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Informazioni
“L’ Italia longeva. Dinamiche e diseguaglianze della sopravvivenza a cavallo di due secoli” di Graziella Strozza… questo libro ti porta a scoprire come l’Italia sia diventata uno dei paesi con la più alta speranza di vita al mondo. Non è stato un percorso lineare: siamo passati da una vita media cortissima a fine Ottocento a superare gli 80 anni oggi, con interruzioni solo per guerre ed epidemie. Ma la longevità Italia non è uguale per tutti. Il libro scava nelle disuguaglianze salute Italia, guardando alle differenze tra uomini e donne (la supermortalità maschile si è ridotta!), tra Nord e Sud, e soprattutto tra chi ha studiato di più e chi meno – le disuguaglianze sociali salute legate all’istruzione sono ancora molto forti e influenzano la mortalità Italia. E non si tratta solo di vivere a lungo, ma di vivere bene: il testo affronta la qualità vita anziani, analizzando gli anni vissuti senza limitazioni funzionali, dove l’Italia non è sempre al top, specialmente per le donne anziane. Ovviamente, non poteva mancare l’impatto Covid mortalità: il 2020 ha mostrato quanto siano fragili queste conquiste, riducendo la speranza di vita in modo drammatico nelle aree più colpite e mettendo a nudo le debolezze del nostro Sistema Sanitario Nazionale di fronte all’invecchiamento popolazione. È un viaggio affascinante per capire le dinamiche profonde che definiscono la salute pubblica nel nostro paese.Riassunto Breve
L’Italia raggiunge una durata media della vita tra le più alte al mondo, un risultato ottenuto in circa 150 anni, passando da circa 30 anni a fine Ottocento a oltre 80 anni oggi, con interruzioni solo per guerre ed epidemie. L’aumento iniziale si deve alla riduzione della mortalità infantile, mentre dagli anni ’70 contribuisce maggiormente la diminuzione della mortalità in età anziane, in particolare per malattie cardiovascolari. Il divario di durata della vita tra donne e uomini, un tempo ampio, si riduce dagli anni ’80 per un miglioramento più rapido della mortalità maschile, legato a cause come malattie circolatorie, tumori (anche per minor fumo) e incidenti. Nonostante la convergenza, differenze di genere persistono. L’allungamento della vita cambia la percezione delle età; un sessantacinquenne di oggi ha una prospettiva di sopravvivenza simile a un ottantenne del passato. La salute e la sopravvivenza presentano disuguaglianze significative legate al territorio e alle condizioni sociali. Le differenze territoriali si sono ridotte nel tempo, ma emerge un divario Nord-Sud legato al benessere economico. Il Servizio Sanitario Nazionale contribuisce a ridurre le differenze di mortalità, ma non contrasta efficacemente le disuguaglianze sociali. Le disuguaglianze sociali, misurate spesso con l’istruzione, sono ampie e persistono, con persone meno istruite che vivono meno e hanno un rischio di morte più alto, specialmente dopo i 65 anni, per tumori e malattie circolatorie. Eliminare queste disuguaglianze sociali ridurrebbe significativamente il rischio di morte. Le disuguaglianze sociali e territoriali si sommano, creando svantaggi maggiori nelle aree meno favorite per i gruppi più deboli. La popolazione immigrata inizialmente gode di un vantaggio di salute che tende a ridursi. L’aumento della speranza di vita nelle età avanzate rende cruciale valutare la qualità degli anni aggiuntivi, misurata dalla speranza di vita senza limitazioni funzionali. L’Italia si posiziona indietro rispetto ad altri paesi europei per gli anni vissuti senza limitazioni, specialmente per le donne anziane. Esistono differenze nella qualità della vita anziana per genere (donne vivono più a lungo ma con più anni di limitazioni), territorio (Centro-Nord meglio del Mezzogiorno) e condizione sociale (maggiore istruzione associata a più anni senza limitazioni). Investire nell’istruzione migliora la salute in età avanzata. Il 2020 è segnato dalla crisi di mortalità del Covid-19, che causa una perdita di speranza di vita, concentrata nelle aree più colpite del Nord nella prima ondata. La pandemia colpisce maggiormente gli anziani e la mortalità è più alta negli uomini. L’impatto sulla durata media della vita è contenuto a livello nazionale ma molto marcato localmente. La vaccinazione è vista come strumento per riprendere la crescita della speranza di vita. L’aumento della vita è una conquista fragile. Rischi ambientali e nuove epidemie minacciano questo progresso. Invecchiare in buona salute richiede prevenzione e miglioramento delle condizioni sociali. Le malattie croniche sono la causa principale di morte anziana; la prevenzione è efficace ma porta anche a cronicizzazione. Molti anziani hanno più malattie croniche, rendendoli vulnerabili. L’aumento della sopravvivenza crea sfide per il Sistema Sanitario Nazionale, che ha subito tagli e privilegiato l’assistenza ospedaliera rispetto alla medicina territoriale e alla prevenzione, creando disparità regionali. La pandemia ha evidenziato la fragilità del sistema e la necessità di potenziare la medicina territoriale per gestire le malattie croniche e garantire la sostenibilità del sistema in un paese che invecchia.Riassunto Lungo
1. L’Italia e il suo cammino verso una vita più lunga
L’Italia si posiziona tra i paesi con la maggiore durata media della vita al mondo. Nel 2018, un uomo nato in Italia poteva aspettarsi di vivere quanto un uomo in Giappone, superando i suoi pari in Spagna e Francia. Le donne italiane, invece, pur vivendo a lungo, mostrano una speranza di vita alla nascita un po’ inferiore rispetto alle giapponesi e, dopo i 65 anni, vivono in media meno delle donne francesi e spagnole. Superati gli ottant’anni, la speranza di vita per gli italiani di entrambi i sessi tende a essere inferiore rispetto ad altri paesi presi come riferimento. È interessante notare che, nonostante gli Stati Uniti abbiano una durata media della vita generale più bassa dell’Italia, gli uomini americani che superano gli ottant’anni vivono in media più a lungo degli italiani; questo può dipendere in parte dal fatto che negli USA una maggiore mortalità nelle età più giovani “seleziona” chi arriva a età avanzata.Un salto nella storia: come la vita si è allungata
In circa 150 anni, l’Italia ha visto la durata media della vita triplicarsi, passando da circa 30 anni alla fine dell’Ottocento a superare gli 80 anni oggi. Solo eventi drammatici come le guerre mondiali e l’epidemia di Spagnola hanno temporaneamente interrotto questa crescita costante. Fino alla metà del ventesimo secolo, l’aumento della vita era dovuto soprattutto alla drastica riduzione delle morti tra bambini e giovani, grazie a migliori condizioni igienico-sanitarie e progressi medici. A partire dagli anni ’70, invece, il fattore principale che ha permesso di vivere più a lungo è stata la forte diminuzione della mortalità tra le persone anziane, un fenomeno spesso definito “rivoluzione cardiovascolare” per il calo delle malattie legate al cuore e alla circolazione.Uomini e donne: un divario che si riduce
È noto che le donne vivono in media più a lungo degli uomini, un fenomeno chiamato supermortalità maschile. Questo divario ha toccato il suo massimo in Italia nel 1979, arrivando a 6,8 anni di differenza. Dagli anni ’80, però, la distanza si è progressivamente ridotta, scendendo a 4,3 anni nel 2018. Questo avvicinamento si spiega con un miglioramento più rapido della mortalità tra gli uomini, in particolare nella fascia d’età tra i 30 e i 79 anni. Le cause principali di questo allungamento della vita generale e della contemporanea riduzione del divario tra i sessi sono legate alla diminuzione delle morti per malattie del sistema circolatorio e per tumori. Un fattore importante per la riduzione dei tumori polmonari tra gli uomini è la diminuzione del fumo nelle generazioni più giovani. Anche le morti per cause esterne, come gli incidenti stradali, sono calate in modo più significativo per gli uomini, aiutando a ridurre il divario nelle età più giovani. Nonostante questa convergenza, alcune differenze tra uomini e donne nella durata della vita continuano a esistere, influenzate da stili di vita, fattori sociali e forse anche biologici.Vivere più a lungo cambia l’idea di “età”
Il fatto che oggi viviamo molto più a lungo rispetto al passato cambia profondamente il modo in cui percepiamo le diverse fasi della vita. Un sessantacinquenne di oggi, ad esempio, non ha la stessa aspettativa di vita di un sessantacinquenne di molte decadi fa. Per capire il cambiamento, possiamo dire che una persona di 65 anni nel 1872 aveva davanti a sé un numero di anni simile a quello che oggi ha una donna di circa 80 anni o un uomo di circa 78 anni. Questo confronto ci fa capire che l’età anagrafica, quella basata solo sugli anni compiuti, non basta più da sola a descrivere la condizione di una persona. Diventa importante considerare indicatori di età più dinamici e flessibili, che tengano conto non solo degli anni, ma anche della salute, delle capacità e delle opportunità individuali.Se l’età anagrafica non basta più a definire la condizione di una persona, quali sono i rischi nel cercare nuove definizioni di “anzianità”?
Il capitolo giustamente osserva che l’aumento della durata della vita rende l’età anagrafica un indicatore insufficiente. Tuttavia, la ricerca di “indicatori dinamici e flessibili” solleva questioni complesse. Come si misurano questi indicatori? Chi li definisce? E quali sono le conseguenze sociali, economiche e individuali del ridefinire l’età, ad esempio per l’accesso a servizi, il lavoro o la pensione? Approfondire discipline come la sociologia dell’invecchiamento, la gerontologia sociale e la politica sociale può aiutare a comprendere meglio le sfide e le implicazioni di questa trasformazione demografica.2. La Geografia e il Peso Sociale della Mortalità in Italia
La salute e la durata della vita non sono uguali per tutti, ma dipendono molto da dove si vive e dalle proprie condizioni sociali. Queste differenze sollevano questioni importanti su cosa sia giusto e su come mantenere efficienti i sistemi sanitari nel tempo. Quando la ricchezza si concentra in poche mani e aumenta la povertà e la marginalità, diventa più difficile migliorare la salute generale per l’intera popolazione, specialmente dove non ci sono protezioni universali garantite. Le persone che si trovano in situazioni sociali difficili corrono rischi maggiori per la loro salute, un aspetto che è stato evidenziato in modo drammatico durante la pandemia di Covid-19. Affrontare queste disparità è fondamentale per garantire benessere a tutti.
Disuguaglianze tra le RegioniLe differenze nella salute legate al territorio in Italia sono cambiate nel tempo. Dopo la Seconda Guerra Mondiale, c’era una grande differenza nella speranza di vita tra le regioni più ricche e quelle più povere, che poteva arrivare fino a 9 anni per le donne. Negli anni successivi, questa distanza si è gradualmente ridotta, arrivando a meno di 3 anni nel 2018. Questa riduzione delle differenze è continuata. Tuttavia, la mappa delle disuguaglianze è cambiata, e ora riflette di più dove si concentra il benessere economico. Il Servizio Sanitario Nazionale ha aiutato a diminuire le differenze di mortalità tra le aree, ma non è riuscito a contrastare efficacemente le disuguaglianze che dipendono dalla posizione sociale ed economica delle persone.
Le Differenze Legate alle Condizioni SocialiLe differenze nella salute dovute alle condizioni sociali, spesso misurate guardando al livello di istruzione, sono grandi e non diminuiscono. Chi ha studiato di meno vive meno a lungo e ha un rischio più alto di morire per molte malattie. In Italia, la differenza di speranza di vita a 30 anni tra chi ha un’istruzione alta e chi l’ha bassa è notevole. Questa differenza è maggiore per gli uomini (più di 3 anni) rispetto alle donne (più di 1 anno e mezzo). Queste disparità sono meno forti rispetto ad alcuni paesi dell’Est Europa, ma sono comunque importanti qui da noi. Le persone più colpite da questo svantaggio sociale sono quelle con più di 65 anni. Le malattie che causano più spesso queste differenze di mortalità sono i tumori e le malattie del cuore e della circolazione. Anche le malattie respiratorie e quelle digestive mostrano forti legami con le condizioni sociali. Se si riuscisse a eliminare queste disuguaglianze sociali, il rischio di morire tra i 25 e gli 89 anni potrebbe diminuire del 15% per le donne e del 20% per gli uomini.
L’Incrocio tra Condizioni Sociali e TerritorioLe disuguaglianze sociali e quelle legate al territorio non agiscono da sole, ma si sommano. Questo significa che chi si trova in una situazione sociale difficile subisce uno svantaggio ancora maggiore se vive in un’area meno favorita del paese. La ragione principale per cui le disuguaglianze sociali sono così ampie è proprio il fatto che chi ha meno istruzione ha una speranza di vita significativamente inferiore rispetto a chi ha studiato di più. Questa combinazione di fattori rende più vulnerabili alcune parti della popolazione. Comprendere come si incrociano questi svantaggi è fondamentale per pianificare interventi efficaci e mirati.
La Salute della Popolazione ImmigrataAnche le persone immigrate hanno caratteristiche specifiche riguardo alla loro salute. All’inizio, spesso godono di una salute migliore rispetto agli italiani, un fenomeno chiamato “effetto migrante sano”. Tuttavia, questo vantaggio tende a diminuire nel giro di circa 10 anni. Questo accade perché le loro condizioni di vita e di lavoro sono spesso più difficili rispetto a quelle della popolazione locale. La mortalità tra gli adulti immigrati è generalmente più bassa di quella degli italiani della stessa età. Però, il rischio di morire varia a seconda del paese di provenienza. Ad esempio, chi arriva da paesi poveri ha rischi più alti per malattie infettive, mentre gli uomini dall’Est Europa hanno rischi maggiori per cause non naturali, come incidenti o violenza.
Se il Servizio Sanitario Nazionale non è riuscito a colmare le disuguaglianze legate alla posizione sociale, non è forse che il problema della salute non è solo una questione di accesso alle cure, ma affonda le radici in cause socio-economiche ben più profonde?
Il capitolo descrive con chiarezza le persistenti e marcate disuguaglianze nella mortalità legate alle condizioni sociali, in particolare al livello di istruzione, nonostante l’esistenza di un sistema sanitario universale come l’SSN. Questo dato solleva un interrogativo fondamentale: se l’accesso alle cure è (teoricamente) garantito a tutti, perché le differenze nella durata e nella qualità della vita rimangono così legate al ceto sociale? La risposta suggerisce che i determinanti della salute vanno ben oltre la semplice disponibilità di servizi medici. Per esplorare a fondo questa tematica, è utile rivolgersi alla sociologia medica e all’epidemiologia sociale, discipline che studiano l’influenza dei fattori sociali, economici e ambientali sulla salute delle popolazioni. Autori come Michael Marmot o Richard Wilkinson hanno dedicato decenni di ricerca a dimostrare come la posizione nella gerarchia sociale, il livello di istruzione, il tipo di lavoro e le condizioni di vita quotidiana abbiano un impatto diretto e misurabile sulla salute, spesso indipendentemente dall’accesso ai servizi sanitari. Approfondire questi studi può aiutare a comprendere i meccanismi complessi (stress cronico, comportamenti legati allo status, esposizione a rischi ambientali e lavorativi) che spiegano perché chi ha meno vive peggio e muore prima.3. La Qualità degli Anni Anziani: Tra Longevità e Benessere Funzionale
Oggi le persone vivono più a lungo, e gran parte di questo aumento di vita si concentra nelle età più avanzate. Per capire veramente come stiamo vivendo questi anni in più, è fondamentale guardare alla loro qualità. Un modo per farlo è misurare quanti anni una persona vive senza limitazioni nelle sue funzioni quotidiane, un indicatore chiamato “speranza di vita senza limitazioni funzionali”. L’Italia, pur essendo tra i paesi migliori per la speranza di vita totale a 65 anni, si trova un po’ indietro rispetto a nazioni come Svezia, Germania, Spagna e Francia per quanto riguarda gli anni vissuti in piena autonomia. Le donne italiane, in particolare, sembrano avere una qualità degli anni anziani inferiore alla media europea.Differenze tra uomini e donne
Esistono notevoli differenze nella qualità della vita anziana tra uomini e donne. Le donne, in generale, vivono più a lungo degli uomini. Tuttavia, una porzione maggiore dei loro anni extra è vissuta con qualche tipo di limitazione funzionale. Questo vale soprattutto per limitazioni lievi a 65 anni e diventa più evidente con limitazioni gravi a 80 anni. Gli uomini, al contrario, hanno visto un aumento più significativo negli ultimi anni per quanto riguarda gli anni vissuti mantenendo una buona salute funzionale. Questo suggerisce che l’esperienza della vecchiaia può variare notevolmente a seconda del genere.Il ruolo del territorio
Anche il luogo in cui si vive influisce sulla salute nella terza età. In Italia, si osserva un chiaro divario territoriale. Le regioni del Centro-Nord mostrano generalmente una salute funzionale migliore tra gli anziani rispetto al Mezzogiorno. Queste differenze geografiche sono persino più marcate di quelle che si riscontrano nella speranza di vita totale. Riflettono le diverse condizioni di vita, la disponibilità e l’efficienza dei servizi sanitari e sociali presenti nelle varie aree del paese.L’importanza dell’istruzione
La condizione sociale, spesso misurata dal livello di istruzione raggiunto, ha un impatto significativo sulla salute in età avanzata. Le persone che hanno studiato di più tendono a vivere più anni senza limitazioni funzionali rispetto a chi ha un livello di istruzione inferiore. Questo vantaggio dato dall’istruzione si traduce in un ritardo nell’età in cui si inizia a essere considerati “anziani”, sia guardando agli anni totali vissuti sia, soprattutto, agli anni vissuti in buona salute. Investire nell’istruzione appare quindi una strategia efficace non solo per migliorare la salute del singolo individuo, ma anche per promuovere il benessere collettivo nelle età più avanzate della vita.Ma davvero basta confrontare Covid-19 e Spagnola per capire le differenze nella mortalità, o stiamo ignorando i fattori cruciali che hanno reso l’impatto demografico così diverso?
Il capitolo, pur descrivendo accuratamente le differenze nell’età dei deceduti tra le due pandemie, non scava a sufficienza nelle cause profonde di tale divario. Comprendere perché il Covid-19 abbia colpito prevalentemente gli anziani e la Spagnola i giovani richiede un’analisi che vada oltre la semplice statistica. È necessario esplorare il contesto medico, sociale e demografico di entrambe le epoche. Approfondire studi di epidemiologia, demografia storica e storia della sanità pubblica è essenziale. Leggere autori che hanno analizzato il rapporto tra malattie e società può offrire le chiavi di lettura per rispondere a questa domanda cruciale.5. La Lunga Vita: Conquiste Fragili e Sfide per la Sanità
Negli ultimi 150 anni, la durata della vita umana è aumentata in modo straordinario, un cambiamento che ha segnato un progresso profondo, avvenuto soprattutto nei paesi più ricchi, pur con interruzioni dovute a crisi. Anche prima della pandemia di Covid-19, l’idea che la vita continuasse ad allungarsi sembrava una certezza, nonostante i rischi legati all’ambiente, al clima e alla possibilità di nuove epidemie.Nuove Sfide per la Salute
La situazione attuale, però, è complessa e richiede un’attenzione costante alla salute e ai rischi. L’ambiente stesso presenta pericoli, come l’inquinamento e i cambiamenti climatici, che influiscono sul benessere. Vivere più a lungo significa anche che un numero maggiore di persone raggiunge età molto avanzate, diventando così più esposto a malattie e al rischio di morte. Invecchiare mantenendo una buona salute non è un risultato automatico; richiede un impegno continuo nella prevenzione fin dalla giovane età e un costante miglioramento delle condizioni sociali ed economiche. Purtroppo, le disuguaglianze sociali continuano a incidere sulla salute delle persone.Malattie Croniche e Prevenzione
Le malattie croniche e degenerative rappresentano oggi le cause principali di morte nelle età avanzate. La strategia più efficace per affrontare questa realtà è la prevenzione, intesa come un insieme di azioni che intervengono sui comportamenti individuali e sui rischi ambientali fin dai primi anni di vita. Questo approccio richiede politiche integrate che mettano la salute al centro delle decisioni. Esiste un dibattito scientifico sul limite biologico massimo della vita umana, ma anche se un limite esiste, si sposta molto lentamente e non ha un impatto significativo sulla sopravvivenza media della popolazione. Nel frattempo, il numero di persone molto anziane che necessitano di assistenza aumenta rapidamente.Ci si interroga molto sulla qualità degli anni che si guadagnano, temendo che l’aumento della vita media porti con sé un aumento degli anni vissuti in cattiva salute. Tuttavia, le informazioni disponibili mostrano che, in generale, aumentano anche gli anni vissuti senza limitazioni funzionali, anche se per le donne anziane i progressi in questo senso sono più lenti. È importante capire che essere anziani e attivi non significa necessariamente essere completamente liberi da problemi di salute. La prevenzione ha avuto successo nel ridurre la mortalità per alcune malattie, ma per altre ha portato piuttosto a una loro cronicizzazione. Molti anziani, in particolare quelli sopra i 75 anni, convivono con più malattie croniche contemporaneamente, una condizione che li rende più vulnerabili, come purtroppo ha dimostrato la pandemia di Covid-19.Il Sistema Sanitario Italiano
L’Italia ha vissuto un periodo favorevole, caratterizzato da una vita più lunga e una salute mediamente migliore, con disuguaglianze sociali nella salute meno pronunciate rispetto ad altri paesi. Nonostante questi successi, l’aumento della sopravvivenza pone sfide significative per il Sistema Sanitario Nazionale (SSN). Il SSN, nato con principi di universalità ed equità, ha subito nel tempo tagli e ha spesso privilegiato l’assistenza ospedaliera e la cura delle malattie a discapito della medicina del territorio e della prevenzione. Questo orientamento, unito a una gestione sempre più regionalizzata, ha creato disparità tra le diverse aree del paese. La pandemia di Covid-19 ha messo in luce la fragilità di un sistema con una spesa sanitaria e un numero di posti letto inferiori rispetto ad altri paesi europei. Ha anche evidenziato la differenza nell’efficacia tra regioni che avevano puntato maggiormente sull’ospedale, come la Lombardia, e quelle che avevano investito di più sulla medicina territoriale, come il Veneto. L’esperienza ha confermato che potenziare la medicina sul territorio, sull’esempio di paesi come la Germania, è una strategia efficace non solo per affrontare le pandemie, ma soprattutto per gestire le malattie croniche e garantire la salute dei cittadini in un paese che invecchia, assicurando così la sostenibilità del sistema sanitario nel lungo periodo.Di fronte all’aumento degli anni vissuti con più malattie croniche, davvero la ‘medicina territoriale’ è la panacea per un sistema sanitario che arranca?
Il capitolo identifica correttamente l’aumento delle malattie croniche e la necessità di potenziare la medicina territoriale. Tuttavia, la sfida cruciale per un paese che invecchia non è solo la gestione della singola malattia cronica, ma la crescente prevalenza della multi-morbilità, ovvero la convivenza con più patologie contemporaneamente. Il capitolo non approfondisce sufficientemente come i modelli di assistenza territoriale debbano evolvere per affrontare questa complessità, che richiede un approccio integrato e personalizzato. Per comprendere meglio queste dinamiche e i limiti delle soluzioni proposte, è utile approfondire la letteratura sulla geriatria, la medicina generale e le politiche sanitarie, leggendo autori che si sono dedicati allo studio della cronicità e dei sistemi di cura per le popolazioni anziane.Abbiamo riassunto il possibile
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