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Contenuti del libro
Informazioni
esplora come i duchi di Milano, in particolare Filippo Maria Visconti, usarono il feudo non solo come legame personale ma come strumento per costruire uno stato più centralizzato. Il libro ci porta nel Ducato di Milano del Quattrocento, mostrando come la politica feudale, le investiture e le separazioni territoriali dalle città lombarde ridefinirono la mappa del potere. Vediamo come Filippo Maria cercò di imporre la giurisdizione ducale, supportato da giuristi come Baldo e Garati che teorizzavano la sudditanza territoriale, superando il vecchio vassallaggio. Nonostante l’ambizione di un dominio assoluto, la realtà era fatta di continui negoziati con città e comunità rurali, che a volte cercavano la separazione per ottenere autonomia. È un viaggio affascinante nella complessa prassi di governo viscontea, tra teorie giuridiche e la dura necessità di gestire un territorio frammentato.Riassunto Breve
Nel ducato di Milano, i duchi Visconti e Sforza utilizzarono il sistema feudale per rafforzare il loro potere, non solo come legame personale, ma come strumento per controllare il territorio e le autonomie locali. A partire dal 1395, questa pratica si diffuse per necessità politiche ed economiche, creando una gerarchia di dipendenze e ottenendo il riconoscimento della superiorità ducale dai signori rurali. Sotto Filippo Maria Visconti, l’uso del feudo divenne più intenso e mirato a rimodellare l’organizzazione territoriale, superando il modello urbano. Attraverso la “separazione”, terre e castelli vennero sottratti alla giurisdizione delle città per creare nuove entità amministrative, definite a volte “province”, affermando un modello principesco di governo. Il legame di dipendenza mutò: dalla fedeltà vassallatica personale si passò a un concetto di sudditanza territoriale, dove l’obbedienza al duca derivava dall’appartenenza al territorio e da una subordinazione impersonale. Giuristi come Baldo degli Ubaldi e Martino Garati supportarono questa visione, affermando che ogni giurisdizione derivava dal principe e reinterpretando la Pace di Costanza per superare i limiti posti alle città. Garati equiparò città, castelli e ville a “provinciae”, uniformandole sotto l’autorità ducale e rafforzando l’idea di sudditanza territoriale come vincolo più stabile del vassallaggio. I documenti di concessione feudale si standardizzarono, precisando gli obblighi e trasformando il giuramento di fedeltà in un atto di obbedienza come suddito, ponendo il duca al vertice come autorità politica suprema. Nonostante queste teorie di un potere ducale centralizzato, la realtà politica richiedeva un equilibrio pragmatico. Il governo di Filippo Maria si basò sulla negoziazione con diversi centri di potere: città, comunità rurali e feudatari. Le città reagirono negativamente alle separazioni, che riducevano i loro contadi e aumentavano gli oneri fiscali, cercando di riaffermare i loro privilegi, soprattutto dopo la morte di Filippo Maria. Le comunità rurali furono attive, cercando o rifiutando l’infeudazione per ottenere privilegi o autonomia, negoziando direttamente con il duca e talvolta condizionando le dinamiche politiche. La separazione dal contado cittadino divenne un privilegio ambito. Nel corso del Quattrocento, i duchi attuarono una politica sistematica di concessioni, separando territori da vecchie giurisdizioni come Pavia, Piacenza, Cremona e Novara, e creando nuove contee o comitati (come Voghera, Biandrate, Val Tidone), distribuendo domini a numerose famiglie nobiliari per rafforzare la rete di potere legata al duca. Questa complessa interazione tra ambizioni teoriche, prassi politica e le dinamiche locali definì il governo ducale, plasmato anche da necessità finanziarie e militari.Riassunto Lungo
1. Il Feudo e la Trasformazione del Potere Ducale
L’uso iniziale del feudo da parte dei Visconti e degli Sforza
Nel ducato di Milano, i Visconti e gli Sforza usarono molto il contratto feudale per diventare più potenti. Dal 1395 in poi, questa pratica divenne molto comune perché serviva per motivi politici ed economici. Il feudo si dimostrò un modo efficace per controllare le zone che volevano essere autonome. Creando una specie di scala gerarchica di persone che dipendevano dal duca, si ottenne il riconoscimento formale del potere del duca da parte dei signori che vivevano nelle campagne. Allo stesso tempo, il feudo detto “camerale” diventò una soluzione pratica per gestire i soldi, dando delle rendite temporanee a chi aveva prestato denaro e ai capi militari.Il feudo come strumento di riorganizzazione territoriale con Filippo Maria Visconti
Con Filippo Maria Visconti, l’uso del feudo divenne ancora più forte e cambiò scopo. Il duca lo utilizzò per cambiare l’organizzazione del territorio, andando oltre il modello basato sulle città. Attraverso un sistema chiamato “separazione”, tolse delle terre al controllo delle città, creando delle nuove “province”. In questo modo, affermò un modo di governare il territorio tipico di un principe.Il cambiamento del legame di dipendenza: dalla fedeltà personale alla sudditanza territoriale
Nello stesso periodo, cambiò anche il tipo di legame che creava dipendenza. All’inizio, questo legame si basava sulla fedeltà personale al signore. Poi, si affermò l’idea di una sudditanza legata al territorio. Questo nuovo modo di vedere le cose, sostenuto da esperti di legge, diceva che l’obbedienza al duca nasceva dall’appartenenza al territorio e da una sottomissione impersonale, superando l’importanza del legame personale tipico del feudo. L’obiettivo di Filippo Maria era concentrare il potere nelle sue mani, indebolendo i signori locali e affermando un’autorità ducale più ampia e impersonale. Questa autorità si basava su un’idea di potere legata al territorio e di tipo “pubblico”.Ma è davvero plausibile che la transizione da un legame personale a una sudditanza territoriale sia stata così netta e lineare come descritto?
Il capitolo presenta un quadro forse troppo semplificato della trasformazione del potere ducale. Affermare che la sudditanza territoriale abbia completamente superato l’importanza del legame personale potrebbe trascurare le persistenze di dinamiche sociali e politiche basate sulla fedeltà individuale, tipiche del periodo medievale. Per comprendere meglio la complessità di questa transizione, sarebbe utile approfondire studi sulla storia delle istituzioni medievali e del pensiero politico, che potrebbero offrire una visione più articolata delle interazioni tra legami personali e territoriali nel contesto del ducato di Milano.2. Il Ducato Rimodellato: Strategie Viscontee per il Controllo Territoriale
Le concessioni feudali di Filippo Maria Visconti
Filippo Maria Visconti utilizzò le concessioni feudali con uno scopo preciso: rafforzare il suo potere e cambiare l’organizzazione del Ducato. Le azioni legali che si sono accumulate nel tempo dimostrano la volontà di Visconti di affermare la sua autorità. Per fare ciò, mise sempre al primo posto il bene comune dei sudditi, superando gli interessi dei singoli. Questa politica rappresentò un cambiamento rispetto al precedente modello di stato cittadino, che tendeva invece a un sistema territoriale meno centralizzato.La separazione dei territori dalle città
Un modo importante per raggiungere questo obiettivo fu separare i territori dalle città e dare il controllo della giustizia direttamente alle comunità che vivevano nelle campagne. Con queste azioni, Visconti tolse potere alle città e creò un legame diretto tra sé e le terre del Ducato. In questo modo, cambiò la divisione amministrativa del territorio. Allo stesso tempo, rese più forte la figura del feudatario, che diventava un suddito del duca. Questo sottolineava che il feudatario non dipendeva dal duca solo per questioni feudali, ma anche politiche. Questo cambiamento fu sostenuto da esperti di diritto, che usarono il linguaggio delle leggi per giustificare le azioni del duca e il suo desiderio di rendere uniforme il suo dominio.L’evoluzione delle concessioni feudali
Il modo in cui cambiavano i documenti di concessione feudale dimostra questa idea di potere autoritario. Le formule usate nei documenti divennero standard, i contenuti delle concessioni furono resi più precisi e gli obblighi dei feudatari furono definiti in modo più rigido, soprattutto con il giuramento di fedeltà. Questo giuramento cambiò: non si chiedeva solo la tradizionale fedeltà vassallatica, ma anche l’obbedienza al duca come suddito. Così, ogni feudatario si trovava in una struttura di potere verticale, con il duca al comando. Il duca era quindi la massima autorità politica, non solo un signore feudale. Infine, il duca affermò il suo potere direttamente sulle comunità, ribadendo che dovevano obbedire a lui, anche senza passare attraverso i feudatari.Ma se Visconti agiva per il “bene comune”, perché fu necessario un tale dispiegamento di forza giuridica e standardizzazione degli obblighi feudali?
Il capitolo presenta le azioni di Filippo Maria Visconti come guidate dal “bene comune”, ma l’insistenza sulla standardizzazione dei documenti legali e sull’irrigidimento degli obblighi feudali solleva interrogativi. Se le sue riforme fossero state universalmente percepite come vantaggiose, tale apparato coercitivo sarebbe stato realmente necessario? Per rispondere a questa domanda, sarebbe utile approfondire le dinamiche del potere signorile nel tardo Medioevo, studiando autori come Bloch o Duby, che analizzano le complesse relazioni tra signori e comunità rurali, e considerare se la retorica del “bene comune” potesse celare strategie di controllo politico più stringenti.3. Dottrina e Potere: La Giurisdizione Ducale nel Ducato di Milano
L’Importanza del Modello Feudale
Il modo in cui si è evoluto il sistema feudale ci fa capire le intenzioni politiche dei duchi di Milano. Volevano infatti rendere omogenei i poteri locali e tenerli sotto controllo. Per farlo, hanno usato un modello di contratto che, pur rifacendosi al sistema feudale, puntava soprattutto a far valere la loro autorità su tutto il territorio, andando oltre le pretese delle città.Il Ruolo dei Giuristi Pavesi
Alcuni esperti di legge di Pavia, come Baldo degli Ubaldi e Martino Garati, hanno dato delle motivazioni teoriche per giustificare il potere del principe. Questi giuristi hanno dato una nuova interpretazione alla Pace di Costanza, che era un problema per i duchi. Hanno sostenuto che gli accordi presi con la Pace di Costanza erano validi solo per un periodo limitato. Inoltre, hanno affermato che ogni tipo di potere di governo deriva dal principe, che sia imperatore o duca. Grazie a questa interpretazione, i Visconti si sentirono autorizzati a disporre delle autorità delle città, superando i limiti stabiliti dalla Pace di Costanza.L’Equiparazione Territoriale e la Nascita della Sudditanza
La dottrina giuridica fece un altro passo avanti con Garati. Egli mise sullo stesso piano città, castelli e villaggi, considerandoli tutti come provinciae e quindi soggetti allo stesso modo al potere del duca. Questa visione amministrativa aveva lo scopo di rendere uniformi le diverse zone del territorio, mettendole tutte direttamente sotto il controllo del duca. Allo stesso tempo, cambiò anche il rapporto tra il principe e la popolazione. Il concetto di sudditanza, legato al luogo in cui si viveva, diventò più importante del vassallaggio, che era un legame più personale e meno vincolante. Il giuramento di fedeltà del suddito divenne quindi un atto di obbedienza più forte e duraturo.La Realtà Politica e i Limiti del Potere Ducale
Nonostante si cercasse di costruire un sistema di potere ducale centralizzato e assoluto dal punto di vista teorico, la situazione politica reale era diversa. Il governo di Filippo Maria Visconti si basava su un equilibrio pratico tra diverse forze: le città, le comunità e i feudatari. Invece di imporre il suo dominio in modo autoritario, Visconti preferiva trattare e trovare un accordo tra questi gruppi. Quindi, la riorganizzazione del territorio e la dottrina giuridica rappresentavano un progetto politico ambizioso, ma la sua realizzazione concreta dipendeva dalla necessità di ottenere il consenso e dalla presenza di poteri locali autonomi che non volevano scomparire.Se la politica feudale mirava a rafforzare il Ducato, come mai il sistema feudale, intrinsecamente decentrato, avrebbe dovuto portare a una maggiore centralizzazione del potere ducale, anziché a nuove forme di frammentazione e poteri locali autonomi?
Il capitolo presenta la politica feudale ducale come uno strumento efficace di centralizzazione, ma trascura la potenziale contraddizione tra la natura stessa del feudalesimo, che tende alla decentralizzazione, e l’obiettivo dichiarato di rafforzare il potere centrale. Per rispondere a questa domanda, sarebbe utile approfondire le dinamiche del potere feudale nel contesto lombardo e le opere di storici come Marc Bloch, specialista nello studio del feudalesimo, per comprendere meglio le complesse interazioni tra potere centrale e poteri locali.6. Teorie di Potere e Dominio Visconteo
Le teorie giuridiche sul potere del Ducato di Milano
Si esaminano le teorie sul diritto elaborate nel Ducato di Milano, con particolare attenzione ai lavori di giuristi come Baldo e Garati. Questi esperti del diritto si sono concentrati sul diritto feudale e sull’amministrazione della giustizia. Il loro obiettivo era definire e giustificare l’autorità del Duca di Milano. Nelle loro argomentazioni, questi giuristi spesso paragonavano il potere del duca a quello dell’imperatore, soprattutto per quanto riguarda la capacità di amministrare la giustizia. Inoltre, si discute se la Pace di Costanza fosse ancora valida e quanto potere imperiale fosse stato effettivamente trasferito al Duca di Milano.L’applicazione pratica del diritto feudale
Il diritto feudale non era solo teoria, ma si concretizzava nelle azioni politiche dei Visconti. La concessione di feudi e la creazione di territori separati erano strumenti concreti di governo. Queste azioni erano supportate da interpretazioni legali che ne giustificavano l’esistenza. Tuttavia, il potere del duca aveva anche dei limiti. Nonostante le teorie che tendevano ad ampliare il suo potere, il dominio del Duca si basava più sulla capacità di mediare e di ottenere il consenso, piuttosto che su un’autorità assoluta e senza opposizioni.Guerre, finanze e politica ducale
Le continue guerre e le necessità di denaro influenzavano profondamente le decisioni politiche del ducato. Le tasse e l’uso strategico dei feudi e delle divisioni territoriali erano le risposte a questi bisogni urgenti. Infine, si osserva il rapporto tra il Duca, le città e le comunità che vivevano nelle campagne. A volte, queste comunità rurali cercavano di ottenere autonomia o di separarsi dalle città, sfruttando i privilegi concessi dal potere del duca. Questo scenario complesso mostra come il potere dei Visconti si realizzava attraverso un intreccio di ambiziose teorie legali, azioni politiche concrete e continue trattative con le diverse realtà territoriali del Ducato.Ma se il potere del Duca era così vincolato alla mediazione e al consenso, quanto peso avevano realmente queste teorie giuridiche nel panorama politico concreto dell’epoca?
Il capitolo presenta le teorie giuridiche come strumenti di legittimazione del potere ducale, ma non indaga a fondo se queste teorie fossero effettivamente determinanti nelle dinamiche di potere quotidiane. Per rispondere a questa domanda, sarebbe utile approfondire la storia politica e sociale del Ducato di Milano, studiando le dinamiche di potere reali tra il Duca, le città, le comunità rurali e le altre forze politiche in gioco. Approfondimenti sui lavori di storici del diritto medievale e moderno, come Paolo Grossi o Manlio Bellomo, potrebbero offrire strumenti concettuali utili per analizzare il rapporto tra diritto e potere in questo contesto storico.Abbiamo riassunto il possibile
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