1X
🔊 100%
Contenuti del libro
Informazioni
“Il tempo delle mani pulite. 1992-1994” di Goffredo Buccini ti porta nel cuore di un periodo pazzesco della storia italiana, tra il 1992 e il 1994. È la storia di Mani Pulite, l’inchiesta che ha scoperchiato Tangentopoli, un sistema di corruzione politica diffuso che partiva da Milano ma arrivava ovunque. Vedrai come un gruppo di magistrati, guidati da figure come Antonio Di Pietro, ha sfidato il potere, indagando su politici di spicco come Bettino Craxi e l’emergente Silvio Berlusconi, e su grandi imprenditori. Il libro racconta il braccio di ferro tra la magistratura e il palazzo, le crisi di governo, gli arresti, le confessioni, i suicidi e persino le bombe che hanno segnato quegli anni. È un viaggio nella crisi politica italiana, nella fine della Prima Repubblica e nell’inizio di qualcosa di nuovo, ma anche un racconto su come la corruzione e la sfiducia nella magistratura siano problemi che ci portiamo dietro da allora. Un libro per capire davvero cosa è successo in quegli anni cruciali.Riassunto Breve
La cronaca giudiziaria a Milano cambia molto con una nuova legge nel 1989, che rende le indagini più veloci e le notizie più facili da trovare per i giornalisti. All’inizio ci sono indagini che mostrano legami tra criminalità e politica, ma il vero punto di svolta arriva nel febbraio 1992 con l’arresto di Mario Chiesa, un politico importante, colto mentre prende una tangente. L’indagine è guidata dal pubblico ministero Antonio Di Pietro, che usa metodi nuovi e i media. Chiesa, dopo un po’, confessa e racconta di un sistema di corruzione diffuso, dove i partiti prendono soldi sugli appalti pubblici. Le elezioni di quell’anno mostrano che la gente non si fida più dei vecchi partiti. La Procura di Milano crea una squadra speciale di magistrati, il pool di Mani Pulite, per indagare su questa corruzione. L’inchiesta colpisce subito politici importanti e riceve grande sostegno dalla gente, che vede i magistrati come eroi. La strategia è quella di arrestare le persone per farle confessare, e questo porta a scoprire una corruzione enorme che coinvolge partiti e grandi aziende. Intanto, in Italia succedono cose terribili, come le stragi di mafia, che aumentano la tensione e fanno sembrare la lotta alla corruzione legata a quella contro la mafia. Il governo affronta una crisi economica e l’immagine dei politici peggiora. I politici cercano di difendersi, dicendo che la corruzione c’è sempre stata e attaccando i magistrati, specialmente Di Pietro. Nonostante le pressioni, i magistrati vanno avanti, anche se ci sono dibattiti interni. Alcuni politici si suicidano dopo essere stati indagati, il che crea un dibattito sul clima dell’inchiesta. L’indagine si allarga e colpisce figure chiave dei partiti, arrivando anche a Bettino Craxi, segretario del Partito Socialista, accusato di aver ricevuto miliardi in tangenti. La situazione diventa internazionale, con indagati che vengono trovati all’estero. L’uso delle manette per politici importanti fa discutere. Vengono scoperti conti segreti e sistemi di finanziamento illegale, che portano alle dimissioni di politici di alto livello. La rabbia della gente esplode, per esempio quando lanciano monetine a Craxi. L’inchiesta tocca anche altri partiti e gruppi economici. Nell’estate del 1993, mentre le indagini continuano, ci sono suicidi di grandi imprenditori coinvolti, come il presidente dell’Eni e il capo del gruppo Ferruzzi, legati alla maxi-tangente Enimont. Un banchiere che gestiva fondi neri collabora con i magistrati. Di Pietro viene attaccato dai giornali, ma la Procura lo difende. Il processo a un uomo chiave nella tangente Enimont diventa un evento pubblico trasmesso in TV, dove i politici devono confrontarsi con le accuse davanti a tutti. Alcuni negano, altri, come Craxi, ammettono finanziamenti illegali diffusi. Il capo della Procura di Milano dice che i politici con problemi dovrebbero andarsene da soli. In questo clima, Silvio Berlusconi, un imprenditore, entra in politica presentandosi come una novità. Le indagini iniziano a toccare persone e aziende vicine a lui. Una magistrata del pool lascia per candidarsi con il suo partito. Il sostegno pubblico alle indagini diminuisce quando colpiscono persone meno famose. Berlusconi vince le elezioni nel 1994 e il suo governo cerca di cambiare le leggi sulla giustizia per limitare gli arresti, cosa che sembra fatta per aiutare gli indagati di Tangentopoli. I magistrati del pool reagiscono minacciando di lasciare, causando una crisi politica che porta al ritiro della legge. Di Pietro presenta una sua idea di riforma della giustizia, che alcuni vedono come un modo per farsi avanti in politica. La tensione tra governo e magistratura cresce. Il Ministro della Giustizia critica i magistrati di Milano, che rispondono duramente. L’inchiesta si concentra sul gruppo di Berlusconi e si aspetta un suo coinvolgimento. Nel novembre 1994, la Procura di Milano gli invia un avviso di garanzia, la notizia esce sui giornali e lui dice di essere vittima di ingiustizia. Di Pietro decide di lasciare la magistratura, anche dopo aver saputo di un’indagine su di lui. Annuncia il suo addio dopo un importante processo. Poco dopo, il governo Berlusconi cade. Trent’anni dopo, l’Italia è ancora divisa. La politica nata dopo Tangentopoli non ha risolto i problemi. Craxi, fuggendo all’estero, ha fatto perdere fiducia nello Stato. Anche Di Pietro, dopo essere stato assolto, ha fatto scelte politiche che sono sembrate strane e ha lasciato un’idea di giustizia un po’ confusa che si vede ancora oggi. La corruzione non è finita, cambia forma e si trova a vari livelli. La fiducia nella magistratura è crollata, molti pensano che i giudici agiscano per motivi politici e alcuni hanno usato male i loro poteri. Il problema non si risolve solo con i processi, servono riforme politiche e un impegno di tutti i cittadini per capirsi e andare avanti, invece di continuare a litigare tra chi vuole più giustizia e chi vuole più garanzie.Riassunto Lungo
1. L’inizio della tempesta milanese
A Milano, la cronaca che si occupa di giustizia sembrava in un periodo di stasi. I metodi usati erano quelli di sempre e le notizie non destavano più l’interesse di un tempo, dopo le grandi inchieste che avevano riempito le pagine dei giornali negli anni precedenti. Tutto cambia con l’arrivo del nuovo codice di procedura penale nel 1989. Questo codice modifica le regole del gioco, rendendo le indagini più dirette e permettendo ai giornalisti di accedere alle informazioni anche al di fuori degli uffici del tribunale. Questa novità favorisce molto i cronisti che hanno buoni contatti con le forze dell’ordine e porta a mescolare sempre più le notizie di cronaca nera con quelle giudiziarie.Le prime avvisaglie
Un’indagine, chiamata Duomo Connection, inizia a mostrare come stanno cambiando le cose. Questa inchiesta riguarda un mafioso siciliano che si è trasferito a Milano, Tonino Carollo, e coinvolge anche persone importanti della politica e dell’imprenditoria milanese, tra cui il sindaco di allora, Paolo Pillitteri, e l’assessore Attilio Schemmari. L’indagine fa uso di nuove tecniche investigative, come le intercettazioni ambientali, che permettono di ascoltare conversazioni private. Anche se alla fine i politici di alto livello non vengono condannati, questa inchiesta mette in luce i legami tra il mondo della criminalità e quello delle persone “per bene”, e per la prima volta spaventa seriamente la classe politica della città.Il momento cruciale: l’arresto di Mario Chiesa
Il vero punto di svolta arriva il 18 febbraio 1992. Quel giorno viene arrestato Mario Chiesa, che ricopre un ruolo importante come presidente del Pio Albergo Trivulzio ed è una figura di spicco nel Partito Socialista. Viene colto sul fatto mentre riceve una tangente, cioè dei soldi illeciti. L’indagine che porta al suo arresto è guidata dal pubblico ministero Antonio Di Pietro. Di Pietro è un magistrato che usa un modo di indagare nuovo, non legato agli schemi tradizionali, ed è molto capace nell’utilizzare sia la tecnologia che i mezzi di informazione per portare avanti il suo lavoro. Il suo approccio si rivela fondamentale per i passi successivi.Inizialmente, Mario Chiesa cerca di resistere e spera che le sue conoscenze politiche lo possano proteggere. Tuttavia, le pressioni dell’indagine diventano troppo forti. Viene scoperto che ha conti bancari segreti in Svizzera, e Bettino Craxi, una figura politica molto potente, lo definisce pubblicamente un “mariuolo”, un ladro. Questi eventi lo spingono a confessare. Le sue confessioni sono molto importanti perché descrivono un sistema di corruzione diffuso e radicato. Spiega come funzionano le tangenti, che ammontano al 10% del valore degli appalti pubblici, e rivela che questo sistema coinvolge diversi partiti politici.Il cambiamento politico e la risposta della Procura
Le elezioni politiche che si tengono il 5 aprile 1992 mostrano chiaramente che qualcosa sta cambiando nel paese. I partiti politici che sono stati al potere per molto tempo perdono molti voti, soprattutto a Milano. Allo stesso tempo, nuove forze politiche, come la Lega Nord, iniziano a crescere e ottenere consensi. Questo nuovo clima politico, unito alla gravità delle confessioni fatte da Chiesa, convince la Procura di Milano che è il momento di agire con maggiore decisione e su più vasta scala. La situazione è matura per un intervento forte.Il procuratore Francesco Saverio Borrelli prende una decisione importante: creare una squadra investigativa dedicata solo ai reati contro la pubblica amministrazione, cioè ai crimini legati alla corruzione e alla gestione dei soldi pubblici. A Di Pietro si uniscono altri magistrati: Gherardo Colombo, Piercamillo Davigo e Gerardo D’Ambrosio. Questa squadra inizia a indagare in modo sistematico su tutti gli appalti pubblici che vengono assegnati a Milano. Questo è l’inizio ufficiale dell’inchiesta che diventerà famosa con il nome di Mani Pulite. I giornalisti che seguono da vicino l’evolversi dell’inchiesta si trovano di fronte a una quantità enorme di notizie da gestire. Hanno bisogno di verificare ogni informazione e di proteggersi dalle pressioni che arrivano da più parti. Per questo motivo, formano un gruppo non ufficiale per potersi scambiare informazioni e aiutarsi a vicenda nel difficile lavoro di raccontare i fatti.Davvero l’uso dei “mezzi di informazione” da parte dei magistrati e la collaborazione tra i cronisti erano solo strumenti neutri per “portare avanti il lavoro”?
Il capitolo accenna all’utilizzo dei media da parte del pubblico ministero e alla formazione di un gruppo di cronisti. Tuttavia, non approfondisce le complesse dinamiche e le criticità di tale interazione. La gestione dell’informazione in inchieste di questa portata è un tema controverso: quanto ha influito sulla pressione sugli indagati? Quanto ha orientato l’opinione pubblica prima ancora dei processi? Per comprendere meglio queste sfaccettature, sarebbe utile esplorare le analisi di autori che hanno vissuto e raccontato quel periodo da diverse angolazioni, come Indro Montanelli o Marco Travaglio, che hanno spesso sollevato interrogativi sul rapporto tra giustizia, politica e informazione.2. La tempesta si abbatte sul sistema
L’inchiesta sulla corruzione a Milano colpisce duramente i vertici politici del paese. Figure di spicco come gli ex sindaci Tognoli e Pillitteri finiscono indagati per ricettazione, segnando un punto di svolta. La reazione della gente comune è immediata e forte: un grande sostegno si manifesta nei confronti dei magistrati che conducono l’indagine. In particolare, Antonio Di Pietro viene visto dalla popolazione come una sorta di liberatore, un simbolo di speranza contro un sistema percepito come corrotto. Questo sentimento popolare si esprime chiaramente attraverso scritte sui muri e manifestazioni in piazza, dove la gente mostra gratitudine verso i giudici e chiede con forza che sia fatta giustizia.Metodi investigativi e corruzione diffusa
La strategia adottata dagli inquirenti si basa sull’uso degli arresti come strumento per ottenere confessioni. Questo metodo si rivela efficace e porta molti imprenditori e politici coinvolti a collaborare con la giustizia, spesso nella speranza di ottenere riduzioni della detenzione. Attraverso queste confessioni, l’indagine svela un quadro allarmante di corruzione sistemica, che coinvolge non solo i principali partiti politici italiani, ma anche le maggiori imprese del paese. Emerge un intreccio profondo tra potere economico e potere politico, basato su scambi illeciti e favori.Il contesto nazionale: mafia e crisi economica
Mentre l’inchiesta sulla corruzione avanza, l’Italia è scossa da altri eventi drammatici che acuiscono il clima di tensione. Le stragi di mafia a Palermo, con gli omicidi dei giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, segnano profondamente l’opinione pubblica. Questi fatti tragici si legano nella percezione della gente alla lotta contro la corruzione politica, creando un’unica grande battaglia per la legalità e il rinnovamento. I funerali delle vittime a Palermo diventano un momento di forte sfogo popolare, in cui si manifesta apertamente la rabbia e la sfiducia verso le istituzioni. A questo si aggiunge una grave crisi economica che il governo Amato cerca di affrontare con manovre finanziarie molto pesanti, inclusa la decisione di prelevare forzosamente denaro dai conti bancari dei cittadini. L’immagine di un paese in difficoltà economica si sovrappone a quella di una classe politica corrotta e privilegiata, alimentando ulteriormente il malcontento.La reazione del sistema politico
Di fronte all’inesorabile avanzata dell’inchiesta e al rapido crollo del consenso, il sistema politico cerca una reazione. Bettino Craxi, figura centrale di questo periodo, interviene in Parlamento. Nel suo discorso, Craxi non nega l’esistenza della corruzione, ma la denuncia come un fatto sistemico che riguarda tutti i partiti, non solo il suo. Con questa mossa, tenta di cercare una sorta di difesa comune tra le forze politiche, sperando in una solidarietà che però non si concretizza, bloccata dalla paura e dai calcoli politici degli altri leader. Successivamente, Craxi avvia una vera e propria campagna mediatica attraverso i giornali. L’obiettivo è screditare la figura di Antonio Di Pietro, mettendo in discussione la sua integrità morale e le sue frequentazioni del passato, nel tentativo di delegittimare l’intera indagine.La posizione dei magistrati e il sostegno popolare
Nonostante le forti pressioni politiche e mediatiche e alcuni dibattiti interni (come quelli sul nuovo codice processuale o sul ruolo del GIP Ghitti), i magistrati che conducono l’inchiesta mostrano una notevole unità d’intenti nel portare avanti il loro lavoro. Il fattore determinante che permette all’indagine di proseguire è il fortissimo appoggio popolare di cui godono i giudici. Questa vasta solidarietà rende estremamente difficile per le forze politiche o per altri poteri cercare di fermare l’inchiesta. Anche la figura degli avvocati si adatta al nuovo scenario: molti di loro diventano facilitatori delle confessioni dei propri assistiti, riconoscendo la piega che gli eventi hanno preso.Ma l’uso degli arresti per ottenere confessioni e il sostegno popolare acritico non sollevano interrogativi sulla giustizia e le garanzie individuali?
Il capitolo descrive l’efficacia di certi metodi investigativi e l’importanza del sostegno popolare per l’avanzamento dell’inchiesta. Tuttavia, non approfondisce le complesse implicazioni etiche e giuridiche dell’uso estensivo degli arresti preventivi come strumento per ottenere collaborazioni, né analizza criticamente la natura e i potenziali rischi di un sostegno popolare così massiccio e talvolta emotivo nei confronti della magistratura. Per comprendere meglio queste dinamiche e i dibattiti che ne sono scaturiti, sarebbe utile esplorare la storia del diritto processuale penale italiano, la sociologia politica e le riflessioni sulla giustizia e lo stato di diritto in periodi di crisi. Autori che si sono occupati di questi temi, sia dal punto di vista giuridico che storico-politico, possono offrire prospettive più sfaccettate.3. Pressione, crollo e la caccia
Il clima di tensione e il costo umano
Un deputato socialista, Sergio Moroni, si toglie la vita dopo aver ricevuto un avviso di garanzia. Lascia una lettera in cui critica aspramente il clima che circonda l’inchiesta e i processi che si svolgono più sui media che nelle aule di giustizia. Nonostante la critica, ammette di aver ricevuto fondi destinati al partito. Questo tragico evento innesca un forte dibattito pubblico sulle responsabilità del clima di tensione che si è creato. Da un lato, i magistrati difendono il loro operato, sostenendo di limitarsi ad applicare la legge in modo imparziale. Dall’altro, i politici denunciano quello che percepiscono come un vero e proprio linciaggio mediatico e giudiziario. Purtroppo, in questo periodo difficile, si verificano anche altri suicidi di persone coinvolte o toccate dall’inchiesta, a testimonianza della pressione enorme che grava sui protagonisti di questa vicenda.L’indagine colpisce i partiti
Nonostante il dibattito e le polemiche, l’indagine Mani pulite non si ferma, anzi, si intensifica progressivamente. Gli investigatori concentrano la loro attenzione sui segretari amministrativi dei partiti politici, figure considerate cruciali perché gestiscono il flusso dei fondi, leciti e illeciti. Colpire queste figure significa arrivare al cuore del sistema di finanziamento. Un momento decisivo si raggiunge quando la procura di Milano emette un avviso di garanzia per Bettino Craxi, all’epoca segretario del Partito Socialista Italiano. Le accuse sono gravi: corruzione e finanziamento illecito per somme che ammontano a miliardi di lire. Questo atto non è un semplice passaggio burocratico, ma segna un punto di svolta fondamentale nell’intera inchiesta, portando l’indagine ai massimi livelli della politica nazionale.I cambiamenti nel panorama mediatico
Parallelamente all’evolversi dell’inchiesta giudiziaria, anche il mondo dell’informazione subisce importanti trasformazioni. Un nuovo direttore assume la guida di un importante quotidiano nazionale. Sotto la sua direzione, il giornale punta su un approccio al giornalismo più rapido e centralizzato, cercando di rispondere alla crescente influenza e alla velocità con cui le notizie si diffondono attraverso la televisione. Questo cambiamento riflette e al tempo stesso alimenta l’attenzione mediatica costante e spesso incalzante sugli sviluppi dell’inchiesta Mani pulite, contribuendo a creare quel clima di pressione percepito dai coinvolti.L’inchiesta si estende all’estero
La portata dell’inchiesta Mani pulite non si limita ai confini nazionali, ma si estende anche oltre. Viene rintracciato a Santo Domingo un personaggio chiave: Giovanni Manzi, ex presidente di una società aeroportuale. Manzi è latitante ed è considerato un uomo molto vicino a Bettino Craxi. La sua scoperta non avviene per mano delle forze dell’ordine, ma grazie al lavoro di alcuni giornalisti investigativi. Questa circostanza porta alla sua espulsione dal paese caraibico e al suo conseguente rientro forzato in Italia. Il caso Manzi dimostra chiaramente come lo scandalo abbia ramificazioni internazionali e quanto forte sia la pressione esercitata su tutte le persone coinvolte, anche quelle che cercano rifugio lontano.Come si è passati, con un legame così “netto”, dagli eventi giudiziari alla caduta del governo?
Il capitolo descrive una sequenza di eventi cruciali, ma il meccanismo politico preciso che ha portato al ritiro della fiducia da parte della Lega Nord, e quindi alla crisi di governo, subito dopo l’avviso di garanzia a Berlusconi e l’addio di Di Pietro, non viene pienamente esplicitato. Per comprendere meglio questa complessa fase, che intreccia azione giudiziaria e dinamiche politiche, sarebbe utile approfondire la storia politica italiana di quel periodo, analizzando le motivazioni e gli equilibri tra i partiti della coalizione di governo. Approfondimenti in scienze politiche o letture di autori che hanno documentato e analizzato gli anni di Tangentopoli e la transizione politica successiva potrebbero fornire il contesto necessario per cogliere le cause profonde della crisi.9. Trent’anni di illusioni perdute
L’Italia, a distanza di trent’anni, si ritrova profondamente divisa e con questioni ancora aperte. La Seconda Repubblica, nata su fondamenta poco solide, non ha funzionato, e quella che viene chiamata Terza Repubblica appare come una situazione poco convincente, senza che siano state fatte vere riforme.Figure chiave e il loro impatto
La fuga all’estero di Bettino Craxi, avvenuta dopo condanne definitive, ha danneggiato la fiducia nello Stato. Il suo gesto, motivato dal desiderio di evitare un’umiliazione, ha lanciato un messaggio ambiguo ai cittadini, quasi suggerendo di non rispettare le leggi. Questo ha messo in luce una contraddizione evidente: il sistema politico era finanziato in modo illecito, e questo era un fatto noto a molti. Anche la figura di Antonio Di Pietro, che ha avuto un ruolo importante nelle inchieste di Mani Pulite, ha creato incertezze. Nonostante sia stato assolto in diverse occasioni, le sue scelte successive, come diventare ministro o accettare il sostegno di partiti che in passato aveva criticato, sono sembrate poco opportune. Il suo tentativo di fare politica con il partito Italia dei Valori non ha avuto successo, ma ha lasciato in eredità un modo di pensare basato sul giustizialismo che è poi confluito nel Movimento Cinque Stelle.I problemi di oggi: corruzione e giustizia
La corruzione continua a essere un problema diffuso. Si manifesta in scandali come Rimborsopoli e in un atteggiamento diffuso che vede i soldi pubblici come vantaggi personali, un fenomeno a volte descritto come “familismo amorale”. Gruppi di potere e lobby influenzano le decisioni politiche, e la corruzione si estende a vari livelli della società. Parallelamente, la fiducia dei cittadini nella magistratura è diminuita moltissimo. Se all’inizio degli anni ’90 la maggior parte degli italiani aveva fiducia nei magistrati, oggi molti sospettano che le loro azioni abbiano motivazioni politiche. Scandali recenti hanno ulteriormente peggiorato questa percezione. Alcuni magistrati hanno agito andando oltre i limiti del loro ruolo, facendo un uso eccessivo di strumenti come le intercettazioni.Guardando al futuro: la via d’uscita
La soluzione a questi problemi non può venire solo dalla giustizia. È necessario intervenire con riforme nella politica e nella società, e serve un maggiore impegno da parte di tutti i cittadini. Bisogna smettere di pensare che i magistrati possano risolvere da soli i problemi profondi del sistema. È fondamentale lavorare per una riconciliazione e per il riconoscimento reciproco tra le diverse parti della società italiana. Questo è l’unico modo per superare la contrapposizione continua tra chi chiede più giustizia e chi difende le garanzie, una situazione che impedisce al Paese di progredire.La “riconciliazione” basta a superare il conflitto tra giustizia e garanzie, o è un’illusione?
Il capitolo individua correttamente nel conflitto tra l’istanza di giustizia e la difesa delle garanzie uno dei nodi irrisolti, ma la soluzione proposta, una generica “riconciliazione”, appare insufficiente a colmare la lacuna argomentativa. Per comprendere la profondità di questo scontro e valutare possibili vie d’uscita concrete, è necessario approfondire le basi della filosofia del diritto, i principi del diritto costituzionale e la storia del sistema giudiziario italiano, esaminando le diverse posizioni in campo.Abbiamo riassunto il possibile
Se vuoi saperne di più, devi leggere il libro originale
Compra il libro[sc name=”1″][/sc] [sc name=”2″][/sc] [sc name=”3″][/sc] [sc name=”4″][/sc] [sc name=”5″][/sc] [sc name=”6″][/sc] [sc name=”7″][/sc] [sc name=”8″][/sc] [sc name=”9″][/sc] [sc name=”10″][/sc]