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Contenuti del libro
Informazioni
“Immagine Linguaggio Figura. Osservazioni e ipotesi” di Emilio Garroni è un libro che ti fa pensare a come vediamo davvero le cose, un enigma che va oltre il semplice “guardare”. L’autore esplora la percezione umana, mostrando che non è solo ricevere dati, ma un processo attivo, sia oggettivo che soggettivo, influenzato da come siamo fatti e dal nostro ambiente. Non è solo questione di occhi, ma di come interpretiamo il mondo, creando un’immagine interna che non è una copia esatta ma dinamica, piena di dettagli e di uno sfondo “indeterminato” che è fondamentale. Il libro approfondisce il legame strettissimo tra questa percezione e il linguaggio: non nasce prima uno o l’altro, ma si sviluppano insieme, permettendoci di dare significato alle cose, passando dal semplice riconoscimento a concetti più complessi. Poi si parla della “figura”, che è un po’ come un’immagine esterna, creata da noi (come un disegno o un’opera d’arte), che deriva dall’immagine interna ma è diversa, più fissa. L’arte, in particolare la figura artistica, diventa un modo per esplorare questa immagine interna e, attraverso lo stile, suggerire qualcosa che va oltre ciò che vediamo, rivelando la profondità dell’esperienza e il significato nascosto nelle forme. È un viaggio affascinante su come percezione, linguaggio e arte si intrecciano per costruire il nostro modo di vedere e capire il mondo.Riassunto Breve
La percezione delle cose non è una semplice copia della realtà esterna. Non è solo un raddoppiamento dell’oggetto, né è completamente chiusa dentro chi percepisce. La percezione è oggettiva perché apre al mondo, ma è anche organizzata da forme proprie di chi percepisce, come lo spazio e il tempo, che non si imparano dall’esperienza ma la rendono possibile. Il modo di percepire varia tra specie diverse, mostrando che non dipende solo dai dati dei sensi, ma da come vengono filtrati e usati. La percezione dà valori oggettivi delle cose, ma come questi valori vengono colti e misurati dipende da chi percepisce. È difficile capirla perché è così normale da sembrare ovvia, ma resta misteriosa. Quando si osserva senza uno scopo pratico, si riconoscono gli oggetti e questo implica un raggruppamento basato su somiglianze o differenze, chiamato ‘aggregato’. Questo si forma solo con cose viste davvero ed è diverso da una classe linguistica. La percezione umana, pur non essendo linguaggio, lo anticipa e lo richiede. Interpreta i dati dei sensi organizzandoli in base a un certo aspetto, configurando l’oggetto per un uso o un significato. Questa capacità di vedere un oggetto in modi diversi è un segno di questa interpretazione percettiva. La percezione umana si distingue per la sua ‘meta-operatività’, la capacità di vedere gli oggetti per scopi possibili, non solo immediati. La percezione non coglie tutti i dettagli; gli organi di senso filtrano e danno dati parziali. Questa incompletezza è utile per adattarsi. A differenza della sensazione animale, legata a segnali semplici per la sopravvivenza, la percezione umana è selettiva e interpreta, organizzando i dati in segni complessi che permettono di conoscere e adattarsi in modi vari. L’immagine interna che si forma non riguarda solo l’oggetto al centro, ma include anche il contesto, associazioni, ricordi. Questa immagine è dinamica e unisce aspetti definiti (il fuoco) e indefiniti (lo sfondo, ciò che non si percepisce direttamente). L’indefinito non si percepisce in sé, ma si sente come lo sfondo necessario di ciò che è definito. Questo implica una parte non sensibile nella percezione, un “pre-pensiero”, importante per l’interpretazione. L’indefinito contribuisce alla flessibilità dell’esperienza umana e permette di sentire, anche se indirettamente, la totalità del mondo. Questo distingue l’uomo dagli animali, il cui comportamento è più legato a segnali fissi. Percezione e linguaggio si influenzano a vicenda. Non è credibile che uno dipenda solo dall’altro. Quando la percezione diventa flessibile, emerge una forma di linguaggio, anche semplice, che permette di cogliere e comunicare significati legati al contesto percepito. L’immagine interna contiene distinzioni che il linguaggio elabora. I significati possono essere legati a oggetti sensibili (‘oggettuali’) o più astratti (‘meta-oggettuali’). Il linguaggio permette di passare dal riconoscere oggetti al capire le loro relazioni non visibili, ampliando il significato e configurando il mondo culturalmente. L’immagine interna è fondamentale per il significato delle parole e include uno ‘schema’ che si forma privilegiando alcuni tratti dell’oggetto per riconoscerlo in un gruppo. Il riconoscimento implica la prontezza a parlarne, mostrando il legame percezione-linguaggio. Il linguaggio trasforma i tratti privilegiati in ‘tratti pertinenti’ che definiscono il significato delle parole. I significati meta-oggettuali si mostrano per analogia, trasformando significati oggettuali. La ‘figura’ è una riduzione e un’esteriorizzazione dell’immagine interna, creata dall’uomo con tecniche (grafica, pittura) ed è inizialmente arbitraria. Diventa ‘motivata’ dalla somiglianza con l’immagine interna. Esistono vari tipi di figure, da quelle con codici stretti (segnaletica) a quelle artistiche. Anche se le figure possono comunicare, spesso servono a elaborare l’immagine interna. L’arbitrarietà iniziale della figura diminuisce a favore della somiglianza, specialmente nell’arte. Capire una figura richiede di vivere in un ambiente e una cultura figurale. La figura, come una foto, è fissa, mentre l’immagine interna è mobile. Tecniche come il cinema riducono l’immagine a una fissità interna. Figure non visive, come musica e letteratura, possono combinare elementi in modo più dinamico, creando un equivalente della percezione che unifica aspetti multipli. Le figure artistiche sono create dall’uomo e richiedono interpretazione, ma cercano di riflettere l’esperienza totale, partendo dalla percezione. L’opera d’arte, pur essendo una figura definita, evoca la mobilità e l’indefinitezza dell’immagine interna, rendendo consapevole ciò che nella percezione quotidiana è implicito. Lo stile è inevitabile nella figura, è il risultato della riduzione dell’immagine a-stilistica. Uno stile efficace crea una forma che suggerisce l’indefinito e la totalità dell’esperienza. Il valore dell’arte sta nella capacità della figura, tramite lo stile, di essere vicina all’immagine pur essendo diversa, rivelandone la natura profonda. La forma di un’opera, definita dallo stile, non è completa. Seleziona e riduce l’immagine interna, che è più ricca. Una forma specifica esclude infiniti dettagli possibili e deve quindi rimandare a qualcosa che la supera, a ciò che non si vede subito nell’opera. Questo rimando accade in ogni figura, ma nelle opere d’arte riuscite ha una portata maggiore. La forma visibile suggerisce qualcosa di non visibile. L’opera d’arte funziona come una “siepe” che, pur definita, evoca l’infinito. La forma di un’opera non è solo espressione, implica pensiero, cultura, contenuto e coerenza interna (non logica). Questa coerenza genera significati e forza emotiva, portando a un sentimento profondo legato alla consapevolezza di essere in un mondo che ci supera. Idee che si concentrano solo sulla forma visibile riducono la bellezza a mera apparenza. Qualsiasi figura è il risultato di un processo complesso di riduzione dall’immagine interna. La differenza tra figure comuni e opere d’arte sta nel loro uso: le figure comuni nascondono il processo e l’indefinitezza, presentandosi come copie della realtà. Le opere d’arte, invece, mettono in evidenza questa indefinitezza. Questo riflette una differenza culturale tra un modo di vivere superficiale e uno attento alla comprensione. La cultura attuale, dominata dal banale, tende a usare figure che nascondono questa profondità.Riassunto Lungo
1. L’enigma di come vediamo le cose
La percezione delle cose nasconde un mistero. Non è semplicemente una copia esatta dell’oggetto che abbiamo davanti, come pensano alcune idee troppo semplici che vedono l’immagine nella nostra mente identica alla cosa esterna. Queste posizioni estreme, sia quella che ignora completamente il modo in cui noi percepiamo, sia quella che chiude la percezione solo dentro di noi, non funzionano e, nella loro assurdità, finiscono per assomigliarsi. Capire la percezione è difficile proprio perché è una cosa così fondamentale e di tutti i giorni che la diamo per scontata, ma resta in realtà poco chiara.La percezione tra noi e il mondo
Il pensiero filosofico più attento ha spiegato che la percezione ci apre al mondo esterno e ci mostra cose reali, ma è organizzata da modi di vedere che appartengono a chi percepisce, come l’idea di spazio e tempo. Questi modi di organizzare non li impariamo dall’esperienza, ma sono ciò che rende possibile l’esperienza stessa. Il modo in cui percepiamo cambia molto tra le diverse specie viventi, e questo dimostra che la percezione non dipende solo da quello che i sensi raccolgono, ma dalla capacità di filtrare queste informazioni e usarle in un modo specifico. La percezione è quindi sia qualcosa di personale che qualcosa che riguarda la realtà esterna. Ci dà informazioni concrete sulle cose, ma il modo in cui notiamo queste informazioni e le “misuriamo” dipende da noi e dai nostri “strumenti” interni.Vedere e raggruppare: gli ‘aggregati’
Quando osserviamo senza avere uno scopo pratico immediato, emerge in modo più chiaro il problema di come percepiamo. Riconosciamo gli oggetti, e questo riconoscere implica un mettere insieme spontaneo basato su quanto si somigliano o sono diversi. Questo insieme viene chiamato ‘aggregato’. L’aggregato si distingue da un gruppo di cose definite a parole (‘classe’ o ‘famiglia’ linguistiche) perché si forma solo attraverso quello che vediamo e sperimentiamo direttamente, ed è sempre composto da un numero finito di elementi. Un aggregato può includere oggetti molto diversi tra loro, legati da connessioni che non sono logiche o intellettuali, come succede nei primissimi anni di vita o in culture antiche.Come percezione e linguaggio si incontrano
In un ambiente dove si usa il linguaggio, la percezione e il linguaggio lavorano insieme. La percezione umana, pur non essendo linguaggio, lo prepara e lo richiede. Il modo in cui interpretiamo quello che percepiamo organizza i dati che arrivano dai sensi non come un semplice mucchio, ma creando un ordine di importanza sotto un certo punto di vista, dando una forma all’oggetto per un certo uso o un certo significato. Questa capacità di vedere lo stesso oggetto in modi diversi (una pietra per uno scultore, per un muratore, per un bambino) è un segno di questa interpretazione percettiva. Questa interpretazione non si limita a dire a cosa servono le cose, ma “vede” gli usi possibili nell’oggetto stesso. Questo modo di interpretare è influenzato anche da idee chiare che abbiamo e si manifesta persino nel modo di pensare scientifico.La particolarità della percezione umana
La percezione umana è diversa da quella di altri animali per la sua capacità di “andare oltre l’operazione immediata” (‘meta-operatività’). Significa che possiamo vedere gli oggetti non solo per quello che ci servono subito, ma anche per scopi possibili, un po’ come la capacità che abbiamo con il linguaggio di parlare del linguaggio stesso. Per capire bene la percezione, è importante distinguere le funzioni che sono proprie della percezione da quelle del linguaggio, anche se sono molto legate tra loro.Ma siamo sicuri che l’idea di spazio e tempo non si impari affatto dall’esperienza, come se fosse un dato di fatto acquisito dalla filosofia?
Il capitolo presenta una specifica posizione filosofica riguardo all’origine dei modi di organizzare la percezione, come lo spazio e il tempo, affermando che non derivano dall’esperienza ma la rendono possibile. Tuttavia, questa è una questione ampiamente dibattuta nella storia del pensiero. Esistono correnti filosofiche, come l’empirismo, che sostengono che anche concetti fondamentali come questi si formino a partire dall’esperienza sensoriale. Per approfondire questo dibattito e comprendere le diverse prospettive, sarebbe utile esplorare autori come Locke o Hume, che offrono visioni alternative sull’origine delle nostre idee. Inoltre, discipline come la psicologia dello sviluppo e le neuroscienze cognitive offrono approcci empirici che studiano come la percezione e la comprensione dello spazio e del tempo si sviluppino nel corso della vita.2. La Percezione Umana: Unione di Particolare e Sfondo
La percezione non cattura gli oggetti in tutti i loro particolari. I nostri sensi funzionano come filtri, fornendo solo dati parziali e incompleti. Questa incompletezza non è un difetto, ma è anzi una caratteristica utile e un vantaggio per adattarsi al mondo. A differenza di come gli animali percepiscono, basandosi su segnali semplici e chiari per la sopravvivenza immediata, la percezione umana è diversa. Sceglie cosa notare e aggiunge significato. Organizza i dati che arrivano dai sensi in segni complessi che possono avere più significati. Questo ci permette di conoscere, riconoscere e adattarci al mondo in molti modi diversi. Possiamo anche osservare le cose solo per interesse, e questo aiuta a costruire la nostra esperienza, la cultura e la tecnologia.L’Immagine Interna: Particolare e Sfondo
Quando percepiamo qualcosa, l’immagine che si forma nella nostra mente non riguarda solo l’oggetto su cui ci concentriamo. Include anche informazioni dal contesto, collegamenti con altri oggetti che conosciamo, ricordi e sensazioni che non vengono dalla vista, come suoni, odori o il tatto. Questa immagine non è fissa, ma cambia continuamente. Nasce dall’unione di ciò che è chiaro e definito (ciò su cui ci focalizziamo) e di ciò che è meno definito (lo sfondo, ciò che non percepiamo direttamente, le associazioni). Questa capacità di mettere insieme aspetti chiari e meno chiari è fondamentale per riconoscere gli oggetti e capire cosa significano.Il Ruolo dell’Indeterminato e la Differenza Umana
La parte meno definita, l’indeterminato, non la percepiamo direttamente per come è. Piuttosto, la sentiamo come lo sfondo necessario che fa risaltare ciò che è definito. Questo suggerisce che nella percezione c’è una parte che non dipende solo dai sensi, una sorta di “pre-pensiero”, essenziale per interpretare. L’indeterminato rende l’esperienza umana flessibile e creativa. Ci permette di sentire, anche se non in modo diretto, la totalità del mondo. Questa capacità distingue l’uomo dagli animali. Il comportamento degli animali è più legato a segnali predefiniti o imparati per abitudine, senza la stessa intenzione e libertà di interpretare.La scienza moderna conferma davvero la netta distinzione tra percezione umana e animale, o il capitolo si basa su una visione superata e semplicistica?
Il capitolo traccia un confine molto netto tra la percezione umana e quella animale, attribuendo all’uomo una capacità unica di integrare il particolare e lo sfondo e di possedere un “pre-pensiero” che garantirebbe flessibilità e creatività. Questa dicotomia, tuttavia, rischia di semplificare eccessivamente la complessità della cognizione animale, che la ricerca contemporanea dimostra essere molto più sofisticata di quanto qui descritto. Per comprendere meglio le continuità e le differenze tra le specie in termini di percezione e processi cognitivi, è fondamentale confrontarsi con le discipline dell’etologia e della scienza cognitiva comparata. Autori come Frans de Waal hanno ampiamente documentato le capacità cognitive degli animali, offrendo una prospettiva più sfumata rispetto a una rigida separazione tra uomo e altre specie.3. L’intreccio tra vedere e dire
La percezione e il linguaggio sono strettamente legati e si influenzano a vicenda. Non è corretto pensare che l’uno dipenda semplicemente dall’altro in modo lineare. L’idea che la percezione nasca dal linguaggio non funziona, soprattutto se si pensa ai primi passi dell’umanità o allo sviluppo dei bambini, perché il linguaggio stesso ha bisogno di una percezione già abbastanza sviluppata per esistere. Allo stesso modo, l’ipotesi che il linguaggio sia solo il risultato di una percezione molto evoluta è debole. Un uomo primitivo, anche con un’ottima percezione, avrebbe avuto difficoltà a sopravvivere senza la capacità di comunicare e costruire una cultura.Come emergono percezione e linguaggio
L’unica spiegazione plausibile è che, nel momento in cui la percezione diventa più flessibile e meno rigida, nasce contemporaneamente una forma iniziale di linguaggio. Questa prima forma non è complessa come le lingue che usiamo oggi, ma può manifestarsi come un’intelligenza pratica legata ai sensi e al movimento, accompagnata da segnali semplici (come gesti o suoni). Questi segnali permettono di capire e comunicare significati legati a ciò che si percepisce in quel momento. Questa base è fondamentale per tutto lo sviluppo successivo del linguaggio.La percezione e la costruzione del significato
La percezione, a differenza della semplice sensazione fisica, è collegata al linguaggio ed è necessaria per creare nella nostra mente un’immagine del mondo che ci circonda. Questa immagine non è solo visiva, ma contiene distinzioni che poi il linguaggio aiuta a organizzare e a capire meglio. I significati che attribuiamo alle cose si dividono in quelli legati agli oggetti concreti che possiamo percepire con i sensi, e quelli che vanno oltre gli oggetti, riguardando relazioni, idee astratte e aspetti culturali. Anche i significati legati agli oggetti hanno una parte che va oltre il semplice oggetto, e i significati più astratti dipendono da quelli legati agli oggetti. Il linguaggio ci permette di fare un passo avanti: passare dal semplice riconoscere un oggetto con la vista o il tatto al comprenderne il significato più profondo e le sue relazioni con altre cose, anche quelle che non possiamo percepire direttamente. Questo passaggio è un salto di qualità che allarga enormemente il nostro modo di dare significato alle cose e di vedere il mondo nella sua complessità culturale.Ambiguità e interpretazione
La possibilità di interpretare in modi diversi alcune figure, come accade con le macchie dei test di Rorschach, è un esempio specifico di ambiguità. Questa situazione è diversa dall’incertezza generale che possiamo avere nel percepire oggetti reali nel mondo di tutti i giorni. Le figure usate in questi test sono immagini semplificate create in modo artificiale, e la loro capacità di essere viste in modi differenti deriva proprio da questa loro natura particolare.Ma questa ‘immagine interna’ così mobile e sfuggente, descritta come il fondamento dell’esperienza, trova davvero riscontro nelle attuali conoscenze scientifiche sulla percezione e la cognizione?
Il capitolo costruisce gran parte della sua argomentazione sulla distinzione tra “figura” esterna e una presunta “immagine interna” dinamica e indefinita. Tuttavia, la natura precisa di questa “immagine interna” non è chiaramente definita, né vengono fornite basi empiriche o teoriche solide tratte da discipline che studiano la mente e la percezione. Le affermazioni sul modo in cui diversi media (cinema, musica, letteratura) o l’arte interagiscono con questa “immagine interna” rimangono pertanto sospese su un concetto la cui esistenza e caratteristiche non sono universalmente accettate o dimostrate scientificamente. Per approfondire, sarebbe utile esplorare i campi della psicologia cognitiva, delle neuroscienze e della filosofia della percezione, leggendo autori che si sono occupati di coscienza, percezione sensoriale e rappresentazioni mentali, come ad esempio Merleau-Ponty o Damasio.6. La forma che svela l’oltre
La forma di un’opera, definita dal suo stile, non è completa come un oggetto fisico. Lo stile, agendo come un filtro, seleziona e riduce l’immagine interna, che nella mente dell’artista è molto più ricca. Una forma specifica, essendo “così e così”, implica sempre l’esclusione di infiniti dettagli possibili. Questo significa che la forma visibile non esaurisce il contenuto. Per questo, la forma deve sempre rimandare a qualcosa che la supera, a ciò che non si vede subito nell’opera stessa.Il rimando oltre la forma
Questo rimando accade in ogni figura, anche nelle più semplici come un cartellone pubblicitario, che evoca un mondo più ampio nella mente di chi guarda. Nelle opere d’arte riuscite, questo rimando “al di là di sé” ha una forza maggiore. La forma visibile suggerisce qualcosa di non visibile, che nasce nella mente di chi osserva. La figura rimane presente, ma proprio con la sua presenza concreta rimanda a qualcosa di assente. Ogni opera d’arte efficace funziona come una “siepe leopardiana”, che pur essendo una figura definita, permette di immaginare l’infinito.Il significato profondo della forma
La forma di un’opera d’arte non è solo un modo per esprimersi; essa racchiude pensiero, cultura e contenuto. Possiede una coerenza interna profonda, che non segue le regole della logica tradizionale. Questa coerenza genera significati diversi e una grande forza emotiva. Questa forza è contenuta nella forma stessa e porta chi guarda a un sentimento profondo. È un sentimento legato alla consapevolezza di essere parte di un mondo che va oltre la nostra comprensione immediata.Forma e percezione: arte contro banalità
Alcune idee, concentrandosi solo sulla forma visibile, riducono la bellezza a semplice apparenza. Anche teorie come il purovisibilismo, pur analizzando la forma, riconoscevano che essa rimanda ad altro. Concetti come “forma chiusa” o “forma aperta” descrivono proprio come la forma viene costruita per puntare oltre se stessa, verso uno spazio invisibile o che assorbe chi guarda. Qualsiasi figura, anche la più semplice o banale, nasce da un processo complesso di riduzione e trasformazione di un’immagine interna molto più varia. Anche le figure di uso quotidiano hanno una forma e uno stile. La differenza tra figure comuni e opere d’arte sta nel modo in cui vengono usate: le figure comuni tendono a nascondere il processo creativo e l’indeterminatezza da cui nascono, presentandosi come semplici copie della realtà. Le opere d’arte, invece, mettono in evidenza questa indeterminatezza, questa apertura. Questa distinzione riflette una differenza culturale profonda: tra un modo di vivere superficiale e uno attento alla comprensione. La cultura di oggi, spesso dominata dal banale, tende a promuovere figure che nascondono questa profondità. Così si trascura l’interesse per una comprensione più autentica del mondo e per le esigenze etiche che ne derivano.Su quali basi si fonda la pretesa che l’esperienza estetica profonda, generata dalla forma artistica che “svela l’oltre”, conduca necessariamente a una “comprensione più autentica” del mondo e a specifiche “esigenze etiche”, distinguendosi così radicalmente dalla percezione delle figure comuni?
Il capitolo traccia un parallelo forte tra la capacità dell’arte di rimandare a un “oltre” invisibile e una presunta maggiore profondità etica o culturale rispetto alla percezione delle figure quotidiane. Questa connessione, tuttavia, non è universalmente accettata e meriterebbe un’indagine più approfondita. Per esplorare i complessi rapporti tra estetica, etica e critica culturale, può essere utile confrontarsi con autori che hanno analizzato il ruolo dell’arte nella società e nella formazione della coscienza, come Theodor Adorno o Walter Benjamin, o filosofi che hanno dibattuto il legame tra bellezza, verità e bene.Abbiamo riassunto il possibile
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