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RISPOSTA: “La falange armata. Storia del golpe sconosciuto che ha ridisegnato l’Italia” di Giovanni Mengoli ci porta in un viaggio oscuro attraverso gli anni ’90, un periodo in cui la verità storica sembra essere stata manipolata e depistata. Il libro scava a fondo nelle vicende della Banda delle Coop e della Uno Bianca, mettendo in discussione la versione ufficiale che attribuisce tutti i crimini alla famiglia Savi. Si parla di un “consorzio eversivo” con base a Milano, un centro di potere che collegava diverse cosche mafiose, e di figure chiave come Annamaria Fontana, le cui dichiarazioni sembrano essere state messe da parte. L’autore ci svela come la “Falange Armata”, nata dall’omicidio di Umberto Mormile, abbia usato la violenza per scopi politici, intrecciando le sue azioni con quelle dei servizi segreti e con un progetto di “militarizzazione del territorio” che ha attraversato tutta l’Italia, dalla Sicilia a Milano, passando per Carrara e Roma. Il libro analizza attentati come quello a Antonino Scopelliti e le stragi di Firenze e Roma, mostrando come la Falange Armata rivendicasse la paternità morale, lasciando quella materiale ad altri. Si esplorano le comunicazioni di questa organizzazione, spesso criptiche e anticipatrici, e si mette in luce come la narrazione ufficiale sulla Uno Bianca abbia oscurato la strategia complessiva della Falange, suggerendo un possibile coinvolgimento anche di potenze straniere e un disegno eversivo che ha accompagnato il passaggio dalla Prima alla Seconda Repubblica, lasciando un’eredità di mistero e ambiguità che ancora oggi ci interroga sul vero volto di quel periodo.Riassunto Breve
La narrazione ufficiale della Banda delle Coop e della Uno Bianca viene presentata come una manipolazione della verità storica, un depistaggio orchestrato per semplificare una realtà criminale più complessa e per nascondere legami con organizzazioni più ampie e con settori deviati dello Stato. Le indagini e le sentenze, in particolare quelle relative alla Banda delle Coop, vengono analizzate criticamente, evidenziando come le dichiarazioni dei fratelli Savi abbiano condotto a una versione dei fatti che attribuisce tutti i crimini a una “ditta criminal-familiare”, ignorando o minimizzando prove concrete e testimonianze chiave. La figura di Annamaria Fontana, ad esempio, lega i rapinatori catanesi a un contesto criminale più vasto, ma le sue dichiarazioni, supportate da riscontri, sarebbero state ignorate a favore di assoluzioni successive. Si suggerisce che la versione dei Savi fosse concordata per assolvere complici e nascondere legami con organizzazioni come i Cursoti e un “consorzio eversivo” milanese, con centri operativi come l’Autoparco di via Oreste Salomone.Parallelamente, emerge la figura della “Falange Armata”, un’organizzazione eversiva nata dall’unione di diverse realtà criminali e collegata ai servizi segreti, che utilizza la violenza per scopi politici, influenzando decisioni politiche e giudiziarie, in particolare quelle relative al sistema carcerario. La Falange Armata dimostra una strategia complessa, con attentati mirati e comunicati che alludono a complotti più ampi, come quelli legati al Memoriale Moro e all’operazione Gladio, mostrando accesso a informazioni riservate. Le sue azioni si intrecciano con le dinamiche oscure del potere e dei servizi segreti italiani, evolvendosi da un focus sul sistema carcerario a un’espansione degli obiettivi che includono città e regioni strategiche, con un’attenzione particolare alla Sicilia. La sua strategia si articola in una “militarizzazione del territorio” nazionale, con attentati in diverse regioni italiane per creare un clima di paura e destabilizzare il sistema politico. L’omicidio del sostituto procuratore generale Antonino Scopelliti segna un cambio di passo, con l’organizzazione che inizia ad assumersi la “paternità politica e la responsabilità morale” dei delitti, suggerendo un coinvolgimento di altre realtà criminali nell’esecuzione materiale.Le indagini rivelano collegamenti tra la Falange Armata e le organizzazioni mafiose, in particolare Cosa Nostra, con riunioni di capi mafiosi che portano alla decisione di utilizzare la sigla “Falange Armata” per rivendicare azioni terroristiche con l’obiettivo di attaccare lo Stato e promuovere un progetto politico separatista. La strategia della Falange mira a creare terrore, minacciare le istituzioni e stringere alleanze con le mafie, utilizzando armi modificate e esplosivi specifici come firma degli attentati. I moventi specifici dei delitti diventano secondari rispetto all’obiettivo principale di destabilizzare il Paese attraverso il terrore e la “militarizzazione” di ogni sua parte, intrecciandosi con vicende politiche come Tangentopoli. La Falange Armata utilizza la lotta armata contro la classe politica, considerata corrotta, giustificando le proprie azioni con la percezione di una politica assistenziale a favore degli immigrati. Le comunicazioni, spesso tramite agenzie di stampa, distinguono tra paternità politica/morale e paternità militare, lasciando quest’ultima a Cosa Nostra. Il progetto di “militarizzazione del territorio” include alleanze con altri gruppi in Italia e in Europa, come dimostrato dai contatti con l’ETA e la RAF. La strage di Capaci, pur attribuita a Cosa Nostra, presenta elementi che suggeriscono un coinvolgimento o una pianificazione esterna, con la Falange Armata che rivendica la responsabilità morale. L’organizzazione è associata a comunicati anonimi, come il “Corvo 2”, che mirano a seminare discordia e distorcere le cause degli eventi, suggerendo complotti politici interni e legami tra mafia, appalti pubblici e correnti politiche. La strategia della Falange include la previsione di futuri attentati, con comunicazioni criptiche e rivendicazioni che assumono la responsabilità politica e morale, ma lasciano la paternità materiale ad altri attori, suggerendo una complessa rete di relazioni e una strategia di lungo termine volta a destabilizzare il sistema politico e sociale italiano.Tra la fine del 1992 e l’inizio del 1993, eventi come l’arresto di Bruno Contrada e la cattura di Totò Riina segnano un periodo di tensione, ma la “Falange Armata” continua a comunicare, anticipando o commentando azioni eversive e annunciando una “quarta fase” di lotta. L’attentato a Maurizio Costanzo e la strage di via dei Georgofili a Firenze vengono rivendicati dalla “Falange Armata” come attacchi più ampi allo Stato, con le stragi di Roma e Firenze pianificate congiuntamente. Le minacce della “Falange Armata” si intensificano nel 1993, colpendo magistrati, giornalisti, politici e forze dell’ordine, con comunicazioni che servono a influenzare dibattiti politici o a creare confusione e depistaggi. La “Falange Armata” smentisce categoricamente ogni coinvolgimento di ufficiali del SISMI, contrastando l’ipotesi che l’organizzazione fosse una copertura dei servizi segreti legata a Gladio. Le bombe del 1993, in particolare quelle di Milano e Roma, vengono rivendicate sia dalla “Falange Armata” che da Cosa Nostra, evidenziando una strategia di attacco coordinata. L’indagine su Carmelo Scalone, inizialmente sospettato di essere il telefonista della Falange Armata, si rivela un depistaggio, con perizie fonetiche che dimostrano la non corrispondenza della sua voce ai comunicati, suggerendo un’intromissione nel circuito telefonico. La Falange Armata continua a minacciare attentati, con particolare riferimento a stragi in luoghi pubblici, e intensifica le minacce al Presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro, collegando gli attentati a scandali finanziari del SISDE. Cosa Nostra, attraverso Gaspare Spatuzza, pianifica attentati, mostrando un interesse per la politica e per i benefici derivanti da un eventuale cambiamento politico. La comunicazione della Falange Armata cambia dopo l’ottobre 1993, diventando meno organica e più sporadica, ma non cessando di esistere, sospendendo il proprio progetto a tempo indeterminato dopo la fine della Prima Repubblica e la crisi istituzionale, rivendicando il raggiungimento dei propri obiettivi attraverso “schemi di politica machiavelliana”. Le azioni della banda della Uno Bianca, in particolare quelle dei fratelli Savi, vengono presentate come l’unica causa dei delitti, creando un’immagine di follia e auto-colpevolizzazione per mascherare la distonia tra rapine e atti terroristici e creare capri espiatori. La Falange Armata comunica per l’ultima volta con un giornalista, lasciando un’eredità di mistero e ambiguità. La nascita della “Banda della Uno Bianca” è collocata erroneamente alla fine degli anni ’90; in realtà, le sue origini sono precedenti, risalenti all’omicidio di Castel Maggiore nel quale persero la vita i carabinieri Stasi ed Erriu. Nonostante i sospetti di una regia unica per tutti i delitti, all’inizio del 1994 mancavano prove concrete che collegassero le rapine in banca, gli attentati in Romagna, gli assalti ai campi nomadi e ai furgoni blindati. L’esistenza di un filo conduttore unitario è emersa solo con l’arresto dei fratelli Savi nel 1994, il ritrovamento delle loro armi e le loro confessioni. La Falange Armata, già a conoscenza dei fratelli Savi e del legame balistico tra i delitti, si presentava come un’organizzazione operativa che gestiva le rivendicazioni e le armi, strumentalizzando la malavita organizzata. Un comunicato della Legione Disarmata e le dichiarazioni di un personaggio misterioso hanno evidenziato delle discrepanze nella ricostruzione ufficiale di alcuni eventi, come il duplice omicidio nell’armeria di via Volturno, suggerendo che l’obiettivo principale fosse l’uccisione di Pietro Capolungo, e non la rapina delle armi. L’arresto dei fratelli Savi è avvenuto dopo una serie di coincidenze, interpretato da alcuni come un possibile depistaggio, volto a sottrarre l’indagine a un coordinamento giudiziario più ampio e a creare un’immagine eroica di due poliziotti solitari. La Falange Armata ha reagito all’arresto dei Savi con un comunicato che li definiva “terroristi idioti e incapaci”, distinguendosi da una presunta “intelligence” con contatti politico-militari. Un articolo del 1995, attribuito a fonti dei servizi segreti francesi, ha suggerito che la Falange Armata fosse stata creata da una struttura occulta statale, con l’ordine di generare terrore e gestire il traffico d’armi. L’analisi dei comunicati della Falange Armata rivela una strategia di comunicazione che anticipava e rivendicava le proprie azioni, con un’apparente connessione con apparati dello Stato e una conoscenza di fatti sconosciuti agli inquirenti. La sentenza del processo per l’omicidio Mormile ha definito molte rivendicazioni della Falange Armata come false, portando a considerare la Falange Armata come una sigla “fantomatica”. L’operazione “impresa criminale a natura familiare” legata ai fratelli Savi ha oscurato il percorso della Falange Armata, creando una narrazione che ha messo in ombra la sua strategia complessiva. La Falange Armata è descritta come un’alleanza eversivo-terroristica che ha accompagnato il passaggio dalla Prima alla Seconda Repubblica, con una campagna di comunicazione destabilizzante. La possibilità di un coinvolgimento degli Stati Uniti è ipotizzata, collegando la nascita della Falange Armata a eventi politici degli anni ’80, come la crisi di Sigonella. La mancata contrasto da parte dello Stato ha permesso alla Falange Armata di mantenere l’anonimato dei suoi adepti e di raggiungere i suoi obiettivi politici.Riassunto Lungo
1. La Banda delle Coop e il Consorzio Eversivo: una storia di depistaggi
La Manipolazione della Verità Storica
La narrazione della Banda delle Coop e della Uno Bianca viene presentata come una manipolazione della verità storica. Le indagini e le sentenze giudiziarie, in particolare quelle riguardanti la Banda delle Coop, vengono analizzate criticamente, evidenziando come le dichiarazioni dei fratelli Savi abbiano portato a un depistaggio. Si sottolinea come la versione ufficiale, che attribuisce tutti i crimini alla “ditta criminal-familiare” dei Savi, sia in realtà una semplificazione che nasconde legami più ampi e complessi.Annamaria Fontana e le Connessioni Criminali
Viene evidenziata la figura di Annamaria Fontana, testimone chiave che lega i rapinatori catanesi, coinvolti negli assalti alle Coop, a un contesto criminale più vasto. Le sue dichiarazioni, supportate da riscontri concreti, vengono contrapposte alle assoluzioni successive, suggerendo che le prove a carico dei catanesi siano state ignorate o minimizzate. Il testo mette in luce le connessioni tra il “Parco Covignano”, un luogo di ritrovo, e l’Autoparco di via Oreste Salomone a Milano, descritto come il centro di un “consorzio eversivo” che riuniva diverse cosche mafiose.Le Discrepanze nella Narrazione della Uno Bianca
Si analizza la presunta “evoluzione” della Uno Bianca, mettendo in discussione la linearità e la coerenza delle azioni attribuite ai Savi. Le discrepanze tra le diverse fasi criminali, le armi utilizzate e le modalità operative suggeriscono che la narrazione ufficiale sia incompleta o fuorviante. Il testo evidenzia come le dichiarazioni dei Savi siano spesso contraddittorie e piene di omissioni, soprattutto riguardo ai crimini più efferati.Accordi Preventivi e Protezione di Complici
Infine, si suggerisce che la versione dei fatti presentata dai fratelli Savi sia stata concordata preventivamente per assolvere alcuni complici e per nascondere legami con organizzazioni criminali più strutturate, come i Cursoti e il consorzio eversivo milanese. L’intera vicenda viene quindi inquadrata come un tentativo di depistaggio volto a semplificare la realtà criminale e a proteggere interessi più ampi.Se la versione ufficiale dei fatti, basata sulle dichiarazioni dei Savi, è una semplificazione che nasconde legami più ampi e complessi, come si concilia questo con l’assenza di un quadro investigativo e giudiziario alternativo che abbia efficacemente esplorato e provato tali connessioni, lasciando spazio a dubbi sulla reale portata del depistaggio e sulla possibile protezione di complici non identificati?
Il capitolo solleva interrogativi cruciali sulla narrazione ufficiale dei crimini attribuiti alla Banda delle Coop e alla Uno Bianca, suggerendo un depistaggio orchestrato per semplificare la realtà e proteggere interessi più ampi. Tuttavia, per comprendere appieno la portata di queste affermazioni e valutare la solidità delle argomentazioni, è fondamentale approfondire il contesto investigativo e giudiziario che ha portato alle sentenze attuali. Sarà utile esaminare le discipline della criminologia e del diritto penale, con particolare attenzione ai concetti di “depistaggio” e “favoreggiamento”. Per un’analisi più approfondita delle dinamiche criminali complesse e delle possibili collusioni, si potrebbe consultare il lavoro di autori che hanno indagato sui legami tra criminalità organizzata e poteri occulti, come ad esempio Roberto Saviano, che con le sue inchieste ha spesso messo in luce meccanismi di corruzione e protezione.L’Inizio della Falange Armata e le Ombre dei Servizi Segreti
L’omicidio di Umberto Mormile e la nascita della Falange Armata
L’11 aprile 1990, l’educatore carcerario Umberto Mormile viene ucciso. Questo evento segna l’inizio delle attività della Falange Armata. Il gruppo, nato dall’unione di diverse organizzazioni criminali, è collegato ai servizi segreti e usa la violenza per raggiungere i propri scopi politici. Le rivendicazioni degli attentati, spesso anonime e con accenti stranieri, mirano a influenzare le decisioni politiche, soprattutto quelle riguardanti il sistema carcerario.La strategia della Falange Armata
La Falange Armata, inizialmente nota come “Falange Armata Carceraria”, dimostra una strategia complessa. Questa include attentati mirati e comunicati che alludono a complotti più ampi, come quelli legati al Memoriale Moro e all’operazione Gladio. L’organizzazione sembra avere accesso a informazioni riservate e a una conoscenza approfondita degli eventi politici e giudiziari del tempo, suggerendo un ruolo attivo nelle dinamiche del potere.La figura della “Uno Bianca” e i suoi legami
Parallelamente, emerge la figura della “Uno Bianca”, un gruppo criminale i cui membri, i fratelli Savi, sono coinvolti in una serie di omicidi e rapine. Le loro dichiarazioni sono spesso contraddittorie e sembrano nascondere un coinvolgimento in attività più ampie, forse legate alla Falange Armata. L’analisi dei loro crimini, in particolare l’omicidio dei carabinieri al Pilastro, rivela incongruenze nelle loro testimonianze. Questo suggerisce un possibile legame con i servizi segreti e con un’organizzazione eversiva più vasta.Gli obiettivi e l’evoluzione della Falange Armata
La Falange Armata, attraverso i suoi comunicati e le sue azioni, dimostra di voler attaccare lo Stato e le sue istituzioni, utilizzando la violenza come strumento di pressione. La sua strategia si evolve, passando da un focus sul sistema carcerario a un’espansione degli obiettivi che includono città e regioni strategiche, con un’attenzione particolare alla Sicilia. La complessità delle operazioni e la natura ambigua dei comunicati suggeriscono un’organizzazione ben strutturata e con obiettivi a lungo termine. Le sue azioni si intrecciano con le dinamiche oscure del potere e dei servizi segreti italiani, creando un quadro inquietante di interferenze eversive.Se l’omicidio di Umberto Mormile ha segnato l’inizio della Falange Armata, come è possibile che questa organizzazione fosse già collegata ai servizi segreti e operasse con una strategia così complessa, inclusi riferimenti a Gladio, prima ancora di manifestarsi pubblicamente?
Il capitolo presenta una narrazione che, pur collegando l’omicidio di Mormile alla nascita della Falange Armata, lascia aperte significative questioni temporali e di genesi. L’affermazione di legami preesistenti con i servizi segreti e di una strategia già delineata, che include riferimenti a Gladio, solleva dubbi sulla sequenza degli eventi e sulla reale estensione delle capacità operative del gruppo fin dal suo presunto inizio. Per una comprensione più approfondita di queste dinamiche, sarebbe utile consultare studi che analizzino le connessioni tra eversione, servizi segreti e gruppi criminali nell’Italia degli anni ’90, magari approfondendo le opere di autori che hanno indagato il fenomeno Gladio e le sue ramificazioni, come ad esempio Andrea Purgatori o Giovanni Fasanella. È fondamentale considerare anche le implicazioni del contesto politico e sociale dell’epoca, che potrebbero aver favorito la nascita e l’operatività di organizzazioni di questo tipo.2. Le Trame Nascoste della Falange Armata
L’Ascesa della Falange Armata
La Falange Armata è emersa come un’organizzazione che ha scelto la violenza per perseguire i propri obiettivi. Nata da un legame con i crimini attribuiti alla “Uno Bianca”, l’organizzazione ha rapidamente esteso la sua influenza su scala nazionale, rivendicando una serie di attentati e omicidi.Evoluzione della Strategia: Dalla Fase Terroristica alla Militarizzazione
La strategia della Falange si è evoluta nel corso del tempo. Inizialmente incentrata su azioni terroristiche, l’organizzazione ha successivamente adottato un approccio di “militarizzazione del territorio”. Questo significava compiere attentati in diverse parti d’Italia, con lo scopo di seminare paura e destabilizzare il sistema politico.L’Omicidio Scopelliti e le Nuove Rivendicazioni
Un momento determinante nell’evoluzione della Falange è stato l’omicidio del sostituto procuratore generale Antonino Scopelliti, avvenuto nell’agosto 1991. Questo evento ha segnato un cambiamento nelle rivendicazioni dell’organizzazione, che ha iniziato ad assumersi la “paternità politica e la responsabilità morale” dei delitti. Questo suggeriva un possibile coinvolgimento di altre realtà criminali nell’esecuzione materiale degli attentati.Connessioni con la Criminalità Organizzata
Le indagini hanno rivelato collegamenti tra la Falange Armata e organizzazioni mafiose, in particolare Cosa Nostra. Riunioni tra capi mafiosi, tenutesi tra la fine del 1991 e l’inizio del 1992, hanno portato alla decisione di utilizzare la sigla “Falange Armata” per rivendicare le azioni terroristiche. L’obiettivo era attaccare lo Stato e promuovere un progetto politico separatista.La Tattica del Terrore e le Alleanze Criminali
L’analisi dei comunicati della Falange e delle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia mette in luce una strategia articolata. Questa mirava a generare terrore, minacciare le istituzioni e stringere alleanze con le mafie. La “militarizzazione del territorio” è stata una tattica fondamentale per diffondere paura e dimostrare capacità operative. L’uso di armi modificate ed esplosivi specifici fungeva da distintivo degli attentati.Obiettivi e Contesto Politico
I moventi specifici di ogni singolo delitto, spesso oggetto di ricerca da parte degli inquirenti, erano in realtà secondari rispetto all’obiettivo principale della Falange: destabilizzare il Paese attraverso il terrore e la “militarizzazione” di ogni sua parte. La strategia dell’organizzazione si è inoltre intrecciata con le vicende politiche del tempo, come l’arresto di Mario Chiesa che diede inizio a Tangentopoli, dimostrando una notevole capacità di adattamento e un disegno eversivo di ampio respiro.Come si concilia l’affermazione della “strategia del terrore” della Falange Armata con la sua presunta sospensione a tempo indeterminato e la contemporanea attribuzione dei delitti alla banda della Uno Bianca, creando così un’eredità di mistero e ambiguità?
Il capitolo presenta una narrazione complessa in cui la Falange Armata dichiara di aver raggiunto i propri obiettivi e sospeso il progetto, salvo poi lasciare un’eredità di mistero e ambiguità, mentre le azioni criminali vengono attribuite alla banda della Uno Bianca come capri espiatori. Questa apparente contraddizione solleva interrogativi sulla reale natura e sugli effettivi mandanti delle azioni terroristiche descritte. Per una comprensione più approfondita di dinamiche simili, sarebbe utile esaminare studi sulla guerra psicologica e sulle operazioni di intelligence, nonché analizzare le opere di autori che hanno indagato il fenomeno del terrorismo e delle sue manipolazioni, come ad esempio le analisi sulla strategia della tensione in Italia. È altresì importante considerare il contesto storico e politico in cui tali eventi si sono verificati, approfondendo le indagini giornalistiche e giudiziarie relative al periodo in questione.5. La Tela della Falange Armata e il Caso Uno Bianca
Origini della Banda della Uno Bianca e i primi sospetti
La nascita della “Banda della Uno Bianca” è collocata erroneamente alla fine degli anni ’90; in realtà, le sue origini sono precedenti, risalenti all’omicidio di Castel Maggiore nel quale persero la vita i carabinieri Stasi ed Erriu. Nonostante i sospetti di una regia unica per tutti i delitti, all’inizio del 1994 mancavano prove concrete che collegassero le rapine in banca, gli attentati in Romagna, gli assalti ai campi nomadi e ai furgoni blindati.L’emergere di un filo conduttore unitario
L’esistenza di un filo conduttore unitario è emersa solo con l’arresto dei fratelli Savi nel 1994, il ritrovamento delle loro armi e le loro confessioni. La Falange Armata, già a conoscenza dei fratelli Savi e del legame balistico tra i delitti, si presentava come un’organizzazione operativa che gestiva le rivendicazioni e le armi, strumentalizzando la malavita organizzata. Questa organizzazione, descritta come composta da pochi uomini con contatti politico-militari, è stata associata a una “frangia dissidente” che mirava a fare chiarezza prima che la situazione sfuggisse di mano agli inquirenti.Dettagli sugli omicidi e possibili depistaggi
Un comunicato della Legione Disarmata e le dichiarazioni di un personaggio misterioso hanno evidenziato delle discrepanze nella ricostruzione ufficiale di alcuni eventi, come il duplice omicidio nell’armeria di via Volturno. La precisazione che i due omicidi non avvennero contemporaneamente, ma con un intervallo di dieci minuti, suggerisce che l’obiettivo principale fosse l’uccisione di Pietro Capolungo, e non la rapina delle armi. L’arresto dei fratelli Savi è avvenuto dopo una serie di coincidenze, tra cui il pedinamento di una Fiat Tipo bianca a Rimini, che ha portato gli investigatori a casa di Fabio Savi. Questo evento è stato interpretato da alcuni come un possibile depistaggio, volto a sottrarre l’indagine a un coordinamento giudiziario più ampio e a creare un’immagine eroica di due poliziotti solitari.La reazione della Falange Armata e le ipotesi sui suoi legami
La Falange Armata ha reagito all’arresto dei Savi con un comunicato che li definiva “terroristi idioti e incapaci”, distinguendosi da una presunta “intelligence” con contatti politico-militari. Un articolo del 1995, attribuito a fonti dei servizi segreti francesi, ha suggerito che la Falange Armata fosse stata creata da una struttura occulta statale, con l’ordine di generare terrore e gestire il traffico d’armi. I fratelli Savi, secondo questa ricostruzione, avrebbero continuato le loro azioni anche dopo l’ordine di cessare le attività.Strategia comunicativa e natura “fantomatica” della Falange Armata
L’analisi dei comunicati della Falange Armata rivela una strategia di comunicazione che anticipava e rivendicava le proprie azioni, con un’apparente connessione con apparati dello Stato e una conoscenza di fatti sconosciuti agli inquirenti. La sentenza del processo per l’omicidio Mormile ha definito molte rivendicazioni della Falange Armata come false, poiché gli episodi erano stati attribuiti ad altri. Questo ha portato a considerare la Falange Armata come una sigla “fantomatica”.L’operazione “impresa criminale a natura familiare” e il contesto storico
L’operazione “impresa criminale a natura familiare” legata ai fratelli Savi ha oscurato il percorso della Falange Armata, creando una narrazione che ha messo in ombra la sua strategia complessiva. La Falange Armata è descritta come un’alleanza eversivo-terroristica che ha accompagnato il passaggio dalla Prima alla Seconda Repubblica, con una campagna di comunicazione destabilizzante. La possibilità di un coinvolgimento degli Stati Uniti è ipotizzata, collegando la nascita della Falange Armata a eventi politici degli anni ’80, come la crisi di Sigonella. La mancata contrasto da parte dello Stato ha permesso alla Falange Armata di mantenere l’anonimato dei suoi adepti e di raggiungere i suoi obiettivi politici.Se la Falange Armata era una sigla “fantomatica” e i comunicati della Falange Armata sono stati definiti falsi, come si può conciliare questa affermazione con l’ipotesi di un coinvolgimento degli Stati Uniti e di legami politico-militari, e soprattutto, come si può affermare che la mancata contrasto da parte dello Stato abbia permesso alla Falange Armata di raggiungere i suoi obiettivi politici?
Il capitolo presenta una narrazione complessa e a tratti contraddittoria riguardo alla natura e agli obiettivi della Falange Armata. L’attribuzione di una strategia comunicativa sofisticata, la conoscenza di fatti ignoti agli inquirenti e al contempo la definizione di “fantomatica” e le rivendicazioni false creano una dissonanza logica. Inoltre, l’ipotesi di legami con apparati statali o internazionali e il successo nel raggiungere obiettivi politici sembrano in contrasto con l’idea di un’organizzazione inefficace o puramente strumentale. Per una comprensione più approfondita di queste dinamiche, sarebbe utile approfondire studi sulla guerra psicologica, sulle operazioni sotto copertura e sulla storia delle organizzazioni eversive e dei servizi segreti, magari consultando lavori che analizzino il contesto storico italiano degli anni ’80 e ’90 da prospettive critiche e multidisciplinari.Abbiamo riassunto il possibile
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