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Contenuti del libro
Informazioni
ti porta dritto nel cuore oscuro degli anni di piombo italiani, partendo dalla terribile strage di piazza Fontana a Milano. Questo libro non è solo un resoconto, ma un’immersione nelle indagini complesse e spesso ostacolate che hanno cercato la verità dietro l’attentato del 1969. Scoprirai il ruolo cruciale di gruppi neofascisti come Ordine Nuovo, con le loro basi operative tra Padova e il Veneto, e i legami inquietanti con settori deviati dei servizi segreti italiani (SID) che hanno orchestrato un vasto depistaggio. Seguirai le tracce di figure chiave come Franco Freda, Giovanni Ventura, e testimoni cruciali come Gianni Casalini, le cui rivelazioni sono state insabbiate. Ma il libro svela anche una guerra interna alla magistratura, con giudici come l’autore stesso, Guido Salvini, che lottano contro ostacoli giudiziari e politici, accuse infondate e la scomparsa di prove fondamentali, nel tentativo di far emergere la verità storica sul terrorismo nero, anche quando la giustizia formale non riesce a dare risposte definitive. È una storia di segreti, coperture e la ricerca incessante di una giustizia negata.Riassunto Breve
Il 12 dicembre 1969, una bomba esplode nella Banca Nazionale dell’Agricoltura a Milano, causando diciassette morti e numerosi feriti. Le prime indagini si concentrano su gruppi anarchici, portando all’arresto di Pietro Valpreda e alla morte di Giuseppe Pinelli, ma entrambi vengono poi assolti. Successivamente, le indagini si orientano verso gruppi neofascisti, in particolare la cellula padovana di Ordine Nuovo guidata da Franco Freda e Giovanni Ventura. Questo gruppo è responsabile di una serie di attentati preparatori nel 1969, colpendo l’università di Padova, la Fiera e la stazione di Milano, e uffici giudiziari a Roma e Torino. Pianificano anche azioni più gravi, come una strage a Prato della Valle e l’avvelenamento di un acquedotto. Dispongono di basi operative a Padova e Treviso, usate come depositi di armi ed esplosivi, e si avvalgono di personale tecnico esperto in ordigni. Testimonianze di membri del gruppo, come Gianni Casalini e Livio Iuculano, confermano queste attività e la matrice neofascista. Emerge il coinvolgimento di elementi deviati dei servizi segreti (Sid) nel depistaggio delle indagini e nel facilitare la fuga di figure chiave. Informazioni cruciali sulla partecipazione agli attentati e sull’arsenale, note ai servizi segreti tramite la fonte Casalini già nel 1975, vengono deliberatamente insabbiate per impedire che emergano i legami tra neofascisti, servizi e forniture di esplosivo. Nonostante diversi processi, non si arriva a condanne definitive per la strage di piazza Fontana. Nuove indagini negli anni ’90 raccolgono ulteriori elementi e testimonianze da ex membri di Ordine Nuovo, che confermano la matrice neofascista e le coperture istituzionali. La ricerca dell’esecutore materiale si concentra sulla figura di un giovane militante veronese di Ordine Nuovo, il “Paracadutista”, identificato come l’uomo che ha portato la borsa nella banca, legato a strutture golpiste. Le indagini incontrano forti resistenze e ostacoli giudiziari e politici. Vengono avviati procedimenti di incompatibilità ambientale e disciplinari contro il giudice istruttore e i suoi collaboratori da parte di altri magistrati, basati su esposti strumentali e manipolazioni dei fatti. Nonostante questi procedimenti si concludano con archiviazioni e assoluzioni per gli investigatori, le azioni legali durano anni e ostacolano il lavoro. Prove importanti, come l’esplosivo Vitezit e la testimonianza sull’acquisto delle borse, non vengono pienamente valorizzate. La Procura di Milano impedisce esplicitamente ulteriori indagini. Nonostante le sentenze definitive riconoscano le responsabilità storiche di Ordine Nuovo, la strage rimane impunita dal punto di vista giudiziario.Riassunto Lungo
1. La verità sommersa di piazza Fontana
Il 12 dicembre 1969, nel pomeriggio, una bomba esplode nella Banca Nazionale dell’Agricoltura a Milano. Questa esplosione causa la morte di diciassette persone e numerosi feriti. Nello stesso giorno, altre bombe vengono piazzate a Roma, mentre un ordigno viene trovato a Milano prima che possa esplodere.Le prime indagini e la pista anarchica
Le prime indagini si indirizzano subito verso i gruppi anarchici. Questo porta all’arresto di Pietro Valpreda. Durante gli interrogatori in Questura a Milano, Giuseppe Pinelli perde la vita precipitando da una finestra. Nonostante l’arresto e le accuse iniziali, sia Pinelli che Valpreda verranno in seguito completamente scagionati e riconosciuti innocenti.La svolta verso i gruppi neofascisti
Successivamente, l’attenzione degli investigatori si sposta sui gruppi di estrema destra. In particolare, le indagini si concentrano sulla cellula di Ordine Nuovo con base a Padova, guidata da Franco Freda e Giovanni Ventura. Diversi elementi supportano questa nuova pista. Vengono trovate testimonianze e prove materiali, come le borse utilizzate per trasportare gli ordigni, che erano state comprate proprio a Padova. Anche i timer ritrovati collegano il gruppo agli attentati.Il ruolo dei servizi segreti e i depistaggi
Durante le indagini, emerge un coinvolgimento di alcune figure deviate all’interno dei servizi segreti italiani, il Sid. Queste persone avrebbero agito per depistare le indagini, cioè per allontanarle dalla verità . Hanno anche facilitato la fuga all’estero di individui importanti per l’inchiesta, come Marco Pozzan e Guido Giannettini. Un altro elemento che complica la ricerca della verità è lo spostamento del processo da Milano a Catanzaro.L’esito dei processi
Nonostante i numerosi processi che si sono succeduti nel corso degli anni, non sono mai state emesse condanne definitive per la strage di piazza Fontana. In alcune sentenze successive, Freda e Ventura sono stati riconosciuti responsabili degli attentati preparatori avvenuti nel 1969, ma non per la strage del 12 dicembre. Questo è accaduto a causa di precedenti assoluzioni relative all’episodio specifico di piazza Fontana.Nuove indagini e testimonianze chiave
Negli anni Novanta vengono avviate nuove indagini che portano alla raccolta di ulteriori prove e testimonianze. Queste provengono anche da ex membri di Ordine Nuovo, come Carlo Digilio e Martino Siciliano. Le loro dichiarazioni confermano che la strage fu organizzata da ambienti neofascisti e che ci furono coperture da parte di alcune istituzioni.Il caso del testimone Gianni Casalini
La storia del testimone Gianni Casalini, noto come fonte “Turco” per il Sid di Padova, è particolarmente significativa. Le sue rivelazioni mostrano che informazioni cruciali sulla partecipazione agli attentati ai treni dell’agosto 1969, considerati preparatori alla strage, e sull’arsenale del gruppo erano già note ai servizi segreti nel 1975. Un appunto scritto dal generale Maletti suggerisce la volontà di “chiudere” la fonte Casalini e di informare il Ministro della Difesa, facendo pensare a un deliberato tentativo di insabbiamento. Nonostante Casalini abbia ammesso in parte la sua partecipazione agli attentati sui treni in un processo del 2000, la Procura di Milano non ha approfondito la sua testimonianza. Le relazioni del Sid basate sulle sue confidenze sono scomparse e non sono mai arrivate ai giudici. Le sentenze definitive, pur riconoscendo che storicamente la responsabilità è di Ordine Nuovo e dei suoi esponenti, non hanno portato a condanne penali per la strage di piazza Fontana.Se la responsabilità storica è stata accertata e i depistaggi documentati, come è possibile che la giustizia penale non abbia mai trovato i colpevoli della strage?
Il capitolo mette in luce una delle questioni più irrisolte e controverse della storia italiana: il divario tra la verità storica, che indica chiaramente la matrice neofascista della strage e il ruolo di apparati deviati dello Stato nei depistaggi, e l’esito dei processi, che non hanno portato a condanne definitive per i responsabili diretti dell’attentato. Il caso del testimone Casalini, le cui informazioni cruciali detenute dai servizi segreti sembrano essere state ignorate o fatte sparire, esemplifica la profondità degli ostacoli incontrati dalla ricerca della verità giudiziaria. Per comprendere questa complessa dinamica e le ragioni del fallimento processuale, è indispensabile studiare a fondo la storia della strategia della tensione, analizzare il ruolo e la struttura dei servizi segreti italiani in quel periodo e approfondire le sentenze e le inchieste giudiziarie che si sono succedute. Autori come Aldo Giannuli e Gianni Flamini hanno dedicato ampio spazio a questi temi, offrendo strumenti critici per analizzare la “verità sommersa” di piazza Fontana.2. Attentati, veleni e segreti nel Veneto nero
Una cellula neofascista con base a Padova, guidata da Franco Freda e Giovanni Ventura, ha pianificato e messo in atto una serie di attentati a partire dalla primavera del 1969. Hanno colpito l’università di Padova, poi la Fiera e la stazione di Milano, e uffici giudiziari a Roma e Torino. I loro piani includevano azioni molto più gravi, come una strage a Prato della Valle durante una parata militare, che non è avvenuta solo per un problema tecnico. Avevano anche un progetto per avvelenare un acquedotto usando cianuro, una sostanza trovata in grandi quantità a casa di uno dei membri.Basi operative e mezzi
Il gruppo disponeva di diversi luoghi per le proprie attività illegali. Usavano un appartamento in via dell’Arco a Padova come base operativa. Avevano anche un casolare a Paese, in provincia di Treviso, che serviva da deposito per armi ed esplosivi. Questo casolare era anche attrezzato come officina per costruire gli ordigni da usare negli attentati. Tra i membri c’erano persone con competenze specifiche, come Ugo Cavicchioni, soprannominato “l’Elettrauto”, che era esperto nella preparazione di esplosivi e nei congegni di innesco, come i relais utilizzati nei primi attacchi.Le fonti di informazione
Dettagli precisi sulle azioni del gruppo, sui partecipanti e sui luoghi usati sono emersi grazie a diverse testimonianze. Gianni Casalini, che faceva parte del gruppo, ha fornito informazioni dirette sulle attività . Anche Livio Iuculano, raccogliendo confidenze mentre era in carcere, ha contribuito a far luce sui segreti della cellula. Queste testimonianze sono state fondamentali per ricostruire i fatti e identificare i responsabili.La protezione dei servizi segreti
Nonostante le prove e le testimonianze, molti dei responsabili non sono stati assicurati alla giustizia. Elementi deviati dei servizi segreti, in particolare del SID, hanno offerto protezione al gruppo. Hanno ostacolato le indagini e facilitato la fuga di alcuni membri chiave, che sono riusciti a rifugiarsi in Spagna. Le prove raccolte, spesso disperse o ignorate dalla giustizia per anni, non sono state sufficienti a garantire la punizione di molti dei colpevoli.Se il capitolo descrive una cellula così attiva, con basi operative e piani dettagliati, e se le testimonianze erano così fondamentali, perché la giustizia ha fatto così fatica ad arrivare?
Il capitolo presenta un quadro chiaro delle attività del gruppo e delle fonti che le hanno rivelate, attribuendo la mancata giustizia alla protezione dei servizi segreti. Tuttavia, la storia giudiziaria e politica di quegli anni è estremamente complessa. Per comprendere appieno perché, nonostante le prove e le testimonianze, il percorso verso la verità giudiziaria sia stato così lungo e travagliato, è necessario approfondire il contesto storico della “strategia della tensione”, le dinamiche interne agli apparati statali (non solo i servizi segreti, ma anche magistratura e forze dell’ordine) e le specifiche vicende processuali che hanno caratterizzato le indagini e i dibattimenti relativi a questi eventi. Approfondire studi storici e analisi giuridiche sul periodo può fornire il contesto mancante.3. Le trame nere tra Veneto e servizi segreti
Le indagini sugli attentati degli anni Sessanta e Settanta, inclusa la strage di piazza Fontana, puntano sul gruppo neofascista Ordine Nuovo. In particolare, le cellule attive a Padova e Mestre mostrano una struttura organizzata quasi militarmente. Queste cellule pianificano azioni violente con l’obiettivo di creare instabilità nel paese.L’origine dell’esplosivo e i preparativi
L’esplosivo usato in queste operazioni proviene da depositi militari statunitensi situati in Germania. Viene trasportato in Italia e nascosto in vari luoghi, tra cui uno scantinato a Venezia. Figure centrali come Delfo Zorzi dirigono le attività a Mestre, mentre Carlo Digilio offre il suo supporto tecnico per l’uso di armi ed esplosivi. Attentati precedenti, come quelli avvenuti a Trieste e Gorizia nel 1969, servono come test per azioni terroristiche di maggiore portata.Il ruolo dei servizi segreti e i depistaggi
I servizi segreti italiani, in particolare il SID, sono a conoscenza delle attività di questi gruppi. Il generale Gianadelio Maletti ha confermato di aver ricevuto l’ordine di nascondere le informazioni fornite da informatori come Gianni Casalini, noto come “fonte Turco”. Casalini aveva rivelato dettagli precisi sugli attentati e sui luoghi dove era nascosto l’esplosivo. Questo lavoro di depistaggio coinvolge ufficiali dei carabinieri, come Manlio Del Gaudio, e riceve l’approvazione dai vertici, inclusi il Ministro della Difesa Arnaldo Forlani e il colonnello Giuseppe Alessandro D’Ambrosio. Lo scopo è impedire che emergano i collegamenti tra i gruppi neofascisti, i servizi segreti e la fornitura di materiale esplosivo.Vie di fuga e giustizia mancata
Viene organizzata anche una possibile via di fuga verso l’Austria, in un castello appartenente a Marco Foscari, simpatizzante di Ordine Nuovo. Questo dimostra la preparazione e i supporti esterni di cui gode il gruppo. Nonostante le prove raccolte, che includono l’identificazione di Giampietro Mariga come possibile autista per la strage di piazza Fontana e di Giampietro Montavoci come autore della bomba al “Gazzettino” di Venezia, molti responsabili non vengono condannati o riescono a evitare la giustizia. Ciò accade anche a causa di testimonianze incomplete o contraddittorie, come l’alibi fornito da Giancarlo Vianello per la notte di Capodanno del 1969.Se i magistrati che indagavano sulla strage sono stati scagionati da ogni accusa, come si spiega che proprio “altri magistrati” abbiano tentato di bloccarli e che l’indagine sia stata infine proibita?
Il capitolo descrive con chiarezza come l’indagine sulla strage di piazza Fontana sia stata ostacolata da azioni legali e disciplinari promosse da “altri magistrati”, nonostante tutte queste iniziative si siano concluse con l’assoluzione o l’archiviazione per gli investigatori. Viene poi evidenziato come, in seguito, la Procura di Milano abbia esplicitamente proibito nuove indagini basate su “informazioni recenti”. Il punto critico, che il capitolo non approfondisce, riguarda le motivazioni e i meccanismi profondi dietro questa persistente opera di ostruzione, che sembra provenire dall’interno stesso del sistema giudiziario o essere da esso tollerata o imposta. Per comprendere appieno questo contesto, è fondamentale esplorare la storia d’Italia degli Anni di Piombo, analizzando il ruolo e le dinamiche interne della magistratura, dei servizi segreti e del potere politico dell’epoca. Approfondire gli scritti di autori che hanno studiato la strategia della tensione e i depistaggi legati alle stragi di Stato può fornire elementi essenziali per colmare questa lacuna argomentativa e capire perché la ricerca della verità sia stata così strenuamente contrastata.8. La Rete Nera e gli Ostacoli alla VeritÃ
Indagini accurate hanno confermato il coinvolgimento di gruppi di estrema destra, in particolare Ordine Nuovo e il Movimento Politico Ordine Nuovo (Mpon), in attività sovversive e attentati. Queste organizzazioni, con figure di spicco come Carlo Maria Maggi, Delfo Zorzi, Franco Freda, Giovanni Ventura, Carlo Digilio e Martino Siciliano, hanno compiuto azioni violente e si sono procurate esplosivi per i loro scopi. Una parte di Ordine Nuovo ha cercato rifugio e protezione rientrando nel Movimento Sociale Italiano, cercando così di sottrarsi alle indagini e alle conseguenze legali delle proprie azioni.Legami con Apparati dello Stato
Esistono prove concrete di collegamenti tra questi gruppi e alcuni apparati dello Stato. Membri dei servizi segreti (SID) e delle forze di polizia sono stati accusati di non aver trasmesso informazioni cruciali o di aver offerto coperture ai gruppi estremisti. Ad esempio, un comandante dei carabinieri non ha indagato su confidenze ricevute riguardo a riunioni preparatorie per una strage, ignorando avvertimenti potenzialmente vitali. Un avvocato con legami nei servizi ha persino tentato di impedire un viaggio a Milano poco prima di un attentato, suggerendo una conoscenza preventiva degli eventi. Numerosi documenti e testimonianze raccolte nel corso delle indagini hanno confermato l’esistenza di contatti e scambi tra estremisti di destra e ufficiali infedeli dei servizi di sicurezza.La Resistenza alle Indagini
Le indagini su questi gravi fatti hanno incontrato fortissime resistenze e ostacoli di ogni tipo. Magistrati e investigatori che hanno cercato di seguire la pista di Ordine Nuovo e dei servizi deviati sono stati a loro volta oggetto di procedimenti legali, un chiaro tentativo di intimidazione e delegittimazione del loro operato. Articoli di stampa, spesso basati su informazioni parziali o deliberatamente distorte, hanno descritto le indagini come inutili depistaggi, contribuendo a confondere l’opinione pubblica e a minare la fiducia nella giustizia. Intercettazioni telefoniche hanno rivelato che gli ex membri di Ordine Nuovo si coordinavano attivamente tra loro per ostacolare le indagini e scoraggiare chiunque pensasse di collaborare con la giustizia. Nonostante le prove raccolte indicassero chiaramente la responsabilità di Ordine Nuovo in diverse stragi che hanno insanguinato il paese, le indagini su alcuni degli individui coinvolti non sono state approfondite come avrebbero meritato.Fino a che punto le “indagini accurate” citate nel capitolo hanno effettivamente portato a condanne definitive e inoppugnabili per tutti i soggetti menzionati?
Il capitolo afferma con decisione che “indagini accurate hanno confermato” il coinvolgimento di specifici gruppi e individui, e che esistono “prove concrete” di legami con apparati dello Stato. Al tempo stesso, descrive “fortissime resistenze” e indagini che “non sono state approfondite come avrebbero meritato”. Questa tensione tra l’affermazione di prove solide e la narrazione di ostacoli e risultati giudiziari apparentemente incompleti solleva interrogativi sulla natura e l’esito effettivo di tali indagini. Per comprendere meglio questo complesso quadro, è fondamentale approfondire la storia giudiziaria di quegli anni, consultando gli atti processuali e le sentenze, e studiando le opere di storici come Aldo Giannuli, che hanno analizzato a fondo la “strategia della tensione” e il ruolo degli apparati statali deviati, senza tralasciare le difficoltà e le contraddizioni del percorso verso la verità processuale.Abbiamo riassunto il possibile
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