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Contenuti del libro
Informazioni
“La filosofia tedesca. 1760-1860. L’eredità dell’idealismo” di Terry Pinkard ti porta in un viaggio incredibile attraverso un secolo cruciale del pensiero. Si parte dalla rivoluzione di Kant, che ci ha insegnato il coraggio di usare la nostra ragione e l’importanza della libertà e dell’autonomia, mettendo in crisi il vecchio dogmatismo. Dopo Kant, il dibattito si accende: filosofi post-kantiani come Jacobi e Reinhold cercano nuove strade, mentre Fichte sposta tutto sull’Io e l’azione. Poi arriva il Romanticismo tedesco, con figure come Hölderlin e Novalis, che esplorano l’autocoscienza in modo più intuitivo, tra arte e ironia, sentendo che qualcosa sfugge ai sistemi rigidi. Il libro confronta percorsi diversi, come quello di Fries, che punta sul sentimento, e soprattutto l’imponente sistema di Hegel, che con la sua dialettica cerca di capire come la ragione e lo Spirito si realizzino nella storia e nella società, superando i dualismi. Ma l’eredità dell’idealismo non è semplice: Schelling, Schopenhauer e Kierkegaard mostrano le crisi e i paradossi di questa ricerca di libertà e significato, portando a nuove sfide esistenziali. È una storia affascinante di idee che cambiano il mondo, ambientata nel vivace contesto delle università tedesche di quel tempo.Riassunto Breve
La filosofia di Kant segna un punto di svolta, mettendo al centro l’idea che la libertà significa usare la propria testa senza dipendere da altri, uscendo da una specie di immaturità. Per lui, la ragione non deve accettare le cose a caso (dogmatismo), ma deve essere esaminata criticamente per trovare una base solida. La conoscenza, secondo Kant, nasce dall’incontro tra quello che percepiamo con i sensi e i concetti che la nostra mente usa per organizzare tutto; l’esperienza non è solo ricevere informazioni, ma la mente le elabora attivamente. Concetti come l'”Io penso” sono fondamentali perché permettono di avere un’esperienza ordinata e oggettiva. La libertà non è solo non essere costretti da leggi naturali, ma è la capacità di darci noi stessi le regole morali (autonomia). La legge morale è un comando universale e incondizionato, che ci dice di agire in modo che la regola della nostra azione possa valere per tutti e di trattare le persone sempre come un valore in sé, mai solo come uno strumento. Anche il giudizio su cosa è bello, che non si basa su regole fisse ma su un accordo spontaneo tra immaginazione e intelletto, suggerisce l’esistenza di un ordine profondo che si lega sia alla bellezza naturale che alla legge morale. Dopo Kant, il dibattito filosofico si accende. Alcuni, come Jacobi, criticano la fiducia eccessiva nella ragione e dicono che serve la fede per capire certe cose, mettendo in dubbio anche l’idea di Kant di una “cosa in sé” inconoscibile. Reinhold cerca invece di rendere la filosofia kantiana una scienza precisa partendo dal “principio della coscienza”. Fichte va oltre, rifiutando sia la “cosa in sé” sia il punto di partenza di Reinhold, e propone che il fondamento di tutto sia un’azione originaria dell'”Io” che si auto-crea e si dà norme. I romantici, pur apprezzando l’idea di spontaneità di Fichte, sentono che manca qualcosa nel suo sistema, specialmente nel rapporto con la natura e l’esperienza immediata. Esplorano l’autocoscienza come qualcosa di pre-riflessivo, che non si può afferrare con i concetti ma solo con l’arte o il sentimento, come fanno Hölderlin, Novalis e Schleiermacher con la religione. Friedrich Schlegel usa l’ironia come modo per affrontare la tensione tra il finito e l’infinito nell’uomo, vedendo l’arte come il luogo dove si esprime la verità frammentata dell’esistenza. Altri percorsi post-kantiani includono Fries, che si rifà a Jacobi e basa la filosofia sul sentimento e la fede, criticando la metafisica di Kant e proponendo un realismo empirico unito a un’analisi della coscienza, con un’etica che privilegia l’uguaglianza. In contrasto, Hegel sviluppa una filosofia dello Spirito che vuole superare i dualismi di Kant. La sua Logica mostra come il pensiero e la realtà si sviluppino insieme in modo dialettico, passando dall’essere al concetto. La sua filosofia dello Spirito vede la libertà come il risultato di un processo storico e sociale, che si manifesta nell’arte, nella religione e nella filosofia stessa, culminando in un “sapere assoluto” che comprende tutto. La dialettica servo-signore mostra come il riconoscimento reciproco sia fondamentale per lo sviluppo della coscienza. L’eredità di questo periodo è complessa. Schelling, in una fase successiva, critica l’idealismo (incluso Hegel) per aver confuso pensiero e realtà, cercando un fondamento esterno alla ragione, come la rivelazione. Schopenhauer torna a Kant ma identifica la “cosa in sé” con una “volontà” cieca, vedendo la vita come sofferenza e la libertà nella rinuncia. Kierkegaard radicalizza l’idea di autodeterminazione kantiana, mostrando l’angoscia che ne deriva e proponendo un “salto nella fede” per superare il paradosso di una libertà difficile da raggiungere solo con le proprie forze, evidenziando come la modernità, nonostante le promesse, lasci l’individuo in una situazione di crisi e ricerca che va oltre la sola ragione.Riassunto Lungo
1. La Rivoluzione Kantiana: Spontaneità, Autonomia e l’Ordine della Ragione
La filosofia di Kant ha cambiato radicalmente il modo di pensare occidentale, mettendo al centro l’idea di libertà come capacità di pensare con la propria testa. Per Kant, l’Illuminismo significa avere il coraggio di usare la propria intelligenza senza farsi guidare dagli altri. Questo si oppone al dogmatismo, che è l’accettazione passiva di principi senza metterli in discussione. Kant crede che la ragione debba essere analizzata criticamente per trovare basi solide, superando sia l’ingenuità del dogmatismo sia il blocco dello scetticismo.La Teoria della Conoscenza di Kant
Kant ha studiato come funziona la conoscenza nel suo libro “Critica della Ragion Pura”. Secondo lui, la conoscenza nasce dall’unione di ciò che percepiamo con i sensi e dei concetti che abbiamo nella mente. Entrambi sono necessari, ma sono cose diverse. L’esperienza non è solo ricevere passivamente informazioni, ma è un processo attivo in cui la mente organizza ciò che percepisce. I giudizi matematici, ad esempio “7+5=12”, sono “sintetici a priori”, cioè ci danno nuova conoscenza senza basarsi solo sull’esperienza. Questo dimostra che la conoscenza non viene solo dall’esperienza. Kant spiega con la “Deduzione Trascendentale” che la coscienza di sé è fondamentale per avere un’esperienza oggettiva del mondo. In pratica, ogni volta che pensiamo qualcosa, dobbiamo essere consapevoli di essere noi a pensare.La Libertà e la Morale
La libertà trascendentale è, per Kant, la base dell’azione morale. Gli esseri umani sono soggetti alle leggi della natura, ma allo stesso tempo sono capaci di scegliere come comportarsi seguendo dei principi, che Kant chiama “massime”. La legge morale, o “imperativo categorico”, è un comando universale e valido per tutti gli esseri razionali, sempre e senza condizioni. L’autonomia, cioè la capacità di darsi da soli le leggi morali, è essenziale. L’imperativo categorico ci dice di agire seguendo principi che potrebbero valere per tutti e di considerare ogni persona come un fine, e mai solo come un mezzo per raggiungere i nostri scopi. Questo delinea un “regno dei fini” in cui ogni persona è rispettata per la sua dignità di agente libero e autonomo.Il Giudizio Estetico
Kant ha analizzato anche il giudizio estetico, cioè ciò che consideriamo bello, nel libro “Critica del Giudizio”. Il bello, secondo Kant, non si basa su regole precise, ma sul piacere che proviamo quando immaginazione e intellettoCollaborano liberamente e in armonia. Questa “finalità senza scopo” suggerisce che esista un ordine nascosto e profondo nella realtà, che si manifesta sia nella bellezza della natura, che ci appare spontanea e quindi superiore all’arte, sia nella legge morale. Entrambi questi aspetti, bellezza e morale, nascono dalla spontaneità umana e dalla ricerca di un ordine razionale nel mondo.È davvero possibile derivare un ordine morale universale e un giudizio estetico oggettivo dalla “spontaneità umana”, o non rischiamo di proiettare le nostre categorie mentali sulla realtà, perdendo di vista la vera complessità e varietà dell’esperienza umana?
Il capitolo presenta l’idea di spontaneità come fonte sia della bellezza che della morale, suggerendo un’armonia prestabilita tra la soggettività umana e un ordine razionale del mondo. Tuttavia, questa visione potrebbe apparire eccessivamente ottimistica e poco attenta alle critiche che sono state mosse alla filosofia kantiana nel corso del tempo. Per approfondire questa problematica, è utile esplorare le critiche mosse a Kant da filosofi come Hegel e Nietzsche, che hanno messo in discussione l’universalità e la rigidità del suo sistema, e considerare anche le prospettive della filosofia contemporanea che si interrogano sulla natura della soggettività e dell’esperienza.2. La Rivoluzione Post-kantiana: Jacobi, Reinhold e la Nuova Via di Fichte
La filosofia di Kant ha cambiato il modo di vedere la storia della filosofia. Prima di Kant, si pensava che la filosofia dovesse scegliere tra due strade: il razionalismo e l’empirismo. Kant ha mostrato che entrambe queste strade erano incomplete. La sua filosofia, chiamata “critica”, voleva unire le due, dando importanza sia alla ragione che all’esperienza. Kant ha anche affermato che la ragione è autonoma e indipendente. Questo ha sfidato il ruolo della teologia, cioè dello studio di Dio, nelle università. In quel periodo, l’università di Jena è diventata un centro importante per lo studio del kantismo e un modello di università moderna.Le critiche a Kant di Jacobi
Nonostante il successo, la filosofia di Kant ha ricevuto anche molte critiche. Uno dei primi critici è stato Jacobi, influenzato dalle idee di Hume. Jacobi mette in dubbio l’idea illuminista che la ragione possa spiegare tutto. Secondo Jacobi, la ragione non basta e per arrivare alla fede è necessario un atto di fiducia che va oltre la ragione, un “salto mortale”. Jacobi critica in particolare l’idea di Kant della “cosa in sé”. Jacobi pensa che questo concetto sia contraddittorio e senza senso.La difesa di Kant di Reinhold
Reinhold ha cercato di difendere Kant dalle critiche, specialmente da quelle di Jacobi. Reinhold voleva rendere il kantismo una filosofia rigorosa e scientifica, chiamata “Elementarphilosophie”. Per fare ciò, ha cercato un principio base e sicuro per la conoscenza, trovandolo nella “coscienza”. Reinhold credeva che la coscienza fosse il punto di partenza certo per conoscere il mondo. Con la sua filosofia, Reinhold voleva rispondere allo scetticismo, cioè alla posizione filosofica che dubita della possibilità di conoscere la verità, e affermare che la filosofia poteva essere una scienza autorevole.La “Nuova Via” di Fichte
Fichte, che all’inizio era un seguace di Reinhold, in seguito ha criticato sia Reinhold che Kant. Fichte non era d’accordo con l’idea di Reinhold del “fatto della coscienza” e criticava anche l’idea kantiana della “cosa in sé”, considerandoli concetti vuoti e inutili. La filosofia di Fichte, chiamata “Wissenschaftslehre”, si concentra sull’azione (“Tathandlung”) e sull'”intuizione intellettuale”. Secondo Fichte, la filosofia non deve partire da un fatto, ma da un’azione originaria che crea le regole e i principi. Fichte mette al centro del suo sistema filosofico l'”Io”, cioè la coscienza individuale che si auto-determina. In questo modo, Fichte cambia la base della filosofia, spostandola da qualcosa di oggettivo e dato (un fatto) a qualcosa di soggettivo e attivo (una norma).Se Fichte critica Kant per la “cosa in sé” e Reinhold per il “fatto della coscienza”, spostando la filosofia sull'”azione” e sull'”Io”, non rischia di allontanarsi eccessivamente dall’importanza che Kant dava all’esperienza, aprendo la strada a un idealismo soggettivo potenzialmente scollegato dalla realtà concreta?
Il capitolo presenta la “Nuova Via” di Fichte come una reazione alle limitazioni percepite in Kant e Reinhold. Tuttavia, la transizione dall’enfasi kantiana sull’esperienza e sulla ragione autonoma all’azione e all'”Io” di Fichte solleva interrogativi. Per comprendere appieno la portata di questa svolta, sarebbe utile approfondire il concetto fichtiano di “Tathandlung” e “intuizione intellettuale”, e confrontarlo con la teoria della conoscenza kantiana. Autori come Fichte stesso, e interpreti contemporanei del suo pensiero, potrebbero fornire ulteriori chiarimenti su questa complessa evoluzione filosofica.3. L’Anima Romantica e il Paradosso Kantiano
Il contesto del Romanticismo tedesco
Nel contesto del dibattito filosofico successivo a Kant, si sviluppa il Romanticismo tedesco. Questo movimento nasce in risposta alle idee di filosofi come Fichte e Kant. I romantici riconoscono l’importanza che Fichte attribuisce alla spontaneità umana, ma criticano il suo eccessivoFocus sull’Io come unico fondamento della realtà. Secondo i romantici, Fichte non riesce a spiegare adeguatamente come l’Io risponde al mondo esterno, all’esperienza concreta e alla natura che ci circonda.L’autocoscienza non riflessiva
Il Romanticismo si concentra in particolare sul tema dell’autocoscienza. I filosofi romantici cercano di capire come l’autocoscienza si manifesti in modo immediato, senza bisogno di riflessione. Questo tipo di autocoscienza “immediata” viene definita “autoascrizione senza criteri”. I romantici la considerano la base di ogni altra forma di coscienza, qualcosa che viene prima della distinzione tra soggetto e oggetto. Hölderlin e Novalis, due importanti figure di questo periodo, utilizzano la poesia per esplorare questa intuizione pre-riflessiva dell'”Essere”. Essi credono che questo “Essere” non possa essere pienamente compreso attraverso il linguaggio concettuale, ma solo evocato attraverso l’arte.La religione secondo Schleiermacher
Schleiermacher, un altro pensatore romantico, analizza la religione come espressione di questa intuizione fondamentale. Per Schleiermacher, la religione è un modo per esprimere l’esperienza individuale, che è unica e irriducibile. Egli sottolinea anche come esistano molteplici prospettive religiose, tutte valide. Schleiermacher critica l’ortodossia religiosa e l’idea che la religione debba essere uniforme per tutti. Al contrario, valorizza l’aspetto soggettivo e sentimentale della fede religiosa.L’ironia romantica di Friedrich Schlegel
Friedrich Schlegel introduce il concetto di ironia per affrontare una contraddizione fondamentale dell’autocoscienza umana. Questa contraddizione nasce dalla natura umana, divisa tra la dimensione finita e quella infinita. Schlegel vede l’ironia come l’atteggiamento filosofico più adatto per gestire questa tensione. L’ironia permette di riconoscere che l’esistenza è incerta e che non possiamo identificarci completamente con i nostri stessi ideali e impegni. In questo contesto, l’arte diventa essenziale. L’arte è il mezzo migliore per esprimere la verità sulla vita umana, una verità che non può essere racchiusa in un sistema filosofico rigido. Questa verità si manifesta invece nella frammentarietà e nell’incompletezza tipiche dell’esistenza umana.Ma se pensiero e mondo sono aspetti di un’unica totalità, come si concilia questa visione con l’evidente molteplicità e contraddittorietà delle esperienze individuali e delle interpretazioni del mondo?
Il capitolo presenta l’unità di pensiero e mondo come punto di arrivo della filosofia hegeliana, ma non chiarisce come questa unità si manifesti concretamente di fronte alla varietà e spesso alla conflittualità delle prospettive umane. Per rispondere a questa domanda, sarebbe utile approfondire le critiche mosse al monismo hegeliano e studiare autori che hanno evidenziato la pluralità e la frammentazione dell’esperienza, come Kierkegaard e Nietzsche.6. L’Eredità Dilemmaticca dell’Idealismo Post-Kantiano
Il pensiero dopo Kant, nato per realizzare le promesse di libertà e ragione, viene messo in discussione in modo approfondito. Schelling, un filosofo molto importante di questo periodo, arriva a Berlino nel 1841 per criticare le idee di Hegel, ma la sua riflessione va oltre. Schelling critica l’idealismo dopo Kant, compreso Hegel, perché secondo lui hanno confuso il pensiero con la realtà. In questo modo, hanno creato sistemi filosofici che non riescono a capire la “divisione finale” tra la ragione e l’esistenza vera. Schelling propone una “filosofia positiva” che si basa su un “fatto” metafisico che è fuori dalla ragione, come ad esempio la rivelazione cristiana. Questa filosofia si contrappone alla “filosofia negativa” degli idealisti.Schopenhauer e il ritorno a Kant
Schopenhauer, anche se è vissuto nello stesso periodo di Hegel, si considera un filosofo che viene dopo Hegel. Torna a studiare Kant e identifica la “cosa in sé” di Kant con la “volontà”. Per Schopenhauer, la volontà è una forza cieca e inarrestabile. La sua visione pessimista della vita lo porta a pensare che la vita sia sofferenza. La libertà, per lui, si trova nell’accettazione di questa sofferenza e nell’arte, specialmente nella musica, che esprime direttamente la volontà.Kierkegaard e l’angoscia esistenziale
Kierkegaard, influenzato dalla critica di Schelling a Hegel, porta all’estremo il tema dell’autodeterminazione di Kant. Evidenzia il paradosso e la disperazione che nascono da questa autodeterminazione. Kierkegaard descrive diversi modi di vivere, che vanno dall’estetico, all’etico, fino al religioso. Secondo lui, solo un “atto di fede” nel cristianesimo può risolvere l’angoscia che proviamo di fronte all’esistenza. La modernità, che aveva promesso la realizzazione di sé, fallisce. L’individuo si trova quindi di fronte a un paradosso: una libertà che non può raggiungere con le sole forze umane. Quello che ci lascia in eredità l’idealismo dopo Kant è una crisi e la ricerca di risposte che vanno oltre la ragione.Se l’idealismo post-kantiano ha fallito nel suo progetto di libertà e ragione, la risposta proposta di rifugiarsi in una “filosofia positiva” basata sulla fede religiosa non rappresenta forse un abbandono della ragione stessa, piuttosto che un suo superamento?
Il capitolo presenta una critica all’idealismo post-kantiano che sembra culminare in un vicolo cieco: la ragione viene accusata di aver fallito, e la soluzione proposta sembra essere un salto nella fede. Tuttavia, è lecito chiedersi se abbandonare la ragione per la fede risolva veramente i problemi sollevati, o se invece non rappresenti una rinuncia a cercare soluzioni razionali. Per approfondire questa critica, sarebbe utile esplorare il pensiero di autori come Nietzsche, critico radicale della religione, o studiare più a fondo la filosofia della religione per comprendere le diverse posizioni sul rapporto tra fede e ragione.Abbiamo riassunto il possibile
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