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Informazioni
“L’ Europa come potenza. Diplomazia, sicurezza e difesa” di Antonio Missiroli è un libro che ti porta in un viaggio affascinante attraverso la storia di come l’Europa, dopo la Seconda Guerra Mondiale, ha cercato di trovare il suo posto nel mondo, bilanciando la necessità di sicurezza con il desiderio di integrazione. Non è solo una storia di trattati e organizzazioni come la NATO o l’Unione Europea, ma racconta come l’Europa è passata dall’essere un campo di battaglia a un attore globale, prima concentrandosi sulla sua “potenza civile” attraverso l’integrazione economica e la diplomazia, e poi, soprattutto dopo la fine della Guerra Fredda e di fronte a crisi sempre nuove, cercando di sviluppare una vera e propria capacità di difesa europea. Il libro esplora le sfide, i fallimenti (come il primo tentativo di difesa comune) e i successi, analizzando come eventi cruciali, dalla crisi dei Balcani all’invasione russa dell’Ucraina, abbiano plasmato la politica estera e di sicurezza europea. È un racconto di come l’Europa cerca la sua “autonomia strategica”, navigando tra le relazioni con gli Stati Uniti, la Russia e affrontando le sfide globali, mostrando come diplomazia, sicurezza e difesa siano facce della stessa medaglia per l’Europa di oggi.Riassunto Breve
Dopo la Seconda guerra mondiale, i paesi europei cercano sicurezza e cooperazione. Nascono organizzazioni per la difesa come l’Unione Occidentale e poi la NATO, che lega l’Europa agli Stati Uniti con un impegno di difesa collettiva. Parallelamente, si avvia l’integrazione economica con il Piano Schuman e la creazione della CECA, che porta poi alla CEE e all’Euratom con i Trattati di Roma. Un tentativo di difesa europea integrata, la CED, fallisce, segnando una divisione tra la sicurezza militare, affidata alla NATO, e l’integrazione civile ed economica che prosegue nell’ambito comunitario. L’Europa sviluppa un ruolo internazionale come “potenza civile” attraverso la politica commerciale e gli aiuti, cercando di coordinare le politiche estere con la Cooperazione Politica Europea, formalizzata poi con l’Atto Unico Europeo, anche se le decisioni sulla sicurezza restano basate sul consenso e la difesa militare fuori dalle competenze comunitarie. La fine della Guerra Fredda cambia gli equilibri. La NATO si allarga a est e adatta le sue funzioni alla gestione delle crisi. L’UE crea la Politica estera e di sicurezza comune (PESC) con il Trattato di Maastricht, cercando un’identità esterna comune, ma incontra difficoltà. Le crisi nei Balcani mostrano i limiti militari europei e spingono verso la Politica europea di sicurezza e difesa (PESD), con l’obiettivo di capacità militari autonome per la gestione delle crisi e l’accesso a risorse NATO tramite l’accordo Berlin-plus. Gli attentati dell’11 settembre e la guerra in Iraq stimolano una riflessione sulla sicurezza e portano alla Strategia europea di sicurezza del 2003. Le riforme con il Trattato di Lisbona consolidano l’azione esterna con l’Alto rappresentante e il Servizio europeo per l’azione esterna, introducendo anche la clausola di solidarietà e la Cooperazione strutturata permanente (PeSCo) per l’integrazione della difesa. Il decennio successivo è segnato da molteplici crisi, dalla crisi finanziaria alla migrazione, al terrorismo, alla Brexit e alla presidenza Trump, che mettono alla prova l’Unione e spingono a concentrare le decisioni a livello dei capi di Stato. L’uscita del Regno Unito e le tensioni transatlantiche stimolano un rinnovato interesse per la difesa europea con iniziative come PeSCo e il Fondo Europeo per la Difesa. L’invasione russa dell’Ucraina nel 2022 rappresenta un punto di svolta, portando a una forte reazione europea, sanzioni contro la Russia, accoglienza di profughi e supporto militare all’Ucraina. Molti paesi aumentano le spese per la difesa, e Finlandia e Svezia chiedono di aderire alla NATO. Sia l’UE con lo Strategic Compass che la NATO con il nuovo Strategic Concept rivedono le loro strategie, identificando la Russia come minaccia principale e la Cina come sfida, sottolineando la necessità di cooperazione tra le due organizzazioni. L’azione esterna dell’UE si basa sull’influenza del suo mercato e delle sue norme. Le sfide attuali per l’UE includono mantenere la coesione interna, migliorare la coerenza delle politiche e gestire il processo di allargamento. Per la difesa, la sfida è garantire la complementarità tra le capacità nazionali, quelle dell’UE e quelle della NATO, evitando duplicazioni. La difesa dell’Europa resta compito della NATO, ma si considera essenziale un pilastro europeo più forte per il futuro.Riassunto Lungo
1. La doppia via dell’Europa: sicurezza e integrazione civile
Dopo la Seconda guerra mondiale, i paesi dell’Europa occidentale, di fronte alla minaccia sovietica, sentono un forte bisogno di sicurezza, che li porta a firmare il Trattato di Dunkerque nel 1947. Questo accordo di difesa è seguito dal Piano Marshall americano, un aiuto economico fondamentale che porta alla creazione dell’OECE per gestire la cooperazione e la ricostruzione tra i paesi europei. Nel 1948, con il Trattato di Bruxelles, nasce l’Unione Occidentale (WU), un’alleanza per la difesa reciproca che prepara il terreno per un’alleanza più ampia.La nascita dell’Alleanza Atlantica
Il 4 aprile 1949 viene firmato il Trattato di Washington, che istituisce la NATO. Questa organizzazione include gli Stati Uniti, il Canada e diversi paesi europei. L’Articolo 5 del trattato prevede che un attacco contro un membro sia considerato un attacco contro tutti, impegnando gli alleati a fornire assistenza, anche se la formulazione è meno rigida rispetto al Trattato di Bruxelles. La NATO diventa il pilastro della difesa militare occidentale, offrendo un ombrello di sicurezza fondamentale per i paesi membri durante la Guerra Fredda.Il percorso dell’integrazione economica
Parallelamente alla creazione della NATO, inizia un diverso percorso: quello dell’integrazione economica. Nel 1950, Robert Schuman propone un piano per mettere in comune la produzione di carbone e acciaio di Francia e Germania, aprendo la strada ad altri paesi europei. Questo porta, nel 1951, alla firma del trattato che istituisce la Comunità Europea del Carbone e dell’Acciaio (CECA). La CECA è il primo passo concreto verso una maggiore unione tra gli stati europei in settori chiave dell’economia.Il tentativo di difesa comune e la sua separazione
C’è stato anche un tentativo di creare una difesa europea completamente integrata, la Comunità Europea di Difesa (CED), proposta nel 1950. Tuttavia, questo progetto fallisce nel 1954 perché non viene ratificato dalla Francia. Dopo questo fallimento, si decide di rafforzare l’Unione Occidentale, che nel 1955 diventa Unione dell’Europa Occidentale (UEO), includendo anche Italia e Germania Federale nel Trattato di Bruxelles modificato. La Germania Federale entra anche nella NATO. Questo momento segna una chiara separazione: la difesa militare è affidata principalmente alla NATO, sotto la guida degli Stati Uniti, mentre l’integrazione economica prosegue per una via diversa. L’integrazione economica avanza con i Trattati di Roma firmati nel 1957, che danno vita alla Comunità Economica Europea (CEE) e all’Euratom (Comunità Europea dell’Energia Atomica). La sicurezza strategica garantita dalla NATO in questo periodo è vista come un fattore che facilita la crescita economica e l’avanzamento dell’integrazione tra i paesi europei. Si consolida così una divisione di ruoli.L’Europa come potenza civile
La Comunità Europea inizia a sviluppare un ruolo sulla scena internazionale, affermandosi come una vera e propria “potenza civile”. Questo ruolo si manifesta inizialmente attraverso una politica commerciale comune e l’espansione degli aiuti allo sviluppo verso altri paesi. Per coordinare meglio le posizioni dei paesi membri sulle questioni di politica estera, nel 1969 viene istituita la Cooperazione Politica Europea (CPE). La CPE opera in modo separato rispetto al quadro legale della Comunità, basandosi su incontri regolari e un forte coordinamento diplomatico tra i paesi membri. Un esempio importante del lavoro della CPE è la preparazione della Conferenza sulla Sicurezza e la Cooperazione in Europa (CSCE). L’Atto Unico Europeo del 1987 formalizza la CPE, impegnando gli Stati membri a cercare una politica estera comune, anche sugli “aspetti politici ed economici della sicurezza”. Tuttavia, le decisioni prese in questo ambito rimangono basate sul consenso unanime dei governi e non hanno valore legale vincolante nel diritto comunitario. La difesa militare continua a rimanere fuori dalle competenze dirette della Comunità Europea, legata principalmente alla NATO e, in parte, all’UEO che viene riattivata. L’Europa riesce così ad affermarsi come un attore capace di agire in modo unito e influente soprattutto nell’ambito civile ed economico, seguendo una via ben distinta da quella della difesa militare.Davvero la sicurezza militare si è così nettamente separata dall’integrazione civile ed economica, o questa distinzione è più sfumata di quanto il capitolo suggerisca?
Il capitolo presenta una narrazione chiara della “doppia via”, con una netta separazione tra difesa (NATO) e integrazione civile/economica dopo il fallimento della CED. Tuttavia, questa distinzione potrebbe apparire eccessivamente rigida. Già la Cooperazione Politica Europea, come menzionato, si occupava degli “aspetti politici ed economici della sicurezza”, indicando una sovrapposizione di interessi e competenze. Inoltre, l’integrazione economica stessa fu inizialmente motivata anche da profonde preoccupazioni di sicurezza, volte a prevenire futuri conflitti tra gli stati membri. Per comprendere meglio questa complessità, è utile approfondire gli studi di relazioni internazionali e la storia dell’integrazione europea, esplorando autori che analizzano il nesso tra economia, politica estera e sicurezza nel contesto comunitario.2. La Nuova Europa: Sicurezza e Identità
La fine della Guerra Fredda cambia profondamente l’Europa, imponendo nuovi equilibri internazionali. L’unificazione della Germania e gli accordi sul disarmo favoriscono un clima di maggiore cooperazione tra i paesi. Nascono organizzazioni come l’OSCE, dedicate a promuovere la sicurezza attraverso la collaborazione. Con la dissoluzione del Patto di Varsavia e dell’Unione Sovietica, molti nuovi stati ottengono l’indipendenza. Questo porta a un progressivo allargamento della NATO verso est, una mossa che genera inevitabilmente tensioni con la Russia. La Guerra del Golfo, in questo contesto, evidenzia un notevole divario tecnologico in campo militare e sottolinea la necessità di creare forze composte da militari di diverse nazioni per gestire le crisi internazionali.L’evoluzione della NATO
In risposta al nuovo scenario, la NATO si trasforma, ampliando i suoi compiti. Non si occupa più solo della difesa collettiva dei suoi membri, ma include tra le sue funzioni la gestione delle crisi e la capacità di intervenire anche lontano dai propri confini. Vengono create forze militari in grado di reagire rapidamente e si assiste a un cambiamento significativo: molti paesi europei iniziano a passare da eserciti basati sulla leva a eserciti composti da professionisti. Questo cambiamento mira a rendere le forze armate più efficienti e pronte per le nuove sfide.Le prime mosse dell’Unione Europea
Anche l’Unione Europea compie passi importanti. Con il Trattato di Maastricht, l’UE istituisce due nuove aree di azione: la Politica estera e di sicurezza comune (PESC) e l’area di Giustizia e Affari Interni (GAI). Queste si affiancano alle politiche economiche già esistenti. La PESC, in particolare, viene gestita con un metodo che coinvolge direttamente i governi dei paesi membri e ha l’obiettivo di dare all’Europa una voce unica e riconoscibile nel mondo. Tuttavia, l’attuazione concreta di questa politica incontra diverse difficoltà iniziali.Le crisi nei Balcani e la spinta alla difesa europea
Le crisi che scoppiano nei Balcani negli anni Novanta mettono in luce i limiti dell’Europa nella gestione militare di conflitti complessi. Spesso, per affrontare queste situazioni, è necessario l’intervento della NATO. Questa consapevolezza porta a una svolta con la Dichiarazione di Saint-Malo. Questo accordo segna l’inizio della Politica europea di sicurezza e difesa (PESD), con l’ambizione di dotare l’UE di proprie capacità militari autonome, specifiche per la gestione delle crisi. Vengono definite nuove strutture operative e stabiliti obiettivi concreti in termini di capacità militari, come l’Headline Goal che prevedeva la possibilità di schierare una forza di 60.000 uomini. L’accordo Berlin-plus permette inoltre all’UE di utilizzare risorse e pianificazioni della NATO per condurre le proprie operazioni.Nuove minacce e una strategia comune
Gli attentati dell’11 settembre 2001 e la successiva guerra in Iraq creano divisioni tra gli Stati Uniti e alcuni paesi europei, ma stimolano anche una riflessione approfondita sulla sicurezza in Europa. Questa riflessione porta alla Strategia europea di sicurezza (ESS) del 2003. Il documento identifica le nuove minacce globali, come il terrorismo, e promuove un ruolo più attivo e capace per l’UE sulla scena internazionale. L’Unione inizia a lanciare le sue prime missioni, sia militari che civili, dimostrando concretamente la volontà di intervenire in diverse aree geografiche del mondo per contribuire alla stabilità e alla sicurezza.Riforme istituzionali e maggiore integrazione
Le riforme istituzionali, proposte inizialmente con il Trattato Costituzionale e poi realizzate con il Trattato di Lisbona, rafforzano ulteriormente l’azione esterna dell’UE. Viene creata una figura centrale, l’Alto rappresentante, che è anche Vicepresidente della Commissione, con il compito di coordinare la politica estera e di sicurezza. Viene istituito anche il Servizio europeo per l’azione esterna, un corpo diplomatico comune. Il Trattato di Lisbona introduce inoltre una clausola di solidarietà tra gli stati membri in caso di attacco e formalizza la Cooperazione strutturata permanente (PeSCo), uno strumento che permette ai paesi che lo desiderano di integrare maggiormente le proprie capacità di difesa.Ma l’allargamento della NATO verso est era davvero una tensione ‘inevitabile’ con la Russia, o una scelta politica con precise responsabilità?
Il capitolo afferma che l’allargamento della NATO verso est ha generato “inevitabilmente” tensioni con la Russia. Questa affermazione, pur descrivendo una realtà, rischia di semplificare eccessivamente un processo storico complesso e controverso. Molti studiosi di relazioni internazionali e storia diplomatica dibattono ancora oggi se tale allargamento fosse l’unica strada possibile o se esistessero alternative che avrebbero potuto mitigare le future tensioni. Per approfondire questo nodo cruciale, è utile esplorare la letteratura sulla politica estera russa post-sovietica, le dinamiche interne alla NATO e le diverse visioni sulla sicurezza europea emerse negli anni ’90. Si possono consultare autori che offrono prospettive diverse sulle cause e conseguenze dell’allargamento, come John Mearsheimer per una critica realista o Mary Elise Sarotte per una ricostruzione storica dettagliata delle decisioni.3. Un decennio di crisi e risposte europee
Il periodo tra il 2010 e il 2020 è segnato da una serie continua di emergenze che mettono a dura prova l’Unione Europea. Tutto inizia con la crisi finanziaria che colpisce l’area euro nel 2010, seguita rapidamente dalla Primavera Araba, dalla crisi in Ucraina con l’annessione russa della Crimea, dall’ascesa dello Stato Islamico che porta ondate di terrorismo e migrazione, dalla decisione del Regno Unito di uscire dall’Unione (Brexit), dall’elezione di Donald Trump negli Stati Uniti e, infine, dalla pandemia di COVID-19. Questa successione di eventi fa sì che la gestione delle crisi diventi una condizione quasi permanente per l’Unione.L’organizzazione e gli strumenti di risposta
Per affrontare queste sfide, le decisioni politiche più importanti vengono prese sempre più spesso dai capi di Stato e di governo. L’Unione struttura la sua azione esterna istituendo il Servizio Europeo per l’Azione Esterna (SEAE). Questo servizio funziona come punto di contatto tra le diverse istituzioni europee e i governi nazionali, anche se incontra alcune difficoltà nel coordinare il personale e integrare le varie componenti. L’Unione utilizza principalmente la diplomazia e le sanzioni come strumenti per agire sulla scena internazionale. Questi strumenti portano a risultati diplomatici importanti, come l’accordo sul programma nucleare iraniano e la normalizzazione dei rapporti tra Belgrado e Pristina. Le sanzioni vengono applicate in risposta a quelle che vengono considerate violazioni, in particolare nei confronti della Russia.Sfide alla sicurezza e cambiamenti strategici
Le minacce alla sicurezza, come i flussi migratori e il terrorismo, mostrano chiaramente quanto siano legate la sicurezza interna e quella esterna dell’Unione. L’Unione sviluppa missioni civili e militari con un approccio più ampio, concentrandosi sul rafforzamento delle capacità dei paesi terzi e svolgendo compiti non esecutivi. L’uscita del Regno Unito, pur rappresentando una perdita significativa in termini di capacità militari, dà un nuovo impulso alla collaborazione europea nel campo della difesa. Nascono così iniziative come la Cooperazione Strutturata Permanente (PeSCo) e il Fondo Europeo per la Difesa (EDF). Le relazioni con gli Stati Uniti sono messe a dura prova durante la presidenza Trump, spingendo l’Europa a discutere maggiormente sulla necessità di una propria autonomia strategica. Il decennio si conclude in un contesto globale dove la competizione tra potenze è molto più forte.[/membership]Ma quanto sono stati realmente efficaci gli strumenti e le strutture messe in campo dall’Unione Europea nel fronteggiare, non solo gestire, le crisi epocali elencate?
Il capitolo elenca una serie impressionante di crisi che hanno colpito l’Unione Europea e descrive gli strumenti e le strutture messe in atto per affrontarle, citando anche alcuni successi diplomatici specifici. Tuttavia, la narrazione non approfondisce in modo critico l’effettiva capacità di questi strumenti e strutture di risolvere o almeno mitigare le crisi nella loro interezza, né analizza a fondo le ragioni per cui la gestione delle crisi sia diventata una condizione quasi permanente. Per ottenere una visione più completa e meno descrittiva, è fondamentale esaminare studi di caso specifici sull’applicazione di questi strumenti alle crisi maggiori (come la crisi dell’euro o la crisi migratoria) e valutare i risultati effettivi al di là dei successi puntuali. Approfondire la letteratura sulla scienza politica, le relazioni internazionali e gli studi critici sull’UE, esplorando autori che analizzano le dinamiche interne e le performance dell’Unione in contesti di stress, può fornire il contesto necessario per rispondere a questa domanda cruciale.4. L’Europa e il Ritorno della Guerra
L’invasione russa dell’Ucraina, avvenuta il 24 febbraio 2022, ha segnato la fine del lungo periodo di pace che l’Europa aveva vissuto dopo la fine della Guerra Fredda. Questo evento inatteso ha provocato una reazione molto forte sia a livello di governi che tra i cittadini di tutto il continente europeo. Subito dopo l’attacco, paesi come Ucraina, Georgia e Moldavia hanno manifestato la volontà di aderire all’Unione Europea, vedendo nell’adesione un rafforzamento della loro sicurezza e un legame più stretto con l’Occidente. I paesi occidentali hanno risposto all’aggressione condannandola duramente e decidendo di imporre severe sanzioni economiche e finanziarie contro la Russia, pur essendo consapevoli delle difficoltà legate alla forte dipendenza energetica da Mosca. Parallelamente, l’Europa ha mostrato una grande solidarietà accogliendo milioni di profughi ucraini in fuga dal conflitto, attivando per la prima volta nella storia dell’Unione la Direttiva sulla Protezione Temporanea per offrire loro assistenza e diritti.La Risposta Militare e i Cambiamenti nella NATO
Sul piano militare, c’è stato un rapido e significativo supporto all’Ucraina da parte dei paesi occidentali, che hanno fornito intelligence e armamenti per aiutarla a difendersi. La NATO, l’Alleanza Atlantica, ha reagito rafforzando in modo deciso la sua presenza militare sul fianco orientale, quello più esposto al confine con la Russia. L’Alleanza ha anche aumentato la prontezza delle sue forze per essere in grado di rispondere rapidamente a qualsiasi minaccia. Di fronte al nuovo scenario di sicurezza, molti paesi europei hanno preso la decisione di aumentare le proprie spese per la difesa, invertendo una tendenza che durava da anni. La Germania, in particolare, ha annunciato un piano straordinario con un fondo speciale di 100 miliardi di euro destinato a modernizzare le proprie forze armate. Un cambiamento storico è avvenuto con la scelta di Finlandia e Svezia di abbandonare la loro tradizionale neutralità e presentare formalmente richiesta di adesione alla NATO. Anche la Danimarca ha fatto un passo importante, eliminando l’opt-out, cioè l’esclusione, che aveva sulla difesa europea, decidendo di partecipare pienamente alle politiche comuni in questo settore.Revisione delle Strategie di Sicurezza
L’invasione russa ha avuto un impatto diretto sulla pianificazione strategica di sicurezza a livello europeo e atlantico. Sia l’Unione Europea che la NATO hanno intrapreso un processo di revisione dei loro documenti strategici principali. L’UE ha aggiornato il suo Strategic Compass, la bussola strategica che guida le sue azioni in materia di sicurezza e difesa, mentre la NATO ha elaborato un nuovo Strategic Concept, il documento che definisce la sua missione e le sue sfide. Entrambi i documenti analizzano il nuovo contesto geopolitico e identificano chiaramente le principali minacce. La Russia viene esplicitamente definita come la minaccia più significativa per la sicurezza nell’area euro-atlantica. La Cina, invece, è considerata una sfida sistemica che richiede un approccio attento e coordinato. Le nuove strategie sottolineano l’importanza fondamentale della cooperazione e del coordinamento tra l’Unione Europea e la NATO per affrontare efficacemente le complesse sfide di sicurezza del presente e del futuro.L’Unione Europea: Azione Esterna e Sfide Interne
L’azione esterna dell’Unione Europea si basa principalmente sulla sua capacità di influenzare il mondo attraverso la forza del suo vasto mercato interno e l’attrattiva delle sue norme e standard. L’UE proietta la sua influenza più attraverso strumenti economici, commerciali e normativi che attraverso la forza militare tradizionale. Le sfide principali che l’Unione Europea deve affrontare al suo interno sono legate al mantenimento della coesione tra i suoi Stati membri, che hanno spesso interessi e prospettive diversi. Un ostacolo frequente è la regola dell’unanimità, che richiede l’accordo di tutti i paesi su molte decisioni importanti, rendendo il processo decisionale lento e talvolta difficile. Un’altra sfida cruciale è migliorare la coerenza tra le diverse politiche dell’UE e garantire che i vari attori istituzionali e nazionali agiscano in modo coordinato per raggiungere gli obiettivi comuni.Il Processo di Allargamento dell’UE
Il processo di allargamento dell’Unione Europea ha acquisito una nuova e importante rilevanza strategica dopo le recenti richieste di adesione presentate da diversi paesi. Tuttavia, l’integrazione di nuovi membri, specialmente quelli che affrontano significative sfide economiche, politiche e strutturali, presenta notevoli difficoltà. È fondamentale garantire che i paesi candidati soddisfino pienamente i criteri di adesione e che la loro integrazione avvenga in modo ordinato per non indebolire il funzionamento dell’Unione nel suo complesso. Mantenere l’efficacia trasformativa dell’UE, ovvero la sua capacità di promuovere riforme e cambiamenti positivi nei paesi candidati, è un obiettivo chiave. Per rendere il processo più gestibile e progressivo, si sta valutando l’introduzione di un processo di adesione a tappe, che consentirebbe ai paesi candidati di integrarsi gradualmente in alcune politiche e aree dell’Unione prima di ottenere l’adesione completa.Le Sfide per la Difesa Europea
Per quanto riguarda il settore della difesa, la sfida principale per i paesi europei è riuscire a creare una maggiore complementarità tra le capacità militari sviluppate a livello nazionale e quelle che potrebbero essere sviluppate in comune a livello europeo. Attualmente, si verifica spesso una duplicazione delle spese e delle capacità militari tra i diversi paesi, il che rende meno efficiente la difesa complessiva dell’Europa e comporta uno spreco di risorse preziose. Sebbene la difesa del territorio europeo rimanga un compito primario della NATO, l’Alleanza Atlantica stessa incoraggia gli alleati europei a fare di più per la propria sicurezza. Un pilastro europeo della difesa più forte, capace e coordinato è considerato essenziale non solo per garantire la sicurezza dell’Europa, ma anche per rafforzare l’intera Alleanza Atlantica nel contesto geopolitico attuale e futuro.Davvero la risposta europea all’invasione russa è stata così “forte” e “rapida” come suggerito, o le note debolezze strutturali dell’Unione Europea ne hanno inevitabilmente limitato l’efficacia e la tempestività?
Il capitolo descrive una serie di reazioni immediate e significative all’invasione, ma successivamente elenca le sfide interne dell’UE, come la regola dell’unanimità e la difficoltà nel mantenere la coesione. Non è del tutto chiaro come queste debolezze intrinseche non abbiano impattato la velocità e la forza della risposta stessa. Per comprendere meglio questa dinamica, sarebbe utile approfondire gli studi sui processi decisionali dell’Unione Europea in materia di politica estera e di sicurezza. Autori come Moravcsik o Putnam (sulla negoziazione a due livelli) possono offrire spunti sulla complessità della cooperazione tra stati sovrani. Approfondire analisi di think tank specializzati in affari europei e sicurezza può fornire un quadro più dettagliato delle sfide pratiche incontrate nell’implementazione delle sanzioni, del supporto militare e delle strategie di difesa congiunte.Abbiamo riassunto il possibile
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