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Contenuti del libro
Informazioni
“Il tramonto della repubblica dei partiti. Diari 1985-1989” di Antonio Maccanico ti porta dritto nel cuore del potere italiano negli anni Ottanta, un periodo super intenso e pieno di svolte. Attraverso le pagine di questi diari, vivi dall’interno le dinamiche del Quirinale con il Presidente Cossiga, le continue crisi politiche che mettono a dura prova la “repubblica dei partiti”, e le manovre dietro le quinte che decidono i destini del paese. Non è solo politica: il libro si addentra nelle intricate vicende di Mediobanca, mostrando come finanza e potere fossero strettamente legati, con personaggi come Cuccia, Agnelli e i grandi gruppi industriali (Fiat, Pirelli, IRI) che giocano una partita fondamentale. Ci sono anche i tentativi di riforme istituzionali, le tensioni sul CSM, e momenti drammatici come il caso Achille Lauro che mettono in crisi il governo Craxi e le relazioni internazionali. È un racconto avvincente della storia politica italiana di quegli anni, visto da una posizione privilegiata, che fa capire quanto fosse complicato e fragile l’equilibrio tra partiti, istituzioni e interessi economici.Riassunto Breve
Il periodo è segnato da un forte intreccio tra politica di alto livello e grandi poteri economici e finanziari. Al Quirinale, il Presidente affronta questioni organizzative e di sicurezza, prepara discorsi importanti e discute riforme istituzionali con i leader politici, come quella del Consiglio Superiore della Magistratura (CSM). Ma un tema centrale che domina la scena è la situazione di Mediobanca. L’amministratore delegato Enrico Cuccia esprime preoccupazioni per il futuro della banca. I rapporti tra interessi pubblici, rappresentati da enti come IRI e Banca d’Italia, e privati, come i gruppi industriali Fiat e Pirelli, sulla sua gestione e proprietà sono complessi. Si cerca una soluzione per garantire stabilità e autonomia all’istituto finanziario. La possibile nomina del Segretario Generale della Presidenza della Repubblica alla guida di Mediobanca diventa un punto focale di intense trattative che coinvolgono il Presidente della Repubblica, il Presidente del Consiglio e leader di partito come De Mita e Craxi, oltre a figure finanziarie come Cuccia e Agnelli. Questa potenziale nomina scatena scontri di interesse e visioni diverse sulla privatizzazione e sulla scelta del management. Alcuni spingono per il cambiamento vedendolo come necessario per il futuro di Mediobanca e per riequilibrare certi poteri economici. Altri, specialmente all’interno della Democrazia Cristiana, hanno riserve legate sia alla necessità di mantenere una figura di garanzia al Quirinale, sia a specifiche dinamiche interne di partito e ai rapporti con i gruppi industriali. Le trattative per il riassetto di Mediobanca vedono le banche pubbliche (BIN) voler mantenere una quota di controllo, non scendendo sotto il 50%, mentre i soci privati (Cuccia, Agnelli, Pirelli) premono per aumentare la loro partecipazione e bilanciare il controllo pubblico, cercando di coinvolgere altri imprenditori come Pesenti. Si discute la struttura azionaria, la governance, la modifica del quorum per le decisioni del consiglio e i poteri del futuro presidente, che richiede ampia autonomia. Questo intreccio tra politica e finanza si vede anche in altre operazioni di riassetto di importanti realtà come la creazione di Telit, unendo Italtel (IRI) e Telettra (Fiat), influenzata da dinamiche politiche e contrasti tra gruppi industriali, o le manovre sul gruppo Montedison/Ferruzzi e le possibili collaborazioni nella chimica con ENI. Tutto questo avviene in un quadro politico instabile, segnato da conflitti e lotte di potere continue che rendono difficile l’azione del governo e l’attuazione di riforme. Si discutono riforme istituzionali, come l’efficienza parlamentare o l’abolizione del voto segreto, ma il processo è lento a causa delle profonde divisioni tra i partiti, in particolare Democristiani e Socialisti. Questioni finanziarie come la gestione della spesa pubblica e l’aumento del debito aggiungono pressione, con preoccupazioni espresse anche dalla Banca d’Italia. Eventi internazionali come il dirottamento dell’Achille Lauro o gli attentati di Fiumicino e Vienna mettono a dura prova il governo e creano tensioni interne e internazionali, contribuendo a crisi di governo. La situazione porta a crisi di governo e alla ricerca di una nuova maggioranza. La formazione del governo è complessa, con incarichi esplorativi (Spadolini) e tentativi di formare governi (De Mita, Andreotti) che mostrano le difficoltà nel trovare accordi duraturi, influenzati anche dai risultati elettorali (europee) e dalle richieste dei leader di partito (Craxi). La formazione di un nuovo governo di pentapartito avviene in un contesto dove la stabilità politica e la definizione chiara dei ruoli istituzionali e dei poteri economici rimangono sfide aperte e difficili da risolvere a causa di questo costante intreccio tra la scacchiera politica e quella finanziaria.Riassunto Lungo
1. Il Quirinale tra affari e crisi istituzionali
Presidente Cossiga inizia il suo mandato dedicandosi subito a questioni organizzative e di sicurezza, come la scorta per l’ex Presidente Pertini e la gestione del personale del Quirinale. Si prepara per discorsi importanti e incontra diverse personalità politiche per definire l’agenda del governo e discutere riforme istituzionali. In questo periodo, l’attività politica e istituzionale è costante e intensa. Il Presidente, il Presidente del Consiglio, i ministri e i leader di partito si incontrano frequentemente. Gestiscono le crisi, cercano soluzioni ai problemi economici e istituzionali, e mantengono gli equilibri della maggioranza.La crisi del CSM
Un fronte di tensione istituzionale è il Consiglio Superiore della Magistratura (CSM). Si discute la necessità di riformare la legge elettorale che regola la sua composizione. Viene affrontato anche il caso specifico del procuratore Sesti. La situazione si aggrava quando il CSM decide di discutere pubblicamente le dichiarazioni del Presidente del Consiglio Craxi. Questa decisione porta alle dimissioni dei membri togati del Consiglio e a un confronto diretto tra il Presidente della Repubblica e il CSM.La questione Mediobanca
Un altro tema centrale che emerge è la situazione di Mediobanca. L’amministratore delegato Enrico Cuccia esprime preoccupazioni riguardo al futuro della banca. I rapporti tra interessi pubblici, rappresentati da enti come IRI e Banca d’Italia, e interessi privati, legati a gruppi industriali come Fiat e Pirelli, sono complessi. Questi diversi attori si confrontano sulla gestione e sulla proprietà dell’istituto. Si cerca attivamente una soluzione che possa garantire la stabilità e l’autonomia della banca finanziaria.Crisi di sicurezza e politica estera
Eventi di sicurezza di grande impatto segnano il periodo. Il dirottamento dell’Achille Lauro e gli attentati negli aeroporti di Fiumicino e Vienna mettono a dura prova il governo. Queste crisi hanno conseguenze dirette sulla politica estera italiana. Innescano polemiche all’interno del paese e creano tensioni internazionali. In particolare, sorgono difficoltà con gli Stati Uniti riguardo alla gestione del caso Abbas. Questi episodi contribuiscono a una crisi di governo e stimolano un dibattito sulla posizione dell’Italia nel contesto internazionale.La gestione del caso Abbas fu davvero solo una ‘difficoltà ’ con gli Stati Uniti, o nascondeva scelte politiche e diplomatiche ben più controverse e divisive?
Il capitolo menziona il dirottamento dell’Achille Lauro e le tensioni con gli Stati Uniti legate alla “gestione del caso Abbas”, ma non specifica quali furono le decisioni prese dall’Italia e perché generarono un tale scontro diplomatico e politico interno. Per comprendere appieno la crisi di governo e il dibattito sulla posizione internazionale dell’Italia che ne derivarono, è fondamentale approfondire i dettagli della gestione italiana della crisi, le pressioni internazionali subite e le diverse posizioni politiche interne. Approfondire la storia della politica estera italiana in quel periodo e le dinamiche delle relazioni italo-americane può fornire il contesto necessario. Autori come Sergio Romano o Paolo Mieli hanno trattato questi temi.2. Manovre Politiche e Destini Incrociati
Nel 1986, l’Italia vive una situazione politica e finanziaria complessa, caratterizzata da fitti rapporti tra istituzioni, partiti e grandi gruppi economici. Al centro delle dinamiche c’è la possibilità che il Segretario Generale della Presidenza della Repubblica passi alla guida di Mediobanca. Questa prospettiva coinvolge direttamente figure chiave come il Presidente della Repubblica, il Presidente del Consiglio e i leader dei principali partiti, tra cui De Mita e Craxi, oltre a importanti esponenti del mondo finanziario come Cuccia e Agnelli, mostrando quanto sia stretta la relazione tra potere politico ed economico.Le trattative per la presidenza di Mediobanca
La potenziale nomina alla guida di Mediobanca scatena intense trattative e contrasti tra interessi diversi. Emergono posizioni differenti sul futuro dell’istituto, in particolare sulla sua privatizzazione e sulla scelta di chi debba guidarlo. Alcuni attori politici e finanziari spingono con decisione per il cambiamento, considerandolo fondamentale per il futuro di Mediobanca e per riequilibrare certi poteri economici consolidati. Altri, soprattutto all’interno della Democrazia Cristiana, esprimono dubbi. Queste riserve sono legate sia alla necessità di mantenere una figura di riferimento al Quirinale, sia a specifiche logiche interne al partito e ai legami con i grandi gruppi industriali, rendendo la decisione un punto cruciale di scontro.La questione Mediobanca nel contesto politico generale
Le discussioni sul futuro di Mediobanca si legano strettamente alle tensioni che attraversano la politica italiana in quel periodo. Si affrontano temi come la stabilità del governo, le riforme delle istituzioni e le delicate relazioni internazionali, specialmente con gli Stati Uniti, anche a causa della situazione in Libia. La crisi di governo che si manifesta nel corso dell’anno mette ulteriormente in luce le difficoltà nel raggiungere equilibri politici stabili e nel definire con chiarezza i ruoli delle diverse istituzioni, come i poteri del Presidente della Repubblica o la gestione delle emergenze militari. La decisione finale sulla presidenza di Mediobanca rimane così in sospeso, profondamente influenzata da questi continui negoziati e dalla complessa ricerca di un accordo tra le diverse forze in gioco.Se il capitolo descrive un intreccio strettissimo tra potere politico ed economico, perché non chiarisce come questo intreccio determini concretamente la scelta sulla guida di Mediobanca?
Il capitolo, pur delineando un quadro di complesse interrelazioni tra politica, istituzioni e finanza, si limita ad affermare l’influenza reciproca senza scendere nel dettaglio dei meccanismi specifici. Non è del tutto chiaro quali leve di potere vengano azionate, quali siano i canali informali di pressione, o come le logiche interne dei partiti e i legami con i gruppi industriali si traducano operativamente in “dubbi” o “spinte” sulla nomina. Per colmare questa lacuna e comprendere appieno le dinamiche descritte, sarebbe necessario approfondire gli studi sulla storia del capitalismo italiano, le analisi politologiche sui rapporti tra Stato e mercato nella Prima Repubblica, e le specifiche biografie e ruoli degli attori chiave menzionati. Autori che si sono dedicati alla storia economica e politica dell’Italia del secondo dopoguerra possono offrire il contesto analitico mancante.3. Tra Quirinale e finanza, la partita Mediobanca
La potenziale presidenza di Mediobanca è al centro di complesse trattative che coinvolgono diversi attori importanti. Tra questi ci sono le banche di interesse nazionale, l’IRI e i soci privati. Anche la politica ha un ruolo significativo, con figure come Craxi, De Mita e Prodi che influenzano la situazione. L’obiettivo di queste discussioni è definire una nuova fase per la banca, con il futuro presidente che richiede di poter operare con ampia autonomia.La posizione delle banche
Le banche di interesse nazionale puntano a mantenere una quota di controllo sulla banca, non scendendo al di sotto del 50% delle azioni. Si sta valutando la possibilità di allargare la base degli azionisti privati, sia cedendo quote già esistenti sia coinvolgendo nuovi investitori nel capitale. Non sono previsti nuovi accordi formali tra i soci, ma si pensa di riservare alcuni posti nel consiglio di amministrazione ai rappresentanti dei privati, incluso il ruolo di vicepresidente. La conferma dell’attuale amministratore delegato dipenderà dalla decisione delle banche pubbliche. Queste ultime stanno preparando un documento per specificare i nuovi poteri che saranno affidati al presidente.Le richieste dei soci privati
I soci privati, rappresentati da figure di spicco come Cuccia, Agnelli e Pirelli, chiedono con forza di poter esercitare un’opzione che permetterebbe loro di aumentare la propria partecipazione azionaria. Spingono per un allargamento significativo della quota detenuta dai privati. Propongono di acquistare quote consistenti con l’obiettivo di creare un gruppo di azionisti privati ben bilanciato, capace di fare da contrappeso al controllo pubblico. Per raggiungere questo scopo, si sta cercando di convincere diversi imprenditori a unirsi a questa iniziativa privata.Le sfide e le incertezze
Le trattative risultano complicate a causa delle visioni differenti tra le banche di interesse nazionale e i privati, soprattutto riguardo all’assetto delle quote azionarie e alle regole di gestione interna, inclusa la modifica del numero di voti necessari per prendere decisioni importanti nel consiglio. La situazione politica generale, caratterizzata da crisi di governo e dalla possibilità di elezioni anticipate, aggiunge ulteriore incertezza e rallenta il processo decisionale. La nomina del presidente di Mediobanca richiede inoltre un’autorizzazione specifica da parte del Consiglio di Stato. La definizione del futuro assetto di Mediobanca e il suo grado di autonomia rispetto all’IRI e ai partiti politici sono questioni ancora aperte e di difficile soluzione.Davvero il capitolo spiega perché il sistema dei partiti fosse così bloccato, o si limita a descriverne i penosi effetti?
Il capitolo, pur descrivendo con efficacia le dinamiche di scontro e la lentezza delle riforme, non scava a fondo nelle radici strutturali che rendevano il “sistema dei partiti esistente” così refrattario al cambiamento. Per comprendere perché quel sistema fosse intrinsecamente instabile e bloccato, e non solo come si manifestasse la sua crisi, è necessario esplorare la storia e la natura profonda della “Prima Repubblica”, analizzando le sue logiche di potere, il ruolo delle ideologie, il clientelismo e i rapporti tra partiti e società . Approfondire gli studi di politologia, storia contemporanea e sociologia politica è essenziale. Autori come Gianfranco Pasquino offrono strumenti critici per questa analisi.6. Il Cammino Tortuoso Verso il Nuovo Governo
La situazione politica è segnata da una crisi di governo e dalla ricerca di una nuova maggioranza. I partiti repubblicano e liberale sostengono con forza la necessità di un governo stabile, basato su un accordo politico solido, non una soluzione provvisoria. In questo contesto, si ritiene che solo Forlani possa guidare un esecutivo di questo tipo, ma si prevede una certa resistenza da parte di Craxi.Le prime fasi e le difficoltà nei negoziati
Il Presidente della Repubblica affida un incarico esplorativo a Spadolini per sondare le possibilità di formare una maggioranza. Durante questa fase, si discute l’ipotesi di un “pre-incarico” per facilitare la formazione del governo, una soluzione già adottata in passato per superare le impasse. Le trattative tra i partiti si rivelano fin da subito complesse, con posizioni inizialmente distanti e molte incertezze sul percorso da seguire. Craxi, in particolare, esprime riserve sulla partecipazione a governi che si preannunciano di breve durata e manifesta perplessità sulle alleanze all’interno del polo laico, evidenziando la sua contrarietà alla presenza di Pannella.L’influenza delle elezioni europee e gli incarichi successivi
Le elezioni europee che si svolgono in questo periodo mostrano un quadro politico in evoluzione: la Democrazia Cristiana registra un leggero calo dei consensi, mentre i socialisti ottengono un modesto guadagno. I partiti laici subiscono invece una sconfitta significativa. Questo risultato elettorale influenza inevitabilmente le dinamiche politiche in corso, indebolendo la posizione negoziale dei repubblicani e dei liberali nei confronti degli altri partiti. Successivamente, De Mita riceve l’incarico di formare il governo, ma incontra notevoli difficoltà , in parte legate alle richieste avanzate da Craxi, in particolare riguardo alla federazione laica. A causa di queste complicazioni, De Mita è costretto a rinunciare all’incarico ricevuto.La formazione del governo Andreotti e le questioni in sospeso
Dopo il fallimento del tentativo precedente, Andreotti riceve il mandato per formare il nuovo governo. Le trattative tra i partiti della potenziale maggioranza proseguono, concentrandosi sulla distribuzione dei ruoli ministeriali e sulla composizione complessiva del nuovo esecutivo. Nonostante le difficoltà iniziali, i partiti che formeranno la maggioranza riescono a raggiungere un accordo per un governo di pentapartito. Parallelamente alla crisi politica e alla ricerca di una soluzione, si affrontano diverse questioni specifiche che richiedono attenzione, come la privatizzazione di Comit e la riforma del sistema creditizio, i problemi ambientali urgenti legati all’inquinamento dell’Adriatico e la necessità di riforme istituzionali riguardanti l’Istat e la conferenza Stato-regioni. Il 23 luglio, il nuovo governo guidato da Andreotti presta giuramento al Quirinale. La formazione di questo governo avviene in un contesto caratterizzato da una persistente incertezza politica e dalla difficoltà nel realizzare un cambiamento significativo nel panorama politico nazionale.Perché il capitolo afferma che solo Forlani potesse guidare un governo stabile, senza spiegare il motivo di questa presunta unicità ?
Il capitolo presenta l’idea che Forlani fosse l’unico in grado di guidare un esecutivo stabile come un dato di fatto, ma non fornisce elementi sufficienti per comprendere le ragioni politiche o personali che lo rendevano, in quel contesto specifico, l’unica opzione praticabile per un governo non provvisorio. Questa affermazione, cruciale per capire le dinamiche iniziali della crisi, rimane priva di un adeguato supporto argomentativo all’interno del testo. Per colmare questa lacuna e comprendere appieno il perché di tale convinzione, sarebbe necessario approfondire la storia politica di quel periodo, analizzando le posizioni dei vari partiti, le correnti interne alla Democrazia Cristiana e il profilo politico dei leader menzionati. Approfondire autori che si sono occupati della Prima Repubblica e delle sue crisi di governo, esaminando le strategie negoziali e i rapporti di forza tra i partiti del pentapartito, fornirebbe il contesto necessario per valutare la fondatezza di tale asserzione.Abbiamo riassunto il possibile
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