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Contenuti del libro
Informazioni
“Il programma del pane. Come lievita la poesia” di Osip Mandel’stam non è una lettura semplice, ma ti apre un mondo. È un viaggio incredibile nella mente di uno dei più grandi poeti russi, che ha vissuto in un’epoca pazzesca, quella sovietica, sentendosi spesso un outsider, un “figliastro raffermo dei secoli”. Il libro esplora come Mandel’stam vedesse la poesia russa e la cultura sovietica non come qualcosa di vecchio, ma come una forza viva, quasi magica, capace di trasformare le persone, viste a volte come semplice “grano umano”, in una comunità unita, come il pane che lievita. Parla tantissimo del potere della lingua russa, che per lui ha un’anima antica, quasi ellenistica, che resiste all’essere usata solo per scopi pratici o politici. È affascinante vedere come descrive la resistenza intellettuale contro lo Stato, la sua poesia come “aria rubata”, qualcosa di non autorizzato ma vitale. Non è solo teoria, è un modo di vedere l’arte e la vita, l’idea di un’umanità che costruisce per l’uomo, non con l’uomo come materiale. Tocca il processo creativo, quasi fisico, il legame tra pensiero e parola, e la speranza che, anche nel caos della storia russa e della guerra, ci sia una forza organica, un umanismo nascosto, capace di rigenerare tutto. È un libro che ti fa pensare a cosa significa davvero la parola e perché la cultura è così importante, soprattutto quando tutto intorno sembra crollare.Riassunto Breve
Osip Mandel’shtam viene inizialmente considerato un poeta non attuale, percepito come estraneo e pericoloso dalla società sovietica, ma si relaziona attivamente con il suo tempo. Interpreta l’epoca come transizione instabile, cercando un proprio spazio e agendo da mediatore. Usa la metafora del “frumento umano” per descrivere i popoli come quantità da trasformare in unità coesa tramite economia e cultura umanistica, rifiutando la politica distruttiva e il messianesimo nazionale per un’identità europea culturale. Si riconosce negli intellettuali indipendenti, resistendo alla normalizzazione con comportamenti di sfida e una poetica definita “aria rubata”, mantenendo un’irriverenza interna anche nell’Ode a Stalin. La sua indocilità e la sua poesia sono un atto di disobbedienza. La modernità vede la cultura distaccarsi dallo Stato, diventando fonte di libertà interiore, simile a una chiesa. La parola è un’entità viva, una Psiche, temuta dallo Stato, e la cultura protegge dallo Stato dal degrado. L’unità della letteratura russa si fonda sulla sua lingua di natura ellenistica, carne attiva che resiste all’uso funzionale. Perdere la lingua significa perdere la storia e rischiare il nichilismo; la filologia difende questo legame. L’acmeismo ha riportato attenzione alla parola-oggetto e a un “ellenismo domestico”. Esistono epoche che usano la persona come materiale per la società, fondando la grandezza sull’umiliazione, contrapposte a quelle che costruiscono *per* l’uomo, misurando tutto sulla persona, in armonia con le sue esigenze, come un gotico sociale. Si teme una nuova grandiosità basata su meccanica e quantità, sfavorevole alla persona. Le strutture giuridiche passate non hanno difeso l’individuo dal caos. Le nuove forme dovrebbero basarsi sul “calore domestico universale”, finalizzando tutto ai bisogni della persona. Senza base umanistica, schiacciano l’individuo. I valori umanistici sono riserve d’oro, futura moneta europea. Esiste un momento di grazia, un apice dove il tempo si ferma, un rifugio umanistico. Cultura e parola hanno forza vitale, “peso in più”, lievito che risveglia energie. Il poeta è “figliastro raffermo”, cerca connessione col presente. L’incontro può essere prodigio o rifiuto (isolamento). Contro barbarie e guerra, la cultura offre “calore” umanizzante, come Prometeo. La ricerca di legame e “tenerezza” persiste, anche verso figure oppressive, cercando un’espressione umana nel tiranno, ma spesso non trova risposta. Cresce il vuoto, l’isolamento, la paura soffoca la voce. La condizione “rafferma” è resistenza ma anche marginalizzazione. La guerra torna con nuove armi, trasformando uomini in “uomini-uccelli”, meno umani. Si contrappone un futuro di pace (“cielo incinto”) basato su condivisione (“frumento di etere sazio”). La realtà è distruzione, morte anonima di massa. L’esilio è freddo isolamento. La guerra riduce l’umanità a “pastone”, mera sopravvivenza, una “macina greve” che trasforma il grano umano in mangime per la fame dello Stato. Lingua e parola rischiano di essere corrotte. Emerge la visione di rigenerazione tramite “luce”/energia naturale, costruendo nuove forme aggregate (cattedrali). Speranza in una forza organica contro la disumanizzazione. L’Ode a Stalin è dibattuta, tentativo di salvezza o connessione. La creazione poetica è “parola incarnata”, un tutt’uno col poeta, avviene in uno spazio interiore (“dimora delle ombre”), ricerca difficile legata al “linguaggio interno” di Vygotsky (condensato, frammentato, ricco di sensi). Processo fisico/biologico (“bollire del sangue”), “organismo vivo” con fase interna muta ed esterna verbale. Tensione riflette condizioni esterne. Il processo creativo e cognitivo che lega pensiero e linguaggio è un movimento continuo e dinamico. Il linguaggio è la forma concreta del pensiero, un passaggio costante tra interno ed esterno. Il pensiero esiste in maniera simultanea (nuvola), il linguaggio in successione (pioggia). La spinta origina dalla sfera delle motivazioni (vento). Nella creazione poetica, c’è una tensione costante, una “materia poetica” che è flusso vivo. Il vento è l’impulso che spinge il pensiero verso il linguaggio, dialoga col poeta, modella l’esperienza.Riassunto Lungo
1. Aria Rubata e Grano Umano
Osip Mandel’shtam fu inizialmente visto dalla critica come un poeta fuori dal suo tempo, legato a una cultura del passato. Questa visione divenne uno stereotipo che lo dipingeva come estraneo e persino pericoloso per la società sovietica. Eppure, Mandel’shtam non si isolò, ma affrontò attivamente e con spirito critico la sua epoca e i suoi profondi cambiamenti. La sua poesia seppe cogliere i “rumori” della storia, leggendo quel periodo come una fase di transizione piena di incertezze. In questo contesto, Mandel’shtam non cercò mai di conformarsi, ma cercò un proprio posto, ponendosi come una sorta di ponte tra le richieste del potere politico e la complessità della realtà.La metafora del “frumento umano”
Mandel’shtam usò la potente immagine del “frumento umano” per descrivere le genti, viste inizialmente come una massa indistinta. Questa massa, secondo la sua visione, doveva essere trasformata in un’unità solida e coesa, proprio come il grano viene macinato e impastato per diventare pane. Questa unificazione non doveva avvenire attraverso la politica intesa come forza che distrugce, ma grazie all’economia e, soprattutto, a una cultura che mettesse al centro l’essere umano. Per questo, rifiutò ogni idea di missione speciale o grandezza nazionale, promuovendo invece l’ideale di un’identità europea unita, fondata su una cultura e una storia condivise da tutti i popoli del continente.Un intellettuale indipendente e la resistenza
Mandel’shtam si sentiva parte della lunga tradizione degli intellettuali chiamati “raznochintsy”, figure che si distinguevano per la loro indipendenza e per la loro capacità di guardare al potere con occhio critico. Tutta la sua vita fu segnata da una continua opposizione ai tentativi di conformarlo, sia da parte dell’ambiente letterario ufficiale che dello Stato. Questa sua posizione di resistenza non era solo interiore, ma si esprimeva chiaramente nei suoi atteggiamenti di sfida e, in modo ancora più profondo, nella sua stessa poesia. La sua opera poetica fu definita “aria rubata” proprio perché non era allineata né autorizzata dal regime. Anche quando affrontava temi delicati o figure potenti, come nell’Ode a Stalin, riusciva a mantenere una sottile, interna, irriverenza. La sua indole ribelle e la forza della sua poesia divennero così un vero e proprio atto di disobbedienza.Come si può affermare con certezza che la poesia di Mandel’shtam, persino nei suoi momenti apparentemente più compromissori come l’Ode a Stalin, rappresenti sempre e solo un “vero e proprio atto di disobbedienza” fondato su una “sottile, interna, irriverenza”?
Il capitolo propone una lettura eroica e univoca dell’opera di Mandel’shtam come pura resistenza. Tuttavia, questa interpretazione rischia di trascurare la complessità della condizione dell’artista sotto un regime totalitario, dove le pressioni, le ambiguità e le strategie di sopravvivenza erano molteplici. Per approfondire questo aspetto, è fondamentale studiare il contesto storico e politico dell’epoca staliniana, la storia della censura e dell’autocensura nella letteratura sovietica. Autori che hanno analizzato il rapporto tra arte e potere nei regimi totalitari, come Boris Groys o studi sulla cultura sovietica, possono fornire strumenti critici per una comprensione più sfaccettata, che vada oltre la dicotomia semplice tra conformismo e disobbedienza aperta.2. La Parola, Anima della Storia e Fortezza Ellenica
Nella modernità emerge una nuova spiritualità, presente anche nelle città. La cultura si separa dallo Stato, diventando una fonte di libertà interiore, quasi come una chiesa. La società si divide tra chi accoglie questa parola e chi la rifiuta, questi ultimi visti come barbari.La Parola come Entità Viva
La parola non è solo un nome per le cose, ma un’entità viva, una vera Psiche. Possiede una sua vita e può persino soffrire. Lo Stato moderno, descritto come ‘affamato’, teme questa vitalità della parola. Elementi culturali, come le iscrizioni, aiutano a proteggere lo Stato stesso dal degrado del tempo.La Natura Ellenistica della Lingua Russa
L’unità della letteratura russa si fonda sulla sua lingua, che ha una natura ‘ellenistica’. Questo significa che la parola russa è ‘carne attiva’, un evento vivo, e resiste a un uso puramente funzionale. Applicare teorie di progresso lineare alla letteratura è dannoso, perché ogni cambiamento porta con sé sia guadagni che perdite. L’importante è guardare al legame profondo tra i fenomeni, non solo alla causa ed effetto.Poesia, Tempo e Classicismo
La poesia ha il potere di riportare in superficie gli strati più profondi del tempo. Nelle epoche di grandi cambiamenti, questo processo porta al classicismo. La poesia classica non è un qualcosa di finito, ma una necessità che si rinnova continuamente. Il poeta non ha paura di ripetere temi del passato, ma cerca la vitalità ancora presente in essi.Contro Utilitarismo e Simbolismo Artificiale
Visioni utilitaristiche e un simbolismo artificiale svuotano le parole del loro significato autentico, andando contro la natura stessa della lingua russa. Il vero simbolismo nasce quando le cose diventano ‘ornamenti’ grazie al legame che l’essere umano crea con esse. Per la Russia, perdere il contatto con la propria lingua significa perdere la storia e cadere nel nichilismo.Filologia e Acmeismo
La filologia rappresenta la difesa di questo legame vitale con la lingua. L’acmeismo, come scuola letteraria, ha riportato l’attenzione sulla ‘parola-oggetto’ e sull’integrità dell’immagine creata dalle parole. Questa corrente promuove un ‘ellenismo domestico’, dove parole e cose ritrovano il loro valore profondo. La poesia, in questo senso, crea opere solide, costruite per durare nel tempo e pronte per il futuro.Come si può sostenere che la ‘parola’ sia un’entità viva, una ‘Psiche’, e che lo Stato possa temerla, senza che questa rimanga una mera allegoria?
Il capitolo presenta l’idea affascinante della parola come entità quasi senziente, dotata di vita propria e persino capace di soffrire, e suggerisce un rapporto di timore tra questa entità e lo Stato. Tuttavia, questa visione si basa su un linguaggio fortemente metaforico che, pur evocativo, manca di un fondamento logico o concettuale esplicitato. Affermare che la parola è una “Psiche” o “carne attiva” richiede una spiegazione più profonda su cosa significhi esattamente in termini non allegorici, e su come un’entità astratta come lo Stato possa provare un’emozione come il timore verso un concetto. Per dare maggiore solidità a queste affermazioni, sarebbe utile esplorare la filosofia del linguaggio, in particolare autori come Mikhail Bakhtin, che hanno analizzato la parola nella sua dimensione sociale e dialogica, o studi che approfondiscono il rapporto tra potere statale e forme di espressione culturale e linguistica.3. L’Architettura Sociale e il Valore Umano
Esistono epoche storiche in cui la persona umana non possiede un valore intrinseco, ma viene considerata semplice materiale da costruzione per edificare la società. Questa visione, definita “architettura sociale”, impiega l’individuo come un mattone, fondando la propria grandezza sull’umiliazione e l’annientamento della singola persona. Esempi storici come l’Assiria o l’Egitto mostrano chiaramente questa tendenza, dove la magnificenza della struttura sociale si ergeva a discapito della dignità e dell’importanza dell’individuo.Una società a misura d’uomo
Esiste, fortunatamente, un’altra forma di architettura sociale. Questa non costruisce con l’uomo usandolo, ma costruisce per l’uomo, ponendo la persona al centro di ogni valutazione. La sua grandezza non nasce dall’annientare l’individuo, ma si basa sull’armonia con le sue esigenze fondamentali. Questa struttura sociale può essere paragonata a un “gotico sociale”, un sistema complesso e articolato dove ogni singola individualità, nella sua unicità, contribuisce all’insieme, creando un equilibrio e una bellezza che rispettano e valorizzano la persona.Le sfide del presente e del futuro
Dopo la “piattezza” che ha caratterizzato il diciannovesimo secolo, si percepisce oggi l’avvicinarsi di una nuova forma di grandiosità monumentale nella vita sociale, un cambiamento che può incutere timore. È importante riconoscere che una grandezza basata unicamente sulla meccanica e sulla quantità non può essere favorevole alla persona umana. Le strutture giuridiche del diciannovesimo secolo si sono dimostrate insufficienti e incapaci di proteggere l’abitazione umana e i diritti individuali di fronte agli “scossoni” della storia. Nessuna legge o principio di proprietà è stato in grado di difendere la casa dell’uomo dal caos degli eventi. Le nuove forme monumentali che si stanno delineando dovrebbero invece organizzare il mondo partendo da un principio di “calore domestico universale”. Questo significa estendere la libertà e la sicurezza tipiche della casa all’intero universo, orientando ogni cosa verso i bisogni e le necessità della persona.Il valore duraturo dell’umanesimo
Il futuro che si prospetta potrebbe apparire freddo in superficie, ma il suo vero calore interiore dovrebbe derivare da una combinazione equilibrata e armoniosa di cura economica e di uno scopo chiaro e definito, facilmente comprensibile per chi possiede una visione umanistica. Tuttavia, se questa nuova architettura sociale dovesse mancare di una base umanistica autentica e profonda, il rischio concreto è che essa finisca per schiacciare e annullare la persona, ripetendo gli errori del passato. I valori umanistici, pur sembrando rari e nascosti nel mondo di oggi, sono paragonabili a riserve d’oro preziose. Essi garantiscono la circolazione vitale delle idee e offrono una guida fondamentale per la cultura contemporanea. Il futuro vedrà inevitabilmente la sostituzione delle idee superficiali e passeggere con l’eredità solida e duratura dell’umanesimo europeo, che diventerà la vera “moneta corrente” nel panorama culturale.Un momento fuori dal tempo
In netto contrasto con il fluire caotico e spesso imprevedibile del tempo storico, esiste un momento di grazia particolare, un apice solenne e sacro. Questo momento è paragonabile a un tabernacolo o all’Eucaristia, un istante in cui il tempo sembra fermarsi e in cui regnano l’unità perfetta e l’armonia profonda. Questo spazio di tempo, che non è transitorio ma possiede un valore intrinseco e duraturo, rappresenta un ideale fondamentale. È un rifugio sicuro, un punto di riferimento essenziale o un ideale umanistico elevato, che offre un senso di stabilità e significato al di là delle turbolenze della storia.Ma quanto davvero il “linguaggio interno” di Vygotsky ci aiuta a decifrare le ambiguità dell’Ode a Stalin, o è solo un’analogia suggestiva?
Questo capitolo, pur presentando un parallelo interessante tra la visione poetica di Mandel’štam e le teorie di Vygotsky sul linguaggio interno, non chiarisce del tutto in che modo questa connessione psicologica offra una chiave di lettura concreta per le specifiche tensioni e le controverse interpretazioni dell’Ode a Stalin. La semplice “somiglianza” tra i concetti non basta a dimostrare un effettivo potere esplicativo per un testo così stratificato e dibattuto. Per approfondire, sarebbe utile esplorare più a fondo l’opera di Lev Vygotsky, in particolare i suoi scritti sul rapporto tra pensiero e linguaggio, e cercare studi critici su Mandel’štam che applichino in maniera rigorosa e circostanziata categorie psicologiche all’analisi testuale, verificando quanto tale approccio sia accettato o dibattuto nella critica letteraria.8. Il Vento che Muove la Parola
Il pensiero e il linguaggio sono legati in un movimento continuo e dinamico, non si sviluppano uno dopo l’altro in modo semplice. Il linguaggio è la forma che il pensiero prende per diventare reale. È un passaggio costante tra ciò che è dentro di noi e ciò che è fuori. Il linguaggio esterno trasforma il pensiero in parole concrete. Il linguaggio interno fa il contrario, riporta le parole verso il pensiero, un po’ come il vapore che torna acqua o si disperde nell’aria. Questo continuo trasformarsi mantiene unito tutto il processo.Il pensiero esiste tutto insieme nello stesso momento, mentre il linguaggio si presenta una parola dopo l’altra, in successione. Si può immaginare il pensiero come una nuvola piena, da cui poi il linguaggio scende come pioggia. La forza che fa nascere il pensiero viene da ciò che ci spinge, come i nostri bisogni, quello che ci interessa e le nostre emozioni. Questa spinta è come il vento che muove e porta in giro la nuvola del pensiero.La forza nella creazione poetica
Nella creazione della poesia, c’è una tensione costante che non è un luogo fisico, ma una forza che cresce insieme all’opera che si crea. Questa “materia poetica” è come un flusso vivo, un’energia che nasce dall’incontro tra pensieri, sensazioni e parole. Prende vita proprio nel momento in cui si crea. Le forme che nascono da questo flusso, come le metafore o le similitudini, non si staccano, ma tornano dentro di esso, rendendolo ancora più ricco. Il significato delle parole in poesia non è fisso, ma cambia e si influenzano a vicenda, unendosi in modi diversi da come farebbero normalmente.Un’immagine che aiuta a capire tutto questo è quella del vento. Per la poesia, il vento è l’impulso che spinge il pensiero a diventare linguaggio. È una forza che a volte riesce a far emergere parole che erano nascoste dentro, altre volte si disperde. È la spinta che viene da dentro e che parla con il poeta, aiutandolo a dare forma all’esperienza che prima era solo un balbettio, e a trasformare quell’esperienza in un’espressione chiara.Questa “forza” o “vento” che spinge il pensiero a diventare linguaggio è un concetto scientificamente osservabile o una pura metafora poetica?
Il capitolo offre una visione affascinante del legame tra pensiero e linguaggio, specialmente nella creazione poetica, affidandosi a metafore evocative come quella del “vento”. Tuttavia, questa descrizione non spiega come avvengono questi processi a un livello più concreto o scientifico. La natura di questa “forza” o “impulso” rimane nel campo della speculazione filosofica o della descrizione soggettiva. Per colmare questa lacuna e comprendere i meccanismi effettivi che trasformano l’attività mentale in linguaggio, sarebbe fondamentale approfondire gli studi nel campo della psicologia cognitiva e delle neuroscienze, che indagano i processi cerebrali e mentali alla base del pensiero, della creatività e della produzione linguistica.Abbiamo riassunto il possibile
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