Letteratura

La Giara

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1. La Giara

Don Lollò Zirafa, ricco proprietario terriero, conosciuto per la sua tendenza a intentare cause legali, attende con trepidazione l’arrivo di una nuova giara, ordinata appositamente per contenere l’olio dell’imminente e abbondante raccolta delle olive. Nonostante l’entusiasmo iniziale, la scoperta che la giara, appena collocata nel palmento, è misteriosamente rotta, scatena l’ira di Don Lollò. Dopo un’iniziale furia, si lascia convincere a interpellare Zi’ Dima Licasi, un esperto conciabrocche noto per il suo mastice dalle proprietà straordinarie. Zi’ Dima accetta di riparare il danno, ma Don Lollò, diffidente, insiste affinché la riparazione sia rinforzata con dei punti di metallo, oltre al mastice. Durante la riparazione, Zi’ Dima, entrato nella giara per applicare i punti di metallo, si ritrova intrappolato al suo interno, impossibilitato a uscire a causa del collo troppo stretto. Don Lollò, inizialmente sorpreso, si consulta con il suo avvocato, il quale lo informa che trattenere Zi’ Dima nella giara potrebbe configurare il reato di sequestro di persona. Inoltre, l’avvocato suggerisce che Zi’ Dima debba risarcire il danno causato dalla sua riparazione maldestra. Tornato alla tenuta, Don Lollò trova i contadini intenti a festeggiare attorno alla giara, con Zi’ Dima ancora intrappolato al suo interno. In un tentativo di risolvere la situazione, Don Lollò chiede a Zi’ Dima di stimare il valore della giara riparata. Zi’ Dima la valuta un terzo del suo valore originale. Don Lollò, a questo punto, decide di rompere la giara per liberare Zi’ Dima, pretendendo poi il pagamento del valore stimato. Zi’ Dima, però, si rifiuta categoricamente di pagare e dichiara di voler rimanere nella giara. Don Lollò, esasperato, minaccia di citarlo in giudizio per alloggio abusivo, ma Zi’ Dima non si lascia intimidire. La notte seguente, i contadini, ormai ubriachi, continuano a festeggiare attorno alla giara, mentre Zi’ Dima canta allegramente dal suo interno. Don Lollò, in preda a un’ira incontrollabile, spinge la giara giù per una scarpata, frantumandola contro un albero. Zi’ Dima, in questo modo, vince la sua battaglia contro l’ostinato Don Lollò.

2. Due Letti, Due Destini

La vedova Zorzi, accompagnata dall’avvocato Gàttica-Mei, si reca al cimitero, sulla tomba del marito defunto. Gàttica-Mei, anch’egli vedovo, aveva fatto costruire per sé e per la sua defunta moglie una tomba con due nicchie affiancate, che in passato aveva suscitato l’ammirazione di Zorzi. Sentendo avvicinarsi la propria fine, Zorzi aveva commissionato una tomba simile per sé e la moglie. Gàttica-Mei aveva amorevolmente sistemato la moglie nella nicchia di sinistra, con l’intenzione di occupare quella di destra, replicando così la disposizione del letto matrimoniale e potendo in tal modo, anche nella morte, porgere la destra alla sua amata. Aveva anche già preparato un’epigrafe per sé, completa della data di nascita, lasciando in sospeso solo quella di morte, per completare l’armonia delle tombe. Dopo la morte di Zorzi, Gàttica-Mei si occupa con dedizione dei preparativi per il funerale, e compone per l’amico un’epigrafe, a suo dire, ancor più riuscita di quella dedicata alla moglie. La vedova Zorzi, tuttavia, non mostra apprezzamento né per l’epigrafe del marito né per la ricercata simmetria delle tombe. Ritiene infatti che le epigrafi siano un’offesa non tanto per i defunti, quanto per i vivi. Si sente oppressa dal peso di quelle tombe e dalle loro menzogne, e rifiuta di essere etichettata come la “fida compagna” in trepidante attesa di ricongiungersi al marito per l’eterno riposo. Spinta da un profondo senso di onestà e dignità, la vedova Zorzi confessa a Gàttica-Mei il desiderio di sposarlo. Lui, inizialmente, non comprende le ragioni di tale richiesta, considerando il matrimonio superfluo data la loro condizione di vedovanza. Lei però insiste con fermezza, e dopo otto mesi di cortese insistenza, Gàttica-Mei cede alla richiesta. I due convolano a nozze, ma la felicità è di breve durata: Gàttica-Mei si ammala gravemente. Nonostante un breve periodo di apparente recupero, le sue condizioni peggiorano inesorabilmente. L’uomo è tormentato da un pensiero fisso: il luogo della sua sepoltura. L’idea di essere tumulato accanto alla prima moglie, come inizialmente previsto, gli è ora insopportabile. La vedova Zorzi, con la morte nel cuore, assiste impotente al declino del marito. Dopo la morte di Gàttica-Mei, la vedova, con un gesto risoluto, getta via l’epigrafe che l’uomo aveva preparato per sé e decide di seppellirlo nella tomba di Zorzi. Così, i suoi due mariti riposano insieme, mentre la prima moglie di Gàttica-Mei rimane sola, in attesa di un ricongiungimento che non avverrà mai. Le lampade sulle tombe di Gàttica-Mei e della sua prima moglie risplendono, fioche, nella penombra del cimitero, mentre quelle sulla tomba di Zorzi rimangono spente. La simmetria è salva, ma i destini dei protagonisti si sono intrecciati in modo del tutto inaspettato, dando vita a un macabro gioco del destino.

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15. Tirocinio

Dopo due anni di assenza, Carlino Sgro fa ritorno a Roma, apparendo in modo singolare su una carrozza in compagnia di un’anziana donna. Questo suscita la preoccupazione dei suoi amici, che ipotizzano un rapimento. Carlino svela l’identità della donna: è la celebre cantante Pompea Montroni, la quale ha interrotto la sua carriera a causa di problemi di salute, sebbene il marito, Michelangelo Castiglione, sostenga che sia stata una sua decisione personale. Carlino rivela di essere impegnato in un “tirocinio” come amico di famiglia, con l’obiettivo di conquistare il cuore di Medea, la figlia di Pompea. Altri quattro uomini si trovano nella medesima situazione. La famiglia Montroni presenta delle peculiarità: Michelangelo, il marito, è un uomo austero e ossessionato dall’onestà, che ha sposato Pompea per un senso del dovere, senza mai approvare la sua professione di cantante. Il marchese Colli, innamorato di Pompea, è costretto a vivere con loro, sottomettendosi alle rigide regole di Michelangelo. Michelangelo impone regole severe a tutti, inclusa la proibizione di leggere i giornali. Il marchese Colli, nel tentativo di sottrarsi alla sua oppressione, lo ha coinvolto in una società per la produzione di carburo di calcio, dove Michelangelo esercita la sua onestà in modo ancora più rigoroso. Quando Michelangelo si allontana da casa, gli altri si concedono momenti di svago, danzando, ma sempre con il timore di essere scoperti. La situazione è intricata, poiché tutti e cinque gli amici di casa sono innamorati di Medea. Carlino spiega di non poterla sposare immediatamente, per non creare tensioni con gli altri pretendenti, tutti insigniti di un titolo onorifico per via della loro lunga amicizia con la famiglia. Carlino, pur essendo innamorato di Medea, è costretto a congedarsi per accompagnare Pompea a un’udienza dal Papa, imposta da Michelangelo.

16. Ritorno a Roma

Luca Pelletta giunge a Roma e incontra l’amico Santi Currao, profondamente mutato e in condizioni di evidente povertà. L’aspetto trasandato di Santi, un tempo stimato maestro di musica, e la sua indigenza sorprendono Luca. Santi, a sua volta, è incuriosito dal ritorno di Luca a Roma, soprattutto considerando che anche lui non sembra più ricco come un tempo. Mentre si dirigono verso l’abitazione di Santi, i due parlano brevemente delle loro vite. Santi vive solo, mentre Luca è tornato a Roma per restare, nonostante le sue modeste risorse economiche. La casa di Santi è un ambiente squallido e disordinato, simbolo della sua miseria. La moglie lo ha lasciato a causa della povertà e ora si prostituisce, come emerge dal dialogo tra i due. Nonostante le difficoltà, Luca è ottimista e afferma che risorgeranno. Santi, al contrario, è rassegnato e cinico. I due passeggiano nella notte verso il Colosseo: Luca esprime fiducia nel futuro, Santi rimane scettico.

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