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Informazioni
è un viaggio affascinante nel cuore della Calabria, esplorando il fenomeno dei paesi abbandonati. Non è solo una questione di case vuote, ma di storie interrotte. Il libro indaga le cause di questo spopolamento, dai disastri naturali come i terremoti e le alluvioni che hanno segnato la regione, alle difficoltà economiche e all’isolamento. Racconta di come le popolazioni si siano spostate verso la costa, creando i cosiddetti “paesi doppi”, e delle conseguenze sull’identità e sulla perdita di antiche tradizioni e lingue come il Grecanico. Ma non è solo un racconto di perdita; è anche una riflessione sulla memoria che resta, sulle rovine che diventano simboli potenti del passato e sulla resilienza di chi cerca di mantenere vivo il legame con le proprie radici attraverso riti, pellegrinaggi e il semplice atto di ricordare. È la storia di una terra segnata dalla natura e dalla migrazione, dove il senso dei luoghi continua a vivere nonostante l’abbandono.Riassunto Breve
Molti paesi nell’interno della Calabria vengono lasciati vuoti col passare del tempo. Questo succede per vari motivi, come terremoti o alluvioni che distruggono le case, ma anche perché non c’è lavoro, mancano i servizi e i posti sono isolati. La gente si sposta verso la costa, dove nascono nuovi paesi, chiamati “paesi doppi”, come la nuova Roghudi o Melito Porto Salvo che è il doppio di Pentedattilo. Questi nuovi posti a volte non sono finiti bene o manca un vero senso di comunità. Quando le persone si spostano, l’identità si spezza, sia per chi va via sia per chi resta. Alcune tradizioni, come le processioni, cercano di tenere insieme i vecchi e i nuovi posti. Lingue antiche, come il grecanico, spariscono quasi del tutto quando finisce l’isolamento. I paesi abbandonati diventano posti dove si ricordano le cose passate, anche se i progetti per farli rinascere spesso non funzionano. Le rovine, che ci sono tante in Calabria per via dei terremoti storici come quello del 1783, mostrano la distruzione ma anche la capacità di resistere. Le baracche costruite dopo i terremoti diventano un simbolo di una vita difficile ma che va avanti. La memoria delle catastrofi si mantiene viva con riti e feste. La natura, con la forza dei terremoti e delle alluvioni, decide dove i paesi possono stare o no, come è successo a Castelmonardo che è diventato Filadelfia, o ad Africo che si è spostato dopo l’alluvione del 1951. Le pietre e l’acqua sono importanti, le pietre per costruire e l’acqua che dà vita ma può distruggere. Anche se i paesi si spostano, il ricordo dei posti vecchi resta nelle storie e nelle tradizioni. Creare i nuovi paesi non è facile, ci sono problemi di povertà e isolamento, come ad Africo Nuovo. Nonostante tutto, si cerca di mantenere l’identità, anche attraverso i santi e i pellegrinaggi ai posti vecchi. Paesi come Nicastrello si svuotano piano piano, ma le feste con chi torna da fuori tengono vivo il legame. L’abbandono è un processo continuo in Calabria, con tanti piccoli paesi che si svuotano per l’isolamento. La casa è un simbolo importante, rappresenta le radici ma anche la fatica e la voglia di andare via per trovare una vita migliore. Chi emigra mantiene un legame con la casa vecchia, anche se poi non torna a viverci. La storia della Calabria è fatta di questo forte legame con i posti e, allo stesso tempo, di tanta gente che si sposta. L’abbandono è causato da tante cose insieme, e spezza il legame tra le persone e il posto. A volte porta dolore, a volte speranza. Nardodipace, con i suoi problemi di alluvioni e case non finite, è un esempio di paese che sembra abbandonato a sé stesso, anche se ci sono tentativi di resistere. Brancaleone Superiore si è svuotato spostandosi sulla costa, e la storia di Cesare Pavese lì confinato aiuta a ricordarlo. I nuovi paesi sulla costa sono spesso moderni e senza storia, sono i “doppi” dei vecchi borghi sulle colline che si svuotano. Badolato vecchio, per esempio, ha provato a rinascere accogliendo i profughi. Vecchia Cerenzia, abbandonata tanto tempo fa, resta legata alla nuova Cerenzia tramite una processione annuale ai ruderi. La Calabria ha una storia di migrazione e un’identità complicata. L’ospitalità è un valore, ma non è semplice. Il paesaggio con le rovine e le grotte è pieno di simboli, le grotte rappresentano rifugi, miti e un legame con il profondo. Figure come Gioacchino da Fiore mostrano una tendenza a pensare al futuro e a un nuovo inizio. Questi elementi si mescolano nella storia dei paesi lasciati e dei loro doppi, raccontando di fughe, attese e un legame forte con le radici. Cirella vecchia, con la sua storia di distruzioni e il mito delle formiche giganti, è un altro esempio di rovina che diventa simbolo, anche di cose interiori. Scrivere su questi posti e sulle rovine è un modo per cercare di capire quello che è successo e quello che si sente dentro. Il mito delle formiche, vero o no, spiega la distruzione e scrivere su Cirella è come resistere contro le cose che distruggono.Riassunto Lungo
1. Paesi Doppi e Memorie Perse
In Calabria, molti paesi situati nell’interno sono stati progressivamente abbandonati nel corso del tempo. Questo fenomeno ha colpito aree come Pentedattilo e l’intera zona grecanica, includendo villaggi come Roghudi e Ghorìo. Le ragioni di questo esodo sono molteplici e complesse: si va dai disastri naturali devastanti, come terremoti e alluvioni che hanno reso inabitabili intere aree, alle gravi difficoltà economiche legate al declino delle attività tradizionali come l’agricoltura e la pastorizia. A ciò si aggiungono la cronica mancanza di servizi essenziali e l’isolamento geografico che rendeva la vita quotidiana estremamente ardua. Di conseguenza, si è verificato un massiccio spostamento delle popolazioni verso la costa, dove sono sorti nuovi insediamenti, spesso chiamati “paesi doppi” perché destinati ad accogliere gli abitanti dei centri originari. Melito Porto Salvo, ad esempio, è diventato il nuovo riferimento per gli abitanti di Pentedattilo, e una nuova Roghudi è stata costruita sulla fascia costiera per accogliere gli sfollati dell’antico villaggio. Tuttavia, questi nuovi centri, come Saline Ioniche, sono nati a volte già con problemi strutturali o, cosa ancora più importante, privi di un forte e radicato senso di comunità che caratterizzava i borghi montani.
Identità frammentata e lingue perduteLa migrazione forzata e la successiva creazione di questi paesi doppi hanno inevitabilmente causato una profonda frammentazione dell’identità, sia per coloro che hanno lasciato le loro case ancestrali sia per chi è rimasto nei paesi d’origine finché possibile. Nonostante lo sradicamento, alcune tradizioni e riti, in particolare le processioni religiose che spesso ripercorrono i sentieri tra il vecchio e il nuovo insediamento, hanno cercato di mantenere un legame tangibile tra i luoghi antichi e quelli nuovi. Questi riti rappresentano un tentativo, a volte disperato, di ricomporre una comunità che la migrazione aveva disperso. Parallelamente, la lingua grecanica, un idioma antico un tempo parlato in villaggi isolati come Roghudi, è andata quasi completamente perduta. La fine dell’isolamento geografico e l’abbandono dei borghi hanno segnato anche la scomparsa di questa antica espressione culturale, un simbolo potente della perdita di un’intera eredità.
Il richiamo dei luoghi abbandonatiNonostante l’abbandono e i fallimenti di numerosi progetti di sviluppo volti a ripopolare o rivitalizzare queste aree, i paesi abbandonati non sono diventati semplici rovine dimenticate. Essi si sono trasformati in potenti luoghi di memoria e nostalgia, custodi silenziosi di un passato che non vuole essere cancellato. Nonostante le difficoltà persistenti e le speranze spesso disattese di un vero rilancio, questi luoghi continuano a esercitare un forte richiamo. Molti degli abitanti originari e i loro discendenti tornano periodicamente tra le case diroccate e le strade deserte. Questi ritorni non sono solo visite turistiche, ma veri e propri pellegrinaggi laici. Sono motivati da un profondo bisogno di cercare un contatto autentico con il passato, di riannodare i fili spezzati della storia familiare e collettiva, e di riaffermare con forza un legame indissolubile con le proprie radici e la terra d’origine.
Ma se i “numerosi progetti di sviluppo” sono falliti, perché dovremmo credere che il semplice “richiamo dei luoghi” possa invertire la rotta?
Il capitolo descrive efficacemente il dramma dello spopolamento e la forza del legame emotivo con i luoghi abbandonati, ma lascia irrisolta una questione cruciale: le ragioni profonde del fallimento degli interventi volti a rivitalizzare queste aree. Limitarsi a constatare il fallimento senza analizzarne le cause strutturali, economiche e politiche rischia di rendere l’argomentazione incompleta. Per comprendere meglio questo aspetto, sarebbe utile approfondire studi di economia regionale, sociologia dello sviluppo e analisi delle politiche pubbliche, magari leggendo autori che hanno criticamente esaminato la storia degli interventi nel Mezzogiorno e nelle aree interne, per capire quali meccanismi perversi o quali visioni errate abbiano condotto a questi esiti negativi.2. Rovine, Memoria e la Terra che Trema
La fine di un mondo tradizionale porta con sé dispersione e dissoluzione. Le lingue scompaiono e i paesi si svuotano, ma questa perdita stimola una nuova consapevolezza. Nasce una riflessione profonda sull’identità e sulla necessità di valorizzare il patrimonio locale. La lingua e le tradizioni grecaniche, un tempo considerate un segno di povertà, vengono riscoperte con orgoglio. Diverse iniziative culturali lavorano per recuperare e promuovere questo patrimonio. Associazioni locali organizzano eventi e gemellaggi per mantenere vive le radici. Una legge regionale cerca di dare riconoscimento alle minoranze linguistiche, anche se la vera conservazione di tradizioni e lingue dipende soprattutto dall’impegno delle persone.I paesi abbandonati
I paesi lasciati vuoti, come Roghudi, rimangono disabitati. Gli antichi residenti non ritornano alle loro case d’origine, ormai legati ai nuovi luoghi e alle nuove abitudini che hanno costruito altrove. Le giovani generazioni non sentono un legame con i paesi dei nonni, spesso visti come degradati e privi di opportunità. La distanza e l’abbandono sono fonte di dolore, a volte nascosto dietro l’orgoglio di chi è riuscito a partire e a trovare una vita migliore altrove. Si tenta di riportare vita nei paesi interni puntando sui prodotti tipici locali, sull’artigianato tradizionale e sullo sviluppo di un turismo rispettoso del territorio. Nonostante questi sforzi, la tendenza allo spopolamento e all’abbandono di molti centri storici persiste.Il segno dei terremoti
La Calabria porta i segni visibili delle rovine, causate soprattutto dai terremoti che hanno colpito la regione nel corso dei secoli. Il sisma del 1783 è stato un evento catastrofico che ha distrutto interi paesi e modificato profondamente il paesaggio, ma anche terremoti precedenti, come quello del 1638, hanno lasciato dietro di sé distruzione e dolore. Molti insediamenti umani sono scomparsi per sempre o sono stati ricostruiti in luoghi diversi, lasciando i ruderi delle vecchie abitazioni e chiese come testimonianza silenziosa di un passato segnato da calamità naturali e dalla capacità degli abitanti di resistere e ricostruire.Rovine e memoria dei luoghi
Le rovine di posti come Briatico, Mileto, Oppido e Soriano raccontano in modo potente l’impatto devastante dei terremoti. A Briatico, la natura ha lentamente ripreso possesso dei resti del vecchio borgo, mentre un antico canto popolare tramanda la memoria della distruzione del 1783. A Mileto, i resti della tomba di Ruggero il Normanno, dell’antica abbazia e della cattedrale sono lì a testimoniare la grandezza che fu e la violenza della devastazione. A Oppido, i ruderi del castello e gli scavi archeologici portano alla luce una storia millenaria di popolamenti successivi e ripetute distruzioni, strati su strati di vita e di crolli.Le baracche e i simboli naturali
Le baracche, costruzioni provvisorie nate dopo il terremoto del 1783 e altri sismi, sono diventate un elemento quasi permanente del paesaggio calabrese. Simboleggiano una condizione di precarietà e incertezza, ma al tempo stesso rappresentano la capacità di adattamento e la vitalità di chi, pur tra mille difficoltà, continua a vivere e a sperare. Queste strutture temporanee si sono spesso trasformate in abitazioni stabili, riflettendo una condizione di attesa che non finisce mai e un senso di incompiutezza diffuso. La letteratura ha spesso descritto la vita nelle baracche, evidenziando le ristrettezze ma anche la forza d’animo e la resilienza degli abitanti. Il fuoco e il vento sono altri elementi naturali carichi di un forte valore simbolico. Sono legati alla distruzione e al pericolo, ma anche alla vita, alla purificazione e ai riti ancestrali. I fuochi rituali, accesi in diverse occasioni dell’anno, rappresentano la rinascita e la possibilità di lasciare indietro il passato. Il vento, invece, può essere presagio di sventure o, al contrario, un elemento fondamentale per l’agricoltura e la navigazione, legando l’uomo alla forza imprevedibile della natura.Riti e memoria delle catastrofi
La memoria delle grandi catastrofi naturali si mantiene viva non solo nei ruderi ma anche attraverso riti e tradizioni che si ripetono di generazione in generazione. A Savelli, un pianto rituale commemora ancora oggi il terremoto del 1638, un modo collettivo per elaborare il dolore e non dimenticare. A Soriano, la processione della Madonna del Flagello ricorda il sisma del 1783 e le numerose morti avvenute proprio durante una processione in corso. L’incontro rituale dell’Affruntata, una cerimonia diffusa in molte località calabresi durante la Settimana Santa, simboleggia la resurrezione di Cristo e, in un senso più ampio, la ricomposizione della comunità dopo eventi traumatici che l’hanno messa a dura prova.Conflitti e punti di riferimento
La storia di luoghi specifici come Serra San Bruno, profondamente segnata dal terremoto del 1783 che portò alla divisione del paese in due centri distinti, mostra come le catastrofi possano generare non solo distruzione fisica ma anche conflitti sociali e divisioni interne profonde. Tuttavia, anche in questi casi, la memoria condivisa degli eventi e i luoghi sacri, come la Certosa, possono diventare punti di riferimento comuni e simboli di identità che, nonostante le ferite, continuano a unire le persone. La melanconia che spesso viene associata all’immagine della Calabria è strettamente legata a questa storia complessa, fatta di bellezza, distruzione, perdita e una costante, tenace capacità di sopravvivenza.Ma se la “nuova consapevolezza” e la “riscoperta con orgoglio” del patrimonio locale sono così potenti, perché i paesi continuano a svuotarsi e i giovani non sentono un legame con i luoghi d’origine?
Il capitolo descrive una tensione evidente tra la “nuova consapevolezza” e gli sforzi per valorizzare il patrimonio locale e la realtà persistente dello spopolamento e dell’abbandono. Sembra mancare un’analisi più approfondita del perché queste iniziative culturali e legislative non riescano a invertire la tendenza, o se siano forse insufficienti di fronte a cause strutturali più profonde. Per comprendere meglio questa dinamica, sarebbe utile esplorare le discipline della sociologia delle migrazioni, dell’economia dello sviluppo locale e dell’antropologia, che possono offrire strumenti per analizzare le forze che spingono le persone a lasciare i luoghi d’origine e le sfide nel creare opportunità concrete nelle aree interne.3. La Terra Trema, l’Acqua Devasta, la Pietra Resta
La forza della natura, manifestata in terremoti e alluvioni, ha determinato la distruzione e l’abbandono di molti paesi, con le piene del fiume Ancinale che hanno causato morte e separazione. Il terremoto del 1783 ha raso al suolo Castelmonardo, spingendo alla fondazione di Filadelfia in un nuovo sito, scelto per le sue risorse e la sua posizione strategica. Altri centri, come Rocca Angitola, hanno visto un lento declino a causa di malattie e insicurezza prima di essere definitivamente abbandonati.Il Legame con la Terra e l’Acqua
Elementi naturali come le pietre e l’acqua giocano un ruolo centrale in queste vicende. Le pietre non sono solo materiale da costruzione o simbolo di resistenza e forza, ma sono anche legate a storie di santi, diavoli e ricchezze nascoste, diventando punti di riferimento nelle leggende. L’acqua, pur essendo causa di devastazioni, come l’alluvione di Africo nel 1951 che ha costretto lo spostamento del paese, è anche fonte di vita e purificazione, presente in culti e leggende locali. Nonostante la distruzione fisica, il legame profondo con i luoghi antichi persiste nella memoria collettiva, nei miti e nei riti. Le rovine stesse diventano luoghi carichi di significato, legati a storie e pellegrinaggi che riaffermano l’identità delle comunità.Scelte Difficili e Memoria Duratura
La decisione di abbandonare un luogo o di ricostruire sullo stesso sito è sempre complessa, un vero dilemma che pesa sul futuro delle comunità. Questa scelta è influenzata da necessità pratiche e dalla sicurezza del territorio, ma anche dall’attaccamento emotivo al passato e da interessi diversi che spesso si scontrano tra loro. Anche quando le comunità sono costrette a spostarsi, la memoria dei luoghi antichi continua a vivere potentemente nelle storie tramandate e nelle pratiche culturali che mantengono vivo il legame con le origini.Se l’ospitalità è un valore così radicato, come mai i progetti di accoglienza nel capitolo, come quello di Badolato, si scontrano con la burocrazia e vedono i rifugiati cercare altre destinazioni?
Il capitolo presenta l’ospitalità come un valore profondo e caratteristico dell’area, legandolo a una storia di migrazioni. Tuttavia, l’esempio concreto di Badolato mostra come i tentativi di accoglienza si siano scontrati con problemi burocratici e non abbiano portato a un’integrazione stabile, spingendo molti a cercare altrove. Questa discrepanza tra il valore dichiarato e la realtà dei fatti solleva interrogativi sulla reale efficacia delle politiche di accoglienza e sulle sfide sistemiche che vanno oltre la semplice “ospitalità” intesa come disposizione d’animo. Per comprendere meglio queste dinamiche, è fondamentale approfondire gli studi sulle politiche migratorie e di integrazione, l’impatto della burocrazia sui processi sociali e le specifiche sfide socio-economiche delle aree interne. Autori che si occupano di sociologia delle migrazioni o di analisi delle politiche pubbliche possono offrire strumenti utili per analizzare queste contraddizioni.8. Rovine, Miti e Scrittura
Cirella vecchia è un paese in rovina situato su una collina, un luogo che ha conosciuto distruzioni ripetute nel corso della sua storia. Una leggenda locale narra che la causa di una di queste distruzioni furono formiche rosse giganti che divorarono gli abitanti. Questa storia mitica, insieme ad altre devastazioni storiche come gli attacchi barbareschi o il bombardamento inglese del 1808, è diventata parte integrante dell’identità del luogo. Cirella si presenta così come un simbolo di confine, un punto di ingresso o di uscita dalla Calabria, mostrando un paesaggio che unisce bellezza e decadenza.Il Legame tra Luoghi e Stati d’Animo
Il paese abbandonato di Cirella non è solo un luogo fisico, ma si intreccia profondamente con vicende personali e familiari. I ruderi e le case vuote riflettono stati interiori complessi, come la malinconia o le difficoltà nei rapporti familiari, inclusa l’esperienza della malattia mentale di un fratello. Le rovine di Cirella diventano in questo modo uno specchio delle rovine interiori, un paesaggio che risuona con le esperienze emotive più profonde.La Scrittura come Ricerca di Senso
Di fronte a questi luoghi carichi di storia e significato personale, la scrittura emerge come uno strumento fondamentale per l’elaborazione. Scrivere sui luoghi abbandonati come Cirella è una vera e propria ricerca di senso, un tentativo di comprendere non solo un mondo perduto, ma anche le proprie perdite interiori. I luoghi influenzano in modo potente il processo creativo, e allo stesso tempo, la scrittura permette di dare forma e significato al legame profondo che esiste tra sé stessi, i luoghi e le esperienze vissute.Il Mito delle Formiche e la Resistenza della Scrittura
Il mito delle formiche giganti distruttrici, così centrale nella storia di Cirella, può trovare diverse interpretazioni, forse legate all’etimologia del luogo che richiama l’idea di preda o predatore, o a figure storiche come un generale francese di nome La Formique. Indipendentemente dalla sua verità storica, il mito mantiene la sua forza esplicativa sulla distruzione. Scrivere su Cirella e sulle sue formiche diventa, in questo contesto, un atto di resistenza, un modo per confrontarsi e opporsi alle forze distruttive, siano esse esterne e legate alla storia del luogo, o interne e connesse alle proprie fragilità.Perché l’idea che le rovine di un paese siano uno specchio delle “rovine interiori”, soprattutto quando si parla di esperienze complesse come la malattia mentale, non rischia di semplificare eccessivamente il rapporto tra luogo e psiche?
Il capitolo stabilisce un legame potente tra il paesaggio in rovina e gli stati d’animo interiori, arrivando a suggerire che le rovine fisiche riflettano le “rovine interiori”, incluse quelle legate alla malattia mentale. Questa connessione, sebbene evocativa, meriterebbe un approfondimento maggiore per evitare di cadere in un determinismo ambientale o in una metafora eccessivamente semplificata. Per esplorare meglio questo rapporto complesso tra luogo, psiche e narrazione, si potrebbero considerare studi nel campo della psicologia ambientale, della geografia umana (pensiamo a Yi-Fu Tuan) o della psicopatologia fenomenologica. Approfondire autori che hanno esplorato il legame tra paesaggio e interiorità, come certi poeti o scrittori che usano il luogo come specchio dell’anima, o filosofi che meditano sul significato dello spazio e dell’abbandono, potrebbe fornire un quadro più solido.Abbiamo riassunto il possibile
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