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Contenuti del libro
Informazioni
“Immaginare Babele. Due secoli di studi sulla città orientale antica” di Mario Liverani non è solo una storia di scavi, ma un viaggio affascinante nel modo in cui l’Occidente ha imparato a conoscere le incredibili città antiche del Vicino Oriente, come Babilonia e Ninive. All’inizio, queste erano solo leggende bibliche e rovine di mattoni crudi, i tell, che sembravano semplici colline di terra, lontane dalle nostre idee di città. Il libro racconta come l’archeologia, nata da diplomatici in cerca di tesori e poi evoluta con metodi scientifici come la stratigrafia e lo studio dei tell e dei testi cuneiformi, abbia gradualmente svelato la vera complessità di queste metropoli mesopotamiche e non solo, esplorando siti in Egitto o nella Valle dell’Indo. Vedremo come studiosi e archeologi, da Koldewey a Childe, abbiano proposto diverse teorie sull’urbanizzazione, sull’economia antica basata su palazzi e templi, e sulla struttura sociale, superando vecchi pregiudizi e confrontandosi con la diversità delle forme urbane. È una storia di scoperta, di dibattiti accademici e di come la nostra comprensione delle prime grandi città del mondo, le fondamenta di argilla della civiltà, sia cambiata radicalmente in duecento anni di studi urbani.Riassunto Breve
Le città antiche del Vicino Oriente, come Babilonia e Ninive, erano inizialmente conosciute in Occidente tramite racconti biblici e classici che le descrivevano come enormi e spesso maledette. Le loro rovine, fatte di mattoni crudi che formavano colline artificiali chiamate *tell*, apparivano come semplici macerie, diverse dalle rovine in pietra del mondo classico. L’immaginazione le raffigurava mescolando elementi biblici con stili diversi in modo fantasioso. La riscoperta archeologica, iniziata a metà Ottocento da diplomatici europei, si concentrava sulle capitali assire per trovare oggetti per i musei. I metodi erano rudimentali, spesso scavi in galleria o superficiali sui palazzi, trascurando le aree abitative in mattone crudo, rendendo difficile capire la pianta urbana completa. Queste grandi capitali, viste in contrasto con la *polis* greca, erano considerate “non-città” o simboli di dispotismo. Nonostante le scoperte mostrassero dimensioni più contenute, l’idea di città enormi persisteva. Solo gradualmente, con scavi in siti più antichi nel Sud (Sumer) e tecniche più precise come la stratigrafia e lo studio della ceramica, si inizia a comprendere la loro complessità.Tra fine Ottocento e metà Novecento, l’archeologia si trasforma. Archeologi tedeschi con formazione architettonica introducono tecniche precise per individuare e registrare strutture in mattone crudo, usando griglie e pulendo le superfici per piante dettagliate e ricostruzioni realistiche. Lo studio dei testi cuneiformi (liste topografiche, piante, testi amministrativi) fornisce dati cruciali su topografia e vita cittadina. In Palestina, l’archeologia sviluppa la datazione basata sulla ceramica e la stratigrafia. Il periodo dei mandati coloniali porta leggi di tutela, inventari sistematici (anche con foto aeree) e il perfezionamento dello scavo stratigrafico (sistema per quadrati). Questi progressi permettono di scavare estensivamente anche i quartieri abitativi, offrendo una visione più completa della struttura urbana e della vita quotidiana. Scavi importanti rivelano l’organizzazione di case private e complessi palatini. Le prime interpretazioni teoriche, come il modello della “città-tempio” o le analisi di Weber, riflettono i nuovi dati, pur con possibili pregiudizi.La comprensione della città antica si sviluppa attraverso vari modelli teorici. Gordon Childe propone la “rivoluzione urbana” con dieci punti chiave (dimensione, specializzazione, surplus, monumentalità, stratificazione, scrittura), vedendo l’accumulazione di eccedenza come motore del cambiamento. Altri modelli includono la “democrazia primitiva” (Jacobsen), la coesistenza di stato e comunità locali (Diakonoff), la “società idraulica” legata all’irrigazione (Wittfogel), e i modelli di integrazione economica (Polanyi) con enfasi sulla redistribuzione. La “scuola di Chicago” (Adams, Oppenheim) adotta un approccio sociologico e territoriale, studiando la crescita degli insediamenti e la struttura duale città (istituzioni/cittadini). Il neo-evoluzionismo propone stadi socio-politici. La distinzione tra urbanizzazione primaria e secondaria viene riformulata, riconoscendo cicli di crescita e collasso legati a fattori ambientali e socio-politici. La ricerca della “prima città” porta a dibattiti su siti neolitici rispetto alle prime città mesopotamiche del IV millennio a.C. L’analisi si estende ad altre regioni (Egitto, Valle dell’Indo) e studia le continuità con periodi successivi.L’urbanizzazione si manifesta in diverse regioni con forme urbane distinte: città pianificate in Egitto, grandi città con cittadelle nella Valle dell’Indo, cittadelle geometriche in Asia Centrale, città legate a oasi e irrigazione in Arabia. Le città possono essere cresciute in modo organico o essere fondate intenzionalmente con piante regolari, riflettendo il potere del sovrano. Metodologie moderne come l’etno-archeologia e i modelli neo-geografici analizzano insediamenti e paesaggio rurale. Il Palazzo è un elemento centrale, simbolo del potere politico e organizzatore di diverse funzioni.La comprensione si evolve superando modelli iniziali come la “Città-Tempio” totalizzante, riconoscendo terre private e un sistema economico misto con istituzioni pubbliche e iniziativa privata. Il ruolo del mercato e del commercio a lunga distanza è dibattuto. La definizione di “città-stato” si allarga, e si riconosce una notevole diversità regionale nell’urbanizzazione. L’analisi dei processi storici usa approcci sistemici per capire crescita e collasso, considerando fattori ambientali e demografici.La fruizione turistica favorisce restauri “totalizzanti” per ricostruire edifici, a volte per costruire identità nazionali. L’instabilità politica e i costi spingono l’archeologia verso metodi virtuali: ricognizioni, immagini satellitari, prospezioni geofisiche, GIS e simulazioni visive. Queste simulazioni spesso presentano le città in uno stato ideale. Tendenze post-moderne influenzano lo studio, vedendo un “continuum” città-campagna, la “rivoluzione urbana” come processo graduale, e l’idea di “eterarchia” o modelli basati sull’oikos, a volte negando la distinzione pubblico/privato. Nonostante i progressi, l’immagine popolare delle città mesopotamiche resta legata a miti e prime interpretazioni.Le città nel Vicino Oriente antico emergono come centri complessi di organizzazione sociale ed economica. La loro struttura fisica (abitazioni, palazzi, templi) e il rapporto con il territorio circostante, inclusa la gestione dell’agricoltura e dell’irrigazione, sono fondamentali. Le istituzioni centrali (palazzo, tempio) controllano risorse e commercio, ma esiste anche un settore privato. La società è stratificata, con organizzazioni dalla famiglia allo stato. La comprensione si basa sull’archeologia (scavi, ricognizioni) e sui testi antichi, usando vari approcci teorici per interpretare dati su origine dello stato, economia e dinamiche di cambiamento. Si studiano anche le interazioni regionali e le influenze culturali.Riassunto Lungo
1. Dalle rovine bibliche ai tell mesopotamici
Le antiche città dell’Oriente, come Babilonia e Ninive, erano conosciute in Occidente principalmente attraverso racconti della Bibbia e testi classici. Questi scritti le descrivevano come luoghi immensi, spesso visti come puniti da Dio per la loro grandezza e la superbia dei loro abitanti. Le rovine di queste città erano diverse da quelle in pietra del mondo classico, che mantenevano forme riconoscibili. Qui, fatte di mattoni crudi, si trasformavano in colline artificiali, chiamate tell, che apparivano più come semplici “macerie” che come vere “rovine”.Le prime immagini
Prima che iniziassero gli scavi, l’immaginazione occidentale creava immagini di queste città mescolando liberamente elementi biblici, come la famosa Torre di Babele, con stili architettonici presi da altre culture antiche o contemporanee, come l’Egitto o l’Impero Ottomano. Il risultato erano raffigurazioni spesso fantasiose e non accurate rispetto alla realtà storica.L’inizio degli scavi
La vera riscoperta archeologica di questi luoghi cominciò a metà dell’Ottocento. I primi a scavare furono diplomatici europei, non ancora archeologi di professione, e il loro scopo principale era trovare oggetti di valore da portare nei musei in Europa. I loro sforzi si concentrarono soprattutto sulle capitali dell’Assiria, come Ninive.Metodi e risultati parziali
I metodi di scavo usati all’inizio erano molto semplici e limitati. Spesso si scavavano tunnel o si lavorava solo in superficie, concentrandosi sui grandi palazzi e sui rilievi in pietra che erano più facili da trovare e trasportare. Purtroppo, questo approccio trascurava completamente il resto della città, fatto di case e strutture in mattoni crudi che si erano trasformate nei tell. Per questo motivo, era molto difficile farsi un’idea chiara della pianta completa e della vita quotidiana di queste città.La percezione delle città orientali
Questa visione parziale influenzò profondamente come le città orientali venivano percepite in Occidente. In contrasto con l’ideale della polis greca, vista come una comunità di cittadini liberi e partecipi, le grandi capitali orientali apparivano dominate dal palazzo reale. Le loro dimensioni enormi, ma apparentemente prive di un tessuto urbano vivo (a causa di scavi che non lo indagavano), portarono a considerarle “non-città” o semplici “accampamenti allargati”, simbolo di un potere assoluto piuttosto che di una vera vita civica.Una comprensione che cambia
Anche quando le scoperte mostravano dimensioni urbane più ridotte rispetto alle descrizioni esagerate dei testi antichi, l’idea di una “grande Ninive” o “grande Babilonia” che dominava una vasta regione rimase a lungo forte nell’immaginario e nelle prime interpretazioni archeologiche. Solo col tempo, estendendo gli scavi a siti più antichi nel Sud della Mesopotamia (la terra di Sumer) e sviluppando tecniche più precise come lo studio degli strati di terra (stratigrafia) e l’analisi della ceramica, si iniziò a capire meglio la vera complessità e la struttura reale di queste antiche e affascinanti città.Davvero la differenza percepita tra la polis greca e le capitali orientali era solo un’illusione ottica creata da archeologi improvvisati?
Il capitolo, pur evidenziando giustamente i limiti dei primi scavi nel restituire un’immagine completa delle città mesopotamiche, sembra attribuire quasi esclusivamente a tale parzialità la percezione occidentale di queste come “non-città” dominate dal palazzo. Tuttavia, la struttura sociale e politica delle grandi capitali orientali presentava differenze sostanziali rispetto all’ideale (spesso idealizzato) della polis greca. Sarebbe utile approfondire se, al di là del bias degli scavi, esistevano effettivamente caratteristiche intrinseche a queste civiltà che giustificassero una diversa categorizzazione o, quantomeno, una percezione basata su reali differenze strutturali nel rapporto tra potere centrale, tessuto urbano e vita civica. Per una comprensione più sfaccettata, si potrebbe esplorare la letteratura sull’organizzazione statale e urbana mesopotamica, magari leggendo autori come Oppenheim o Postgate.2. La Città Antica Rivelata: Metodi e Visioni
Tra la fine dell’Ottocento e la metà del Novecento, l’archeologia nel Vicino Oriente cambia profondamente il modo di scavare e di capire le città antiche. Archeologi tedeschi, formati come architetti, portano nuove tecniche precise. Si concentrano su come trovare e documentare le costruzioni fatte di mattoni crudi. Usano griglie per segnare la posizione esatta dei ritrovamenti e puliscono con cura le superfici per vedere bene ogni mattone. Questo permette di creare mappe molto dettagliate e di ricostruire in modo più fedele città importanti come Babilonia e Assur. È un modo di lavorare molto diverso da prima, quando si scavava in galleria o si facevano grandi scavi solo per trovare oggetti preziosi.Nuovi Metodi di Scavo
Anche in Palestina, dove gli scavi sono spesso legati a interessi biblici e i resti sono meno imponenti, si sviluppano tecniche importanti. Qui si impara a datare i siti studiando i frammenti di ceramica trovati in superficie. Si inizia anche a usare la stratigrafia, cioè lo studio dei diversi strati di terra, per capire le varie fasi in cui un luogo è stato abitato. Dopo la Prima Guerra Mondiale, durante il periodo dei mandati, vengono introdotte leggi per proteggere i siti antichi. Si comincia a fare un elenco completo dei luoghi archeologici, usando anche fotografie aeree per avere una visione dall’alto. I metodi di scavo stratigrafico vengono migliorati ulteriormente, per esempio usando un sistema a quadrati che aiuta a tenere tutto più ordinato e preciso.Il Ruolo dei Testi Antichi
Oltre agli scavi, lo studio dei testi scritti su tavolette d’argilla, i testi cuneiformi, diventa fondamentale. Questi scritti contengono informazioni preziose che aiutano a ricostruire come erano fatte le città e come si viveva al loro interno. Ci sono liste che descrivono i luoghi, mappe disegnate su tavolette e documenti che parlano dell’amministrazione. Da questi testi si scoprono dettagli su dove si trovavano le porte della città, i templi, i palazzi e persino i quartieri dove abitava la gente comune.Una Visione Più Completa della Città
Grazie a tutti questi miglioramenti nei metodi e all’uso dei testi, gli archeologi iniziano a scavare in modo più ampio. Non si limitano più solo ai grandi edifici come palazzi e templi, ma esplorano anche i quartieri dove viveva la gente. Questo modo di procedere, anche se non sempre usato allo stesso modo in tutti i siti, permette di avere un’idea molto più completa di come era organizzata una città antica. Scavi importanti, come quelli nelle città di Ur, Mari e Ugarit, mostrano l’aspetto delle case private e svelano l’organizzazione interna dei grandi palazzi.Le Prime Interpretazioni
Con tutti questi nuovi dati dagli scavi e dai testi, iniziano a nascere le prime teorie su come funzionavano le città del Vicino Oriente antico. Alcuni studiosi propongono modelli, come l’idea della “città-tempio”, basata soprattutto sui documenti amministrativi trovati. Altri, come Max Weber, confrontano queste città con quelle del mondo occidentale. Queste prime idee cercano di dare un senso a ciò che è stato scoperto, anche se a volte risentono di preconcetti o vedono solo una parte della realtà complessa.Ma questi “nuovi metodi” e queste “prime interpretazioni” erano davvero così neutrali, o risentivano pesantemente degli interessi e dei “preconcetti” dell’epoca?
Il capitolo descrive un’evoluzione metodologica lodevole, ma la rapidità con cui liquida i “preconcetti” o gli “interessi biblici” lascia intendere che si trattasse di mere sfumature, non di forze che potevano distorcere la visione stessa della città antica. La storia dell’archeologia non è solo una marcia trionfale verso la precisione, ma è intessuta di contesti politici, religiosi e culturali che hanno inevitabilmente influenzato cosa si cercava, come lo si interpretava e quali modelli venivano proposti. Ignorare o minimizzare questi aspetti significa presentare un quadro incompleto e potenzialmente fuorviante. Per approfondire, è utile esplorare la storia critica della disciplina, considerando il ruolo del colonialismo, del nazionalismo e delle visioni religiose. Autori che si occupano di storia e teoria dell’archeologia, come Bruce Trigger, offrono spunti fondamentali per una comprensione più sfaccettata.3. Teorie e Scoperte sull’Origine Urbana
La comprensione di come sono nate le prime città nel Vicino Oriente si basa su diversi modelli di studio. Una delle idee fondamentali è quella della “rivoluzione urbana” proposta da Gordon Childe. Questo passaggio è visto come un momento cruciale nella storia umana, definito da caratteristiche precise come l’aumento della popolazione, la specializzazione dei lavori, la capacità di produrre più cibo del necessario (surplus), la costruzione di grandi edifici, una società divisa in classi e l’introduzione della scrittura. Childe, influenzato dalle idee marxiste, pensava che l’accumulo di questo surplus fosse la forza principale dietro il cambiamento, gestito da un potere centrale per mantenere chi non lavorava direttamente la terra, come artigiani e governanti. La sua definizione di città si basa su elementi concreti trovati dagli archeologi ed è considerata valida per ogni tipo di città antica, superando vecchie distinzioni.Approcci Diversi all’Origine Urbana
Accanto alla visione di Childe, altri studiosi hanno offerto interpretazioni differenti o complementari. Thorkild Jacobsen, ad esempio, ha ipotizzato l’esistenza di una “democrazia primitiva” basata su assemblee di cittadini e anziani, in contrasto con l’idea di un potere assoluto, anche se la sua lettura dei testi antichi è stata discussa. Igor Diakonoff, partendo da un’analisi economica, ha messo in luce come nelle prime società urbane coesistessero un settore controllato dallo stato (il palazzo o il tempio) e comunità locali (villaggi o famiglie allargate) che gestivano la proprietà in modo collettivo, mostrando una struttura sociale ed economica più complessa del solo potere centrale. Karl Wittfogel ha collegato lo sviluppo delle città e dei regimi autoritari ai grandi sistemi di irrigazione, parlando di “società idrauliche”, anche se molti oggi pensano che i grandi canali siano stati costruiti dallo stato già formato, piuttosto che essere la causa della sua nascita. Karl Polanyi ha proposto modelli per capire come le economie si organizzano (basati su scambio reciproco, redistribuzione o mercato), applicando il concetto di redistribuzione alle città antiche, dove il surplus veniva raccolto centralmente e poi ridistribuito, anche se il ruolo del commercio basato sul mercato è ancora dibattuto.La Prospettiva Socio-Territoriale
Un altro importante contributo viene dalla “scuola di Chicago”. Studiosi come Robert Adams hanno studiato il territorio attraverso ricerche sul campo, analizzando come gli insediamenti crescevano e diminuivano nel tempo e il loro rapporto con l’ambiente e i sistemi di irrigazione. Adams ha suggerito che l’urbanizzazione sia stato un processo graduale e complesso, non una rivoluzione improvvisa. Leo Oppenheim, invece, ha evidenziato la doppia natura delle città mesopotamiche, formate dalle grandi istituzioni come il tempio e il palazzo, ma anche da una comunità di cittadini che aveva propri modi di organizzarsi e governarsi.Evoluzione Sociale e Stadi di Sviluppo
Il neo-evoluzionismo ha proposto di vedere lo sviluppo delle società umane attraverso stadi successivi (come bande, tribù, chiefdoms, stati). Questo approccio mira a classificare le forme di organizzazione sociale in una sequenza evolutiva generale. A volte ha dato meno importanza al ruolo fisico della città nel processo di formazione dello stato, concentrandosi maggiormente sulle strutture di potere e parentela. Tuttavia, ha introdotto concetti come quello di “chiefdom” (una forma di organizzazione intermedia tra tribù e stato) che si sono rivelati utili per studiare le fasi che hanno preceduto la nascita delle prime città vere e proprie. Questo modello aiuta a comprendere le diverse complessità sociali che potevano esistere prima dell’emergere degli stati urbani.Dinamiche e Varietà dell’Urbanizzazione Antica
La distinzione tra urbanizzazione primaria (quella che nasce in un luogo per la prima volta, come in Mesopotamia) e secondaria (quella che si sviluppa sotto l’influenza di centri già esistenti) è stata rivista per considerare che i processi di crescita urbana possono essere strutturalmente diversi, non solo una semplice diffusione di un modello. Si è anche capito che le città antiche potevano attraversare cicli di crescita e declino, influenzati sia dall’ambiente che da fattori sociali e politici. La ricerca della “prima città” in assoluto ha portato a discutere siti molto antichi come Gerico e Çatal Hüyük, che mostrano segni di vita comunitaria complessa ma non presentano ancora tutte le caratteristiche delle prime città sorte in Mesopotamia intorno al quarto millennio a.C. Le ricerche più recenti hanno allargato lo sguardo, studiando l’urbanizzazione anche in altre grandi civiltà antiche come l’Egitto e la Valle dell’Indo, e analizzando come le città successive, come quelle del periodo ellenistico o islamico, abbiano mantenuto o modificato le strutture urbane più antiche.La tendenza a privilegiare l’idea di “eterarchia” e il ruolo dell'”oikos” non rischia di sminuire l’importanza archeologica e storica delle grandi istituzioni come palazzi e templi nelle città antiche?
Il capitolo introduce l’idea di superare la visione gerarchica a favore dell’eterarchia e di dare maggiore peso all’oikos rispetto a palazzi e templi. Tuttavia, l’imponente evidenza archeologica e testuale proveniente dal Vicino Oriente antico documenta ampiamente l’esistenza e l’influenza pervasiva di grandi istituzioni centralizzate. Ridimensionare il loro ruolo, pur evidenziando l’importanza di altre strutture sociali, potrebbe portare a una rappresentazione incompleta o distorta delle dinamiche di potere e organizzazione sociale. Per approfondire questo dibattito, è utile confrontarsi con studi classici sull’organizzazione socio-economica mesopotamica e con le ricerche più recenti che analizzano criticamente l’applicazione di modelli come l’eterarchia a contesti antichi. Si possono consultare autori che hanno trattato la struttura delle società del Vicino Oriente antico, come M. Liverani.7. Le Fondamenta di Argilla: Città e Società nel Vicino Oriente Antico
Le città nel Vicino Oriente antico rappresentano centri vitali e complessi, veri fulcri dell’organizzazione sociale ed economica dell’epoca. La loro importanza si manifesta nella struttura fisica, che comprende non solo le abitazioni private ma anche edifici imponenti come palazzi e templi. Queste città non sono isolate, ma mantengono un legame stretto e fondamentale con il territorio circostante, da cui dipendono per il sostentamento.Struttura Fisica e Territorio
L’analisi della struttura urbana rivela l’organizzazione dello spazio e delle funzioni al suo interno. Il rapporto con l’area esterna alla città è cruciale, specialmente per quanto riguarda la gestione del suolo e le pratiche agricole. Sistemi avanzati come l’irrigazione sono essenziali per sostenere un’elevata densità di popolazione, garantendo la produzione di cibo necessaria per i residenti urbani e non solo. Queste tecniche dimostrano una profonda conoscenza dell’ambiente e una notevole capacità organizzativa per sfruttare al meglio le risorse disponibili.Economia e Istituzioni
Le istituzioni centrali, in particolare il palazzo e il tempio, svolgono un ruolo dominante nell’economia cittadina e regionale. Controllano direttamente una parte significativa delle risorse, organizzano la produzione artigianale e gestiscono il commercio su lunghe distanze, collegando la città a reti di scambio anche remote. Accanto a questa sfera economica gestita dalle istituzioni, esistono anche attività economiche private, che contribuiscono alla complessità del sistema. Questa coesistenza di settori pubblici e privati caratterizza l’organizzazione economica delle città antiche.Società
La società all’interno di queste città è fortemente stratificata, con diverse forme di organizzazione che vanno dalla struttura più piccola e fondamentale, la famiglia, fino a livelli sempre più ampi e complessi. Si passa dai villaggi, che spesso gravitano attorno ai centri urbani, a strutture statali più vaste come le città-stato indipendenti o gli imperi, che esercitano il controllo su vasti territori e popolazioni diverse. Questa stratificazione sociale e organizzativa riflette la complessità e la gerarchia del potere e delle relazioni all’interno della società.Fonti e Metodi di Studio
La nostra comprensione di questi sistemi urbani e sociali deriva principalmente dall’archeologia, attraverso scavi meticolosi e ricognizioni del territorio che riportano alla luce le tracce materiali del passato. Un’altra fonte fondamentale è lo studio dei testi antichi, scritti su tavolette d’argilla o altri supporti, che offrono dettagli preziosi sull’amministrazione, le leggi, le pratiche economiche e la vita quotidiana degli abitanti. Per interpretare la grande quantità di dati disponibili, si utilizzano vari approcci teorici. Questi includono modelli che cercano di spiegare l’origine dello stato, le dinamiche economiche che regolavano la vita cittadina e i processi di cambiamento e, talvolta, di collasso che hanno interessato queste società complesse. Si analizzano anche le interazioni tra le diverse regioni del Vicino Oriente antico, comprese le influenze culturali e politiche che hanno plasmato lo sviluppo delle città e delle società.Ma siamo davvero sicuri di sapere come e perché queste complesse strutture statali siano nate?
Il capitolo accenna ai “modelli che cercano di spiegare l’origine dello stato”, ma presenta questo tema cruciale in modo forse troppo sbrigativo. L’emergere delle prime forme statali e della complessità sociale nel Vicino Oriente antico è in realtà uno dei nodi più dibattuti in archeologia e antropologia. Non esiste una teoria unica e universalmente accettata; diverse scuole di pensiero pongono l’accento su fattori differenti, siano essi ambientali, economici, demografici o legati al conflitto e all’ideologia. Per farsi un’idea della complessità del dibattito, sarebbe utile esplorare le diverse prospettive teoriche sull’origine dello stato. Autori come V. Gordon Childe o Robert Adams hanno gettato le basi per molte discussioni successive, offrendo spunti fondamentali, sebbene non privi di critiche, sull’evoluzione delle società verso forme più complesse e urbane.Abbiamo riassunto il possibile
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