Biografie

Karain. Con un «ritratto» di Bertrand Russell.

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1. L’illusione di un regno

In un tempo di incertezza, dove la sopravvivenza è la priorità, emerge un interesse per le notizie dall’Arcipelago orientale, soprattutto riguardo ai disordini indigeni. Queste brevi cronache evocano un contesto esotico, profumato di terre lontane e notti stellate. In questo scenario, Karain è il capo di tre villaggi in una baia isolata di Mindanao. I suoi uomini, fieri e armati, lo venerano e obbediscono ciecamente. Karain appare come un sovrano assoluto, anche se il suo regno è solo una stretta striscia di terra tra le colline e il mare. La baia, separata dal mondo, sembra sospesa nel tempo, immersa in una natura rigogliosa. Karain, consapevole del suo ruolo, si mostra come un capo carismatico e potente. I suoi gesti e le sue parole creano un’impressione di grandezza e mistero. Si presenta come un uomo invulnerabile, circondato da un’aura di inevitabile successo, nonostante sia coinvolto nel traffico d’armi. Il suo dominio è il palcoscenico perfetto per la sua rappresentazione di sovrano. La terra intorno a lui è un teatro dove interpreta il re barbarico. Quando gli chiedono dei territori oltre le colline, Karain parla di nemici e della necessità di armi, mantenendo un alone di mistero. Dieci anni prima, ha conquistato la baia con forza e astuzia, costruendo il suo regno. Karain è la forza vitale e selvaggia della natura tropicale, ma anche il pericolo che essa nasconde. La sua figura domina fino a quando l’oscurità della notte avvolge ogni cosa, lasciando spazio solo all’immensità dell’universo.

2. L’Ombra e la Luce di Karain

Di giorno, Karain appare in pubblico circondato dal suo seguito, immerso nello sfarzo e nei simboli del potere. Di notte, invece, rivela un lato diverso, lontano dalle formalità. La sua imponenza diurna e l’ambiente esotico creano una distanza tra lui e chi lo osserva. I lancieri e i notabili che lo accompagnano costantemente lo isolano e, allo stesso tempo, ne celebrano il ruolo. Al tramonto, si ritira con cerimonie elaborate, lasciandosi alle spalle un intero villaggio pieno di rispetto. Con il buio, però, Karain cerca la compagnia degli ospiti sulla goletta, mostrandosi in un ambiente informale, come un uomo qualunque, pur continuando a credere che siano emissari del governo. Durante questi incontri notturni, Karain è affascinato dalla figura della regina d’Occidente, e continua a fare domande su di lei, con un’ammirazione che ricorda un cavaliere medievale. Questo interesse sembra nascere dal ricordo idealizzato di sua madre, una sovrana Bugi. Karain, abile narratore, rievoca il suo passato di viaggi, intrighi politici e battaglie. Parla con orgoglio della sua terra e dei successi militari, mostrando il desiderio di essere riconosciuto e la nostalgia per un passato glorioso. Nonostante l’ammirazione che suscita in pubblico, Karain è sempre accompagnato dal suo vecchio portatore di spada, come se temesse la solitudine o pericoli invisibili. Questa dipendenza, insieme a momenti di riflessione e inquietudine, suggerisce una fragilità nascosta dietro l’immagine regale.

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6. Il Potere di un Amuleto

Hollis rientra portando una scatola misteriosa e, parlando in modo ambiguo, ne svela il contenuto, accennando a ossessioni passate e amicizie finite. L’attenzione si sposta su Karain, un malese tormentato da una presenza spettrale. Hollis interviene offrendo a Karain un amuleto: una moneta da sei pence, simbolo del potere della regina bianca. Hollis sottolinea la forza del denaro, capace di colpire l’immaginazione di Karain. Nonostante qualche dubbio, cuce la moneta su un pezzo di guanto e nastro, creando l’amuleto. Consegna l’amuleto a Karain con parole solenni, descrivendo la moneta come l’immagine della regina, la cosa più potente per gli uomini bianchi. Karain, colpito, accetta l’amuleto con rispetto e appare subito sollevato. La partenza della nave segna un nuovo inizio per Karain, libero dall’oppressione del fantasma. L’amuleto sembra funzionare. Anni dopo, il ricordo di Karain riemerge in una conversazione. Ci si interroga sulla reale liberazione di Karain, dubitando che una semplice moneta possa aver risolto un problema così profondo. La storia di Karain, seppur incredibile, è più tangibile della realtà opprimente della vita urbana, che appare, a confronto, meno reale.

7. Un Incontro con Conrad

Nel settembre del 1913, avviene l’incontro con Joseph Conrad, propiziato da Lady Ottoline Morrell. L’ammirazione letteraria per Conrad era già presente, ma un contatto diretto appariva improbabile senza una presentazione formale. L’incontro, nella casa di Conrad nel Kent, è carico di aspettative. Conrad si rivela un uomo dall’accento inglese marcato e dai tratti aristocratici polacchi, lontano dall’immagine del marinaio suggerita dai suoi libri. Il suo amore per il mare e per l’Inghilterra è un amore romantico, vissuto a distanza. La passione per il mare nasce in giovane età, in contrasto con le aspettative familiari che lo vorrebbero nella marina austriaca, un’aspirazione lontana dal suo desiderio di avventura e di mari esotici. La sua determinazione a entrare nella marina mercantile britannica è incrollabile.Conrad è un moralista rigoroso, lontano da simpatie rivoluzionarie. Nonostante alcune divergenze di opinione, emerge una fondamentale visione comune, che crea un legame profondo e particolare. Gli incontri sono rari, ma intensi, caratterizzati da una profonda condivisione di prospettive sull’esistenza. L’ammirazione reciproca è tale da generare un sentimento duraturo, espresso in una lettera di Conrad che riflette un sentire condiviso. “Cuore di tenebra” è l’opera che più incarna la sua filosofia di vita: la civiltà è una fragile superficie sopra un caos latente, e la disciplina interiore è l’antidoto alla follia umana. Questa visione si contrappone all’ottimismo di Rousseau, sottolineando la necessità di un controllo interiore degli impulsi per raggiungere una vera libertà.Conrad, pur distante dalle dinamiche politiche, nutre forti sentimenti, come l’amore per l’Inghilterra e l’avversione per la Russia, temi presenti nelle sue opere. La politica, tuttavia, rimane sullo sfondo rispetto al suo interesse principale: l’animo umano di fronte all’indifferenza della natura e alle passioni distruttive. La solitudine è un tema centrale, esplorato in racconti come “Tifone” e “Amy Foster”, dove si manifestano la paura dell’estraneo e l’isolamento.La visione di Conrad si discosta dalle filosofie moderne che rifiutano la disciplina interiore o la impongono esternamente. Egli aderisce a una tradizione antica che valorizza la disciplina come forza motrice interna. Questa affinità di pensiero crea una connessione immediata e profonda, un’esperienza emotivamente intensa. Nonostante la rarità degli incontri successivi, il legame rimane saldo, testimoniato dalla scelta di Conrad come padrino del figlio e da una corrispondenza significativa, in particolare riguardo alle pessimistiche previsioni di Conrad sul futuro della Cina, che si riveleranno corrette. Il ricordo di Conrad rimane vivido, simbolo di una nobiltà d’animo intensa e appassionata.

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