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Contenuti del libro
Informazioni
“Internet, lavoro, vita privata. Come le nuove tecnologie cambiano il nostro mondo” di Stefana Broadbent è un libro che ti fa pensare un sacco a come usiamo davvero i nostri canali di comunicazione oggi. Nonostante abbiamo mille modi per sentirci, tipo email o social, alla fine parliamo un sacco solo con pochissime persone, la nostra cerchia ristretta di amici e famiglia, perché ci danno sicurezza e mantengono i legami sociali forti. La cosa interessante è come questi dispositivi personali, soprattutto i cellulari, hanno iniziato a rompere il vecchio confine lavoro-vita privata. Prima il lavoro era una cosa, la casa un’altra, ma ora ci portiamo dietro la nostra vita affettiva anche in ufficio o a scuola. Questo crea un sacco di casini e tensioni nei workplaces, dove capi e colleghi non sempre vedono di buon occhio le chiamate o i messaggi privati, spesso pensando che cali la produttività. Ma il libro spiega che forse il problema non è solo la distrazione, ma il fatto che questi strumenti ci permettono di avere attenzione condivisa con chi vogliamo, anche quando siamo annoiati o isolati al lavoro. Alla fine, sembra che la soluzione non sia vietare tutto, ma puntare sulla fiducia e capire che le nostre vite digitali e reali si stanno mescolando per sempre.Riassunto Breve
La comunicazione umana si concentra su un numero ristretto di persone, principalmente familiari e amici intimi. L’80% degli scambi avviene con circa cinque individui. Questa tendenza si osserva su vari canali digitali e piattaforme. La forza del legame determina l’uso di più canali. Gli scambi quotidiani sono brevi aggiornamenti per mantenere vicinanza e sicurezza emotiva, legati ai bisogni di attaccamento. Oltre a concentrarsi su pochi, le persone usano molti canali diversi, scegliendoli in base a contesto, relazione, urgenza e privacy. I nuovi canali si aggiungono, specializzando l’uso. La scelta dipende da fattori sociali, non solo pratici. Canali diversi hanno funzioni sociali specifiche come la linea fissa per la famiglia, il mobile per gli amici, gli SMS per scambi intimi, l’email per scopi amministrativi, i social network per svago. La differenza tra comunicazione in tempo reale (sincrona) e asincrona è importante per gestire la disponibilità. La comunicazione scritta offre riservatezza, la voce è cruciale per questioni complesse o emotive. La scelta del canale è un atto sociale complesso. Storicamente, lavoro e vita privata erano separati. L’uso di telefoni cellulari privati ha cambiato questo, permettendo comunicazioni personali (con i legami stretti) anche al lavoro. Questo soddisfa bisogni emotivi e di sicurezza, ma crea tensione con le vecchie norme lavorative che richiedono concentrazione esclusiva. Le restrizioni aziendali non sono tanto per la produttività (il tempo perso è minimo) quanto per controllo, gerarchia e fiducia. La comunicazione privata in ufficio rompe la separazione, mostrando aspetti personali e dividendo l’attenzione. Canali come l’email sono meno problematici perché sembrano lavoro, mentre chiamate e messaggi istantanei sono visti come più dirompenti. La libertà di usare dispositivi privati varia con la posizione e il livello di autonomia. L’uso dei dispositivi personali genera preoccupazioni per la distrazione e il pericolo, specialmente in lavori ad alto rischio. Incidenti gravi mostrano come la comunicazione privata avvenga nei momenti di pausa percepita o attesa. I dispositivi riempiono questi ‘tempi morti’ ma possono alterare la percezione del tempo. Il pericolo è maggiore in contesti dove gli operatori sono isolati, stanchi o annoiati. Le regole spesso si concentrano sul dispositivo, che è un sintomo, ignorando cause più profonde come infrastrutture, orari o monotonia del lavoro. Anche alla guida, la comunicazione digitale avviene spesso durante le pause forzate nel traffico. Questi comportamenti comunicativi personali sono destinati a continuare. Le restrizioni da sole non bastano. La sfida è integrare questi strumenti. L’attenzione e la comunicazione sono strettamente legate. I dispositivi digitali creano tensione perché tirano l’attenzione verso altri spazi sociali. La cognizione umana è fatta per l’attenzione condivisa e la cooperazione. Il linguaggio stesso serve a condividere e orientare l’attenzione. Ricevere messaggi significa condividere attenzione. L’attenzione è quasi sempre sociale. I conflitti nascono perché ambienti come lavoro o scuola sono strutturati per l’attenzione condivisa su scopi specifici, mentre i dispositivi aprono finestre su altri scopi condivisi (famiglia, amici). Le persone sanno passare tra diversi spazi attentivi. La difficoltà è la concentrazione in isolamento. Lavori noiosi o frammentati rendono i dispositivi, che offrono attenzione condivisa cooperativa, molto attraenti. La soluzione sta nel comprendere questa abilità umana di cooperare e condividere l’attenzione. Fiducia e una cultura orientata al risultato, sia a scuola che al lavoro, permettono una migliore integrazione della vita digitale. Permettere la comunicazione privata migliora anche il benessere in contesti come ospedali. Non sono gli strumenti il problema, ma la mancanza di scopo o appartenenza che spinge a cercare rifugio nella dimensione privata. Un clima di fiducia e una cultura del risultato favoriscono l’integrazione efficace.Riassunto Lungo
1. I legami essenziali nella comunicazione
Nonostante oggi si possano usare molti modi per parlare con gli altri, come il telefono, le email o i social network, le persone scelgono di concentrare la maggior parte delle loro conversazioni su pochissimi contatti. In media, l’ottanta per cento delle comunicazioni avviene con circa cinque persone. Questa abitudine è stata notata in diversi paesi e su piattaforme digitali differenti, come dimostrano ricerche fatte su chi usa il telefono, le email e social network come Facebook e Mixi.Chi sono i nostri interlocutori principali?
Le persone con cui parliamo più spesso fanno parte della nostra cerchia più vicina: familiari e amici stretti. La forza del legame con una persona influenza quanti strumenti diversi usiamo per comunicare con lei; più la relazione è forte, più canali vengono usati per interagire.Il valore della comunicazione quotidiana
Molti scambi di ogni giorno sono fatti di messaggi brevi, che servono a sentirsi sempre vicini, creando uno spazio sociale sempre disponibile. Questa comunicazione costante con le persone a cui vogliamo bene ha un grande valore emotivo.Perché comunichiamo così tanto con pochi?
Una ragione per cui parliamo in modo così intenso con la nostra cerchia più stretta può essere trovata nelle teorie dell’attaccamento. Comunicare a distanza, specialmente quando non si è fisicamente vicini, può aiutare a ridurre l’ansia e a sentirsi più sicuri, un po’ come il bisogno di stare vicino alle persone importanti nella nostra vita. Poter contattare velocemente chi ci è caro, soprattutto con il telefono cellulare, è spesso visto come una garanzia di sicurezza. Sentire che queste comunicazioni abituali mancano può causare un senso di disagio emotivo.Ma la concentrazione delle comunicazioni su pochi contatti è solo una questione di attaccamento e sicurezza emotiva, o ci sono dinamiche sociali e cognitive che il capitolo trascura?
Il capitolo propone la teoria dell’attaccamento come spiegazione principale per l’intensa comunicazione con la cerchia ristretta. Tuttavia, questa prospettiva psicologica potrebbe non essere l’unica. Fenomeni come la struttura delle reti sociali, i limiti cognitivi nella gestione delle relazioni (come studiato da autori quali Dunbar), o persino il design stesso delle piattaforme digitali, potrebbero influenzare significativamente chi e quanto spesso contattiamo. Per avere un quadro più completo, sarebbe utile esplorare contributi dalla sociologia, dalla psicologia sociale e dalla network science.2. La Scelta Sociale dei Canali di Comunicazione
Le persone usano ogni giorno molti modi diversi per comunicare, e scelgono quale usare a seconda della situazione. I nuovi strumenti digitali non prendono il posto di quelli vecchi, ma si aggiungono, e ogni mezzo viene usato per scopi specifici. Per capire davvero come comunichiamo, dobbiamo guardare a tutti i canali che abbiamo a disposizione.Cosa influenza la scelta del canale
Decidere quale canale usare non dipende solo da cose pratiche come quanto costa o dove ci troviamo. Molti altri aspetti contano, tra cui quanto vogliamo che la conversazione rimanga privata, quanto è urgente avere una risposta, che tipo di rapporto abbiamo con chi parliamo (se è formale o amichevole), quanto tempo abbiamo e quanto teniamo alla qualità dello scambio. Le persone scelgono i canali in base alle loro caratteristiche per creare l’ambiente di comunicazione più adatto alla situazione.I diversi ruoli dei canali
I vari canali di comunicazione si differenziano per gli scopi sociali per cui vengono usati di più. Il telefono fisso è spesso usato per parlare con la famiglia e gestire le cose di casa, funzionando come un canale per tutta la famiglia. Il telefono cellulare, invece, serve più per gli amici e i contatti personali, essendo un canale più individuale. I messaggi scritti (SMS) sono preferiti per conversazioni private ed emotive, offrendo molta riservatezza e agendo come un canale intimo. L’email è usata per questioni di lavoro, amministrative o per gestire attività online, diventando un canale più formale o amministrativo. La messaggistica istantanea e le videochiamate (come Skype) aiutano a sentirsi in contatto quasi continuamente con gli altri. I social network, infine, sono usati spesso per divertirsi e per comunicazioni leggere e meno impegnative, rappresentando un canale più ricreativo.Comunicazione in tempo reale o con ritardo
Una differenza importante tra i canali è se la comunicazione avviene in tempo reale (sincrona), come le chiamate vocali, o con un certo ritardo (asincrona), come le email e gli SMS. La comunicazione in tempo reale richiede che le persone siano disponibili nello stesso momento e si dedichino l’una all’altra. Quella con ritardo, invece, è meno “invasiva”. Scegliere un canale significa anche decidere come gestire la propria disponibilità e quanto si chiede l’attenzione degli altri; questo è un aspetto importante che può anche dipendere da chi ha più “potere” nella relazione.Parlare a uno o a tanti
Quando si comunica con molte persone contemporaneamente, come succede sui social network, ci si sente meno obbligati a rispondere subito rispetto a quando si parla direttamente con una sola persona. Per questo, i social network come Facebook sono visti da molti come meno impegnativi rispetto a canali diretti come email o SMS, dove le regole sociali spingono di più a dare una risposta.Scritto o parlato: pro e contro
La comunicazione scritta offre una maggiore riservatezza rispetto a quella vocale, permettendo scambi privati anche quando si è in luoghi pubblici o sotto controllo. Tuttavia, la voce resta fondamentale per affrontare argomenti complicati, gestire disaccordi o dare notizie delicate. Questo perché la voce permette di trasmettere meglio le emozioni e di trovare un accordo parlando in tempo reale. Usare canali che prevedono un ritardo per queste situazioni può essere percepito come una mancanza di rispetto. La scelta del canale per comunicare è quindi un’azione sociale complessa, guidata dalle caratteristiche dello strumento e dalle regole non scritte che riguardano le relazioni e la società in cui viviamo.Il capitolo descrive l’uso dei canali, ma spiega davvero perché la società attribuisce loro ruoli così specifici?
Il capitolo illustra efficacemente come i diversi canali di comunicazione vengano impiegati per scopi sociali distinti, dal formale all’intimo, dal familiare al ricreativo. Tuttavia, si limita a descrivere queste associazioni (“Il telefono fisso è spesso usato per…”, “L’email è usata per…”) senza approfondire i processi sociali, culturali e storici che portano all’attribuzione di tali significati e “regole non scritte” ai vari strumenti. Come si formano queste convenzioni? Chi le definisce e le mantiene? Come evolvono con l’introduzione di nuove tecnologie? Per esplorare queste dinamiche più a fondo, sarebbe utile rivolgersi a studi che analizzano la co-costruzione sociale della tecnologia e le pratiche comunicative emergenti, magari leggendo autori nell’ambito della sociologia della comunicazione e degli studi sui media.3. Il Lavoro Connesso: Quando la Vita Privata Entra in Ufficio
Storicamente, luoghi come il lavoro o la scuola richiedevano una separazione netta dalla vita privata e dai legami familiari. Questa divisione era vista come necessaria per garantire concentrazione e produttività. L’industrializzazione del XIX secolo ha spostato il lavoro fuori casa, creando una distinzione fisica e sociale tra la sfera domestica e quella professionale. Le città moderne riflettono questa separazione con zone residenziali distinte dai luoghi di lavoro. Il passaggio tra casa e lavoro implicava anche una transizione psicologica, con le persone che adottavano rituali per cambiare mentalità, passando da uno stato “modalità casa” a uno “modalità lavoro”, sforzandosi di concentrarsi sul ruolo professionale ed escludere pensieri personali.La Connessione Cambia le Cose
La diffusione dei telefoni cellulari privati ha modificato in modo sostanziale questa situazione. Le ricerche dimostrano che una parte significativa delle comunicazioni effettuate dal luogo di lavoro è di natura privata e avviene con le persone più vicine, come familiari e partner. Questi scambi, spesso brevi messaggi o chiamate, servono a mantenere i legami emotivi e a gestire ansie legate alla separazione, specialmente per i genitori. La comunicazione privata al lavoro risponde a un bisogno emotivo profondo, accentuato da una cultura che pone l’intimità e la famiglia al centro del benessere individuale, permettendo di sentirsi connessi e di bilanciare le richieste del mondo esterno con quelle della sfera affettiva.Regole Antiche e Bisogni Attuali
Nonostante questa realtà cambiata, molte istituzioni mantengono regole restrittive sull’uso di dispositivi personali. Queste limitazioni sono spesso un’eredità di principi di controllo e produttività risalenti al XIX secolo, che miravano a isolare il lavoratore e massimizzare l’attenzione sul compito. Questo crea una tensione tra la storica esigenza di separazione e il bisogno umano attuale di integrare le diverse sfere della vita, mostrando come vecchie regole si scontrino con le moderne necessità sociali ed emotive.Ma la fiducia e lo scopo bastano davvero a contrastare la forza di distrazione di strumenti progettati per catturare la nostra attenzione?
Il capitolo propone un approccio basato sulla fiducia e sul focus sui risultati come alternativa ai divieti per gestire l’uso dei dispositivi digitali. Tuttavia, l’argomentazione sembra sottovalutare la natura intrinseca di molte tecnologie digitali, che sono spesso progettate per massimizzare il tempo di utilizzo e l’engagement, sfruttando meccanismi psicologici legati all’attenzione e alla gratificazione. Affidarsi unicamente alla responsabilità individuale e a un generico “senso di scopo” potrebbe non essere sufficiente di fronte a stimoli costantemente ottimizzati per distrarre. Per approfondire questa tensione tra design tecnologico e gestione dell’attenzione, sarebbe utile esplorare studi nel campo della psicologia cognitiva, del design comportamentale e della sociologia della tecnologia. Autori come B.J. Fogg o Cal Newport offrono prospettive diverse su come la tecnologia influenzi i nostri comportamenti e la nostra capacità di concentrazione, suggerendo che la soluzione potrebbe richiedere non solo un cambiamento culturale o di fiducia, ma anche una maggiore consapevolezza del design degli strumenti stessi e strategie più strutturate per gestirne l’impatto.7. L’Attenzione Condivisa e i Nuovi Conflitti
L’attenzione non è solo una risorsa individuale limitata, ma è profondamente sociale. La cognizione umana possiede una capacità unica per condividere l’attenzione con gli altri. Secondo Michael Tomasello, ciò che distingue il linguaggio umano è proprio la sua natura cooperativa, basata sull’intenzionalità condivisa. A differenza di altri primati, gli esseri umani sono capaci di avere scopi comuni e non solo individuali. Questa abilità di cooperare si fonda su meccanismi come l’attenzione congiunta, la capacità di imitare e la comprensione delle intenzioni altrui.L’Attenzione è Fondamentalmente Sociale
L’attenzione congiunta si vede chiaramente nello sviluppo dei bambini, ad esempio quando imparano a indicare. Questo gesto serve a coordinare il comportamento e l’attenzione verso uno scopo condiviso. I bambini imparano presto a dirigere e condividere l’attenzione delle persone intorno a loro. Il linguaggio amplifica enormemente questa capacità, permettendo di capire le intenzioni comunicative anche a distanza e di orientare l’attenzione su concetti astratti o lontani. In sostanza, il linguaggio stesso è uno strumento potente per condividere e dirigere l’attenzione.I Dispositivi Digitali e l’Attenzione Condivisa
Inviare o ricevere messaggi digitali è un esempio concreto di come condividiamo l’attenzione. Questa capacità di comprendere messaggi brevi e veloci si basa sulla nostra abilità di capire le intenzioni di chi scrive e di metterci nei suoi panni. L’analisi dimostra che siamo naturalmente portati a essere sociali nei processi attentivi, passando continuamente tra scopi condivisi e stati attentivi congiunti. Contrariamente all’idea che l’attenzione sia una risorsa individuale da gestire, siamo sempre pronti a spostare la nostra attenzione per connetterci con gli altri.Conflitti tra Ambienti Strutturati e Attenzione Personale
Le tensioni generate dai nuovi dispositivi digitali nascono proprio dal legame stretto tra attenzione e comunicazione. Ambienti sociali come scuole o luoghi di lavoro sono organizzati per focalizzare l’attenzione congiunta su obiettivi specifici e comuni. L’uso di dispositivi personali apre invece finestre su altri spazi di attenzione condivisa, come quelli con familiari o amici. Questi ambienti tradizionali usano vari strumenti per mantenere alta l’attenzione focalizzata. L’arrivo di una comunicazione personale è visto come una minaccia perché le persone sono biologicamente pronte a spostare la loro attenzione verso questi spazi sociali più distanti e spesso più gratificanti.La Sfida della Concentrazione Individuale
Gli incidenti o i problemi legati all’uso dei dispositivi digitali sono spesso attribuiti a una mancanza di attenzione. Tuttavia, il vero problema non è l’incapacità di condividere l’attenzione (che è una nostra forza), ma piuttosto la difficoltà di mantenere l’attenzione autodiretta e la concentrazione quando si è da soli. Gli ambienti di lavoro moderni, con compiti spesso frammentati e molta interazione con le macchine, rendono difficile competere con l’attrattiva dei dispositivi personali. Questi ultimi offrono la possibilità immediata di condividere attenzione in modo cooperativo, un’opzione che diventa quasi irresistibile quando le attività individuali che dovremmo svolgere risultano noiose o poco stimolanti.Ma se l’attenzione è “fondamentalmente sociale”, come può il problema dei dispositivi digitali ridursi a una semplice “difficoltà di mantenere l’attenzione autodiretta” individuale?
Il capitolo, pur riconoscendo la natura profondamente sociale dell’attenzione, sembra poi ricadere in una spiegazione del problema che lo attribuisce principalmente a una debolezza individuale: la difficoltà a mantenere la concentrazione autodiretta. Questo approccio rischia di trascurare come gli ambienti digitali non si limitino a offrire “spazi di attenzione condivisa”, ma attivamente competano per essa, sfruttando non solo la nostra propensione cooperativa, ma anche altri meccanismi psicologici legati all’interazione sociale, alla ricompensa e all’abitudine. Per comprendere meglio questa dinamica, sarebbe utile approfondire gli studi sulla psicologia dei media digitali, l’economia dell’attenzione e le teorie del comportamento, esplorando autori che trattano di come la tecnologia modella le nostre interazioni e i nostri processi cognitivi.Abbiamo riassunto il possibile
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