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Contenuti del libro
Informazioni
“La frase urbana” di Jean-Christophe Bailly ti fa vedere la città in un modo nuovo, come se fosse un testo o un linguaggio vivo, una vera e propria “frase urbana”. Non è più la città di una volta, tutta intera e con confini chiari, ma quella di oggi, un po’ a pezzi e frammentata, che si allarga senza limiti. Il libro dice che l’architettura contemporanea, spesso concentrata su grandi opere isolate, non capisce la città vera, che invece è un mix continuo, un “tessuto urbano” complesso. La soluzione non sono i progetti enormi, ma un lavoro di “ricucitura urbana”, come aggiustare un vestito, per tenere insieme le parti e dare supporto a ciò che si disfa. Per capire questa città -linguaggio, devi camminare, fare il flâneur, perderti un po’ nei suoi spazi urbani. È la “grammatica generativa delle gambe” che ti insegna la città , non le guide turistiche. Anche le cose piccole contano: i materiali, l’aria, persino i posti dimenticati, i délaissés, che mostrano un potenziale nascosto. Il libro critica l’urbanistica vecchia, quella della zonizzazione che divide tutto, e propone un’architettura che si infila dentro, che crea legami e spazi per stare insieme, per la coabitazione, anche nelle periferie urbane. Non cerca un’utopia perfetta, ma una “utopia povera” che trovi nei dettagli, nelle piccole cose non pianificate. È un invito a guardare la città con occhi diversi, a cercare il senso nel movimento e nelle connessioni, per ritrovare la vitalità di un luogo che è sempre in trasformazione, fatto di storia, memoria e possibilità .Riassunto Breve
La città contemporanea funziona come un linguaggio o un testo complesso, una “frase urbana”, percepita attraverso il movimento e composta da diversi elementi inclusi materiali e segni spontanei. A differenza delle città storiche con confini chiari, si presenta frammentata e si espande senza limiti, formando una massa composita. Esiste una dissonanza tra l’architettura, spesso concentrata su grandi opere isolate, e la crescita agglutinante della città . Affrontare questa condizione richiede una “politica della città ” basata sulla “ricucitura”, riparando il tessuto urbano esistente, sostenendo le sue parti e intensificando le connessioni, un’invenzione che si inserisce nell’esistente. La città è un tessuto vivo, una rete stratificata di storia, vissuta come un flusso continuo dove gli edifici sono “quinte di pietra”. La sua vera memoria si trova nei dettagli minori e negli elementi spontanei, non solo nei monumenti. L’urbanistica del Novecento ha spesso fallito imponendo una rigida zonizzazione e costruzioni isolate, ignorando il contesto e rompendo il tessuto dinamico, creando aree uniformi e prive di complessità . L’architettura dovrebbe lavorare con questo tessuto, inserendo nuovi elementi in modo contestuale. L’essenza della città si trova negli angoli nascosti e nella vita spontanea; la periferia è parte di questo insieme e necessita di integrazione dinamica. La divisione rigida dello spazio separa la vita sociale e fisica, un problema che riguarda l’intera città . Migliorare le periferie significa creare al loro interno elementi che richiamino la centralità , mescolando attività e rompendo l’isolamento. L’idea tradizionale di utopia è superata; emerge un’utopia “povera” trovata nei segni piccoli, fragili e non pianificati della realtà . L’architettura, come arte, dà forma a questo potenziale, agendo come una “dizione” che apre lo spazio e accompagna chi lo attraversa. Una percezione profonda del corpo complesso della città , inclusi i suoi segreti, è quella del *flâneur*, che rende visibile la città stessa. Gli spazi trascurati, chiamati *délaissés*, sono aree temporanee e abbandonate che sono vive, riconquistate dalla vegetazione, testimoniando un tempo non umano e l’usura; sono custodi dell’imperfezione e di un potenziale latente, offrendo opportunità per un’urbanistica che accetta l’incompiutezza, come giardini temporanei. L’architettura, che incarna la forma sociale, dovrebbe mirare a un effetto corale, connettendo edifici e persone, piuttosto che presentarsi come oggetti isolati che simboleggiano proprietà . Un’urbanistica che considera i *délaissés* riconosce la complessità del tessuto urbano e il suo potenziale di sorprese. Storicamente, l’architettura mostra una divisione tra forme “alte” (potere, durata) e vernacolari (vita quotidiana). Lo spazio democratico è nato come aree aperte che facilitano la circolazione, mentre le mura erano antidemocratiche; le aperture come porte e piazze creano spazio pubblico. I tentativi nel XX secolo di rifondare l’architettura su basi sociali hanno spesso fallito, rifiutando la “prosa” della strada e creando modelli antiurbani basati sulla separazione. Oggi, oggetti spettacolari e nuove forme residenziali accentuano la diserzione architettonica e l’annientamento dello spazio pubblico, legati a un regime di proprietà sfrenata e all’abbandono dell’utopia. Una direzione alternativa cerca la reintegrazione e la continuità attraverso l’articolazione e la qualità connettiva, inserendosi nello spazio esistente per creare luoghi di coabitazione, come le “case per tutti” in Giappone o il concetto di *engawa*, mirando a reintrodurre lo spazio della coabitazione tramite pratiche fluide e spazi intermedi.Riassunto Lungo
1. La Città Come Linguaggio Vivente
La città funziona come un vero e proprio linguaggio, come una “frase urbana”. A differenza delle città antiche, che sembravano corpi unici con confini chiari, la città di oggi appare spezzettata e senza unità . Si allarga senza limiti, perdendo la percezione di dove finisce. Questo paesaggio attuale è un insieme confuso, con tratti poco definiti, dove i vecchi modi di includere e definire gli spazi si stanno perdendo.Riparare il Tessuto Urbano C’è una differenza tra l’architettura, spesso concentrata su grandi costruzioni isolate, e la città , che invece si espande aggiungendo pezzi l’uno all’altro senza un disegno preciso. La gestione della città deve affrontare questa situazione non con enormi progetti nuovi, ma con un lavoro costante di “ricucitura”. Significa riparare ciò che già esiste, sostenere le parti che si stanno disfacendo e rendere più forti i legami tra le diverse zone. Questo lavoro non è copiare il passato, ma inventare qualcosa di nuovo che si inserisce nell’esistente per migliorarlo e dargli nuova vita.Leggere la Città con i Passi Il paesaggio urbano di oggi può sembrare una frase costruita male, con elementi scollegati. La città , invece, dovrebbe essere un flusso continuo di significati, un sistema fluido. Ritrovare questa capacità dello spazio urbano di generare senso è un compito che unisce l’aspetto creativo (poetica) e quello pratico e sociale (politica). La città si può “leggere” camminando, usando la “grammatica generativa delle gambe”. Ogni città è come una lingua che si impara solo percorrendola. Il senso vero si trova nei percorsi non pianificati, nelle deviazioni, non nella routine di tutti i giorni o nel turismo organizzato. Anche i nomi dei luoghi stessi richiamano mondi e creano connessioni nella nostra mente.Il Linguaggio dei Materiali e dell’Atmosfera I materiali usati per costruire hanno un loro linguaggio e una loro memoria, contribuendo a dare un’atmosfera speciale a ogni luogo. Dal marmo antico al grès porcellanato usato dopo la guerra, dalle piastrelle rotte al vetro, ogni materiale racconta una storia. Anche elementi come la luce e il vento, o oggetti come le bandiere, rendono l’aria viva e vibrante, diventando parte dell’architettura stessa. La periferia, con i suoi materiali tipici e la sua atmosfera particolare, è una parte importante e distinta di questo complesso linguaggio della città .Ma se il “senso vero” della città si trova solo nei percorsi non pianificati e nelle deviazioni, non si rischia di ridurre la complessità urbana a una mera esperienza individuale e soggettiva?
Il capitolo propone un modo affascinante di “leggere” la città attraverso l’esperienza diretta del camminare, quasi come un atto di scoperta personale. Tuttavia, questa prospettiva, pur valida, sembra privilegiare l’esperienza soggettiva e non pianificata a discapito di altre forme di interazione con lo spazio urbano e, soprattutto, delle forze strutturali (economiche, sociali, politiche) che ne determinano la forma, l’uso e le disuguaglianze. Per ottenere una comprensione più completa della città , è fondamentale integrare l’analisi dell’esperienza individuale con lo studio delle dinamiche sistemiche. Approfondire autori come Jane Jacobs, David Harvey o Manuel Castells può offrire strumenti utili per analizzare la città non solo come linguaggio da decifrare con i passi, ma anche come prodotto di processi sociali, economici e politici complessi.2. Il Tessuto Vivo della CittÃ
Le città sono luoghi complessi dove i nomi stessi evocano storie e immagini, unendo la realtà e la fantasia. L’ambiente urbano funziona come una grande rete, un palcoscenico dove possono accadere molti eventi. Le città più grandi, come Parigi, non hanno un unico centro ma trovano la loro unità nel loro stile e nel loro “tessuto”, che si vede passeggiando per le strade. Questo tessuto è formato da strati di storia, modellati in modo significativo nell’Ottocento, creando una trama fitta dove si mescolano epoche diverse. Vivere la città è come seguire un flusso continuo, un po’ come guardare un film o leggere un racconto, con gli edifici che sembrano “quinte di pietra” per chi le attraversa.La Memoria Nascosta della CittÃ
Il passato non si trova solo nei monumenti isolati, ma vive proprio all’interno di questo tessuto urbano. I tentativi ufficiali di conservare la storia possono rendere statico ciò che invece è vivo e in continua evoluzione. La vera memoria di un luogo si nasconde nei dettagli meno evidenti, negli elementi che nascono spontaneamente e nell’atmosfera generale. L’architettura e l’urbanistica moderna, soprattutto nel Novecento, hanno spesso commesso l’errore di imporre zone rigide o costruzioni isolate, senza considerare il contesto esistente. Questo ha rotto il tessuto dinamico della città , creando aree, come i grandi complessi residenziali, che mancano della ricchezza e della complessità degli spazi urbani più antichi.Costruire nel Tessuto Urbano
Il compito dell’architettura oggi è proprio quello di lavorare con questo tessuto esistente, inserendo le nuove costruzioni in modo che si integrino con il contesto, con leggerezza e rispetto. L’anima vera della città si scopre nei suoi angoli meno visibili, nei cortili nascosti e nella vita spontanea che va oltre ogni pianificazione. Anche le zone periferiche fanno parte di questo insieme urbano e devono essere integrate in modo attivo e dinamico. L’identità di una città è un processo che non finisce mai, una mescolanza continua di storia passata e vitalità presente, che si può capire meglio solo muovendosi al suo interno e interagendo con la sua trama intricata e viva.Ma se il ‘tessuto vivo’ della città è così spontaneo e la sua vera memoria si nasconde nei dettagli non pianificati, non si rischia forse di sminuire il ruolo della storia ufficiale, dei monumenti e persino delle grandi trasformazioni urbane (anche quelle novecentesche) che, pur ‘rigide’, hanno comunque plasmato l’identità e la vita di milioni di persone?
Il capitolo mette giustamente in luce la vitalità e la stratificazione spontanea del tessuto urbano, ma la netta contrapposizione tra questa dinamicità e la presunta staticità della storia ufficiale o la rigidità della pianificazione moderna merita un approfondimento critico. Non considerare appieno come anche monumenti, piani regolatori e grandi interventi edilizi (anche quelli del Novecento) contribuiscano in modo complesso, e non solo negativo, a definire l’identità e l’esperienza della città rischia di offrire una visione parziale. Per esplorare queste sfumature, è utile rivolgersi agli studi di storia urbana e alla sociologia dello spazio. Autori come Lewis Mumford o Spiro Kostof offrono prospettive ampie sulla formazione delle città , mentre altri analisti hanno indagato le dinamiche sociali che si sviluppano anche all’interno di contesti apparentemente “rigidi”.3. Il Canto Nascosto della CittÃ
La divisione degli spazi in città , chiamata zonizzazione, separa la vita delle persone e l’ambiente fisico. Questo accade in modo evidente nelle periferie, ma in realtà riguarda tutta la città , che è un insieme unico. Dove questa separazione non è così forte, si trova ancora una vita ricca di legami e luoghi dove le persone si incontrano. Lo scopo vero della città è proprio quello di unire e accogliere, creando un legame forte tra il centro e le zone più esterne.Migliorare le Periferie
Per migliorare le periferie, l’idea non è quella di replicare il centro, ma di creare al loro interno elementi che le rendano importanti e vitali. Questo significa mescolare diverse attività e servizi per rompere l’isolamento. Per fare ciò, servono interventi mirati e risorse adeguate. È fondamentale anche affrontare i problemi sociali, come la mancanza di lavoro, che spesso sono strettamente collegati a come è organizzato lo spazio urbano. Questi sforzi contribuiscono a costruire un senso di comunità e appartenenza, trasformando le periferie da luoghi marginali a parti integrate e dinamiche della città .Un’Utopia Presente
Guardando alla città , si può anche ripensare l’idea di utopia. L’utopia tradizionale, vista come un luogo ideale e perfetto nel futuro, non è più attuale. Oggi sembra mancare questa grande visione. Si parla invece di un’utopia “povera”, che non è un luogo da raggiungere, ma un potenziale già presente nella realtà di tutti i giorni, nelle piccole cose e nei dettagli. Questo potenziale si manifesta nei gesti semplici, nei segni non cercati e fragili, come gli oggetti personali messi in mostra alle finestre o le piccole creazioni fatte dalle persone nel loro lavoro.L’Architettura come Espressione
In questo contesto, l’architettura non è solo l’arte di costruire edifici. Il suo compito è dare forma a quel potenziale di cui abbiamo parlato. È come una “dizione”, un modo di esprimersi nello spazio che va oltre la semplice utilità pratica. L’architettura lascia un margine, una differenza rispetto al piano originale, lasciando intravedere ciò che potrebbe diventare. Non limita lo spazio, ma lo rende accessibile e guida chi lo vive o lo attraversa.L’Identità della CittÃ
La città stessa è un insieme complesso. È fatta di progetti e piani stabiliti (il “discorso”), ma anche di espressioni libere e spontanee delle persone (la “parole”). La sua vera identità nasce dal continuo incontro e mescolanza di questi due aspetti, creando una sorta di “frase urbana” composta da segni, ricordi e infinite possibilità . I limiti della città diventano sempre più sfumati; la sua realtà si espande e cambia continuamente. La sua forza e vitalità dipendono proprio dalla ricchezza e dalla varietà di tutti questi segni, anche quelli che sembrano più piccoli e meno importanti.Ma questa visione dei délaissés non rischia di essere una romantica evasione dalla dura realtà socio-economica che li genera?
Il capitolo, pur offrendo spunti suggestivi sulla percezione della città , sembra sorvolare sulle cause profonde che portano alla creazione dei délaissés. Non sono semplicemente “dimenticati” per caso, ma spesso il risultato di processi economici, politiche urbane fallimentari o disuguaglianze sociali. Affrontare seriamente il tema richiederebbe un’analisi più radicata nella sociologia urbana, nell’economia politica dello spazio o nella geografia critica, confrontandosi con autori che hanno studiato le dinamiche di abbandono, gentrification e la produzione sociale dello spazio urbano.5. L’Architettura tra Divisione e Articolazione
L’architettura ha una divisione storica che nasce nel Neolitico. Da una parte c’è un’architettura “importante”, legata al potere religioso o civile, fatta per durare nel tempo e mostrare autorità . Dall’altra, c’è una forma di costruzione più semplice, usata dalla maggior parte delle persone per la vita di tutti i giorni, che non si preoccupa tanto della durata. Questa differenza mostra la tensione tra il desiderio di rappresentare qualcosa di grande e una dimensione sociale più umile, legata all’idea di proprietà e di condivisione.Gli spazi della democrazia e quelli chiusi
I primi spazi dove le persone potevano riunirsi e discutere non erano edifici chiusi, ma luoghi aperti e vuoti come le piazze, i teatri e le strade. Questi spazi facilitano il movimento e lo scambio di idee. Al contrario, i muri e le fortezze sono per loro natura contro la democrazia, anche se in passato hanno protetto le prime repubbliche. Le aperture negli edifici, come porte, finestre, cortili e piazze, creano spazi pubblici voluti e collegano in modo trasparente con gli spazi privati.I fallimenti del Novecento
Nel Ventesimo secolo, ci sono stati tentativi di creare un’architettura basata su principi sociali, sia in progetti ideali che in costruzioni per molte persone. Questi tentativi, però, non hanno avuto successo. Spesso hanno rifiutato la semplicità della strada e delle costruzioni tradizionali, creando modelli di città che separavano le funzioni, come i quartieri fatti di torri e palazzi lunghi. Questo ha portato a paesaggi urbani tutti uguali e poco interessanti, anche se l’intenzione era quella di migliorare la vita insieme.Le sfide di oggi
Oggi vediamo prevalere nuove forme di costruzione di case e grandi edifici spettacolari. Questo porta a un’architettura che sembra disinteressarsi della città e distrugge lo spazio pubblico. Questa distanza tra un’architettura che serve la società e un’architettura vista solo come opera d’arte è legata a un sistema di proprietà senza regole e all’abbandono delle grandi idee per migliorare la società .Una strada diversa: l’architettura che unisce
Una direzione diversa cerca di unire e creare continuità . Questa architettura si concentra su come le parti si collegano tra loro, sugli spazi intermedi e sulla capacità di creare legami. Non pensa a edifici isolati, ma a come inserirsi in uno spazio che esiste già e a creare luoghi dove le persone possono vivere insieme. Un esempio sono le “case per tutti” costruite in Giappone dopo lo tsunami del 2011. Queste case riprendono l’idea dell’engawa giapponese, uno spazio di passaggio che aiuta il dialogo e lo scambio tra le persone della comunità . Questa architettura vuole riportare l’idea di uno spazio per vivere insieme attraverso pratiche flessibili e luoghi che fanno da ponte.Se i muri e le fortezze sono “per loro natura contro la democrazia”, come si spiega che abbiano protetto le prime repubbliche?
Il capitolo presenta una dicotomia netta tra spazi aperti e democratici e spazi chiusi e anti-democratici. Tuttavia, l’affermazione che le strutture difensive siano intrinsecamente ostili alla democrazia appare contraddittoria nel momento stesso in cui si riconosce il loro ruolo nella salvaguardia di nascenti forme repubblicane. Questo punto merita un approfondimento per comprendere meglio la complessa relazione tra forma urbana, difesa e organizzazione politica. Per esplorare questa tensione, sarebbe utile confrontarsi con studi sulla storia della città e delle sue fortificazioni, analizzando come le strutture fisiche abbiano interagito con le diverse forme di governo nel corso dei secoli. Autori come Lewis Mumford o Michel Foucault offrono prospettive diverse sulla città , il potere e lo spazio che possono aiutare a inquadrare questa apparente contraddizione.Abbiamo riassunto il possibile
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