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Informazioni
“Il premio: la storia epica del petrolio, del denaro e del potere” di Daniel Yergin è un viaggio incredibile che ti porta dalle origini dell’industria petrolifera in Pennsylvania, con pionieri come George Bissell ed Edwin Drake che hanno trasformato il petrolio da medicina a risorsa vitale per l’illuminazione e i trasporti. Vedrai come figure potenti come John D. Rockefeller hanno costruito imperi con la Standard Oil, dominando il mercato. Ma non è solo una storia americana; il libro esplora la geopolitica del petrolio in luoghi cruciali come il Medio Oriente, la Persia, l’Iraq, l’Arabia Saudita, il Venezuela e la Russia, mostrando come il controllo di questa risorsa abbia scatenato conflitti e plasmato la politica mondiale. Personaggi come Calouste Gulbenkian, Harold Ickes, Enrico Mattei e Ahmed Zaki Yamani emergono come attori chiave in questa lotta per il potere e il denaro. Scoprirai come il petrolio sia stato fondamentale nelle guerre mondiali, con leader come Winston Churchill che hanno capito la sua importanza strategica, e come eventi come la crisi di Suez e l’embargo petrolifero del 1973 abbiano segnato svolte epocali, portando all’ascesa dell’OPEC e a crisi energetiche globali. È una storia avvincente di innovazione, competizione spietata, nazionalismo e come il petrolio abbia letteralmente mosso il mondo, influenzando ogni aspetto della nostra vita e continuando a essere al centro delle tensioni globali.Riassunto Breve
L’industria petrolifera nasce dall’idea di usare il petrolio per l’illuminazione, non solo come medicinale. George Bissell e il professor Benjamin Silliman Jr. ne studiano le proprietà, portando alla creazione di compagnie e alla ricerca di come estrarre grandi quantità di petrolio. Edwin Drake trivella il primo pozzo nel 1859, scatenando una corsa al petrolio. Il kerosene, derivato dal petrolio, diventa un illuminante importante. La produzione cresce, i prezzi scendono, nascono città petrolifere. La “regola di cattura” porta a sprechi. La competizione per il petrolio si estende presto al Medio Oriente, con Gran Bretagna e Francia interessate alle risorse della Mesopotamia. Calouste Gulbenkian è figura chiave nella Turkish Petroleum Company. Dopo la Prima Guerra Mondiale, il petrolio è strategico. Le compagnie americane cercano risorse in Medio Oriente. L’automobile negli anni ’20 aumenta la domanda di benzina, nascono stazioni di servizio. Il mercato diventa competitivo, con fusioni e acquisizioni. Nuove scoperte portano a eccesso di produzione e instabilità dei prezzi. Il petrolio diventa motore dell’economia e della società. Il petrolio è fondamentale nella Prima Guerra Mondiale, diventa simbolo di potere. In Messico, la rivoluzione porta alla nazionalizzazione delle risorse, creando tensioni con investitori stranieri. In Venezuela, un dittatore attira investimenti, ma la stabilità è fragile. In Russia, la rivoluzione bolscevica nazionalizza i giacimenti. La scoperta di un grande giacimento in Texas causa un crollo dei prezzi. Il governo americano interviene per stabilizzare il mercato con il controllo della produzione e il sistema di prorationing. Le compagnie cercano accordi per stabilizzare i mercati, ma il nazionalismo crescente in vari paesi porta a nuove sfide. Governi impongono quote, controllano prezzi, promuovono compagnie nazionali. La Persia nazionalizza l’Anglo-Persian, il Messico espropria l’industria petrolifera. Il petrolio è centrale nella politica internazionale, con conflitti tra compagnie, governi e nazionalismi. L’ossessione per il petrolio influenza eventi cruciali. Frank Holmes scopre petrolio in Bahrain. La Germania nazista dipende dal petrolio per l’espansione, investe in carburanti sintetici. La campagna in Russia per i giacimenti del Caucaso fallisce per mancanza di carburante. Anche in Nord Africa, le forze tedesche sono ostacolate dalla carenza di rifornimenti. I bombardamenti alleati e la perdita di fonti esterne portano al collasso tedesco. Il Giappone si espande nel Sud-Est asiatico per il petrolio, ma la dipendenza dalle rotte marittime si rivela fatale. La campagna sottomarina americana interrompe i rifornimenti, paralizzando flotta ed economia. La mancanza di carburante influenza le decisioni militari e porta alla sconfitta. Il controllo delle risorse petrolifere è obiettivo strategico nella Seconda Guerra Mondiale. La Gran Bretagna riconosce l’importanza del petrolio e collabora con le compagnie, creando un monopolio nazionale. Negli Stati Uniti, Harold Ickes coordina l’industria per massimizzare la produzione. La battaglia dell’Atlantico minaccia le forniture, portando alla costruzione di oleodotti. Dopo la guerra, la domanda di petrolio aumenta, superando le previsioni e causando una crisi energetica in Europa. Il Piano Marshall aiuta a finanziare le importazioni. Le compagnie americane si assicurano l’accesso alle riserve del Medio Oriente con accordi che spostano il centro del petrolio verso quella regione. John D. Rockefeller organizza l’industria caotica con la Standard Oil, costruendo un impero con integrazione verticale e controllo dei costi, ma affronta critiche per pratiche monopolistiche. Nel dopoguerra, cresce la tensione tra compagnie e paesi produttori che vogliono aumentare le entrate, ispirati dal concetto di “rendita”. Il Venezuela introduce il “fifty-fifty”, dividendo i profitti equamente. J. Paul Getty ottiene una concessione nella Zona Neutrale con una royalty più alta, spingendo altri paesi a chiedere condizioni simili. L’Arabia Saudita ottiene una revisione dell’accordo con Aramco basata sul fifty-fifty, diffondendo il modello in Medio Oriente. La nazionalizzazione dell’Anglo-Iranian da parte dell’Iran e la crisi di Suez con la nazionalizzazione del canale da parte di Nasser mostrano la fragilità del sistema. La crisi di Suez evidenzia la dipendenza europea dal petrolio mediorientale e la vulnerabilità delle rotte, portando alla costruzione di superpetroliere e all’ascesa degli Stati Uniti. L’intervento militare anglo-francese fallisce, segnando la fine della loro influenza e consolidando Nasser. La crisi mette in luce le tensioni tra antitrust americano e sicurezza nazionale, portando a un consorzio internazionale per il petrolio iraniano. Le concessioni sono sostituite da accordi negoziati, riconoscendo la sovranità dei paesi produttori. La crescita straordinaria dell’industria petrolifera nel dopoguerra è alimentata dalla scoperta di grandi giacimenti in Medio Oriente. La produzione e le riserve aumentano vertiginosamente. L’abbondanza porta a competizione e tagli di prezzo, infiammando il nazionalismo nei paesi produttori. L’ordine del dopoguerra si basa sul 50/50, ma paesi come l’Iran cercano maggiore indipendenza. Enrico Mattei con ENI sfida le “Sette Sorelle” per assicurare petrolio all’Italia, stringendo accordi che rompono il 50/50. Anche il Giappone cerca forniture dirette. La competizione aumenta con nuovi attori. La sovrapproduzione e la concorrenza sovietica portano a tagli di prezzo. La decisione di Standard Oil di tagliare i prezzi nel 1960 porta alla creazione dell’OPEC per difendere i prezzi. L’OPEC ha impatto limitato inizialmente. L’abbondanza di petrolio alimenta crescita economica, sostituendo il carbone. La domanda aumenta, soprattutto in Europa e Giappone. La proliferazione di compagnie e la competizione portano a calo dei prezzi e aumento del consumo. Negli Stati Uniti, quote di importazione proteggono i produttori nazionali. La dipendenza dal petrolio solleva interrogativi sulla sicurezza delle forniture, come nella crisi del 1967. L’embargo petrolifero del 1973 è un punto di svolta, rendendo il petrolio strumento politico. La guerra del Kippur scatena l’embargo, rivelando la vulnerabilità delle economie industriali. La decisione di Nixon di eliminare le quote di importazione aumenta la dipendenza americana. L’OPEC esercita controllo sui prezzi, sfruttando domanda e scarsità. L’embargo causa impennata dei prezzi e crisi energetica. Le compagnie adottano “equa sofferenza” per distribuire le scorte. La crisi divide gli alleati occidentali. La risposta americana è diplomazia e ricerca di nuove fonti. L’embargo è revocato, ma lascia prezzi elevati e consapevolezza della vulnerabilità. Il petrolio è arma politica potente. Negli anni ’70, l’OPEC diventa attore chiave, controllando prezzi e influenzando l’economia globale. L’aumento dei prezzi porta a spese nei paesi esportatori, ma anche sprechi. Nei paesi industrializzati, causa recessione e inflazione. I paesi in via di sviluppo non produttori sono i più colpiti. All’interno dell’OPEC, Arabia Saudita e Iran si scontrano sui prezzi. Ahmed Zaki Yamani è figura chiave saudita. Le compagnie internazionali perdono il controllo delle concessioni, nazionalizzate in Kuwait, Venezuela, Arabia Saudita. Le compagnie diventano appaltatrici. I paesi occidentali riducono la dipendenza con diversificazione e conservazione. La rivoluzione iraniana del 1979 porta a un secondo shock petrolifero. La perdita della produzione iraniana e la paura scatenano panico, aumento dei prezzi e corsa alle scorte. Finisce l’era del petrolio a basso costo. L’aumento dei prezzi negli anni ’70 porta a efficienza energetica e fonti alternative, creando eccesso di offerta e prezzi bassi. L’OPEC perde controllo del mercato. La crisi degli ostaggi in Iran e la guerra Iran-Iraq destabilizzano il mercato, portando a un picco dei prezzi. L’aumento dei prezzi stimola produzione fuori dall’OPEC. La domanda diminuisce per recessione e conservazione. Eccesso di offerta causa crollo dei prezzi. L’OPEC cerca di gestire la produzione, ma con scarso successo. La deregolamentazione negli Stati Uniti aumenta la concorrenza. Le compagnie si concentrano su acquisizioni. Nasce il mercato dei futures, rendendo il prezzo più volatile. La caduta dei prezzi ha impatto globale. I paesi esportatori perdono entrate, gli importatori beneficiano. La crisi porta a consapevolezza della necessità di diversificare. La fine della guerra Iran-Iraq e la necessità di cooperazione segnano una svolta. I paesi esportatori si concentrano sulla sicurezza della domanda, i consumatori sulla stabilità della fornitura. La ristrutturazione porta a maggiore integrazione delle compagnie. Il petrolio resta risorsa fondamentale. Il mercato è soggetto a cicli di boom e crollo. La cooperazione è essenziale per la stabilità, ma le lezioni del passato possono essere dimenticate. All’inizio del XX secolo, la Standard Oil affronta sfide: l’elettricità riduce la domanda di cherosene, l’automobile crea mercato per la benzina. La Standard Oil cerca nuove fonti. Nuovi giacimenti in Texas, Oklahoma, California portano a concorrenti come Gulf Oil e Texaco. La scoperta di Spindletop cambia il mercato. In Europa, Royal Dutch e Shell competono. Royal Dutch emerge leader. La competizione tra queste e Standard Oil porta a fusioni. Standard Oil viene smembrata per antitrust, ma le aziende derivate prosperano. La raffinazione evolve con il cracking termico. La Russia, importante produttore, entra in crisi per disordini. Royal Dutch/Shell si espande in Russia. La Standard Oil, nonostante la dissoluzione, influenza il mercato. Royal Dutch/Shell si afferma come concorrente. La competizione tra questi giganti, nuove scoperte e tecnologie definisce l’industria del XX secolo. La Persia all’inizio del XX secolo è al centro di interessi. Il governo cerca investitori per il petrolio. William Knox D’Arcy ottiene una concessione. Questa è cruciale nella rivalità tra Russia e Gran Bretagna. La Gran Bretagna vede il petrolio persiano come modo per controbilanciare l’influenza russa e proteggere le rotte. L’esplorazione è difficile. D’Arcy cerca sostegno britannico. L’Ammiragliato, guidato da John Fisher, riconosce l’importanza strategica del petrolio per la Royal Navy. La Gran Bretagna è in corsa agli armamenti con la Germania. La conversione della flotta a petrolio è priorità. L’Anglo-Persian Oil Company, dalla concessione di D’Arcy, diventa obiettivo strategico. Charles Greenway convince il governo a intervenire per proteggere la compagnia. Il governo britannico investe nell’Anglo-Persian, acquisendo la maggioranza. Questo garantisce alla Royal Navy accesso al petrolio persiano. La decisione di Churchill è strategica per contrastare la minaccia tedesca. Il petrolio diventa strumento di politica nazionale. La Prima Guerra Mondiale dimostra la validità della scelta e l’importanza del petrolio nel conflitto moderno.Riassunto Lungo
1. La Nascita e l’Ascesa dell’Industria Petrolifera
Nel 1854, l’avvocato George Bissell ha un’intuizione destinata a cambiare il mondo: il petrolio, fino ad allora utilizzato principalmente come medicinale, può diventare una preziosa fonte di illuminazione. Per confermare questa ipotesi, Bissell si rivolge al professor Benjamin Silliman Jr., il quale, attraverso un’analisi approfondita, conferma il potenziale del petrolio non solo come illuminante, ma anche come lubrificante. Questo studio apre la strada alla fondazione della Pennsylvania Rock Oil Company, la prima compagnia petrolifera della storia. La sfida principale, a questo punto, diventa quella di superare la pratica di raccogliere il petrolio da sorgenti superficiali, individuando una fonte di approvvigionamento più consistente e affidabile.La scoperta di Drake e la corsa all’oro nero
Per risolvere il problema dell’approvvigionamento, la Pennsylvania Rock Oil Company si affida a Edwin Drake, un ex conduttore ferroviario, incaricato di trivellare il primo pozzo petrolifero a Titusville, in Pennsylvania. Nonostante lo scetticismo generale e le difficoltà tecniche, Drake riesce nell’impresa: il 27 agosto 1859, il suo pozzo inizia a produrre petrolio, segnando l’inizio di una vera e propria corsa all’oro nero. La scoperta di Drake, combinata con la crescente domanda di illuminazione e lubrificazione, trasforma il petrolio in una risorsa di fondamentale importanza. Il kerosene, un derivato del petrolio, si afferma rapidamente come un’alternativa più economica e sicura rispetto ad altri illuminanti, come l’olio di balena o il gas di carbone. La produzione di petrolio aumenta rapidamente, innescando un boom economico senza precedenti. Nuove città petrolifere sorgono dal nulla, attirando migliaia di persone in cerca di fortuna. Tuttavia, la “regola di cattura”, che permette ai proprietari di estrarre tutto il petrolio possibile dai loro terreni, causa una sovrapproduzione e un conseguente spreco di risorse. L’industria petrolifera, nata in modo pionieristico e caotico, si trova ad affrontare periodi di crisi e speculazione, oscillando tra fasi di espansione e contrazione.L’espansione in Medio Oriente e la competizione internazionale
La competizione per il controllo delle risorse petrolifere si estende ben oltre i confini americani, arrivando a coinvolgere il Medio Oriente. In particolare, la Mesopotamia, ricca di giacimenti petroliferi, diventa l’oggetto del desiderio di Gran Bretagna e Francia. Calouste Gulbenkian, un abile imprenditore di origini armene, intuisce il potenziale di questa regione e gioca un ruolo chiave nella creazione della Turkish Petroleum Company, un consorzio che riunisce interessi britannici, tedeschi e olandesi. Dopo la Prima Guerra Mondiale, la necessità di petrolio diventa una priorità strategica per le nazioni industrializzate. Le compagnie petrolifere americane, temendo una carenza di risorse, intensificano i loro sforzi per espandere la loro presenza nel Medio Oriente, entrando in competizione con gli interessi europei.L’avvento dell’automobile e la trasformazione dell’industria
Negli anni ’20, l’industria petrolifera subisce una profonda trasformazione con l’avvento dell’automobile. La domanda di benzina, un altro derivato del petrolio, cresce esponenzialmente, stimolando la nascita delle prime stazioni di servizio e la diffusione delle mappe stradali, strumenti indispensabili per i nuovi automobilisti. Il mercato diventa sempre più competitivo e le grandi compagnie petrolifere, per consolidare la loro posizione, ricorrono a fusioni e acquisizioni, dando vita a veri e propri colossi del settore. Nonostante le previsioni di una prossima scarsità di petrolio, nuove e inaspettate scoperte di giacimenti petroliferi, come quello di East Texas, portano a un’eccedenza di produzione, causando una forte instabilità dei prezzi. L’industria petrolifera, nata per soddisfare il bisogno di illuminazione, si trasforma in un motore trainante dell’economia e della società moderna, affrontando sfide e opportunità in un mondo in rapida e continua evoluzione.Se da un lato il capitolo descrive l’ascesa dell’industria petrolifera come un’epopea di progresso e innovazione, dall’altro non si sofferma a sufficienza sulle implicazioni ambientali e sociali di questa ascesa: è possibile che un’analisi più critica avrebbe potuto rivelare un quadro più complesso e meno celebrativo di questa “corsa all’oro nero”?
Il capitolo, pur delineando con dovizia di particolari l’evoluzione dell’industria petrolifera, tralascia quasi completamente l’analisi delle sue conseguenze ambientali e sociali. Per colmare questa lacuna, sarebbe opportuno approfondire discipline come la storia ambientale e la sociologia dell’energia. In particolare, un’analisi più approfondita dell’impatto dell’estrazione e dell’utilizzo del petrolio sull’ecosistema, nonché delle disuguaglianze sociali generate dalla sua distribuzione, potrebbe fornire una visione più completa e critica del fenomeno. A tal proposito, potrebbe essere utile consultare autori come Naomi Klein, per un’analisi critica del capitalismo e del suo impatto ambientale, o Robert Bullard, pioniere degli studi sulla giustizia ambientale. Un ulteriore spunto di riflessione potrebbe essere l’analisi delle dinamiche di potere e dei conflitti geopolitici legati al controllo delle risorse petrolifere, tematica affrontata da autori come Michael Klare.2. Petrolio, Potere e Politica: La Nascita di un Nuovo Ordine Globale
Il petrolio, dimostratosi fondamentale nella Prima Guerra Mondiale, divenne simbolo di potere e sovranità, innescando conflitti tra compagnie petrolifere e stati.Nazionalizzazione in Messico
In Messico, figure come Weetman Pearson ottennero concessioni grazie a legami politici, ma la rivoluzione del 1911 portò alla nazionalizzazione delle risorse del sottosuolo, creando tensioni con gli investitori stranieri. In Venezuela, il dittatore Juan Vicente Gomez offrì un ambiente politico stabile per attirare investimenti stranieri, portando a un boom petrolifero. Tuttavia, la stabilità era precaria, e le compagnie temevano future nazionalizzazioni.Rivoluzione in Russia
In Russia, la rivoluzione bolscevica portò alla nazionalizzazione dei giacimenti petroliferi, spingendo le compagnie occidentali a cercare accordi con i sovietici, nonostante le tensioni ideologiche.Crollo dei prezzi negli Stati Uniti
La scoperta di un enorme giacimento in Texas da parte di Dad Joiner portò a un crollo dei prezzi, mettendo a rischio l’intera industria petrolifera. Il governo federale, sotto la guida di Harold Ickes, intervenne per stabilizzare i prezzi attraverso il controllo della produzione e la lotta contro il “petrolio caldo”, prodotto illegalmente. Il sistema di prorationing, con quote di produzione per ogni stato, divenne la norma, sostenuto da una tariffa sulle importazioni di petrolio.Accordi e rivalità tra compagnie
Le compagnie petrolifere cercarono di stabilizzare i mercati attraverso accordi come l’ “As-Is”, ma le rivalità e le pressioni politiche resero questi tentativi difficili. Il nazionalismo crescente in Europa e in America Latina portò a nuove sfide per le compagnie, con governi che imponevano quote di importazione, controllavano i prezzi e promuovevano compagnie petrolifere nazionali.Nazionalismo e espropriazioni
In Persia, lo Shah Reza Pahlavi cancellò la concessione dell’Anglo-Persian. In Messico, il presidente Lázaro Cárdenas espropriò l’industria petrolifera, segnando un punto di svolta nelle relazioni tra compagnie e stati. Il petrolio era ormai un elemento centrale nella politica internazionale, con conflitti tra compagnie, governi e nazionalismi che hanno plasmato l’industria petrolifera e le relazioni globali.Se il petrolio è diventato simbolo di potere e sovranità, innescando conflitti, perché il capitolo si concentra principalmente sulle tensioni tra compagnie petrolifere e stati, tralasciando l’impatto di questi conflitti sulle popolazioni e sull’ambiente?
Il capitolo, pur delineando efficacemente l’ascesa del petrolio come elemento centrale nella geopolitica del XX secolo, sembra trascurare le ripercussioni sociali e ambientali di tale ascesa. Si parla di nazionalizzazioni, accordi e rivalità tra compagnie, ma manca un’analisi delle conseguenze di queste dinamiche sulle popolazioni locali e sugli ecosistemi. Per colmare questa lacuna, sarebbe utile approfondire discipline come la storia ambientale, la sociologia dei conflitti e l’economia politica delle risorse naturali. Autori come Naomi Klein, con il suo approccio critico al capitalismo e alle sue conseguenze ambientali, o Michael Klare, con le sue analisi sulle guerre per le risorse, potrebbero fornire spunti interessanti per comprendere appieno le implicazioni umane e ambientali della “nascita di un nuovo ordine globale” basato sul petrolio.3. La Guerra del Petrolio
Nel XX secolo, il petrolio è diventato una risorsa cruciale, scatenando conflitti e ridisegnando gli equilibri di potere. La sua importanza strategica ha spinto nazioni come la Germania nazista e il Giappone imperiale a intraprendere guerre di conquista, con esiti disastrosi.L’ossessione per il petrolio
L’ingegnere minerario neozelandese Frank Holmes, convinto del potenziale petrolifero della costa araba, sfidò lo scetticismo britannico e le difficoltà finanziarie per ottenere concessioni nella regione. La sua tenacia fu premiata nel 1932 con la scoperta di un grande giacimento in Bahrain, un evento che cambiò radicalmente le sorti del Medio Oriente e inaugurò l’era del petrolio arabo.La Germania nazista e la sete di petrolio
La Germania di Hitler, priva di consistenti riserve petrolifere, comprese fin da subito che il petrolio sarebbe stato il “sangue” della guerra moderna. Per alimentare la sua macchina bellica, il regime nazista investì massicciamente nella produzione di carburanti sintetici, ottenuti dal carbone. Tuttavia, la produzione interna non era sufficiente a soddisfare le enormi esigenze belliche. L’ossessione per il petrolio spinse Hitler a lanciare nel 1941 la disastrosa campagna di Russia, con l’obiettivo di conquistare i ricchi giacimenti del Caucaso. La carenza di carburante, aggravata dalle immense distanze e dalle difficoltà logistiche, contribuì in modo determinante alla sconfitta tedesca sul fronte orientale. Anche in Nord Africa, le truppe di Rommel, le famose “Afrika Korps”, furono ripetutamente bloccate dalla mancanza di benzina, che impediva loro di sfruttare appieno i successi tattici. Nonostante gli sforzi per aumentare la produzione di carburanti sintetici, i continui bombardamenti alleati sugli impianti industriali e la perdita di preziose fonti di petrolio nei territori occupati portarono al collasso della macchina bellica tedesca.Il Giappone e la ricerca disperata del petrolio
Anche il Giappone, potenza emergente in Asia, soffriva di una cronica carenza di petrolio. Per assicurarsi le risorse necessarie alla sua espansione, l’impero nipponico si lanciò alla conquista del Sud-Est asiatico, ricco di giacimenti petroliferi. L’attacco a Pearl Harbor, nel dicembre 1941, fu una mossa strategica volta a neutralizzare la flotta americana del Pacifico e garantire il controllo delle rotte marittime. Nonostante i successi iniziali, la dipendenza dalle importazioni di petrolio si rivelò il tallone d’Achille del Giappone. La micidiale campagna sottomarina americana interruppe progressivamente i rifornimenti, paralizzando la flotta e l’industria bellica giapponese. I tentativi di trovare soluzioni alternative, come la produzione di carburante dalle radici di pino, si rivelarono del tutto insufficienti. La mancanza di petrolio condizionò pesantemente le scelte strategiche dei vertici militari giapponesi, contribuendo alla sconfitta finale. I bombardamenti atomici di Hiroshima e Nagasaki e l’invasione sovietica della Manciuria costrinsero il Giappone alla resa, ponendo fine alla Seconda Guerra Mondiale. La carenza di petrolio, che aveva spinto il Giappone sulla strada dell’espansionismo, fu anche uno dei fattori determinanti della sua disfatta.Se da un lato il capitolo celebra l’ingegno e l’intraprendenza dei “giganti del petrolio”, dall’altro non menziona minimamente l’impatto ambientale e sociale di tale espansione: non è forse questa una narrazione parziale e, per certi versi, pericolosamente celebrativa di un’industria che ha contribuito in modo determinante alla crisi climatica che stiamo vivendo?
Il capitolo, pur delineando con efficacia le dinamiche di mercato e le innovazioni tecnologiche, omette completamente di analizzare le conseguenze dell’industria petrolifera sul pianeta e sulle popolazioni che abitano i territori sfruttati. Per colmare questa lacuna, sarebbe opportuno approfondire discipline come la storia ambientale, la sociologia dello sviluppo e l’economia ecologica. In particolare, un’analisi critica dell’opera di autori come Naomi Klein, con il suo “Shock Economy”, o di studiosi come Jason W. Moore, pioniere dell’ecologia-mondo, potrebbe fornire una prospettiva più completa e meno acritica sull’ascesa e le conseguenze del dominio dei combustibili fossili.11. L’Ascesa del Petrolio e la Strategia Navale Britannica
All’inizio del XX secolo, la Persia si trova al centro di complessi interessi economici e politici, a causa delle sue vaste risorse petrolifere. Il governo persiano, in difficoltà finanziarie, cerca investitori europei e il capitalista britannico William Knox D’Arcy ottiene una concessione per l’esplorazione petrolifera. Questa concessione diventa un punto cruciale nella rivalità tra Russia e Gran Bretagna, la quale vede nel petrolio persiano un modo per controbilanciare l’influenza russa e proteggere le rotte verso l’India.Le difficoltà di D’Arcy e l’intervento dell’Ammiragliato
L’esplorazione petrolifera in Persia si rivela difficile e costosa, spingendo D’Arcy a cercare il sostegno del governo britannico. L’Ammiragliato, guidato dall’ammiraglio John Fisher, riconosce l’importanza strategica del petrolio per la Royal Navy. La Gran Bretagna, impegnata in una corsa agli armamenti navali con la Germania, vede nel petrolio un vantaggio competitivo cruciale, e la conversione della flotta navale da carbone a petrolio diventa una priorità, spingendo il governo a cercare fonti di approvvigionamento sicure e affidabili.Churchill e la nascita dell’Anglo-Persian Oil Company
Winston Churchill, diventato Primo Lord dell’Ammiragliato, si impegna a fondo nella transizione della marina al petrolio, creando la necessità di assicurarsi fonti di approvvigionamento stabili. L’Anglo-Persian Oil Company, nata dalla concessione di D’Arcy, diventa un obiettivo strategico. Charles Greenway, direttore dell’Anglo-Persian, convince il governo della necessità di un intervento statale per proteggere la compagnia dalla concorrenza di Royal Dutch/Shell.L’investimento britannico e la supremazia navale
Il governo britannico decide quindi di investire nell’Anglo-Persian Oil Company, acquisendone la maggioranza delle azioni. Questa mossa garantisce alla Royal Navy un accesso privilegiato al petrolio persiano, essenziale per la sua strategia di supremazia navale. La decisione di Churchill è guidata da considerazioni strategiche e dalla necessità di contrastare la minaccia tedesca. Il petrolio diventa così uno strumento di politica nazionale, un bene strategico di primaria importanza. La Prima Guerra Mondiale, scoppiata poco dopo, dimostra la validità della scelta di Churchill e l’importanza del petrolio nel conflitto moderno.Ma siamo sicuri che la sete di petrolio della Royal Navy sia stata l’unica, o la principale, motivazione dietro l’intervento britannico in Persia?
Il capitolo, pur delineando con efficacia la crescente importanza strategica del petrolio per la Gran Bretagna, sembra trascurare un’analisi più approfondita del contesto geopolitico dell’epoca. Ridurre l’intervento britannico in Persia alla sola necessità di approvvigionamento petrolifero per la flotta appare riduttivo. Sarebbe utile esplorare più a fondo le dinamiche del “Grande Gioco”, ovvero la lotta per l’influenza in Asia Centrale tra l’Impero Britannico e quello Russo, di cui la Persia era un tassello fondamentale. Per comprendere meglio le complesse relazioni di potere dell’epoca, si potrebbero approfondire le teorie geopolitiche di Halford Mackinder, ad esempio, o le analisi di storici come Peter Hopkirk, che ha descritto magistralmente le rivalità imperiali in Asia Centrale. Inoltre, un’analisi delle dinamiche interne alla Persia, con le sue tensioni sociali e politiche, potrebbe fornire un quadro più completo delle motivazioni e delle conseguenze dell’intervento britannico.Abbiamo riassunto il possibile
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