processo che parte dall’esperienza sensoriale. Autori come Immanuel Kant hanno esplorato il ruolo delle categorie innate della mente nell’organizzazione dell’esperienza, ma la relazione tra queste categorie e l’esperienza stessa è oggetto di continue discussioni. Approfondire le discipline della filosofia della percezione e della scienza cognitiva può fornire ulteriori strumenti per valutare la validità e i limiti delle affermazioni presentate nel capitolo.3. Le Operazioni che Creano il Pensiero e le Parole
Iniziamo a capire come si formano le idee e le parole. Quando mettiamo insieme almeno due cose o elementi, possiamo creare un legame tra loro. Questo legame non esiste finché le cose sono separate, ma nasce solo quando le mettiamo in relazione. È come il Sole e la Terra: esistono da soli, ma il calore del Sole che scalda la Terra è un legame che appare solo quando pensiamo a loro insieme. Questo modo di creare legami vale per le cose fisiche, per i nostri sentimenti e anche per i pensieri, come quando facciamo calcoli in matematica. La logica funziona proprio così: crea legami seguendo regole precise, che non cambiano a seconda di cosa stiamo collegando. La logica ci dà le regole, ma non è il pensiero vero e proprio, perché il pensiero può anche sbagliare.Pensare è Collegare le Idee
Pensare, in fondo, vuol dire proprio questo: collegare tra loro diverse idee o concetti. Un’idea da sola non è ancora pensiero completo. Per collegare le idee usiamo degli strumenti mentali che chiamiamo “correlatori”. Questi correlatori possono essere evidenti, come le parole “e” o “con” che usiamo per unire frasi o concetti. Oppure possono essere nascosti, non detti esplicitamente, come il legame che unisce un nome e un aggettivo (“cielo blu”) o il soggetto al suo verbo (“il cane abbaia”). Ogni volta che usiamo un correlatore, stiamo facendo un’unica, precisa operazione mentale. Le differenze nel modo in cui costruiamo le frasi dipendono dalle idee che stiamo collegando, non dallo strumento di collegamento in sé.Il Linguaggio Esprime il Pensiero
Il linguaggio nasce quando leghiamo qualcosa di fisico, come un suono che facciamo o un segno che scriviamo (queste sono i “simboli”), a un’operazione della nostra mente (questo è il “simbolizzato”). Questo legame di significato esiste perché noi che parliamo quella lingua abbiamo deciso insieme che quel suono o quel segno rappresenta quella specifica idea o operazione mentale. Quando usiamo una parola, il simbolo (il suono o il segno) è la parte che lasciamo indietro mentalmente per arrivare al significato, che è la parte che ci interessa e che manteniamo. Studiare il linguaggio è un po’ come guardare dentro la mente, perché il modo in cui costruiamo le frasi e usiamo le parole riflette come pensiamo. È importante capire che il linguaggio non decide cosa pensiamo, ma è lo strumento che usiamo per esprimere il nostro pensiero. A differenza degli animali, noi esseri umani siamo capaci di prendere le idee collegate e separarle, per poi rimetterle insieme in modi sempre nuovi. Questo ci permette di avere una varietà enorme di pensieri, anche se usiamo solo un numero limitato di strumenti per collegarli (i correlatori). Chi pensa che i nomi delle cose siano semplicemente una qualità naturale delle cose stesse, senza considerare il lavoro che la nostra mente fa per creare quel legame, non coglie il vero meccanismo del linguaggio.Se la mente è solo un insieme di funzioni cerebrali, come si spiega l’esperienza cosciente?
Il capitolo presenta la mente come un insieme di funzioni che dipendono dalla fisiologia del cervello, suggerendo un legame diretto tra processi nervosi e ciò che proviamo o pensiamo. Tuttavia, questa visione, pur corretta nel sottolineare la base materiale della mente, sorvola su uno dei problemi più complessi e dibattuti: la natura della coscienza soggettiva, ovvero il “sentire” l’esperienza. Affermare che la mente è semplicemente il cervello o che può essere studiata come un sistema meccanico è una posizione forte che non gode di consenso universale e che non risolve il cosiddetto “hard problem” della coscienza. Per approfondire questo divario, è utile esplorare la filosofia della mente e la neuroscienza. Si possono consultare autori che affrontano direttamente il problema mente-corpo e la coscienza, come Patricia Churchland, che esplora il legame tra neuroscienza e filosofia, o David Chalmers, noto per la sua formulazione del problema difficile della coscienza.13. L’azione nel conoscere e il significato nella verifica
La conoscenza non è una semplice osservazione teorica, ma si basa su un insieme di azioni concrete. I concetti che usiamo, sia nella scienza che nel linguaggio di tutti i giorni, implicano operazioni che compiamo, a volte in modo consapevole, a volte no. Analizzando queste operazioni, si scopre che il modo in cui lavora la scienza è lo stesso del modo in cui agiamo nella pratica. Non è più valida la vecchia idea di tenere separate la scoperta di una verità, la sua dimostrazione e il modo in cui viene usata. Le difficoltà che si incontrano nelle scienze moderne nascono spesso dall’uso poco preciso delle parole; per superarle, si chiarisce il significato di un’idea legandolo all’operazione che la definisce, e il significato di un’affermazione al processo che la dimostra.Il Significato Legato alla Verifica
Il significato di un’affermazione che riguarda la conoscenza è strettamente connesso ai modi in cui possiamo controllarla e verificare se è valida. Avere conoscenza significa saper usare una tecnica per controllare, una serie di azioni precise. Capire un’affermazione non è un’illuminazione improvvisa, ma un processo che si sviluppa attraverso una serie di passaggi, un po’ come imparare una tecnica di costruzione. Non c’è una differenza fondamentale tra conoscere e agire.La Fecondità del Sapere
Per capire davvero un’affermazione, bisogna coglierne i legami non solo con quello che è venuto prima, ma anche con le sue conseguenze e i suoi usi pratici. La capacità del sapere di generare nuove idee o di mostrare nuove relazioni diventa un criterio essenziale per valutarne l’importanza. Un principio che rimane isolato e non porta a nulla di nuovo non ha un vero valore conoscitivo. La conoscenza autentica si traduce sempre in un’azione efficace.Una Nuova Filosofia: L’Analisi Logica
Dallo studio di come funziona la ricerca scientifica nasce una nuova visione della filosofia. Questa visione si concentra sul metodo e sull’analisi di come conosciamo realmente le cose, invece di perdersi in idee astratte o nell’analisi della ragione pura. Molti dei problemi filosofici che sembravano complessi vengono ora visti come semplici malintesi legati all’uso del linguaggio, che si possono risolvere chiarendo il pensiero e le parole che usiamo. La filosofia diventa così un lavoro di analisi logica.Un Esempio Concreto: Logica e Calcolo Binario
Un esempio di come strutture formali si ritrovino in campi diversi è l’equivalenza tra il calcolo con i numeri binari (fatto di 0 e 1) e il calcolo logico. Questa somiglianza permette ai computer di fare sia calcoli matematici che prendere decisioni logiche, usando componenti che possono avere solo due stati (acceso/spento, vero/falso). Questo dimostra che il significato di un’affermazione è definito dalle regole con cui viene usata, regole che corrispondono ai modi in cui possiamo verificarla attraverso l’esperienza.Se il significato di un’affermazione è definito solo dai modi in cui la si può verificare, cosa resta del pensiero che non si presta a una verifica immediata o empirica?
Il capitolo propone una visione del significato fortemente legata alla verificabilità, eco di correnti filosofiche come il verificazionismo. Tuttavia, questa prospettiva solleva interrogativi cruciali: cosa accade a quelle affermazioni – in metafisica, etica, o persino in alcune aree della scienza teorica – che non si prestano a una verifica diretta o che si basano su costrutti non immediatamente operazionalizzabili? Per comprendere a fondo i limiti e le critiche a questo approccio, è utile esplorare la filosofia della scienza post-positivista e le opere di autori che hanno messo in discussione il primato della verifica empirica come unico criterio di significato, come Karl Popper o W.V.O. Quine.Abbiamo riassunto il possibile
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