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Informazioni
“Il pensiero di Lenin” di Luciano Gruppi ti porta dentro la testa di uno dei rivoluzionari più importanti della storia. Il libro analizza come Lenin ha capito la Russia, un paese che stava cambiando velocemente, passando dal vecchio sistema a una forma di capitalismo tutto suo. Si scontra con le idee del populismo, che non vedeva le differenze tra i contadini, e usa il marxismo non come una regola fissa, ma come uno strumento per capire la lotta di classe e come il proletariato russo poteva diventare la forza principale, l’egemone, anche in una rivoluzione che sembrava borghese, come quella del 1905. Poi, con la Prima Guerra Mondiale e l’imperialismo, il suo pensiero cambia ancora: capisce che la lotta è globale, critica la Seconda Internazionale e l’opportunismo, e vede la rivoluzione russa del 1917 non solo come un fatto locale, ma come l’inizio di un processo mondiale, puntando tutto sui Soviet come nuova forma di potere. Il libro esplora anche le sfide enormi che il governo sovietico ha affrontato, dalla guerra civile alla NEP, e come la sua idea di tattica rivoluzionaria fosse super flessibile, sempre legata alla realtà concreta. Infine, si guarda a come il pensiero di Lenin, così vivo e dialettico, sia stato poi interpretato e a volte irrigidito, specialmente con lo stalinismo. È un viaggio affascinante per capire il marxismo applicato alla rivoluzione russa e la figura complessa di Lenin.Riassunto Breve
La Russia presenta una transizione al capitalismo vista come necessaria, non una deviazione, che porta a una crescente divisione di classe anche tra i contadini, causata dalla crisi della proprietà terriera dopo la riforma del 1861. Il populismo, idealizzando la comunità rurale, non vede queste contraddizioni e finisce per supportare lo sviluppo capitalista. Il marxismo, invece, analizza il capitalismo come una fase storica progressiva, nonostante i suoi problemi. L’analisi marxista si applica alla Russia per capire le sue leggi di sviluppo, usando la lotta di classe per spiegare la società. La coscienza di classe non nasce da sola, ma arriva da fuori, guidando il movimento operaio oltre le sole lotte economiche verso la politica. Il partito rivoluzionario è essenziale per unire teoria e pratica, superare l’opportunismo e portare la classe operaia al potere, richiedendo organizzazione, centralizzazione e disciplina per affrontare la lotta.Nel 1905, la Russia vive una crisi profonda con carestia, problemi economici e sconfitte militari. Il proletariato diventa una forza politica importante nella rivoluzione, che è borghese ma vista come un passo necessario verso il socialismo. La borghesia russa è troppo debole per guidare questa rivoluzione, temendo sia lo zarismo che il proletariato. Per questo, il proletariato deve prendere la direzione, l’egemonia, guidando la lotta anche alleandosi con chi combatte l’autocrazia. Questa rivoluzione è diversa da quelle borghesi classiche perché il proletariato, con i contadini, deve essere la forza principale per ottenere una democrazia vera. La lotta per la libertà politica è rivoluzionaria per gli operai, mentre la borghesia cerca compromessi. L’egemonia proletaria serve a creare condizioni migliori per la lotta futura verso il socialismo. Partecipare a un governo provvisorio, anche con borghesi, è una tattica per rafforzare le conquiste democratiche e portare avanti la rivoluzione borghese. L’analisi concreta della situazione guida la tattica, puntando all’insurrezione armata per abbattere l’autocrazia e aprire la strada alla democrazia e al socialismo, con il proletariato alla guida.Con la Prima Guerra Mondiale, il pensiero si sposta sui problemi internazionali. La Seconda Internazionale fallisce, tradendo il socialismo votando i crediti di guerra. La guerra è vista come imperialista, causata dalla competizione capitalistica. Difendere la patria in queste guerre è sbagliato; l’obiettivo è trasformare la guerra imperialista in guerra civile per rovesciare i governi borghesi. L’opportunismo, cresciuto in tempi di pace relativa, ha indebolito l’Internazionale, supportato da un’aristocrazia operaia che beneficia dell’imperialismo. L’imperialismo è l’ultima fase del capitalismo, che aumenta le contraddizioni e rende necessaria la rivoluzione socialista. La questione nazionale è importante nell’era imperialista; l’oppressione rende urgente la lotta per l’autodeterminazione dei popoli. La rivoluzione socialista deve includere le richieste democratiche, come la libertà di separazione per le nazioni oppresse, vista come necessaria per il socialismo e l’internazionalismo.La strategia prima del 1917 puntava a una rivoluzione democratico-borghese in Russia, ma la guerra cambia tutto, puntando direttamente al potere proletario. I Soviet, assemblee di operai e soldati, diventano centrali, visti come una forma superiore di democrazia rispetto a quella borghese, strumenti per smantellare lo Stato vecchio e costruirne uno nuovo. La tattica è molto flessibile, cambiando in base agli eventi, dalla propaganda pacifica all’insurrezione armata, sempre organizzata e al momento giusto. Le tattiche si basano sull’analisi dei rapporti di forza, sull’umore delle masse e sull’adattamento delle parole d’ordine. È importante ottenere il supporto dei contadini, capendo le loro esigenze immediate. La strategia non è rigida, ma dinamica, basata sui principi marxisti ma attenta alla situazione russa del 1917. La rivoluzione richiede teoria e pratica, mirando sempre al potere proletario tramite i Soviet.Il governo sovietico, nato dalla rivoluzione, inizia come coalizione, includendo altri partiti nei soviet, anche se i rapporti diventano difficili. La dittatura del proletariato non è definita come un regime a partito unico. Il governo affronta subito la guerra civile e l’Assemblea Costituente, che viene sciolta perché non rappresenta la nuova realtà sovietica, vista come una democrazia formale borghese, diversa dalla democrazia sovietica di classe. La pace con la Germania è durissima, ma scelta per far sopravvivere lo Stato sovietico, considerando impossibile una guerra rivoluzionaria immediata. L’economia vede nazionalizzazioni, ma guerra e carestia impongono misure drastiche. Si riconoscono diverse forme economiche presenti, vedendo il capitalismo di Stato come un passo avanti. La NEP reintroduce elementi privati sotto controllo statale per rilanciare l’economia e consolidare il potere, riconoscendo che costruire il socialismo è un processo lungo che richiede compromessi e analisi concreta.È fondamentale distinguere tra ricerca teorica e linea politica. La linea politica, una volta decisa, va seguita, pur permettendo il dibattito teorico. L’unità e l’azione politica sono prioritarie, specialmente in momenti difficili. Il centralismo democratico unisce direzione centralizzata e discussione interna, guidando il partito sia all’opposizione che al potere. La disciplina è necessaria, ma con democrazia interna e confronto. La Terza Internazionale nasce per superare l’opportunismo, affermando la dittatura del proletariato e supportando i movimenti di liberazione coloniale. La tattica rivoluzionaria richiede compromessi e alleanze, anche temporanee, per isolare il nemico principale. Capire gli schieramenti politici e sfruttare le divisioni borghesi è importante. Il legame con le masse è centrale; la disciplina del partito si basa sulla coscienza dell’avanguardia, sul suo legame con le masse e sulla validità della sua linea politica, provata dall’esperienza delle masse. Sindacati e parlamento sono luoghi dove lavorare tra le masse. La situazione rivoluzionaria nasce dalla crisi delle classi dominanti e dalla ribellione delle masse. Conquistare la maggioranza della classe operaia è un obiettivo strategico, specialmente in Europa. La tattica del fronte unico cerca l’unità d’azione con i socialisti, mantenendo l’autonomia comunista. L’esperienza russa va adattata alle diverse realtà nazionali.Il pensiero si caratterizza per l’importanza data alla concretezza storica, analizzando la situazione russa per definire la posizione del proletariato. Il marxismo è un metodo di analisi e azione, non un dogma, che va aggiornato con le nuove situazioni. Non dà risposte fisse, ma è uno strumento per capire la storia concreta, basato sull’analisi delle formazioni economico-sociali. La politica proletaria si basa su categorie scientifiche e si verifica nella pratica. Dopo la morte, l’interpretazione di Stalin semplifica e irrigidisce il pensiero. La definizione staliniana come “marxismo dell’epoca dell’imperialismo e della rivoluzione proletaria” coglie un aspetto ma ignora la complessità e la dialettica. L’interpretazione di Stalin, pur diffondendo il pensiero, lo rende più dottrinario. Serve tornare a leggere il pensiero valorizzando la concretezza storica, la teoria ricca e l’approccio dialettico, superando le semplificazioni e recuperando la critica originale per capirlo bene e superare le deformazioni.Riassunto Lungo
1. La Specificità Russa e la Coscienza di Classe
La Transizione Russa al Capitalismo
La Russia ha intrapreso un percorso particolare verso il capitalismo. Questo passaggio non è un errore o una deviazione dalla storia, ma piuttosto una fase necessaria e inevitabile. Contrariamente a quanto pensano i populisti, la comunità rurale russa non è affatto unita e compatta, né può fermare l’avanzata del capitalismo. Al contrario, si nota una crescente differenza tra le classi sociali all’interno delle campagne stesse.Questa divisione in classi non è un fatto casuale. È la diretta conseguenza della crisi che ha colpito i grandi proprietari terrieri nobili dopo la riforma del 1861. Questa riforma ha portato all’impoverimento di molti contadini, mentre la ricchezza si è concentrata nelle mani di pochi. Queste dinamiche hanno creato le condizioni ideali per lo sviluppo del capitalismo in Russia. Si è formato un mercato interno e l’economia tradizionale, basata sull’agricoltura di sussistenza, si è trasformata in un’economia di mercato, dove i prodotti vengono scambiati e venduti.
Critica al Populismo e Visione Marxista
In questo scenario, il populismo, che all’inizio poteva sembrare un movimento progressista, si rivela essere l’espressione degli interessi della piccola borghesia. Il populismo, di fatto, fornisce una giustificazione ideologica allo sviluppo del capitalismo, pur negando di vederlo e riconoscerlo. Lenin critica aspramente questo “romanticismo economico” dei populisti, che rifiutano di vedere le contraddizioni tipiche del capitalismo e si rifugiano in idee utopistiche e irrealizzabili.Il marxismo, invece, adotta un approccio completamente diverso. Affronta le contraddizioni del capitalismo in modo diretto, considerandole il motore del progresso storico. Pur riconoscendo le difficoltà e le ingiustizie create dal capitalismo, il marxismo lo considera una fase necessaria e positiva per lo sviluppo della società.
L’Analisi Marxista della Società Russa
Il marxismo non è solo un’ideologia, ma anche un metodo scientifico per analizzare la realtà. Applicando questo metodo alla società russa, è possibile individuare le leggi specifiche che ne guidano lo sviluppo. La teoria della lotta di classe diventa uno strumento essenziale per capire la società russa. Questa teoria spiega come i rapporti di produzione, cioè il modo in cui vengono prodotti e distribuiti i beni, siano la base fondamentale su cui si costruiscono le leggi, la politica e le idee dominanti nella società.Coscienza di Classe e Partito Rivoluzionario
Un elemento cruciale nell’analisi marxista è la coscienza di classe. Questa consapevolezza non nasce spontaneamente nelle persone, ma deve essere introdotta dall’esterno, in particolare dagli intellettuali e dai teorici marxisti. La coscienza di classe è la comprensione teorica della propria posizione nella società e dei propri interessi di classe. Questa comprensione è fondamentale per guidare il movimento operaio e per trasformare la lotta economica spontanea in una lotta politica consapevole.Il partito rivoluzionario assume un ruolo centrale in questo processo. Il partito, formato da persone consapevoli e preparate, è l’avanguardia della classe operaia. Esso ha il compito di unire la teoria marxista con il movimento operaio concreto, superando le tendenze opportunistiche e guidando la classe operaia alla conquista del potere politico. La centralizzazione e la disciplina all’interno del partito non sono aspetti secondari, ma sono essenziali per creare un’organizzazione forte e coesa, capace di affrontare le sfide della rivoluzione.
Ma è davvero così “inevitabile” e “necessaria” questa transizione al capitalismo, o stiamo forse assistendo a una narrazione teleologica che giustifica a posteriori scelte politiche e economiche specifiche?
Il capitolo presenta la transizione al capitalismo in Russia come una fase “necessaria e inevitabile”, quasi una legge storica inderogabile. Tuttavia, questa visione deterministica solleva interrogativi. La storia è davvero un percorso predefinito, o esistono alternative e punti di svolta? Per rispondere a questa domanda, sarebbe utile approfondire la storia economica comparata e la sociologia storica, discipline che analizzano come diversi paesi hanno intrapreso percorsi di sviluppo differenti. Autori come Barrington Moore Jr., con la sua analisi comparativa delle rivoluzioni sociali, o Immanuel Wallerstein, con la teoria del sistema-mondo, possono offrire strumenti concettuali utili per comprendere la complessità dei processi storici e mettere in discussione visioni troppo semplicistiche e deterministiche.2. Egemonia Proletaria nella Rivoluzione Borghese del 1905
La Russia nel 1905 viveva un periodo di grande difficoltà. Il paese era in crisi per diversi motivi: c’era carestia, l’economia non andava bene e l’esercito aveva subito delle sconfitte. In questo contesto difficile, Lenin notava che la popolazione si stava svegliando politicamente e che gli operai, chiamati proletariato, stavano diventando i protagonisti della situazione. Secondo Lenin, la rivoluzione che stava per scoppiare era di tipo borghese. Questa definizione non sminuiva l’importanza della rivoluzione, ma riconosceva la situazione storica russa. Per i proletari, questa rivoluzione era un passo necessario per arrivare a una vera rivoluzione sociale, con l’obiettivo di eliminare il potere dello zar e creare una repubblica democratica.Il ruolo guida del proletariato
Una cosa particolare di questa rivoluzione borghese era che la borghesia russa non era in grado di guidarla. La borghesia era debole di fronte al potere dello zar e aveva paura degli operai. Per questo motivo, la borghesia non si decideva ad agire. Lenin pensava che la guida, cioè l’egemonia, dovesse essere presa dal proletariato. Gli operai erano la classe sociale più forte e determinata nella lotta contro lo zar. Questa guida del proletariato non doveva nascere da accordi con la borghesia, ma dalla capacità degli operai di guidare concretamente la lotta. Per fare questo, il proletariato poteva anche collaborare con quei borghesi che volevano combattere contro il potere assoluto dello zar.Una rivoluzione diversa dalle altre
La rivoluzione russa del 1905 era diversa dalle classiche rivoluzioni borghesi avvenute in altri paesi. In genere, nelle rivoluzioni borghesi era la borghesia a comandare. In Russia, invece, la borghesia non era più la forza principale. Il proletariato, insieme ai contadini, doveva prendere il ruolo di guida per ottenere un cambiamento democratico profondo. La lotta per la libertà politica era vista in modo diverso dalla borghesia e dal proletariato. Per gli operai era una lotta rivoluzionaria, mentre per la borghesia era un’occasione per trovare un accordo con lo zar. Solo se il proletariato avesse guidato la rivoluzione, si sarebbe potuto avere uno sviluppo del capitalismo che, anche se non avrebbe eliminato lo sfruttamento degli operai, avrebbe creato condizioni migliori per la loro lotta verso il socialismo.La tattica del governo rivoluzionario
Per il proletariato, partecipare a un governo rivoluzionario temporaneo, anche insieme a forze borghesi, diventava una scelta obbligata. Non si trattava di realizzare subito il socialismo, ma di rendere più forti le conquiste democratiche e di guidare la rivoluzione borghese fino alla vittoria finale. Secondo il pensiero marxista, era importante analizzare la situazione concreta, senza seguire schemi prefissati, e adattare le azioni politiche alle condizioni storiche specifiche. L’obiettivo principale restava la rivolta popolare armata, l’unico modo per abbattere il potere dello zar e aprire la strada alla democrazia e al socialismo, con gli operai a capo di questo processo rivoluzionario.Se la rivoluzione del 1905 era borghese, come può l’egemonia proletaria essere il suo elemento caratterizzante, senza snaturarne la definizione stessa?
Il capitolo presenta una visione della rivoluzione del 1905 in cui il proletariato assume un ruolo guida in una rivoluzione definita borghese. Questa impostazione solleva interrogativi sulla coerenza teorica: se una rivoluzione è borghese per natura, come può la classe operaia, antagonista storica della borghesia, diventarne la forza egemone senza che la rivoluzione stessa trasmuti in qualcosa di diverso? Per rispondere a questa domanda, sarebbe utile approfondire il pensiero di Lenin sulla “rivoluzione ininterrotta” e le specificità del contesto russo, studiando autori come Antonio Gramsci, per comprendere meglio il concetto di egemonia in ambito politico e sociale, e analizzando le dinamiche storiche del movimento operaio russo di inizio XX secolo.3. La Radicale Trasformazione del Pensiero di Lenin
Con l’inizio della Prima Guerra Mondiale, il modo di pensare di Lenin sul movimento operaio internazionale cambia profondamente. Prima, Lenin si concentrava soprattutto sui problemi della Russia, ma ora guarda di più alla situazione nel mondo. In particolare, si concentra sulla Seconda Internazionale, un’organizzazione a cui aveva aderito in passato, anche se con alcune critiche.La svolta con la Prima Guerra Mondiale
La guerra e la decisione dei socialdemocratici tedeschi di votare a favore dei finanziamenti per il conflitto rappresentano un punto di rottura. Lenin critica molto questa scelta, considerandola un tradimento dei principi del socialismo. Per Lenin, la Seconda Internazionale ha fallito sia dal punto di vista politico che delle idee, perché è dominata da persone che cercano solo il proprio vantaggio. Lenin definisce la guerra come imperialista, cioè causata dalla competizione tra i capitalisti per conquistare mercati e colonie. Non la considera una guerra per difendere la nazione.La condanna della guerra imperialista
Lenin ritiene inaccettabile che i lavoratori difendano la patria nelle guerre tra potenze imperialiste. Però, fa una distinzione importante tra guerre giuste e ingiuste. Secondo Lenin, è giusta la guerra di un popolo oppresso contro chi lo opprime. Quindi, l’obiettivo diventa trasformare la guerra imperialista in una guerra civile, in cui i lavoratori devono ribellarsi al proprio governo borghese.L’opportunismo e l’aristocrazia operaia
Lenin spiega che l’opportunismo, cioè l’atteggiamento di chi cerca il proprio interesse personale, si è diffuso nella Seconda Internazionale perché c’era stato un periodo di relativa pace nel sistema capitalista. Questo opportunismo ha indebolito l’organizzazione, portandola ad abbandonare la lotta rivoluzionaria per il socialismo. Inoltre, Lenin individua un’altra causa: la nascita di un’aristocrazia operaia, cioè una parte di lavoratori che ha dei privilegi e che trae vantaggio dai profitti dell’imperialismo. Questa aristocrazia operaia diventa il gruppo sociale su cui si basa l’opportunismo e il socialsciovinismo, cioè un socialismo a parole ma che in realtà difende gli interessi della propria nazione.L’imperialismo come fase suprema del capitalismo
Per capire la nuova fase imperialista del capitalismo, Lenin sottolinea l’importanza di usare la dialettica marxista, un metodo di analisi della realtà. Questa fase è caratterizzata da alcuni elementi fondamentali: la concentrazione del capitale in poche mani, il potere del capitale finanziario e la divisione del mondo tra le potenze imperialiste. Lenin non considera l’imperialismo un errore o una deviazione del capitalismo, ma piuttosto la sua fase finale e necessaria. Proprio per questo, l’imperialismo rende più forti le contraddizioni tra classi sociali e tra nazioni, e quindi la rivoluzione socialista diventa una necessità storica per superare queste contraddizioni.La questione nazionale e l’autodeterminazione dei popoli
Nell’epoca dell’imperialismo, la questione nazionale diventa ancora più importante. Lenin non è d’accordo con chi pensa che i problemi legati alle nazioni siano superati. Anzi, l’oppressione imperialista rende ancora più urgente la lotta dei popoli per la propria autodeterminazione, cioè per decidere autonomamente del proprio futuro. Quindi, la rivoluzione socialista deve includere anche le richieste democratiche, come il diritto all’autodeterminazione nazionale. Per Lenin, la piena democrazia, compresa la libertà per le nazioni oppresse di separarsi e diventare indipendenti, è fondamentale per realizzare il socialismo e per costruire un vero internazionalismo tra i lavoratori di tutto il mondo.È sempre auspicabile separare teoria e azione politica, o questa divisione rischia di irrigidire la linea politica, rendendola inadeguata ai cambiamenti sociali?
Il capitolo presenta una netta distinzione tra riflessione teorica e azione politica, suggerendo che una volta stabilita la linea politica, essa debba essere perseguita con decisione, limitando la continua rimessa in discussione teorica. Tuttavia, questa impostazione potrebbe trascurare la natura dinamica della realtà sociale e la necessità di un costante aggiornamento teorico per guidare efficacemente l’azione politica. Approfondire il pensiero di autori come Karl Popper, con la sua enfasi sulla falsificabilità delle teorie e sull’importanza della critica, potrebbe offrire spunti utili perSuperare questa potenziale rigidità.7. La Concretezza Storica del Leninismo e la sua Deformazione
Il pensiero di Lenin e la concretezza storica
Il pensiero di Lenin mette in primo piano l’importanza di capire la storia in modo concreto. Per Lenin, questo senso della concretezza storica è fondamentale per affrontare il marxismo. Lenin parte dallo studio della situazione russa per capire quale ruolo debba avere il proletariato. Per lui, il marxismo non è un insieme di regole fisse, ma un metodo per analizzare la storia e guidare l’azione politica. Di conseguenza, la teoria rivoluzionaria deve essere sempre aggiornata per tenere conto dei cambiamenti storici.Il marxismo come metodo di analisi
Lenin spiega che il marxismo non offre soluzioni valide per ogni situazione, ma è uno strumento per capire i processi storici in modo specifico. Questo strumento si basa sull’idea di “formazione economico-sociale”. Questa idea permette di studiare lo sviluppo storico considerando sia le leggi generali che lo guidano, sia le situazioni particolari in cui queste leggi si manifestano. Secondo Lenin, la politica del proletariato deve basarsi su analisi scientifiche e deve essere verificata nella pratica.La semplificazione del leninismo con Stalin
Dopo la morte di Lenin, il suo pensiero viene interpretato in modi diversi, e Stalin emerge come figura di spicco. Stalin propone una visione del leninismo che lo semplifica e lo rende più rigido, anche se riconosce la sua importanza. La definizione di Stalin del leninismo come “marxismo dell’epoca dell’imperialismo e della rivoluzione proletaria” evidenzia un aspetto importante, ma tralascia la complessità e la dialettica del pensiero di Lenin. Ad esempio, Stalin interpreta l’imperialismo e la dittatura del proletariato in modo più schematico e rigido rispetto a Lenin.La necessità di un ritorno al Leninismo originale
L’interpretazione di Stalin ha contribuito a diffondere il leninismo, ma ha anche portato a una visione meno critica e più dogmatica del suo pensiero. Per questo motivo, è importante tornare a leggere Lenin valorizzando la concretezza storica, la ricchezza teorica e l’approccio dialettico che lo caratterizzano. Bisogna superare le semplificazioni dogmatiche e recuperare la capacità critica originaria del suo pensiero. Solo così si può capire veramente il pensiero di Lenin e andare oltre le deformazioni che ha subito nel tempo.Ma è davvero così semplice distinguere tra il “Leninismo originale” e la sua “deformazione”?
Questo capitolo sembra presentare una visione un po’ schematica della storia del Leninismo, quasi come se esistesse una versione pura e incontaminata del pensiero di Lenin, contrapposta a una sua degenerazione staliniana. Non si rischia così di semplificare eccessivamente un dibattito complesso e sfaccettato? Per rispondere a questa domanda, sarebbe utile approfondire la storia del marxismo e del pensiero politico russo, studiando le opere di autori come Nicolai Bucharin e Lev Trotsky, che offrono interpretazioni alternative e critiche sia di Lenin che di Stalin. Inoltre, un’analisi più approfondita del contesto storico e sociale in cui si svilupparono il Leninismo e lo Stalinismo potrebbe aiutare a comprendere meglio le ragioni di tali trasformazioni e a evitare letture eccessivamente manichee.Abbiamo riassunto il possibile
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