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Contenuti del libro
Informazioni
“Il terzo libro dei Mottetti a sei voci” di De Dario ti porta nel mondo della musica sacra del Seicento attraverso la figura di Orfeo Vecchi, un compositore milanese fondamentale. Il libro esplora la sua vita, dalla formazione a Vercelli al ruolo cruciale a Santa Maria della Scala a Milano, dove la sua polifonia vocale divenne un punto di riferimento nel periodo post-Concilio di Trento. Ci si addentra nell’analisi dei suoi Mottetti a sei voci, capolavori che fondono arte e spiritualità, studiando la tecnica compositiva, l’uso dei modi e le sfide della notazione musicale storica di quel tempo. Un aspetto affascinante è la ricerca delle fonti, dalle prime stampe milanesi e di Anversa fino alla preziosa Intavolatura di Pelplin, un manoscritto polacco che ci svela molto sulla diffusione e l’interpretazione della musica di Vecchi. Questo volume non è solo uno studio accademico, ma un viaggio per capire come la musica sacra del Seicento rispondeva alle esigenze spirituali e liturgiche, mostrandoci il lavoro meticoloso dietro un’edizione critica che cerca di riportare in vita queste opere.Riassunto Breve
All’interno del testo allegato noterai alcuni titoli di capitoli che dovrai completamente ignorare. Ignora completamente la struttura in capitoli, e concentrati a fare un output unitario.Orfeo Vecchi è una figura importante nella musica sacra milanese tra la fine del Cinquecento e l’inizio del Seicento. Dopo la formazione a Vercelli, dove è maestro di cappella, lavora a Milano presso Santa Maria della Scala, contribuendo a sviluppare il coro secondo lo stile polifonico del tempo, influenzato dalle riforme del Concilio di Trento. La sua arte unisce l’uso liturgico e quello devozionale, interpretando le esigenze della Chiesa e la devozione popolare. È noto per comporre velocemente e la sua vasta produzione include mottetti, salmi e messe. Le sue composizioni sono apprezzate e servono da modello.Il terzo libro dei Mottetti a sei voci, pubblicato nel 1598, è un esempio significativo del suo lavoro. La musica di questi mottetti integra arte, spiritualità e tecnica per dare forza al testo. Non usa melodie già esistenti; ogni voce ha una sua linea indipendente nella polifonia a sei parti. Si mescolano parti con una melodia più evidente e momenti dove l’attenzione è sugli accordi. Le melodie usano intervalli piccoli e armoniosi. Le cadenze aiutano a dare forma alla musica e a sottolineare il significato delle parole. Le parti iniziali variano tra contrappunto libero, imitazione e canto all’unisono ritmico. Le dissonanze sono usate con controllo, sempre preparate e risolte correttamente. Alcuni brani finiscono con note tenute a lungo (pedale). La musica spesso imita le emozioni delle parole, usando figure musicali che richiamano figure retoriche del testo.L’organizzazione dei modi musicali nei mottetti riflette un periodo di cambiamento, dove si passa dai vecchi modi al sistema maggiore/minore. Vecchi usa soprattutto modi misti, scegliendoli per esprimere le emozioni del testo. L’identificazione del modo si basa su vari elementi come le chiavi usate, l’estensione delle voci, le cadenze e le imitazioni. Si trovano diversi modi, a volte mescolati tra loro.Nel sedicesimo secolo, cambiano le regole per misurare il tempo nella musica. Il riferimento per il “tatto” si sposta dalla breve alla semibreve, creando incertezza. Nei mottetti di Vecchi, i segni per i tempi binari (₵ e C) sono usati in modo simile, senza differenze chiare nel ritmo, una cosa comune nella musica sacra milanese. Le sezioni a tempo ternario usano segni che indicano una proporzione, ma funzionano soprattutto per segnalare il ritmo a tre. Il passaggio tra sezioni binarie e ternarie crea un effetto di accelerazione, guidato dal testo.I testi dei mottetti vengono da diverse fonti: pezzi di liturgia messi insieme, testi biblici rielaborati o scritti apposta per la Chiesa milanese. Questa varietà e la mancanza di indicazioni precise rendono i mottetti adatti a diversi momenti, come la Messa, i Vespri o pratiche di devozione. I testi trattano temi importanti per la spiritualità del tempo, come la consolazione, la salvezza, la speranza e le virtù della Madonna.Per studiare questi mottetti oggi, si usano diverse fonti. La prima edizione stampata a Milano nel 1598 è fondamentale, insieme a una ristampa successiva e ad altre raccolte che includono alcuni brani. Una fonte molto importante è una grande raccolta manoscritta polacca chiamata Intavolatura di Pelplin (1620-30), che contiene quasi tutti i mottetti a sei voci di Vecchi. Questa raccolta usa un tipo di notazione diversa e organizza i brani in base a quando si usavano in chiesa, non come nell’edizione stampata. Non è chiaro se servisse per cantare, suonare o solo per conservare la musica.L’edizione moderna di questi mottetti cerca di rispettare le intenzioni originali dell’autore. Le vecchie chiavi musicali sono sostituite con quelle moderne, adattate all’estensione delle voci. Le alterazioni (diesis, bemolle) presenti nell’originale sono riportate, anche se oggi sembrano non necessarie; ogni alterazione vale solo per la nota a cui è vicina. Le alterazioni aggiunte dall’editore per aiutare l’esecuzione sono messe tra parentesi quadre sopra la nota. I mottetti che nella raccolta di Pelplin sono scritti in una tonalità diversa dall’originale vengono trascritti nella tonalità originale.Un elenco a parte (apparato critico) mostra le differenze trovate tra le varie fonti, specialmente nella raccolta di Pelplin. Si notano variazioni in singole note o ritmi. In alcuni mottetti, le parti del tenore e del quintus sono scambiate. La raccolta di Pelplin contiene anche errori, come note scritte nel posto sbagliato o misure mancanti. Molti mottetti in questa raccolta appaiono trasposti rispetto alla versione stampata.Riassunto Lungo
1. Orfeo Vecchi: Percorso di un Artista Sacro nel Seicento
Orfeo Vecchi, nato intorno al 1551 vicino a Milano, fu una figura importante nel mondo della musica e della religione del suo tempo. La sua formazione avvenne a Vercelli, dove divenne sacerdote e studiò musica e grammatica al Collegio degli Innocenti. A Vercelli fu maestro di cappella nel Duomo tra il 1580 e il 1585, un ruolo di rilievo che segnò l’inizio della sua carriera. Successivamente, dal 1587 fino alla sua morte nel 1603, Vecchi lavorò a Milano presso la Collegiata di Santa Maria della Scala. Questa istituzione si trovava in una posizione delicata, stretta tra l’autorità della Chiesa e il potere dei duchi spagnoli. Vecchi, scelto da Carlo Borromeo, aiutò a migliorare questi rapporti e a dare nuova vita al coro, che divenne un modello per lo stile musicale dell’epoca dopo il Concilio di Trento.La sua musica e il suo ruolo
La sua carriera fu strettamente legata a Federico Borromeo, al quale dedicò alcune delle sue opere musicali. Vecchi interpretò le riforme della liturgia e della spiritualità volute dal Concilio di Trento e le applicò nella tradizione ambrosiana, tipica di Milano. La sua musica riuscì a unire le necessità del culto ufficiale con la devozione del popolo. Era conosciuto per la sua grande creatività e per la velocità con cui componeva. La sua vasta produzione musicale, dedicata soprattutto ai testi sacri, comprendeva mottetti, salmi e messe. Contribuì in modo significativo allo sviluppo della polifonia vocale del Seicento e creò anche nuove versioni musicali (contrafacta) di brani non religiosi, adattandoli a testi sacri. Le sue composizioni furono molto apprezzate in tutta Europa e servirono da esempio per altri musicisti del tempo. Morì a Milano nel 1603, lasciando un’eredità musicale importante.Come possiamo essere certi dell’enorme influenza e apprezzamento europeo di Orfeo Vecchi, dati i dettagli limitati forniti?
Il capitolo afferma che la musica di Vecchi fu molto apprezzata in tutta Europa e servì da esempio, ma non fornisce dettagli specifici o prove concrete a supporto di tale ampia affermazione. Per valutare la reale portata della sua influenza e del suo apprezzamento al di fuori dell’ambito milanese, sarebbe necessario approfondire la ricerca musicologica sul periodo e sull’autore. Approfondire gli studi di musicologi specializzati nel Seicento italiano e nelle fonti primarie dell’epoca potrebbe aiutare a contestualizzare e verificare queste asserzioni.2. L’Arte di Orfeo Vecchi: Mottetti, Dedica e Fonti
Il terzo libro dei Mottetti a sei voci di Orfeo Vecchi vede la luce a Milano nel 1598. Questo volume si apre con una dedica in latino indirizzata a Johann Wilhelm Troger, un giovane cavaliere di origine svizzera. La dedica mette in risalto l’importanza fondamentale degli studi umanistici e della musica nel percorso di crescita e formazione di una persona, riflettendo pienamente gli ideali che guidavano il compositore. È interessante notare che uno dei mottetti presenti nella raccolta è stato composto dal fratello del dedicatario, Melchior, che era un allievo diretto di Vecchi.Lo stile musicale dei mottetti
La musica di questi mottetti è concepita per esaltare il testo, integrando arte, spiritualità e una solida tecnica compositiva. Vecchi non parte da melodie preesistenti; al contrario, ogni voce all’interno della polifonia a sei parti gode di una propria indipendenza. Si nota un equilibrio tra un’impostazione che a tratti ricorda la monodicità e una grande attenzione alla costruzione degli accordi. Le linee melodiche tendono a muoversi per piccoli intervalli, prevalentemente consonanti, contribuendo a un suono armonioso. Le cadenze svolgono un ruolo cruciale, non solo definendo la struttura formale dei brani, ma anche rafforzando il significato espresso dalle parole. Le sezioni iniziali dei mottetti mostrano una varietà di approcci compositivi, alternando momenti di contrappunto libero a passaggi basati sull’imitazione o sull’omoritmia. L’uso delle dissonanze è gestito con grande cura: sono sempre preparate e risolte in modo controllato, secondo le regole dell’epoca. Alcuni mottetti si concludono con l’impiego del pedale, un elemento che aggiunge solennità al finale.Espressione e descrittivismo sonoro
Nei mottetti di Orfeo Vecchi, il suono diventa uno strumento per dipingere le emozioni e le immagini suggerite dal testo. È presente un notevole descrittivismo sonoro: la musica imita gli “affetti” delle parole, utilizzando in modo efficace figure retoriche sia musicali che testuali. Le scelte compositive relative al ritmo e alla melodia sono studiate appositamente per contribuire all’espressione profonda del testo poetico o sacro.Organizzazione modale
L’organizzazione modale dei mottetti riflette il periodo di transizione che stava avvenendo nella musica, dal sistema modale antico verso quello che sarebbe diventato il sistema maggiore/minore. Vecchi predilige l’uso dei toni misti, selezionando i modi non in modo rigido, ma basandosi sull’esigenza di esprimere al meglio gli affetti contenuti nel testo. L’attribuzione di un modo a un brano si basa sull’analisi di diversi elementi combinati, come le chiavi usate, l’estensione delle singole voci, la posizione e la frequenza delle cadenze e l’uso dell’imitazione. Vengono impiegati vari modi, tra cui Protus, Deuterus, Tritus e Tetrardus. Si possono riscontrare alcune ambiguità o commistioni, specialmente tra modi che presentano caratteristiche simili.Le fonti per lo studio dei mottetti
Per analizzare e comprendere a fondo questi mottetti, gli studiosi si basano su diverse fonti storiche. La fonte principale è la prima edizione a stampa, pubblicata a Milano nel 1598. Esiste anche una ristampa di questa raccolta, data alle stampe ad Anversa nel 1603, che conferma la diffusione dell’opera. Inoltre, vari brani dei mottetti di Vecchi sono stati inclusi in diverse antologie musicali pubblicate nel corso del Seicento. Una fonte di particolare importanza è l’Intavolatura di Pelplin. Si tratta di una vasta raccolta manoscritta compilata in Polonia tra il 1620 e il 1630, che contiene quasi la totalità dei mottetti a sei voci composti da Vecchi. Questa intavolatura utilizza una notazione di tipo alfabetico e organizza i brani non secondo l’ordine delle edizioni a stampa, ma in base alla loro destinazione liturgica. La funzione originale di questa intavolatura – se fosse destinata alla pratica vocale, all’esecuzione strumentale o semplicemente come documento di conservazione – è ancora oggi oggetto di dibattito e ricerca tra gli studiosi.Se la funzione della principale fonte manoscritta è ancora dibattuta, quanto possiamo dire di sapere sulla reale destinazione d’uso dei mottetti?
Il capitolo mette giustamente in luce l’importanza della Intavolatura di Pelplin come fonte, ma l’incertezza sulla sua funzione (vocale, strumentale, o di conservazione) rappresenta una lacuna critica nella comprensione della prassi esecutiva e della ricezione storica dei mottetti. Per colmare questa lacuna, è essenziale approfondire gli studi sulla prassi esecutiva del tardo Rinascimento e del primo Barocco, analizzando comparativamente altre intavolature e fonti coeve. Autori come Fenlon, Owens, o Dalla Libera offrono prospettive fondamentali su questi temi, aiutando a delineare il complesso panorama della performance musicale dell’epoca.3. Segni, Ritmi e Testi Sacri
Nel sedicesimo secolo, la notazione musicale cambia in modo significativo. In particolare, cambiano il modo di sentire il tempo (tactus) e il significato dei simboli che indicano la misura (mensura). Prima, il tempo si misurava principalmente sulla figura musicale chiamata breve. Poi, ci si sposta a misurarlo sulla semibreve. Questo cambiamento crea incertezza tra i musicisti su quale “battito” seguire, se quello della breve o quello della semibreve. Anche se le regole teoriche dicevano una cosa, nella pratica comune si finiva per cantare seguendo il valore della semibreve, anche quando i simboli indicavano teoricamente di seguire la breve.I Mottetti di Orfeo Vecchi
Nei Mottetti a sei voci composti da Orfeo Vecchi, possiamo vedere come venivano usati questi simboli di misura (mensura). Per i brani o le sezioni a tempo binario, Vecchi usa i simboli ₵ e C. Studiando le figure musicali usate (semibreve, minima, semiminima), si vede che la frequenza con cui appaiono è molto simile per entrambi i simboli. Questo significa che, nella pratica, questi due simboli non indicano differenze nel ritmo e possono essere usati uno al posto dell’altro. Questa era una cosa comune nella musica sacra di Milano in quel periodo. Le sezioni a tempo ternario, invece, usano simboli che si riferiscono a concetti chiamati proportio tripla o sesquialtera. Anche qui, la differenza teorica tra queste due “proporzioni” diventa meno importante, e i simboli servono soprattutto a indicare che la musica è a tempo ternario. Il modo in cui Vecchi alterna sezioni binarie e ternarie nei suoi mottetti crea un effetto di accelerazione. È spesso il testo che sta cantando a guidare questo passaggio e l’esecuzione.I Testi dei Mottetti
I testi usati in questi mottetti provengono da fonti diverse. A volte sono messi insieme frammenti di testi usati nella liturgia, altre volte sono rielaborazioni di passi della Bibbia, e altre ancora sono testi religiosi scritti apposta, legati all’ambiente di Milano. Questa varietà di testi, insieme al fatto che nell’edizione originale non ci sono indicazioni precise su dove usarli, rende i mottetti molto flessibili. Possono essere cantati in diversi momenti, come durante la Messa, nell’Ufficio (soprattutto ai Vespri) o durante momenti di preghiera personale o di gruppo. I contenuti di questi testi riflettono le idee spirituali e l’insegnamento religioso che erano importanti dopo il Concilio di Trento. Si trovano spesso temi che tornano, come la consolazione, l’idea della salvezza, la speranza, la gioia, le qualità della Vergine Maria e l’attesa della venuta di Cristo. Quando questi testi vengono trascritti per un’edizione moderna e curata (un’edizione critica), si usano regole di scrittura attuali per renderli più facili da leggere. Però, si cerca anche di mantenere alcune delle forme e delle parole originali per rispettare la versione storica.[/membership]Siamo davvero certi che la semplice frequenza delle figure musicali basti a liquidare le differenze tra i simboli di misura del Cinquecento?
Il capitolo suggerisce che l’analisi statistica delle note usate renda i simboli ₵ e C praticamente interscambiabili nella pratica esecutiva. Tuttavia, ridurre l’interpretazione di una notazione storica complessa a un mero conteggio di figure rischia di ignorare aspetti cruciali della prassi esecutiva dell’epoca, le sottigliezze agogiche o le intenzioni teoriche che potevano ancora influenzare i musicisti. Per una comprensione più completa, sarebbe necessario approfondire gli studi sulla notazione rinascimentale, sulla prassi esecutiva storica e confrontare le fonti teoriche (come quelle di Zarlino) con l’evidenza pratica, che non si esaurisce nella sola frequenza delle note.4. Le Voci Originali e le Loro Variazioni
L’edizione critica di quest’opera musicale segue un approccio semi-diplomatico. Questo significa che si cerca di mantenere il più possibile le intenzioni retoriche, prosodiche ed espressive originali dell’autore, pur aggiornando alcuni aspetti per la lettura moderna. Le chiavi originali, scritte in notazione quadrata, vengono sostituite con quelle moderne come violino, violino tenorizzato e basso. Questa scelta si basa sull’estensione effettiva di ogni voce, per rendere la lettura più immediata per i musicisti di oggi. Le alterazioni presenti nella partitura originale sono riportate fedelmente, anche quando oggi potrebbero sembrare non strettamente necessarie. È importante ricordare che ogni alterazione si applica solo alla nota immediatamente successiva a cui è associata. Eventuali alterazioni aggiunte dall’editore per chiarezza sono indicate tra parentesi quadre e poste sopra la nota. I mottetti che nel manoscritto di Pelplin appaiono trasposti rispetto alla versione originale vengono trascritti in notazione moderna mantenendo la tonalità trasposta trovata in quel testimone.L’Apparato Critico
Per documentare le differenze tra le varie fonti, l’edizione include un apparato critico. Questo apparato elenca tutte le variazioni ritmico-melodiche riscontrate nei diversi manoscritti o stampe (chiamati ‘testimoni’). Ogni variante viene indicata in modo preciso, specificando l’iniziale della voce interessata (C per Canto, A per Alto, S per Soprano, Q per Quintus, T per Tenore, B per Basso), il numero della misura in cui si trova la differenza e la posizione esatta della nota o del ritmo all’interno di quella misura. Questo sistema permette di confrontare facilmente la versione presentata nell’edizione con quella di altre fonti storiche.Le Particolarità del Manoscritto di Pelplin
Il manoscritto di Pelplin, in particolare, presenta diverse particolarità che vengono segnalate nell’apparato critico. Si possono trovare differenze che riguardano singole note o variazioni nel ritmo rispetto ad altri testimoni. In alcuni mottetti presenti in questo manoscritto, le parti destinate al tenor e al quintus risultano scambiate rispetto ad altre fonti. Il manoscritto di Pelplin contiene anche alcuni errori evidenti. Questi includono incasellamenti (la divisione in misure) che non corrispondono alla musica o intere misure che risultano mancanti nella partitura. Infine, come accennato, diversi mottetti in questo manoscritto appaiono trasposti rispetto alla versione considerata originale o presente in altre fonti, un dettaglio che viene fedelmente riportato nella trascrizione.Se l’obiettivo è l’edizione critica dell’opera “originale”, perché dedicare tanto spazio e fedeltà a un manoscritto che il capitolo stesso definisce trasposto e pieno di “errori”?
Il capitolo descrive con cura le particolarità del manoscritto di Pelplin, notando come contenga trasposizioni e “errori evidenti”. Tuttavia, afferma poi che queste caratteristiche vengono “fedelmente riportate nella trascrizione”. Questa scelta solleva interrogativi sulla coerenza dell’approccio semi-diplomatico dichiarato. Se l’edizione mira a presentare l’opera nelle sue “intenzioni retoriche, prosodiche ed espressive originali”, la fedeltà a un testimone considerato derivato e corrotto (almeno in parte) necessita di una giustificazione più robusta. Per comprendere meglio queste problematiche, è fondamentale approfondire i principi della critica testuale musicale e le diverse filosofie editoriali, confrontando approcci come l’edizione Urtext con quelli più orientati alla documentazione della tradizione manoscritta. Autori che trattano di filologia musicale e prassi editoriale offrono spunti essenziali per valutare tali scelte metodologiche.Abbiamo riassunto il possibile
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