Contenuti del libro
Informazioni
“Juventus. Storia di una passione italiana Dalle origini ai giorni nostri” di Aldo Luna non è solo la cronaca delle partite, ma un viaggio affascinante nella storia della Juventus, che si intreccia profondamente con quella di Torino e l’evoluzione del calcio italiano. Partendo dagli albori del football a Torino, quando era uno sport d’élite giocato da studenti e borghesi, il libro esplora come la Juventus sia cresciuta, legandosi indissolubilmente al mondo industriale e alla famiglia Agnelli e Fiat. Vediamo il club trasformarsi da una realtà giovanile a un’impresa organizzata, attraversando periodi epici come il Quinquennio e sfide immense come le guerre e lo scandalo Calciopoli. Si analizza il passaggio del calcio italiano a spettacolo di massa e poi a vera e propria industria nell’era del neocalcio, con la Juventus sempre protagonista, costruendo il suo stadio di proprietà e diventando un simbolo nazionale, specchio delle trasformazioni sociali di Torino e dell’Italia, fino ai successi recenti.Riassunto Breve
Il football arriva a Torino dall’Inghilterra come sport per pochi, diffondendosi tra studenti e classi alte. La Juventus nasce nel 1897 da studenti del Liceo D’Azeglio, con poche risorse e un’aria goliardica. I fondatori Canfari, che sono meccanici, creano un primo legame con il lavoro. La presidenza passa poi a borghesi e industriali come Alfredo Dick, che porta investimenti ma anche una divisione che genera il Torino FC. La Prima Guerra Mondiale colpisce il club, con molti che vanno al fronte. Nel dopoguerra, la Juventus si riorganizza, aumenta i soci borghesi e costruisce il primo stadio di proprietà, segnando il passaggio a spettacolo di massa. Si discute di professionismo, con casi come quello di Rosetta, e la “Carta di Viareggio” del 1926 legalizza il “non dilettante”. L’arrivo di Edoardo Agnelli nel 1923 lega la società alla famiglia Fiat, portando solidità economica, allenatori professionisti come Károly e giocatori stranieri, trasformando il club studentesco in un’impresa organizzata. Tra il 1931 e il 1935, la Juventus domina vincendo cinque scudetti consecutivi con una squadra esperta, guidata da Carlo Carcano, che viene allontanato per la sua omosessualità. La forza sta nell’equilibrio e in una “forza morale” legata all’immagine industriale di Torino. La squadra diventa popolare in tutta Italia, anche grazie ai giocatori in Nazionale, ma mantiene una forte rivalità locale con il Torino. La gestione è efficiente, vista come una “macchina”. La morte di Edoardo Agnelli nel 1935 crea problemi economici. Il regime fascista cerca di controllare il club, nominando presidenti e promuovendo attività polisportive e abbonamenti per avvicinare il popolo. Durante la Seconda Guerra Mondiale, il calcio continua, diventando in parte squadre aziendali (Juventus Cisitalia, Fiat Torino) per evitare la chiamata alle armi. Dopo la guerra, il calcio riprende, simboleggiando la ricostruzione. Piero Dusio investe nella squadra, e nel 1947 Gianni Agnelli torna alla presidenza. La storia della Juventus si lega sempre più alla famiglia Agnelli e alla Fiat, riflettendo le trasformazioni di Torino. Inizialmente oscurata dal Grande Torino, la tragedia di Superga nel 1949 cambia lo scenario. Con giocatori stranieri come Hansen e Praest, la squadra vince scudetti nei primi anni Cinquanta. Seguono anni difficili, si pensa anche a una fusione con il Torino. Il rilancio arriva con Umberto Agnelli e campioni come Charles e Sívori, che portano nuovi successi e la prima stella, in coincidenza con il boom economico. Negli anni Sessanta c’è una fase di transizione, con allenatori come Heriberto Herrera. Negli anni Settanta, con Giampiero Boniperti e Giovanni Trapattoni, la Juventus diventa una “fabbrica” manageriale, vincendo sette scudetti. Il tifo cambia, allargandosi dalla borghesia agli immigrati del Sud che lavorano alla Fiat, diventando un simbolo di integrazione. Emergono gli ultras, riflettendo le tensioni sociali. La sconfitta della Fiat contro i sindacati nel 1980 influenza il tifo, con lo stadio che diventa un luogo di evasione. Gli anni Ottanta vedono la Fiat ristrutturarsi e avere successo, mentre Torino si deindustrializza. Il calcio si trasforma con la televisione privata, aumentando ricavi e commercializzazione (sponsor, diritti d’immagine). La legge del 1981 riconosce i calciatori come lavoratori, aumentando i costi. La sentenza Bosman del 1995 liberalizza il mercato europeo. La Juventus, sostenuta dalla Fiat tramite IFI, ha stabilità e successi negli anni Ottanta, nonostante polemiche arbitrali. La tragedia dell’Heysel nel 1985 evidenzia problemi di sicurezza. Nei primi anni Novanta, la Juventus ha difficoltà, legate in parte alla crisi Fiat. Arriva la “Triade” (Bettega, Giraudo, Moggi) nel 1994, con un approccio più orientato al business, puntando su profitti e influenza politica, e sul progetto stadio di proprietà. Sotto Marcello Lippi, la squadra torna a vincere in Italia e in Europa. Lo stadio Delle Alpi, costoso e poco funzionale, spinge la Juventus a cercare soluzioni private. La Fiat si riprende, garantendo solidità finanziaria alla Juventus, che diventa una potenza del “neocalcio” televisivo ed economico. All’inizio del nuovo secolo, il “neocalcio” è dominato dalla televisione e dalla narrazione mediatica, come si vede nella sconfitta a Perugia nel 2000. La scomparsa degli Agnelli lascia la “Triade” centrale nella gestione. Vengono fatte operazioni immobiliari importanti. Dalle indagini sul doping emergono intercettazioni che portano allo scandalo Calciopoli nel 2006. La Juventus è accusata di illecito sportivo, con conseguenze pesanti: dimissioni, retrocessione in Serie B con penalizzazione, revoca di due scudetti, squalifiche. Nonostante la retrocessione, la squadra torna subito in Serie A. Il periodo successivo è altalenante. La svolta arriva con Andrea Agnelli nel 2010. La società si ristruttura, completa progetti strategici come il nuovo Juventus Stadium (2011) e il JVillage, migliorando finanze e ricavi. Inizia un ciclo di vittorie senza precedenti, con otto scudetti consecutivi, grazie a una gestione efficace, giocatori di alto livello e continuo rinnovamento, assumendo una dimensione globale.Riassunto Lungo
1. Dagli studenti all’industria: l’evoluzione del football a Torino
Il football arriva in Italia dall’Inghilterra come sport d’élite, diffondendosi a Torino tra l’aristocrazia e la borghesia. Agli esordi, il gioco è spontaneo, con campi improvvisati e regole semplici. La Juventus nasce nel 1897 da un gruppo di studenti del Liceo D’Azeglio. La società ha un’impronta giovanile e goliardica, con scarse risorse finanziarie e sedi precarie. I fratelli Canfari, fondatori e meccanici, rappresentano un legame iniziale con il mondo del lavoro, introducendo una prima connessione con ambienti non prettamente elitari.Dagli studenti alla borghesia: le prime trasformazioni
La presidenza passa poi a figure borghesi e industriali, come Alfredo Dick, che porta investimenti e giocatori stranieri, ma la sua gestione causa anche una scissione che porta alla nascita del Torino FC. La Juventus attraversa un periodo di difficoltà, ma la Prima Guerra Mondiale influenza profondamente il club: molti soci e giocatori partono per il fronte, e la rivista sociale “Hurrà!” riflette l’entusiasmo interventista e l’uso di metafore calcistiche per descrivere la guerra, mostrando come il calcio si intrecci con gli eventi nazionali. Nel dopoguerra, la Juventus si riorganizza e cresce, aumentando notevolmente il numero di soci, prevalentemente dalla borghesia, e costruisce un nuovo stadio, il primo di proprietà, segnando il passaggio del football da passatempo a spettacolo di massa. Parallelamente, la questione del professionismo diventa centrale, con dibattiti e controversie sui trasferimenti dei giocatori, come nel caso Rosetta, che culminano nella “Carta di Viareggio” del 1926, documento che legalizza finalmente la figura del “non dilettante”, riconoscendo la realtà di un calcio che sta cambiando.L’ingresso di Agnelli e il legame con l’industria
L’arrivo di Edoardo Agnelli alla presidenza nel 1923 segna un punto di svolta fondamentale, con l’ingresso della famiglia Fiat nel club, legando indissolubilmente la società al mondo industriale. Questa nuova era porta una maggiore solidità economica e la possibilità di ingaggiare allenatori professionisti, come l’ungherese Jenö Károly, e giocatori di talento, inclusi i primi “oriundi”, atleti di origine italiana nati all’estero che rafforzano notevolmente la squadra. Con il supporto industriale, la Juventus si trasforma definitivamente da club studentesco-borghese a un’impresa organizzata e moderna, ponendo le basi solide per i futuri successi sportivi che la caratterizzeranno negli anni a venire.Se il football a Torino nasce d’élite e borghese, come e quando la ‘massa’ operaia, centrale nella città industriale, entra a far parte di questo ‘spettacolo’?
Il capitolo descrive efficacemente la transizione del club da un ambiente studentesco-borghese a un’entità legata all’industria attraverso la proprietà, e menziona il passaggio a “spettacolo di massa”. Tuttavia, non chiarisce sufficientemente la composizione sociale di questa “massa”, in particolare il ruolo e l’integrazione della vasta classe operaia torinese, che costituiva una parte fondamentale del tessuto cittadino, specialmente in relazione all’industria automobilistica citata. Per comprendere appieno l’evoluzione sociale del football torinese, sarebbe utile approfondire la storia sociale dello sport e la storia del movimento operaio, consultando il lavoro di storici che si sono occupati di questi temi.2. Dalla Dominanza al Caos: Juventus tra Quinquennio e Guerra
Tra il 1931 e il 1935, la Juventus domina il calcio italiano vincendo cinque scudetti consecutivi. Questa squadra vincente è costruita su un nucleo di giocatori esperti, molti dei quali provengono da squadre piemontesi, arricchito dall’apporto di giocatori oriundi. L’allenatore Carlo Carcano riesce a creare un gruppo coeso, capace di esprimere un gioco efficace, basato su una solida difesa e veloci contropiedi. La forza del team risiede in un grande equilibrio tra i reparti e in una notevole “forza morale”, spesso descritta come uno “spirito di trincea”, che riflette la serietà, la disciplina e la sobrietà associate all’immagine industriale di Torino.Popolarità e Rivalità
La Juventus diventa rapidamente la squadra più seguita in Italia, attirando un vasto pubblico anche fuori Torino. Questo successo di popolarità è alimentato anche dal ruolo di spicco che molti suoi giocatori rivestono nella Nazionale italiana che conquista il titolo mondiale nel 1934. Nonostante l’ampio seguito nazionale, a Torino persiste una forte e sentita rivalità con il Torino. Quest’ultima squadra si distingue per un’immagine opposta a quella della Juventus, più borghese e riservata, riuscendo così a catalizzare il tifo popolare della città.Finanze e Gestione
La stabilità economica della Juventus in questo periodo si basa sul sostegno finanziario privato garantito da Edoardo Agnelli e dalla sua famiglia. È importante notare che questo supporto non deriva direttamente dalla Fiat come società, ma dalla famiglia Agnelli a titolo personale. La gestione del club è percepita come estremamente efficiente, quasi paragonabile a una “macchina” ben oliata. La sede sociale funge da punto di incontro e ritrovo sia per i giocatori che per i dirigenti, un ambiente che promuove la disciplina e favorisce la vita comune tra i membri della squadra.Cambiamenti e l’Influenza Fascista
La morte di Edoardo Agnelli nel 1935 crea improvvisamente difficoltà economiche per il club. In questo contesto, il regime fascista coglie l’occasione per aumentare la propria influenza sulla società sportiva. Nel 1936, viene nominato presidente Emilio De la Forest de Divonne, una figura vicina al regime, con l’obiettivo di “fascistizzare” il club. Vengono lanciate diverse iniziative per ampliare la base dei soci e per promuovere attività polisportive, andando oltre il solo calcio. La sede del club viene spostata e la Juventus ottiene la concessione dello stadio Mussolini, un segno tangibile del legame con il regime. Viene inoltre introdotto un “abbonamento universale”, una misura volta ad avvicinare le classi popolari allo sport, in linea con le direttive e la propaganda del regime fascista.Il Calcio durante la Seconda Guerra Mondiale
Anche mentre l’Italia scivola nella Seconda Guerra Mondiale, l’attività calcistica prosegue, riflettendo inizialmente una sorta di “normalità irreale” in un contesto sempre più difficile. Con l’intensificarsi dei bombardamenti e il caos che segue l’armistizio del 1943, il campionato nazionale si interrompe e il calcio si frammenta in tornei a carattere regionale. Per proteggere i giocatori dalla chiamata alle armi, sia la Juventus che il Torino vengono trasformate in squadre aziendali, diventando rispettivamente Juventus Cisitalia e Fiat Torino. Nonostante le enormi difficoltà logistiche, la violenza del conflitto e le interruzioni, il calcio riesce a mantenere una sua sorprendente vitalità, offrendo momenti di distrazione e coesione.La Ripresa nel Dopoguerra
Terminata la guerra, il calcio diventa uno dei simboli della ripartenza e della voglia di ricostruire il paese. Le attività sportive riprendono rapidamente, rappresentando un segnale di ritorno alla vita normale. La Juventus partecipa attivamente a tornei e organizza tournée in diverse parti d’Italia, con l’intento di contribuire a promuovere l’unità nazionale in un paese ancora segnato dalle divisioni del conflitto. Nel 1945, la presidenza del club viene assunta da Piero Dusio, che investe risorse significative nella squadra per rilanciarla. Questo periodo di transizione si conclude nel 1947, quando la presidenza passa a Gianni Agnelli, segnando il ritorno della famiglia Agnelli alla guida del club bianconero.Fino a che punto la “fascistizzazione” della Juventus fu un reale cambiamento ideologico e non una mera convenienza politica?
Il capitolo descrive le iniziative intraprese sotto la presidenza De la Forest de Divonne come volte a “fascistizzare” il club, elencando modifiche strutturali e promozionali. Tuttavia, non viene approfondito quanto questa influenza del regime abbia effettivamente trasformato l’identità profonda del club, la sua cultura interna o il rapporto con i tifosi, al di là degli aspetti organizzativi e della retorica ufficiale. Per esplorare questa complessità, è fondamentale esaminare il contesto storico del rapporto tra sport e fascismo in Italia, consultando il lavoro di storici che hanno analizzato l’uso politico del calcio da parte del regime, come Simon Martin o Marco Bresciani.3. La Juventus specchio di Torino e della Fiat
La storia della Juventus è legata a doppio filo alla famiglia Agnelli, all’industria Fiat e ai grandi cambiamenti sociali che hanno interessato la città di Torino nel periodo post-bellico. Dopo la Seconda Guerra Mondiale, Torino era una città in fase di ricostruzione, con la Fiat che giocava un ruolo centrale nella ripresa economica. In questo contesto, Gianni Agnelli assume la presidenza della Juventus nel 1947. Inizialmente, la squadra viveva all’ombra del Grande Torino, la formazione dominante dell’epoca, ma il tragico incidente aereo di Superga nel 1949, che spazzò via la squadra granata, cambiò radicalmente lo scenario calcistico torinese e italiano.Il Ritorno al Successo negli Anni Cinquanta
Negli anni Cinquanta, la Juventus si riprende e torna a competere per i vertici del campionato. L’arrivo di giocatori stranieri di talento come Hansen e Praest, unito alla guida di allenatori competenti come Carver, permette alla squadra di conquistare nuovi scudetti nei primi anni del decennio. Tuttavia, questo periodo di successo è seguito da anni più difficili, durante i quali la presidenza della società cambia più volte. In questa fase, si arriva persino a considerare l’ipotesi di una fusione tra Juventus e Torino, un’idea che alla fine non si concretizza.Il Rilancio con Umberto Agnelli e i Nuovi Campioni
Un nuovo e importante rilancio per la Juventus arriva con la presidenza di Umberto Agnelli. Sotto la sua guida, la squadra si rafforza con l’acquisto di campioni del calibro di John Charles e Omar Sívori. Questi innesti di qualità portano a nuovi successi sul campo e culminano nella conquista della prima stella sulla maglia nel 1958, un simbolo dei dieci scudetti vinti. Questo periodo di trionfi sportivi coincide perfettamente con il pieno boom economico che l’Italia stava vivendo, un’espansione trainata in larga parte proprio dalla crescita e dalla produzione della Fiat.Gli Anni Sessanta: Transizione e Disciplina
Gli anni Sessanta rappresentano una fase di transizione per la squadra bianconera. La cessione di un giocatore iconico come Sívori segna la fine di un ciclo e la società si mette alla ricerca di una nuova identità di gioco. Sotto la guida di allenatori come Heriberto Herrera, la Juventus adotta un approccio basato su corsa, disciplina tattica e organizzazione rigorosa. Questo metodo di lavoro porta i suoi frutti, culminando nella vittoria dello scudetto nel 1967, dimostrando la capacità della squadra di reinventarsi anche senza i fuoriclasse del decennio precedente.La Juventus Fabbrica degli Anni Settanta
La trasformazione più significativa e duratura avviene negli anni Settanta. Con Giampiero Boniperti alla presidenza e Giovanni Trapattoni in panchina, la Juventus si struttura in modo manageriale, diventando un modello di efficienza e organizzazione paragonabile a una “fabbrica”. Grazie a una gestione oculata e ad acquisti mirati, la squadra costruisce un ciclo di dominio assoluto in Italia, conquistando ben sette scudetti in questo decennio. Questo periodo consolida l’immagine della Juventus come società solida, efficiente e vincente.L’Evoluzione del Tifo e il Contesto Sociale
Parallelamente ai successi in campo, il profilo del tifo juventino cambia profondamente. In origine legato a una base prevalentemente borghese e cittadina, il sostegno alla squadra si allarga per includere i numerosi immigrati provenienti dal Sud Italia che arrivano a Torino per lavorare negli stabilimenti Fiat. La Juventus diventa un simbolo di integrazione e un punto di riferimento per chi cerca riscatto sociale nella nuova città. Negli anni Settanta, emerge con forza il fenomeno degli ultras, con forme di tifo più organizzate, passionali e talvolta violente, che riflettono le tensioni sociali e politiche dell’epoca. La sconfitta subita dalla Fiat nel duro conflitto sindacale del 1980 segna un ulteriore cambiamento nel rapporto tra squadra e tifosi. Lo stadio, in questo nuovo scenario, diventa sempre più un luogo di evasione dalla realtà quotidiana e un potente elemento di identità collettiva, specialmente per le generazioni più giovani.Il capitolo accenna a “discussioni sugli arbitraggi” e a una gestione orientata ad “avere peso nelle decisioni importanti”, ma non fornisce il contesto necessario per capire la natura di queste dinamiche. Non si rischia così di presentare un quadro incompleto o edulcorato del “neocalcio”?
Il capitolo, pur descrivendo la trasformazione economica del calcio e della Juventus, accenna a “discussioni sugli arbitraggi” e a una gestione orientata a “avere peso nelle decisioni importanti” senza fornire il contesto critico necessario. Queste dinamiche sono state al centro di controversie significative nella storia recente del calcio italiano. Per comprendere appieno il “neocalcio” e il ruolo della Juventus in quel periodo, è fondamentale approfondire le indagini e i dibattiti che hanno messo in discussione la regolarità di alcune stagioni e le modalità con cui il potere veniva esercitato nel sistema calcistico. Approfondimenti in storia dello sport, sociologia del calcio e giornalismo investigativo possono aiutare a colmare questa lacuna, cercando autori che abbiano analizzato criticamente gli eventi di quel periodo.5. Crisi e rinascita nell’era del neocalcio
All’inizio del nuovo secolo, il calcio cambia profondamente sotto l’influenza crescente della televisione. Nasce il “neocalcio”, dove la narrazione mediatica spesso prevale sul gioco vero e proprio. Questo cambiamento si manifesta in episodi come la sconfitta della Juventus a Perugia nel 2000, una partita segnata da polemiche arbitrali e un’intensa analisi televisiva che contribuiscono a creare un clima di forte tensione.La dirigenza e le operazioni strategiche
La Juventus affronta perdite significative con la scomparsa degli Agnelli. La gestione della società passa in mano alla “Triade”, composta da Moggi, Giraudo e Bettega, che assume un ruolo centrale sia nella gestione sportiva che in quella finanziaria. Durante questo periodo, vengono portate avanti importanti operazioni immobiliari. Tra queste spiccano l’acquisto dell’area di Vinovo, destinata a diventare il centro di allenamento, e l’accordo per lo stadio Delle Alpi, che getterà le basi per i futuri sviluppi infrastrutturali del club.Le indagini e lo scandalo Calciopoli
Le indagini sul doping, guidate dal procuratore Guariniello, portano alla luce intercettazioni telefoniche che rivelano una rete di contatti tra dirigenti, arbitri e altre figure influenti nel mondo del calcio. Queste scoperte sfociano nel vasto scandalo noto come Calciopoli, che esplode nel 2006. La Juventus si trova al centro dell’inchiesta, accusata di illecito sportivo per il presunto condizionamento del campionato.Le conseguenze immediate e la retrocessione
Le ripercussioni dello scandalo sono immediate e severe. L’intero Consiglio di Amministrazione si dimette. Seguono processi sportivi che culminano nella retrocessione della squadra in Serie B, accompagnata da una pesante penalizzazione di punti. Vengono inoltre revocati gli scudetti vinti nelle stagioni 2004-05 e 2005-06; quest’ultimo viene assegnato all’Inter. Luciano Moggi e Antonio Giraudo, figure chiave della dirigenza, vengono squalificati per lunghi periodi.La risalita e il ritorno nella massima serie
Nonostante la retrocessione in Serie B, la squadra dimostra una forte reazione. Riesce a vincere il campionato cadetto e a conquistare l’immediato ritorno in Serie A. Il periodo che segue il rientro nella massima serie è caratterizzato da risultati altalenanti. La ricerca di stabilità si riflette nei frequenti cambi alla guida tecnica della squadra, mentre la società cerca di ritrovare la sua posizione nel calcio italiano.La presidenza di Andrea Agnelli e i nuovi progetti
Una svolta decisiva per il club arriva nel 2010 con l’insediamento di Andrea Agnelli alla presidenza. Sotto la sua guida, la società avvia un profondo processo di ristrutturazione a livello dirigenziale e tecnico. Vengono portati a termine progetti strategici fondamentali per il futuro del club. Tra questi, spiccano la realizzazione del nuovo Juventus Stadium, inaugurato nel 2011, e lo sviluppo del JVillage alla Continassa, un complesso di strutture all’avanguardia. Questi investimenti non solo migliorano le infrastrutture, ma contribuiscono anche a rafforzare la situazione finanziaria e a generare nuove e importanti fonti di ricavo per la società.Il ciclo di vittorie e la dimensione globale
Grazie a questa rinnovata solidità gestionale e finanziaria, la Juventus inizia un ciclo di successi sportivi senza precedenti. Tra il 2011 e il 2019, la squadra conquista otto scudetti consecutivi, stabilendo un record nella storia del campionato italiano. Questo periodo di dominio è il risultato di una gestione efficace, di scelte oculate sul mercato che portano all’acquisizione di giocatori di altissimo livello (come Pirlo, Vidal, Pogba, Tévez, Higuaín, Cristiano Ronaldo) e di una filosofia basata sul continuo rinnovamento e sul mantenimento di una squadra competitiva ai massimi livelli. La società assume progressivamente una dimensione sempre più globale, consolidando il proprio marchio a livello internazionale.Come si può descrivere la “rinascita” post-Calciopoli senza affrontare le persistenti controversie e le diverse letture di quello scandalo?
Il capitolo descrive la sequenza degli eventi legati a Calciopoli e la successiva riorganizzazione, ma non approfondisce le complesse dinamiche legali, mediatiche e politiche che hanno caratterizzato e continuano a influenzare la percezione dello scandalo. La narrazione appare a tratti lineare, omettendo la profonda controversia che circonda ancora oggi molti aspetti della vicenda, dalla natura esatta degli illeciti contestati alle modalità dei processi sportivi e ordinari. Per comprendere appieno il contesto e le diverse prospettive, sarebbe utile esplorare testi che analizzano il ruolo dei media, le procedure legali e sportive dell’epoca, e le diverse interpretazioni fornite dai protagonisti e dagli osservatori. Approfondire autori che si sono occupati di storia del calcio italiano, di sociologia dello sport e di analisi dei processi mediatici può fornire gli strumenti necessari per una valutazione più critica e completa.Abbiamo riassunto il possibile
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