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Contenuti del libro
Informazioni
“Introduzione alla filosofia del diritto” di Ottavio Gherardeschi ti porta in un viaggio pazzesco attraverso secoli di idee su cos’è il diritto e perché esiste. Si parte dal Settecento in Europa, quando hanno iniziato a mettere ordine nelle leggi con la codificazione, passando dal vecchio giusnaturalismo al positivismo giuridico, dove conta solo la legge fatta dallo Stato. Poi si vede come in Germania lo storicismo giuridico ha pensato che il diritto nascesse dallo spirito del popolo, non da regole astratte. Non mancano le critiche forti, tipo quella di Marx che vedeva il diritto solo come uno strumento del potere economico. Il libro esplora anche come si è cercato di studiare il diritto in modo più scientifico, guardando alla società (realismo giuridico) o analizzando la norma in sé (teoria pura del diritto di Kelsen), senza dimenticare la common law americana o le teorie sull’istituzione di Santi Romano. È un percorso che ti fa capire come pensatori da tutta Europa e America hanno cercato di dare un senso alla giustizia, allo Stato e alle regole che organizzano le nostre vite, mostrando che la filosofia del diritto è tutt’altro che roba vecchia e polverosa.Riassunto Breve
Nel Settecento, in Europa, si sente forte il bisogno di mettere ordine nelle leggi, superando il vecchio diritto medievale. Questo porta alla creazione dei codici, che non inventano tutto da zero ma sistemano le norme che già ci sono. Il primo codice importante è in Prussia nel 1794, ma quelli francesi di Napoleone, come il Codice Civile del 1807, diventano un modello, cercando di essere completi e di limitare i giudici per dare sicurezza. Questa ricerca di certezza porta al positivismo giuridico, l’idea che solo la legge fatta dallo Stato sia vero diritto. In Francia, la scuola dell’esegesi studia il codice articolo per articolo, pensando che contenga tutte le risposte e che il giudice debba solo capire cosa voleva il legislatore. Si passa così dal giusnaturalismo, che cercava il diritto nella ragione o nella natura, al positivismo, che dà valore assoluto alla legge dello Stato. In Inghilterra, pensatori come Bentham e Austin vedono il diritto come un comando del sovrano, legato all’utilità (massima felicità per il maggior numero). Bentham distingue il diritto com’è da come dovrebbe essere, mentre Austin si concentra sui concetti base del diritto positivo.Dopo l’Illuminismo, il pensiero giuridico si allontana dall’idea di un diritto naturale universale e astratto. Lo storicismo, soprattutto in Germania con figure come Savigny, vede il diritto nascere spontaneamente dalla storia e dai costumi di un popolo, non da principi astratti. Il vero diritto è quello che viene dalle consuetudini e che poi i giuristi studiano nella sua evoluzione. Questo si scontra con l’idea della codificazione. Altri pensatori, influenzati da Kant, vedono il diritto come un modo per far convivere le libertà individuali o limitano il ruolo dello Stato alla tutela dei diritti. Altri ancora, come Fichte e Schelling in una fase successiva, arrivano a subordinare l’individuo allo Stato, visto come espressione della realtà etica.L’idealismo, con l’idea che ciò che è razionale è reale, vede il diritto come parte dello spirito oggettivo, cioè la vita sociale. Il diritto è la forma esterna della libertà, che si manifesta nella proprietà, nel contratto e nella punizione del torto. La vera realtà del diritto si trova nell’eticità, che unisce esteriorità e interiorità, e si realizza nello Stato. Lo Stato è l’ingresso della ragione nel mondo, e il diritto è quello che la storia richiede, non un diritto naturale separato. In Italia, durante il Risorgimento, si discute molto, con visioni che criticano l’astrattezza, vedono il diritto come norma tecnica per fini sociali o pongono al centro la persona con un valore etico-religioso, fondando il diritto naturale sul rispetto di questo valore.Ci sono anche critiche radicali al diritto e allo Stato. Per Marx, il diritto è solo un riflesso dei rapporti economici e degli interessi della classe dominante, destinato a scomparire in una società senza classi. Altri, con posizioni irrazionaliste o individualiste, come Schopenhauer, Kierkegaard, Stirner e Nietzsche, vedono il diritto come un calcolo per evitare il male, un limite alla libertà individuale o uno strumento dei deboli contro i forti. Alcuni propongono società senza diritto basate su principi religiosi o sull’amore.Nel secondo Ottocento, il positivismo scientifico cerca di studiare la società e il diritto con metodi scientifici, basati sui fatti. La sociologia, vista come “fisica sociale”, dovrebbe sostituire il diritto. Sorgono però teorie antiformalistiche che si oppongono a questa visione rigida. Sostengono che il diritto non è solo regole astratte, ma ha uno scopo pratico legato alla vita sociale e agli interessi. Il sistema giuridico ha lacune, e il giudice ha un ruolo importante nel colmarle, considerando gli interessi in gioco. Esiste un “diritto vivente” nella società che precede e influenza le norme statali.Nel Novecento, la cultura è spesso critica verso il positivismo. Lo storicismo vede la relatività dei valori. Le scienze dello spirito, come la giurisprudenza, mirano a comprendere, non solo a spiegare. Alcuni vedono il diritto come la forma della società o l’idea che si realizza nella storia. Altri lo definiscono come coordinazione di azioni basata sulla persona e su principi etici che limitano lo Stato. Nelle dottrine nordamericane, la common law dà importanza ai giudici e ai precedenti. Il realismo giuridico americano studia il diritto in azione, vedendo le decisioni come frutto di vari fattori e mettendo in dubbio la certezza del diritto.Nel Novecento si sviluppano teorie fondamentali. Kelsen propone una dottrina pura del diritto, separata da politica e morale. Il diritto è un sistema di norme basato sul “dover essere”, dove la validità di una norma deriva da una superiore, fino a una norma fondamentale presupposta. La validità è legata anche all’efficacia dell’ordinamento. Santi Romano, con l’istituzionalismo, vede il diritto non solo come norma, ma come organizzazione sociale, riconoscendo la pluralità degli ordinamenti oltre quello statale. Il realismo giuridico scandinavo considera il diritto un fenomeno psicologico collettivo, vedendo concetti come diritti e doveri come idee nella mente. Studia le norme come imperativi impersonali e l’organizzazione della forza. Ross vede le norme come direttive per i giudici, la cui validità dipende dall’efficacia e da come sono sentite vincolanti. Hart distingue diritto e morale, vedendo il diritto come unione di norme primarie (obblighi) e secondarie (poteri), con una norma di riconoscimento che identifica le regole valide, e riconosce un contenuto minimo di diritto naturale.Riassunto Lungo
1. La Legge Diventa Codice e Positivismo
Nel Settecento, in Europa, si sentì un forte bisogno di mettere ordine nelle leggi e renderle più chiare. Questo portò a una crisi del vecchio sistema legale medievale, basato sul diritto comune. Nacque così l’idea di creare dei codici, che non furono una rottura totale con il passato, ma piuttosto un modo per raccogliere e organizzare le regole già esistenti in modo più logico e completo.I primi codici e l’importanza di quello francese
Il primo codice importante fu quello della Prussia, pubblicato nel 1794. Questo codice divideva la società in classi e stabiliva che i giudici dovessero seguire alla lettera il testo scritto della legge. L’esperienza di codificazione più significativa, però, avvenne in Francia. Qui si superò la vecchia divisione tra le regioni del Sud, dove prevaleva il diritto scritto, e quelle del Nord, dove si usavano le consuetudini. I codici voluti da Napoleone, a cominciare dal Codice Civile del 1807, cercarono di coprire ogni aspetto della vita civile e limitarono molto la libertà dei giudici nell’interpretare la legge. Lo scopo era garantire che la legge fosse certa e prevedibile per tutti.Dalla legge naturale al diritto dello Stato
Questa ricerca di certezza portò gradualmente a un nuovo modo di vedere il diritto, chiamato positivismo giuridico. Secondo questa visione, l’unico diritto valido è quello creato dallo Stato attraverso le sue leggi. In Francia, tra il 1830 e il 1880, nacque la scuola dell’esegesi, i cui studiosi analizzavano il diritto commentando il codice articolo per articolo. Credevano che il codice contenesse già tutte le risposte e che l’interprete dovesse solo scoprire l’intenzione di chi aveva scritto la legge. Il passaggio da un’idea di diritto basata sulla ragione o sulla natura (giusnaturalismo) a un’idea di diritto basata solo sulla legge dello Stato (positivismo) fu reso più facile proprio dalla creazione dei codici, che diedero alla legge statale quel valore assoluto che prima si attribuiva al diritto naturale.Il pensiero giuridico in Inghilterra
Anche in Inghilterra, pensatori legati alla corrente dell’utilitarismo analizzarono il diritto. Jeremy Bentham vedeva la legge come un ordine dato dal sovrano e valutava se una legge fosse giusta in base alla sua utilità: doveva portare la massima felicità al maggior numero di persone. Propose l’idea di creare un codice universale e chiaro, ma questa idea non fu adottata in Inghilterra, dove rimase in vigore il sistema della common law, basato sulle decisioni dei giudici nel tempo. Bentham distingueva tra descrivere il diritto così com’è (giurisprudenza espositiva) e proporre come il diritto dovrebbe essere per migliorare la società (giurisprudenza censoria). Per lui, lo scopo della legge era promuovere il benessere generale. John Austin, un altro utilitarista, definiva il diritto come un comando accompagnato dalla minaccia di una punizione. Anche lui distingueva tra lo studio del diritto esistente (teoria generale del diritto) e lo studio di come creare leggi migliori (scienza della legislazione). La sua analisi si concentrò sui concetti fondamentali del diritto positivo, cioè del diritto creato dallo Stato. Infine, John Stuart Mill, un altro importante utilitarista, considerava anche la qualità dei diversi tipi di piacere e definiva la giustizia come il rispetto di un diritto che spetta a qualcun altro, difendendo con forza il principio di uguaglianza.Davvero il codice può contenere “tutte le risposte”, riducendo il giudice a mero esecutore della volontà del legislatore?
Il capitolo descrive l’ambizione della scuola dell’esegesi di trovare nel codice tutte le soluzioni possibili, limitando l’interprete a scoprire l’intenzione originale del legislatore. Questa visione, pur lodevole nell’intento di garantire certezza, rischia di semplificare eccessivamente il processo di applicazione del diritto. La realtà sociale è complessa e in continua evoluzione, e il linguaggio stesso delle leggi è soggetto a interpretazioni. Affermare che il codice sia completo e inequivocabile ignora le inevitabili lacune e antinomie, oltre al necessario ruolo creativo (seppur limitato) dell’interprete nell’adattare la norma generale al caso concreto. Per approfondire questa problematica e comprendere i limiti di un positivismo stretto, è utile esplorare la filosofia del diritto e la teoria generale del diritto, confrontandosi con autori che hanno criticato la completezza e la coerenza assoluta dell’ordinamento giuridico, come Hans Kelsen o Herbert Hart.2. Il Diritto tra Storia, Popolo e Ragione di Stato
Dopo l’Illuminismo, il pensiero sul diritto si allontana dall’idea di un diritto naturale basato su principi astratti e universali. Si sviluppano nuove correnti che cercano le fondamenta del diritto in altre direzioni, legate alla realtà storica e sociale.Il Diritto nasce dalla Storia e dal Popolo
In particolare in Germania, si afferma lo storicismo. Questa corrente vede il diritto come una creazione spontanea che nasce direttamente dal popolo. Il diritto è profondamente legato alla storia e ai costumi di una nazione, non a principi immutabili validi ovunque e sempre. Figure come Savigny sono convinte che il vero diritto si formi prima attraverso le consuetudini popolari, per poi essere elaborato e sistematizzato dagli studiosi di diritto. Lo studio del diritto deve quindi considerare la sua evoluzione storica, vedendolo come parte integrante e organica della nazione stessa. Questo modo di pensare si oppone all’idea di creare codici di leggi, visti come imposizioni artificiali che non rispettano la crescita naturale del diritto (come dimostra il dibattito tra Savigny e Thibaut). Anche Puchta collega il diritto che nasce dalle abitudini e tradizioni (diritto consuetudinario) allo “spirito del popolo”, un’entità che si sviluppa e cambia nel corso del tempo.Le Diverse Vie della Filosofia dopo Kant
Parallelamente, la filosofia che segue il pensiero di Kant prende diverse strade nell’affrontare il tema del diritto. Alcuni pensatori, partendo dalle idee di Kant, vedono il diritto come uno strumento per coordinare le libertà delle singole persone, garantendo che possano convivere pacificamente (come Zeiller). Altri, come Humboldt, pensano che lo Stato debba avere una funzione limitata, quella di proteggere i diritti che appartengono a ogni individuo, mettendo così lo Stato in una posizione subordinata rispetto alla persona e alla sua libertà. Feuerbach, invece, definisce il diritto come una funzione legata alla ragione e alla possibilità di usare la forza (coazione) per farlo rispettare. Fichte, dopo un primo periodo in cui riconosce diritti che non possono essere tolti e vede la società nascere da un accordo tra individui, cambia idea e arriva a subordinare l’individuo allo Stato. Per Fichte, lo Stato rappresenta l’espressione dei valori etici della comunità e gli vengono attribuiti compiti molto ampi, che riguardano anche l’economia. Schelling segue un percorso simile, passando da una visione che ricorda quella kantiana a una in cui l’individuo è completamente sottomesso allo Stato, visto come il luogo in cui si realizza l’armonia tra gli interessi individuali e quelli universali. Altri filosofi basano la loro idea di diritto su concetti diversi, come l’idea di ordine (Stahl) o persino sul piacere estetico (Herbart).Come si giustifica filosoficamente il passaggio da una visione del diritto basata sulla libertà individuale a una che subordina l’individuo allo Stato?
Il capitolo descrive un percorso di alcuni pensatori post-kantiani che, partendo da premesse che sembrano valorizzare la libertà e l’autonomia della persona, giungono a concepire lo Stato come un’entità superiore, a cui l’individuo è sottomesso. Questo apparente salto logico o evoluzione radicale merita un approfondimento. Per comprendere meglio le ragioni e i passaggi argomentativi che portano a tale conclusione, è utile esplorare ulteriormente il pensiero di autori come Fichte e Schelling, confrontandolo con le basi poste da Kant. Approfondire la filosofia politica e la storia della filosofia post-kantiana può chiarire i presupposti e le implicazioni di queste diverse concezioni del rapporto tra individuo, diritto e Stato.3. Prospettive sul Diritto: Dal Sistema allo Spirito del Popolo
L’idea fondamentale è che ciò che è logico nella mente è anche reale nel mondo, e viceversa. La filosofia è vista come un sistema logico che descrive l’essere stesso. Questo sistema funziona attraverso un processo di ‘dialettica’, dove un’idea (tesi) incontra la sua opposta (antitesi), e da questo scontro nasce una nuova idea che le comprende entrambe (sintesi). L’essere si manifesta in tre forme: l’idea pura, la natura (il mondo fisico) e lo spirito (la coscienza e la vita umana). Lo spirito si sviluppa attraverso diverse fasi: lo spirito ‘soggettivo’ (la coscienza individuale), lo spirito ‘oggettivo’ (la vita sociale e le istituzioni) e lo spirito ‘assoluto’ (arte, religione, filosofia).Il Posto del Diritto nella Vita Sociale
Il diritto si trova nella fase dello spirito oggettivo, il momento in cui lo spirito individuale si realizza nella vita della comunità. Questa vita sociale si esprime in tre momenti principali: il diritto (le regole esterne e astratte), la moralità (l’intenzione e la volontà interiore) e l’eticità (la realtà concreta dello spirito nella vita di un popolo, che unisce regole esterne e convinzioni interiori). Il diritto rappresenta la libertà come idea, espressa nella proprietà (avere cose), nel contratto (scambiare cose) e nel torto (la violazione dei diritti). Il torto è un’azione che nega la libertà e il diritto. La punizione non serve tanto a prevenire crimini o a migliorare il colpevole, ma ha lo scopo di annullare il torto commesso e riaffermare il principio etico del diritto.L’Eticità e lo Stato
L’eticità è vista come la vera realtà del diritto, il luogo dove si realizza pienamente. Si sviluppa in tre forme: la famiglia (il primo legame etico), la società civile (il mondo del lavoro e degli scambi) e lo Stato (la massima realizzazione della vita etica di un popolo). Nello Stato, l’individuo trova la sua piena realizzazione, sottomettendosi all’eticità della comunità. Lo Stato è la presenza concreta della ragione nel mondo. Non esiste un ‘diritto naturale’ separato dalle leggi positive dello Stato, perché ciò che è razionale è già presente nella realtà storica. Allo stesso modo, non esiste uno Stato ‘ideale’ astratto; lo Stato è quello che la storia, guidata dalla ragione, richiede in un dato momento. Il diritto si trova quindi nelle leggi e nelle istituzioni che si sono formate storicamente.Diverse Visioni nel Risorgimento Italiano
Durante il periodo del Risorgimento in Italia, emersero diverse visioni sul diritto, alcune delle quali criticavano o si discostavano da queste idee filosofiche più generali. Alcuni pensatori criticarono l’idea di concetti universali astratti. Definirono il diritto in modo più pratico: la possibilità per una persona di agire liberamente, a patto di non violare i diritti degli altri. Altri paragonarono la società a un organismo vivente con proprie leggi naturali. Videro il diritto come uno strumento tecnico, una regola pratica per raggiungere obiettivi specifici, come l’utilità per la società o il miglioramento morale degli individui.Il Diritto Naturale e la Persona
Anche l’idea di ‘diritto naturale’ fu interpretata in modo diverso, non come un insieme di regole fisse, ma come norme che cambiano e si adattano nel corso della storia. Nel campo del diritto penale, l’obiettivo principale divenne la protezione della società, dando priorità alla prevenzione dei crimini. Una visione importante mise al centro del diritto la persona umana. La persona è vista come portatrice di un valore profondo, legato alla morale e alla religione. Questo valore intrinseco della persona genera un dovere di rispetto negli altri.La Persona al Centro del Diritto Naturale
Secondo questa prospettiva, il diritto naturale si basa sul valore della persona. Questa visione cerca una via di mezzo tra l’attenzione solo sull’individuo (individualismo) e l’attenzione solo sul gruppo (collettivismo). Si credeva nell’esistenza di diritti innati nell’uomo, con un fondamento religioso. L’organizzazione della società umana richiedeva diverse forme: la società religiosa (teocratica), la famiglia (domestica) e lo Stato (civile). La giustizia era strettamente legata al diritto naturale, che a sua volta derivava da un principio superiore (spesso divino). La legge fatta dallo Stato doveva quindi essere giusta, basata sulla ragione e sulla morale religiosa. Altri pensatori diedero più importanza al dovere dell’individuo rispetto ai suoi diritti. Altri ancora difesero un diritto naturale basato sulla razionalità, che non poteva essere separato dalla morale. Queste ultime visioni spesso giustificavano e sostenevano le strutture sociali esistenti, più conservatrici.Di fronte a un tale caleidoscopio di teorie sul diritto, il capitolo ci fornisce gli strumenti per valutarne la validità o si limita a una mera rassegna, lasciando il lettore senza una bussola critica?
Il capitolo offre una vasta panoramica delle diverse correnti di pensiero sul diritto all’inizio del Novecento. Tuttavia, la semplice elencazione di posizioni spesso contrastanti, dall’idealismo al realismo, senza un’analisi comparativa approfondita o una valutazione critica della loro efficacia esplicativa o pratica, rischia di lasciare il lettore disorientato. Per colmare questa lacuna, sarebbe utile approfondire la filosofia del diritto comparata, che analizza le differenze e i punti di contatto tra le varie scuole, e la sociologia del diritto, che studia l’impatto reale delle norme e delle teorie nella società. Autori come Norberto Bobbio o Santi Romano offrono approcci che cercano di sistematizzare o radicare il pensiero giuridico nella realtà sociale e istituzionale.7. Teorie a Confronto sulla Natura della Legge
Nel Novecento, la scienza del diritto ha visto nascere diverse idee fondamentali su cosa sia la legge. Hans Kelsen, ad esempio, propone una dottrina “pura”, che cerca di separare il diritto da campi come la politica o le scienze naturali. Per Kelsen, il diritto riguarda il “dover essere”, basato sul principio di imputazione. Questo è diverso dalla natura, che si basa sull'”essere” e sul legame di causa ed effetto. La norma giuridica, in questa visione, è un giudizio ipotetico: se accade un certo illecito, allora deve seguire una sanzione voluta dallo Stato. Il “dover essere” si riferisce proprio a questa sanzione che deve seguire, non all’obbligo per le persone di comportarsi in un certo modo. La validità di una norma, cioè la sua forza obbligatoria, deriva da una norma di livello superiore, risalendo fino a una norma fondamentale che si presuppone esista, vista come la costituzione logico-giuridica. Kelsen collega la validità di una norma anche all’efficacia complessiva dell’intero sistema giuridico. In una fase successiva del suo pensiero, vede la norma come la forma logica di un comando.La Visione Istituzionalista di Santi Romano
In contrasto con l’idea di Kelsen, Santi Romano sviluppa la teoria istituzionalista. Per Romano, il diritto non si limita alle sole norme, ma è soprattutto organizzazione e struttura della società. Ogni ordinamento giuridico è, in realtà, un’istituzione, e ogni istituzione è un ordinamento giuridico. L’istituzione viene vista come un corpo sociale che si è organizzato. Questa prospettiva rifiuta l’idea che il diritto sia solo quello prodotto dallo Stato e riconosce invece l’esistenza di una pluralità di ordinamenti giuridici, anche al di fuori dello Stato.Il Realismo Giuridico Scandinavo: Diritto come Fenomeno Psichico
Un’altra corrente di pensiero, il realismo giuridico scandinavo, critica sia il giusnaturalismo (che crede in un diritto naturale superiore) sia il positivismo più formale. Questa scuola considera il diritto come un fenomeno che esiste nella mente collettiva delle persone. Concetti come i diritti che spettano a una persona o i doveri che ha non sono visti come realtà concrete, ma piuttosto come idee che si formano nella mente umana. La conoscenza scientifica, per i realisti scandinavi, deve basarsi sui fatti. I giuristi, quindi, studiano le parole e i rituali usati nel diritto che influenzano i comportamenti delle persone, creando in loro un senso di obbligazione legato alla convinzione che esistano vincoli reali. Autori come A. Hägerström sostengono che il diritto sia un insieme di regole rivolte agli organi dello Stato che garantiscono dei vantaggi; altrimenti, è solo un’idea priva di fondamento concreto. W. Lundstedt definisce i diritti come posizioni di vantaggio che vengono protette dallo Stato. K. Olivecrona considera i diritti soggettivi e i doveri come concetti puramente immaginari. Le norme, per lui, sono imperativi impersonali, cioè modelli di condotta, non comandi diretti da qualcuno. Vede il diritto fondamentalmente come l’organizzazione della forza nella società. A. Ross, un altro esponente, vede le norme come indicazioni rivolte sia ai giudici che ai cittadini. La validità di una norma, per Ross, si basa sulla sua efficacia, intesa come ciò che è realmente operante nella mente del giudice e che lui sente come vincolante. La scienza giuridica, in questa visione, è una scienza sociale che studia i fatti, e l’effettività del diritto si manifesta concretamente nel comportamento dei giudici.H.L.A. Hart e l’Unione di Regole
Infine, H.L.A. Hart propone una distinzione netta tra il diritto per come è e il diritto per come dovrebbe essere, simile alla separazione tra diritto e morale. Per Hart, il diritto è un insieme di due tipi di norme: le norme primarie, che impongono obblighi, e le norme secondarie, che conferiscono poteri (ad esempio, il potere di creare, modificare o abrogare altre norme). Un elemento centrale nella sua teoria è la norma di riconoscimento, che è quella regola che permette di identificare quali norme fanno parte di un certo sistema giuridico e sono quindi obbliganti; questa norma è implicita nel modo in cui gli operatori del diritto agiscono. Il diritto può essere osservato da due prospettive: un punto di vista esterno, che si limita a constatare i comportamenti delle persone, e un punto di vista interno, che implica l’accettazione delle regole come diritto valido. L’esistenza di un sistema giuridico dipende dalla sua efficacia complessiva nella società. Hart riconosce anche l’esistenza di un contenuto minimo di diritto naturale, che include principi essenziali per la sopravvivenza della società, come la protezione delle persone, della proprietà e degli accordi presi.Ma se il diritto è ora una struttura logica pura, ora un’organizzazione sociale, ora un fenomeno psichico, stiamo davvero parlando della stessa cosa, o queste teorie, pur illuminanti, rischiano di ridurre la complessità del fenomeno giuridico?
Il capitolo presenta visioni della natura del diritto profondamente divergenti, quasi inconciliabili. Questa radicale differenza nell’identificare l’essenza stessa del diritto (norma pura, istituzione, fatto psichico, unione di regole) solleva il dubbio se queste teorie stiano effettivamente analizzando lo stesso oggetto o se, concentrandosi su un aspetto specifico, ne trascurino altri fondamentali. Per affrontare questa questione e comprendere meglio i limiti e i meriti di ciascuna prospettiva, è essenziale approfondire il pensiero degli autori citati, come Kelsen, Romano, Hart, e gli esponenti del realismo scandinavo come Ross o Olivecrona, leggendo direttamente le loro opere. Inoltre, è utile esplorare la filosofia del diritto contemporanea, che dibatte ancora oggi questi nodi irrisolti e cerca approcci più integrati o radicalmente nuovi.Abbiamo riassunto il possibile
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