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Contenuti del libro
Informazioni
“La cattura delle élite. Come le identità oppresse vengono strumentalizzate dal potere” di Olúfémi Táìwò è un libro che ti fa pensare un sacco su come funziona davvero il potere nel mondo. Non parla solo di ricchi che diventano più ricchi, ma di un meccanismo più sottile: la cattura delle élite, dove piccoli gruppi privilegiati, a volte anche all’interno di comunità oppresse, dirottano risorse e istituzioni che dovrebbero servire tutti verso i propri interessi. Táìwò ti porta in un viaggio attraverso la storia, dall’analisi della borghesia nera americana post-schiavitù alle nuove élite africane post-coloniali, fino alle dinamiche attuali negli Stati Uniti, nelle istituzioni globali come FMI e Banca Mondiale, e persino nei movimenti sociali e nell’accademia. Ti spiega come le strutture sociali e il “terreno comune” delle informazioni condivise vengano plasmati dal potere, costringendoci a giocare secondo regole che favoriscono chi sta in alto. Ma non si ferma alla critica; il punto forte è che ti spinge a guardare oltre la semplice opposizione o la “politica della deferenza” che si concentra solo sulle interazioni nelle “stanze” del potere esistenti. L’autore propone una politica costruttiva, un approccio che mira a cambiare la struttura stessa, la “casa”, attraverso la ridistribuzione di risorse e la costruzione di nuove istituzioni e basi di potere dal basso. È un invito a smettere di solo interpretare l’oppressione e iniziare a costruire attivamente un futuro diverso, insieme, superando anche l’idea che il trauma sia l’unica base per la politica.Riassunto Breve
Un piccolo gruppo di persone privilegiate, le élite, prende risorse e istituzioni che dovrebbero servire tutti e le usa per i propri interessi. Questo succede in quasi tutti i sistemi sociali dove il potere non è distribuito in modo uguale. Già in passato, studi come quello sulla classe media nera americana o le osservazioni sulle nuove élite africane dopo il colonialismo mostravano come questi gruppi mettessero i propri interessi di status o economici davanti alla liberazione della maggioranza o alla lotta contro le vecchie potenze. Oggi, anche idee come l'”economia nera” o decisioni politiche che portano a problemi sociali, come l’incarcerazione di massa, mostrano questa tendenza. A livello globale, organizzazioni potenti come il Fondo Monetario Internazionale e la Banca Mondiale, con le loro regole di voto basate sulla ricchezza e leader non eletti, influenzano le politiche dei paesi più poveri, spesso in modo che ricorda il controllo coloniale. Questo fenomeno non riguarda solo la politica o l’economia, ma anche l’università o i movimenti sociali, dove le élite interne possono orientare le lotte verso obiettivi che favoriscono i loro privilegi. Quando le élite controllano il potere e le risorse, i valori di tutti vengono piegati ai loro interessi. Le strutture sociali, come l’istruzione, sono spesso create per servire chi ha il potere, non chi è oppresso. Le informazioni che usiamo per agire insieme, il “terreno comune”, non sono neutre ma plasmate dal potere. Le persone agiscono in base a queste informazioni non sempre perché ci credono, ma perché il sistema crea incentivi che rendono conveniente o necessario farlo, un po’ come nella storia del re nudo dove tutti fingono di vedere il vestito per paura. Questo si chiama “cattura dei valori”: ambienti come il capitalismo spingono le persone a semplificare i loro valori per ottenere profitti o like, favorendo chi controlla questi ambienti. Le élite stabiliscono le regole del gioco sociale controllando risorse e informazioni, e le persone devono giocare secondo queste regole per vivere. Il problema sta nel sistema e nell’ambiente creato, non solo nelle singole persone. Le strutture sociali limitano le nostre scelte, ma non ci impediscono di agire o entrare in posti inaspettati. La storia crea le “stanze” dove interagiamo, con regole che spesso svantaggiano chi è ai margini. Un modo per affrontare l’ingiustizia è la “politica della deferenza”, che cerca di dare più attenzione ai desideri dei gruppi marginalizzati. Questa idea si basa sul fatto che chi è ai margini ha una conoscenza particolare dovuta alla sua posizione. Però, spesso questa deferenza si concentra su chi è già dentro le “stanze” del potere (come università o assemblee), non su chi è veramente escluso a livello globale (chi non ha casa o accesso a servizi essenziali). Si concentra su dinamiche tra persone e obiettivi simbolici, ignorando i problemi concreti come l’accesso a casa o sanità. I sistemi sociali funzionano come filtri che decidono chi entra in queste stanze, creando vantaggi per chi è già dentro. La deferenza in queste stanze può rafforzare queste disuguaglianze. Un modo migliore è una “politica costruttiva”, che vuole cambiare l’intera struttura sociale, la “casa”, non solo le interazioni nelle stanze esistenti. Punta a ridistribuire risorse e potere e a costruire nuovi spazi inclusivi, lavorando con chi è escluso. Cambiare i sistemi oppressivi richiede di costruire nuove strutture e basi di potere, non solo opporsi a quelle vecchie. Esempi storici mostrano che costruire una nuova società, investendo nell’educazione e nella consapevolezza, è fondamentale. Le persone possono sempre agire diversamente e riorganizzare i sistemi, come dimostrano le comunità che si organizzano per raccogliere informazioni e contestare i dati ufficiali. Una politica efficace costruisce istituzioni e potere a tutti i livelli per ridistribuire risorse, usando anche la cultura come strumento. Il compito principale è trasformare il mondo, non solo capirlo. Di fronte a crisi, le vecchie soluzioni non bastano; serve una “pianificazione dal basso” dove le comunità propongono idee e partecipano alla costruzione del futuro. Questo approccio costruttivo significa diventare costruttori, assumendosi responsabilità verso le generazioni future. Le esperienze difficili possono dare una prospettiva, ma il vero vantaggio viene dalla lotta collettiva. Il dolore può connettere le persone, ma la solidarietà è solo un inizio; è essenziale decidere insieme dove andare e agire uniti per arrivarci.Riassunto Lungo
1. Il potere nelle mani di pochi
La cattura delle élite è un fenomeno politico generale che si manifesta quando un piccolo gruppo privilegiato di persone devia risorse e istituzioni, destinate a servire la comunità più ampia, verso i propri interessi. Questo concetto non riguarda solo specifici movimenti politici o identitari, ma è una tendenza presente in quasi tutti i sistemi sociali con una distribuzione squilibrata del potere. In pratica, significa che chi ha già potere e ricchezza usa le strutture esistenti – siano esse politiche, economiche o sociali – non per il bene comune, ma per consolidare la propria posizione. Questo processo mina la democrazia e l’equità, poiché le decisioni vengono prese per favorire una minoranza a discapito della maggioranza. La cattura delle élite è quindi una sfida fondamentale per la giustizia sociale e la rappresentanza democratica.Prospettive Storiche e Sociologiche
Un’analisi storica di questo fenomeno si trova nello studio sociologico Black Bourgeoisie di Edward Franklin Frazier, che criticava la classe media nera americana per la sua insicurezza e la tendenza a promuovere i propri interessi di status piuttosto che la liberazione della maggioranza. In parallelo, Frantz Fanon osservava come le nuove élite africane post-coloniali, non orientate alla produzione, finissero per diluire la lotta anti-imperialista e colludere con le ex potenze coloniali e le multinazionali, portando al neocolonialismo. Frazier metteva in luce come l’assimilazione culturale potesse portare una parte della comunità oppressa a privilegiare l’accettazione da parte del gruppo dominante rispetto alla solidarietà interna. Fanon, dal canto suo, descriveva un fallimento della decolonizzazione, dove il potere semplicemente passava dalle mani straniere a quelle di un’élite locale che ne replicava i meccanismi di sfruttamento. Entrambi gli autori, pur da contesti diversi, mostravano come le dinamiche interne ai gruppi potessero ostacolare il progresso collettivo quando una minoranza persegue fini egoistici. Le loro analisi restano valide per comprendere come le élite interne possano diventare parte del problema dell’oppressione.Cattura in Economia e Politica Nazionale
Oggi, l’idea di una “economia nera” come soluzione al razzismo si basa sul mito del potere d’acquisto dei consumatori neri, un concetto promosso dalle élite economiche e mediatiche che distoglie l’attenzione dalle cause strutturali di oppressione e marginalizzazione. Negli Stati Uniti, decisioni politiche come l’Anti-Drug Abuse Act del 1986, sostenuto anche da élite nere, hanno contribuito all’incarcerazione di massa, danneggiando la classe lavoratrice nera. Questi esempi mostrano come le élite possano usare la loro influenza per promuovere narrazioni o leggi che, apparentemente rivolte a un gruppo, in realtà ne danneggiano la maggioranza o ne deviano le energie. L’enfasi sul consumo individuale ignora le barriere sistemiche alla ricchezza e al potere. Allo stesso modo, politiche punitive mascherate da soluzioni sociali finiscono per colpire duramente le fasce più vulnerabili, spesso con il consenso di una minoranza privilegiata all’interno dello stesso gruppo.Controllo Finanziario Globale
A livello globale, istituzioni come il Fondo Monetario Internazionale e la Banca Mondiale, nate dopo la Seconda Guerra Mondiale, detengono un enorme potere decisionale sui paesi riceventi, spesso post-coloniali, condizionando le loro politiche economiche e sociali attraverso prestiti vincolati. Queste istituzioni operano con una struttura di voto basata sulla ricchezza, non sulla popolazione, e i loro dirigenti sono nominati senza processi democratici, mantenendo un controllo finanziario che perpetua dinamiche simili a quelle coloniali. Il loro operato impone spesso misure di austerità che colpiscono i servizi pubblici e i lavoratori, favorendo invece gli interessi dei creditori internazionali e delle élite locali ad essi collegate. La mancanza di trasparenza e responsabilità democratica in queste organizzazioni permette a un ristretto gruppo di nazioni e istituzioni finanziarie di dettare l’agenda globale. Questo sistema assicura che le risorse e le politiche dei paesi più poveri siano indirizzate verso obiettivi che beneficiano chi detiene il capitale, piuttosto che favorire uno sviluppo equo e sostenibile per la popolazione.Effetti su Altri Ambiti e Conseguenze
Questo fenomeno non si limita alla politica o all’economia. Si manifesta anche in ambiti come l’accademia, dove studi nati da movimenti radicali vengono burocratizzati, e nei movimenti sociali, dove le élite interne possono orientare le lotte verso obiettivi che riflettono i loro privilegi, come accaduto in parte nei movimenti femministi e queer. In tutti questi contesti – dall’università ai movimenti di base – la presenza di élite che perseguono i propri interessi può indebolire la capacità collettiva di raggiungere un cambiamento reale. L’istituzionalizzazione o la cooptazione di idee radicali da parte delle élite ne svuota il potenziale trasformativo. Di conseguenza, le istanze più pressanti e i bisogni della maggioranza vengono spesso ignorati o distorti per servire l’agenda di una minoranza privilegiata.Se la ‘cattura delle élite’ è un fenomeno così pervasivo e dannoso, il capitolo non rischia di descriverlo come una forza quasi ineluttabile, senza indagare a fondo le specifiche dinamiche che ne consentono la resistenza o il superamento?
Il capitolo offre una descrizione efficace dei sintomi e delle conseguenze della cattura delle élite in diversi contesti, evidenziandone la portata generale. Tuttavia, per comprendere appieno questo fenomeno e, soprattutto, per individuare possibili vie d’uscita, sarebbe cruciale approfondire i meccanismi specifici attraverso cui la cattura si realizza nelle diverse sfere (politica, economica, sociale) e analizzare le condizioni che possono favorire la resistenza o il contrasto a tali dinamiche. Per esplorare questi aspetti, è utile rivolgersi a studi di scienza politica e sociologia che analizzano le strutture di potere e i movimenti sociali. Autori come Gramsci, Foucault o Bourdieu possono offrire strumenti concettuali per dissezionare le dinamiche di potere e le forme di egemonia. Approfondire le teorie sull’azione collettiva, come quelle di Olson, e gli studi sui movimenti di resistenza può fornire spunti su come le maggioranze possono organizzarsi per contrastare gli interessi di minoranze privilegiate.2. Il Terreno Comune Catturato
Le strutture politiche hanno un impatto profondo su ogni tipo di interazione sociale. Pensiamo all’istruzione: spesso viene organizzata per rispondere alle necessità di chi ha il potere, non di chi è oppresso. I programmi di studio possono presentare dati corretti, come informazioni sanitarie su una popolazione specifica, ma inserirli in storie già esistenti che rafforzano idee negative o discriminatorie. Questo squilibrio nell’istruzione riflette la struttura di potere che sta alla base della società.Il terreno comune: base dell’azione collettiva
Le nostre interazioni sociali si basano su un “terreno comune”, cioè su informazioni che tutti condividono e che vengono considerate vere per poter agire insieme. Questo terreno condiviso non è però neutrale; viene plasmato e influenzato dal potere. Le persone agiscono seguendo queste informazioni non tanto perché ci credono davvero, ma perché il contesto sociale e le strutture di potere creano delle ragioni (degli incentivi) che rendono più conveniente o addirittura necessario farlo. L’esempio della fiaba del re nudo lo dimostra bene: la paura delle conseguenze spinge i sudditi a fingere di vedere un vestito che non c’è.Come gli incentivi modellano i valori
Questo meccanismo si manifesta come una vera e propria “cattura dei valori”. Ambienti sociali specifici, come il sistema economico attuale (il capitalismo) o le piattaforme digitali che usiamo ogni giorno, offrono incentivi molto chiari (come il profitto, i “mi piace”, i punteggi nelle classifiche). Questi incentivi spingono le persone a semplificare i propri valori, che di solito sono complessi, e ad agire in modi che favoriscono i gruppi di potere che controllano questi ambienti. Le élite riescono a “catturare” risorse importanti come le case, i mezzi per produrre beni e servizi, o l’attenzione dei mezzi di comunicazione, e così facendo stabiliscono le regole del gioco sociale. Le persone si trovano costrette a seguire queste regole per riuscire a vivere o ad avere successo.Il sistema e la cattura del terreno comune
Il punto cruciale non sono le idee personali delle singole persone o la moralità dei gruppi al potere. Il problema sta nel sistema stesso e nell’ambiente che è stato creato, il quale permette e incoraggia questa “cattura”. Il terreno comune, inteso come l’insieme delle informazioni pubbliche su cui si basa l’azione collettiva, viene “catturato” nello stesso modo in cui vengono catturate le infrastrutture fisiche o le leggi e i regolamenti.Questa “cattura del terreno comune” è un concetto solido o una metafora che rischia di semplificare eccessivamente dinamiche complesse?
Il capitolo introduce l’idea di un “terreno comune” informativo su cui si basa l’azione collettiva e descrive come questo venga “catturato” dalle strutture di potere tramite incentivi. Sebbene l’analogia della “cattura” sia suggestiva, il capitolo non elabora a sufficienza le basi teoriche di questo concetto. È fondamentale chiedersi se questa “cattura” sia un fenomeno descritto da teorie consolidate o se sia una nuova interpretazione che necessita di maggiore rigore. Per approfondire, sarebbe utile esplorare le teorie classiche e contemporanee sull’ideologia, l’egemonia (come in Gramsci) e il rapporto tra potere e conoscenza/discorso (come in Foucault), per capire come si posiziona il concetto di “cattura del terreno comune” all’interno di questi dibattiti e quali sono i suoi limiti esplicativi.3. Oltre le stanze: Costruire la casa
Le strutture sociali funzionano come “stanze” che limitano le scelte delle persone, ma non impediscono completamente l’azione o la possibilità di entrare in spazi inattesi. La storia costruisce queste “stanze”, stabilendo regole e determinando chi può accedervi, spesso creando svantaggi per i gruppi marginalizzati. Nonostante ciò, il potere costituito non riesce a controllare ogni singola azione individuale.La Politica della Deferenza
Una strategia adottata per affrontare l’ingiustizia è la “politica della deferenza”. Questa politica cerca di cambiare le interazioni tra le persone dando maggiore attenzione ai desideri dei gruppi marginalizzati. Si lega all’idea, tipica dell’epistemologia del punto di vista, che la conoscenza sia influenzata dalla posizione sociale di chi la possiede e che i gruppi marginalizzati possano avere particolari vantaggi nel comprendere certe dinamiche sociali.I Limiti della Deferenza
L’applicazione più comune della politica della deferenza si concentra sul rispetto e sull’attenzione all’interno delle “stanze” sociali già esistenti. Questo si traduce spesso in azioni come “cedere il microfono” o “centrare” i marginalizzati nelle discussioni. Tuttavia, questo approccio ha dei limiti significativi. Spesso dà visibilità solo a individui che sono già riusciti a entrare in spazi considerati elitari, ignorando chi è veramente marginalizzato a livello globale, come le persone che vivono in condizioni abitative precarie o i senzatetto. La deferenza, in questa forma, si concentra principalmente su dinamiche interpersonali e obiettivi simbolici all’interno delle strutture di potere esistenti, come accademie o assemblee, trascurando le conseguenze concrete e materiali dell’oppressione, come la mancanza di accesso a una casa, alla sanità o all’acqua potabile. I sistemi sociali, incluse le politiche sull’immigrazione o l’accesso all’istruzione, agiscono come filtri che decidono chi può accedere a queste “stanze”, creando vantaggi che si accumulano nel tempo. La politica della deferenza praticata all’interno di queste stanze può quindi ereditare e persino rafforzare queste disuguaglianze, focalizzandosi sulla marginalizzazione relativa di chi è già dentro, piuttosto che sull’esclusione di chi è completamente fuori.Una Politica Costruttiva
Un approccio più efficace per affrontare le ingiustizie è una “politica costruttiva”. Questa politica mira a modificare la struttura sociale nel suo complesso, a cambiare la “casa” stessa, non solo le interazioni che avvengono nelle stanze esistenti. Il suo obiettivo è la ridistribuzione delle risorse e del potere e la creazione attiva di nuovi spazi che siano inclusivi fin dall’inizio. Questo richiede un impegno diretto con coloro che sono esclusi dalle stanze attuali e un lavoro concreto per ricostruire il mondo in modo più equo.Ma è davvero così semplice dividere la lotta sociale tra ‘opporsi’ e ‘costruire’, o la realtà è ben più complessa e contraddittoria?
Il capitolo presenta la “costruzione” di nuove strutture come l’alternativa strategica all’opposizione, quasi fossero due percorsi distinti e mutuamente esclusivi. Tuttavia, la storia dei movimenti sociali e politici suggerisce che spesso l’opposizione radicale e la costruzione di alternative procedono di pari passo, alimentandosi a vicenda. L’atto stesso di costruire una struttura di potere alternativa o una nuova forma di organizzazione sociale può essere, in sé, un potentissimo atto di opposizione al sistema esistente. Per comprendere meglio questa dinamica complessa, è utile approfondire gli studi sui movimenti sociali e le teorie del potere, esplorando autori come Foucault o Tilly, che analizzano come il potere si manifesta e come le resistenze si organizzano, spesso in modi che sfumano il confine tra il “dire no” e il “fare altrimenti”.5. Costruire il futuro oltre l’interpretazione
Il compito non è solo interpretare il mondo, ma trasformarlo. Le vecchie strutture cedono e nuove fondamenta devono essere immaginate e costruite. Questo si vede chiaramente nelle crisi ambientali, come dimostra l’impatto del cambiamento climatico su piccole isole come la Guyana. Lì, un’inondazione ha causato perdite economiche enormi e ha peggiorato ingiustizie sociali già presenti. Di fronte a problemi così gravi, affidarsi a vecchie soluzioni, come le politiche del Fondo Monetario Internazionale, non serve a risolverli. È necessaria una “pianificazione dal basso”, dove le comunità propongono idee diverse e partecipano attivamente a costruire il futuro. L’approccio costruttivo significa diventare pianificatori e costruttori, prendendosi la responsabilità verso le generazioni future e le persone che non sono immediatamente presenti. Questo richiede una disciplina morale ed emotiva collettiva.Il ruolo del trauma e la forza dell’azione collettiva
L’esperienza del trauma merita attenzione, ma non deve diventare la base principale per essere riconosciuti socialmente o per la strategia politica. Il dolore che nasce dall’oppressione non insegna da solo in modo efficace; può distruggere più facilmente di quanto costruisca. Una politica che si basa troppo sul trauma rischia di definire le persone solo in base alle loro ferite, dimenticando le loro speranze e la loro umanità. Le esperienze difficili possono dare una prospettiva di conoscenza, ma il vero vantaggio si ottiene solo lottando insieme in modo consapevole. Il trauma è un segno di una vulnerabilità che tutti possiamo condividere e che può unire le persone. La solidarietà è un punto di partenza, ma è fondamentale decidere insieme la direzione da prendere e agire uniti per raggiungerla. Unire le forze è essenziale per realizzare la trasformazione.Ma è davvero così semplice sostituire le “vecchie soluzioni” globali con una “pianificazione dal basso” per affrontare problemi complessi come il cambiamento climatico?
Il capitolo, nel proporre la “pianificazione dal basso” come alternativa alle istituzioni esistenti, non chiarisce come questo approccio possa concretamente operare e coordinarsi su scale vaste, necessarie per affrontare sfide globali come quelle ambientali o finanziarie. La transizione da un modello centralizzato o globale a uno basato sulle comunità solleva interrogativi sulla scalabilità, sul coordinamento tra diverse iniziative locali e sulla gestione dei potenziali conflitti di interesse. Per esplorare queste complessità, è utile confrontarsi con le teorie della governance multilivello, gli studi sulla pianificazione partecipata e le analisi critiche dei limiti e delle potenzialità dei movimenti dal basso. Approfondire il pensiero di autori che hanno studiato le dinamiche del potere e della pianificazione urbana, come David Harvey, o le forme di gestione collettiva delle risorse, come Elinor Ostrom, può offrire strumenti per valutare la fattibilità e le sfide di una trasformazione radicale come quella proposta.Abbiamo riassunto il possibile
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