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Informazioni
… è un libro che ti fa pensare a come cinque grandi della letteratura italiana hanno guardato il mondo, non solo con le parole, ma anche con gli occhi, pensando alla pittura o alla fotografia. Alessandra Sarchi esplora come autori come Moravia, Volponi, Pasolini, Calvino e Celati abbiano usato l’immagine per capire la realtà e i limiti del linguaggio. Moravia, ad esempio, usava specchi e finestre nei suoi romanzi come Gli indifferenti per mostrare una realtà inafferrabile e la noia esistenziale, quasi che la pittura fosse un’alternativa alla scrittura. Volponi invece vedeva la pittura come una chiave per capire la realtà minacciata dal mondo industriale, un’avventura conoscitiva che si scontra con la crisi della cultura umanistica. Pasolini, influenzato da Longhi e Caravaggio, cercava un realismo pasoliniano nel cinema, come in Decameron, per trovare una verità nei ceti popolari, usando l’immagine come uno specchio che rivela l’essenza del reale. Calvino partiva proprio dalle immagini, dalla sua immaginazione visuale e dal paesaggio ligure, per costruire le sue storie, riflettendo sulla visibilità e i limiti della percezione, un po’ come fa il personaggio di Palomar. E infine Celati, che mette in discussione il linguaggio stesso, preferendo le apparenze alla realtà, influenzato dalla fotografia e dal “disastro visivo” contemporaneo, cercando tracce di significato nel disponibile quotidiano. Questo libro ti porta dentro il loro modo di vedere, mostrando quanto l’immagine sia stata fondamentale per questi autori nel cercare di afferrare un mondo che sfugge, tra pittura, fotografia e la sfida continua tra ciò che vediamo e ciò che riusciamo a dire.Riassunto Breve
Diversi scrittori italiani usano molto le immagini e l’arte, come la pittura o la fotografia, per capire e raccontare la realtà nei loro libri. Per Alberto Moravia, la pittura è un modo diverso dalla scrittura per esprimere le cose, più diretto. Nei suoi romanzi, usa spesso specchi, finestre e maschere che non aiutano a capire la realtà, ma mostrano quanto i personaggi siano finti e lontani da sé, come ne “Gli indifferenti”. Gli specchi riflettono la loro noia, le finestre non li fanno uscire dalla loro prigione interiore. In “La noia”, un pittore fallito non riesce a connettersi con la realtà, e questo mostra quanto sia difficile per l’arte afferrare il mondo. Solo guardando le cose semplici, come un albero, si accetta la realtà per quello che è, anche se non la si capisce del tutto. Paolo Volponi è un grande appassionato di pittura e la colleziona non solo per avere oggetti, ma per conoscere la storia e le persone. Per lui, guardare i quadri è come un’avventura per capire il mondo, che secondo lui sta cambiando in peggio con l’industria. Parla con esperti d’arte e usa la pittura come ispirazione per scrivere, per guardare la società in modo diverso. Nei suoi libri, i personaggi vedono il mondo attraverso la pittura, che mette in contrasto la sua bellezza con la bruttezza del mondo industriale. Ne “Le mosche del capitale”, la pittura sembra un rifugio per pochi, che non riesce a parlare davvero con il mondo dell’industria. Pier Paolo Pasolini impara da un esperto d’arte (Roberto Longhi) a guardare la realtà come se fosse un quadro antico. Cerca di mettere insieme parole e immagini, prima nella poesia e poi nel cinema. Per lui, la pittura è un modello per mostrare la realtà vera, anche le parti che di solito non si vedono. Il suo realismo non è solo copiare la realtà, ma mostrare una verità più profonda usando trucchi da pittore. Nel film “Decameron”, usa persone comuni e luoghi veri (Napoli) per trovare una realtà autentica, non rovinata dalla società moderna. Pensa che l’arte, come uno specchio, rifletta la realtà, ma per capirla bene bisogna guardarla in modo un po’ strano, come se morisse e rinascesse. Italo Calvino costruisce le sue storie partendo dalle immagini che ha in testa, che vengono prima delle parole. Queste immagini si sviluppano e creano la storia. Le immagini arrivano da quello che vede, dai sogni, dalla cultura. Parla di come la scrittura cerca di essere chiara come la pittura o la fotografia, anche se è difficile. Usa le idee di “opaco” (ombra) e “aprico” (luce) per descrivere il suo modo di guardare e scrivere, cercando di arrivare alla chiarezza partendo da quello che non si vede bene. Il personaggio Palomar cerca ossessivamente di vedere e descrivere tutto, quasi scomparendo in questo tentativo. Gianni Celati pensa che le parole non bastino per raccontare la realtà, che è più che altro un insieme di “apparenze” che cambiano sempre. Dice che è meglio perdersi e sorprendersi davanti al mondo che cercare di metterlo in ordine con le parole. Incontra il fotografo Luigi Ghirri e condivide l’idea che ci siano troppe immagini finte in giro. Guarda molto i paesaggi per capire le persone. Col tempo, passa a fare documentari per registrare la realtà così com’è, accettando che sia piena di contraddizioni e momenti strani, ma cercando comunque di trovare attimi di visione vera.Riassunto Lungo
1. Il Teatro degli Specchi: Moravia e la Realtà Inafferrabile
La pittura come alternativa alla scrittura
Per Alberto Moravia, dipingere rappresentava un modo diverso per esprimere la realtà, più immediato rispetto alla scrittura. Nei suoi libri si nota questa tensione tra parole e immagini. Moravia usa spesso elementi descrittivi tipici della pittura, come maschere, ombre, specchi e finestre. Questi elementi non aiutano a capire la realtà, anzi aumentano l’idea di finzione e falsità che si trova nei personaggi di Moravia, soprattutto nel romanzo “Gli indifferenti”.Gli specchi e le finestre ne “Gli indifferenti”
Ne “Gli indifferenti”, i personaggi vivono in un ambiente dell’alta borghesia pieno di apparenze e regole sociali. Non riescono a entrare in contatto vero né con gli altri né con loro stessi. Gli specchi, che si trovano ovunque nelle case descritte, non mostrano la realtà in modo oggettivo. Invece, riflettono e amplificano la loro sensazione di essere soli e di non provare niente per la vita. Anche le finestre, che potrebbero aprirsi sul mondo esterno, diventano come i bordi di una prigione interna. Non sono capaci di portare i personaggi a vivere esperienze vere.Il ruolo dello specchio in “Agostino” e “La noia”
In “Agostino”, lo specchio cambia funzione e mostra una realtà del corpo che sorprende e non si riesce a capire subito. Questa realtà è vista attraverso gli occhi del protagonista e il suo mondo interiore. In “La noia”, Moravia mette la pittura al centro della storia, con il personaggio di Dino, un pittore che non ha successo e non riesce a trovare un rapporto vero con la realtà. Nel romanzo si discute se sia meglio l’arte astratta o quella realistica, e questo fa capire quanto sia difficile per Dino, e per l’arte in generale, afferrare e rappresentare la realtà. La noia diventa allora un segno che la realtà non è adatta a noi, che scappa sempre quando cerchiamo di conoscerla o di rappresentarla con l’arte. Anche il desiderio sessuale, rappresentato da Cecilia, non basta a riempire questo vuoto che si sente dentro.La contemplazione e l’accettazione della realtà
Dino riesce a intravedere un modo per accettare la realtà solo quando guarda un oggetto esterno senza coinvolgimento personale, come un albero. In quel momento capisce che la realtà è diversa da lui e che non si può conoscere fino in fondo. Supera così l’idea che ci sia una scelta obbligata tra arte astratta e arte figurativa e riconosce che l’arte non può rappresentare completamente la realtà perché questa è troppo complessa.Ma è corretto ridurre la complessità del concetto di “realtà inafferrabile” alla sola interpretazione letteraria di Moravia, trascurando altri approcci filosofici e scientifici?
Il capitolo presenta l’idea di “realtà inafferrabile” quasi fosse una scoperta di Moravia. Ma non si rischia di confondere una tematica letteraria con una affermazione filosofica sulla natura della realtà? Per rispondere, sarebbe utile approfondire la filosofia della conoscenza e la fenomenologia, studiando autori come Husserl e Heidegger, per capire come la filosofia ha affrontato il problema della percezione e della comprensione della realtà.2. La Pittura come Chiave di Lettura del Mondo in Volponi
La Passione di Volponi per la Pittura
Paolo Volponi nutre una forte passione per la pittura. Questa passione si concretizza nel suo collezionismo e influenza profondamente la sua opera letteraria. Volponi non colleziona opere d’arte solamente per accumulare oggetti. La sua attività di collezionista è una vera e propria ricerca di conoscenza storica e antropologica. Questa ricerca si affianca e completa la sua attività di scrittore. Per Volponi, la pittura è un modo per conoscere il mondo, un linguaggio da interpretare per capire la realtà. Volponi vede la realtà come qualcosa di minacciato dalla modernità industriale e dai cambiamenti sociali.La Pittura come Rifugio e Ispirazione
Volponi non si limita a collezionare quadri. Instaura conversazioni continue con esperti d’arte, storici e mercanti. È spinto da una passione molto forte. La pittura diventa per lui un modo per allontanarsi dagli impegni del lavoro in azienda. Allo stesso tempo, la pittura è una fonte continua di idee per i suoi libri. La pittura alimenta la sua immaginazione e gli offre una prospettiva critica e originale sulla società di oggi.La Pittura nei Romanzi di Volponi
Nei romanzi di Volponi, i riferimenti alla pittura non sono solo decorazioni. Sono strumenti fondamentali per capire idee e momenti storici complessi. Spesso, i personaggi di Volponi guardano il mondo attraverso la pittura. La pittura diventa un modo per capire la realtà industriale e sociale. La bellezza e la profondità dell’arte sono molto diverse dalla bruttezza e dalla disumanizzazione del mondo industriale. Questo contrasto mette in luce una crisi profonda della cultura umanistica di fronte alla modernità.“Le mosche del capitale” e il Ruolo Elitario della Pittura
Nel romanzo “Le mosche del capitale”, la pittura appare come un rifugio per pochi. Forse questo rifugio non riesce a comunicare con il mondo industriale. L’arte mantiene il suo valore di bellezza e significato. Tuttavia, sembra non essere in grado di risolvere i problemi della società moderna. La società moderna è segnata da una visione del mondo sempre più uguale per tutti, che si allontana dalla profondità di conoscenza e dalla ricchezza di interpretazioni che offre la pittura tradizionale.Ma la pittura, rifugio elitario, può davvero offrire una chiave di lettura del mondo accessibile e rilevante per tutti, o rimane una prospettiva limitata e distaccata dalla realtà concreta della società industriale?
Il capitolo presenta la pittura come strumento privilegiato per comprendere il mondo, seguendo la passione di Volponi. Tuttavia, emerge una questione cruciale: se la pittura sia realmente una “chiave di lettura” universale o piuttosto un punto di vista settoriale, legato a un’élite culturale. Per rispondere a questa domanda, sarebbe utile esplorare la sociologia dell’arte e le teorie critiche che analizzano il rapporto tra arte, classe sociale e potere, ad esempio attraverso gli studi di Pierre Bourdieu sulla distinzione sociale e il ruolo dell’arte nel riprodurla.3. Lo Specchio della Realtà
Pasolini riflette a fondo sul legame tra arte e realtà. Questa riflessione nasce soprattutto dagli insegnamenti di Roberto Longhi. Longhi non si limita a fornire a Pasolini gli strumenti per capire l’arte, ma gli insegna a guardare la realtà attraverso la storia della pittura italiana, da Giotto a Caravaggio. Questo modo di vedere influenza Pasolini, che cerca sempre di unire parole e immagini, prima nella poesia e poi nel cinema.La pittura come modello
Per Pasolini, la pittura diventa un esempio per capire e rappresentare ciò che è reale. In particolare, ammira la capacità di alcuni pittori, come Caravaggio, di mostrare aspetti della realtà che le regole culturali comuni ignorano. Per Pasolini, il realismo non è semplicemente copiare la realtà in modo oggettivo. Significa invece svelare una verità più profonda attraverso la rappresentazione, usando spesso tecniche e artifici tipici della pittura. In questo modo, l’arte diventa uno strumento per conoscere e far conoscere la realtà in modo più completo e autentico.Il cinema e il realismo
Nel cinema, Pasolini continua a esplorare questa idea di realismo. Il film Decameron è molto importante in questo percorso. Girato a Napoli e con attori non professionisti, il film vuole ritrovare un rapporto vero con la realtà del corpo e del popolo. Questo è in contrasto con la falsità e l’illusione della società borghese. Pasolini sceglie Napoli e il dialetto napoletano perché crede che nei ceti popolari si conservi una verità umana che non è stata rovinata dalla società dei consumi che rende tutti uguali. Attraverso il cinema, Pasolini cerca di mostrare questa realtà popolare in modo diretto e senza filtri.L’arte come strumento di conoscenza
La riflessione di Pasolini sul realismo è legata alla sua idea che l’arte sia un modo per conoscere e rivelare la verità. L’arte è come uno specchio che riflette la realtà. Ma per capire davvero questa realtà, bisogna allontanarsene, quasi farla “morire”. Questo allontanamento permette di vedere l’essenza più vera della realtà. Il cinema, con il suo linguaggio che ricorda i sogni e la sua capacità di unire immagini diverse, diventa per Pasolini il mezzo migliore per studiare la realtà. Questa ricerca oscilla sempre tra la bellezza del sogno e la necessità di confrontarsi con il mondo reale e concreto.Ma è davvero l’importanza dell’immagine a condurre Calvino verso il postmoderno, o non potrebbe essere una concomitanza di fattori più complessi?
Il capitolo sembra suggerire un nesso causale diretto tra la centralità dell’immagine nell’opera di Calvino e la sua adesione al postmoderno. Tuttavia, tale conclusione potrebbe risultare affrettata. Sarebbe utile esplorare se altri elementi, come il contesto storico-culturale o specifiche scelte stilistiche e tematiche, contribuiscano in modo più determinante alla collocazione di Calvino nel panorama postmoderno. Approfondire le caratteristiche del romanzo postmoderno, attraverso autori come Italo Calvino stesso, ma anche letture di critica letteraria sul postmodernismo, potrebbe fornire una prospettiva più articolata e sfumata sulla questione.5. L’inafferrabilità delle Apparenze
L’inadeguatezza del linguaggio
Gianni Celati mette in luce i limiti del linguaggio quando cerchiamo di descrivere la realtà. Secondo lui, le parole non riescono a esprimere appieno ciò che viviamo e percepiamo del mondo. Per questo motivo, Celati critica il realismo e le forme narrative tradizionali, che si basano sull’idea che le parole possano rappresentare fedelmente la realtà. Celati suggerisce che per raccontare veramente l’esperienza umana, dovremmo dare più spazio allo smarrimento e alla sorpresa, che sono sentimenti più autentici rispetto alla pretesa di descrivere tutto in modo oggettivo e razionale. Nelle opere di Celati, i personaggi si sentono spesso persi di fronte alla vita, come se fosse un susseguirsi di illusioni, e ogni tentativo di trovare un ordine o un senso definitivo si rivela vano.Il valore delle apparenze e l’influenza di Luigi Ghirri
Per Celati, è più importante concentrarsi sulle “apparenze” piuttosto che sulla “realtà”. Il mondo ci appare come un flusso continuo di immagini che cambiano, senza un significato nascosto o prestabilito. Questa idea è stata fortemente influenzata dall’incontro con il fotografo Luigi Ghirri. Insieme, Celati e Ghirri condividono una visione critica del mondo contemporaneo, che definiscono un “disastro visivo” a causa dell’eccessiva quantità di immagini banali e ripetitive che ci circondano. Entrambi cercano di educare il nostro sguardo a liberarsi dai pregiudizi, per riuscire ad accogliere la realtà con meraviglia e stupore, riscoprendo la bellezza nelle cose semplici e quotidiane.Il paesaggio come strumento di conoscenza
Celati si interessa molto al paesaggio, soprattutto a quello modificato dall’uomo. Per lui, il paesaggio diventa uno strumento per capire meglio l’umanità. Attraverso descrizioni precise e dettagliate dei luoghi, Celati esprime giudizi impliciti e ci offre una conoscenza che nasce dall’osservazione attenta e partecipe. Le immagini hanno un ruolo fondamentale nelle sue opere, ma Celati ci mette in guardia dal pericolo delle convenzioni, che possono distorcere il nostro modo di vedere e percepire la realtà.Dalla riflessione alla registrazione del reale
Il percorso artistico di Celati si evolve nel tempo. Inizialmente, si concentra sull’indagine dell’inafferrabilità della realtà, cercando di capire perché è così difficile descriverla con le parole. Successivamente, passa a registrare la realtà così come appare, cercando tracce di significato nelle esperienze concrete che viviamo ogni giorno. Questa attenzione per il mondo visibile si concretizza nella scrittura di saggi e nella realizzazione di documentari. In queste opere, Celati esplora ciò che definisce il “disponibile quotidiano”, mostrando una passione per il mondo reale in tutte le sue sfumature. Il suo approccio consiste nell’accettare la realtà con tutte le sue contraddizioni, invitandoci ad accogliere anche ciò che ci sembra strano o irreale, per poter cogliere quei rari momenti in cui riusciamo a vedere il mondo in modo autentico e profondo.Ma se il linguaggio è inadeguato a descrivere la realtà, e ci si concentra sulle apparenze, come possiamo distinguere tra apparenze significative e semplici illusioni, evitando un relativismo radicale che rende vana ogni pretesa di conoscenza?
Questa enfasi sulle apparenze solleva interrogativi cruciali: come possiamo distinguere tra apparenze rivelatrici e mere illusioni se il linguaggio è limitato e la realtà sfuggente? Per approfondire queste tematiche, è consigliabile esplorare la filosofia della percezione e la fenomenologia, studiando autori come Maurice Merleau-Ponty, che ha indagato a fondo il rapporto tra percezione, corpo e mondo.Abbiamo riassunto il possibile
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