Contenuti del libro
Informazioni
“Il passato del nostro presente. Il lungo Ottocento 1776-1913” di Salvatore Lupo ti porta in un viaggio attraverso un periodo cruciale, quello che l’autore chiama il Lungo Ottocento, che va dalle grandi rivoluzioni di fine Settecento, come la Rivoluzione Francese, fino alla vigilia della Prima Guerra Mondiale. È il momento in cui crolla l’Antico Regime e nascono le idee che ancora oggi definiscono il nostro mondo: i diritti individuali, la divisione dei poteri, l’uguaglianza davanti alla legge. Vedrai come queste idee si diffondono in Europa e oltre, scontrandosi con le vecchie strutture degli imperi tradizionali e dando vita a nuove forze come il nazionalismo, il liberalismo, la democrazia e il socialismo. Il libro esplora eventi enormi come le unificazioni nazionali in Italia e Germania, l’industrializzazione che cambia l’economia e la società , il colonialismo che ridisegna la mappa del mondo e le grandi migrazioni. È un secolo pieno di tensioni: tra progresso e tradizione, tra l’affermazione di diritti universali e l’esclusione di molti, tra la spinta verso lo Stato nazionale e la resistenza degli imperi. Capire questo periodo, con i suoi scontri e compromessi, è fondamentale per capire da dove veniamo e perché il nostro presente è fatto così.Riassunto Breve
La fine del vecchio sistema, chiamato Antico Regime, comincia con le rivoluzioni in America e Francia alla fine del Settecento. Queste rivoluzioni portano idee nuove: il potere dello Stato deve essere diviso per evitare che uno solo comandi troppo, le persone hanno diritti naturali come libertà e proprietà che nessuno può togliere, e tutti sono uguali davanti alla legge. Il potere non è più del re per diritto divino, ma della nazione o del popolo. Napoleone conferma alcuni di questi cambiamenti, come fare leggi scritte uguali per tutti. Dopo la sua sconfitta, i paesi europei provano a tornare indietro, ma non ci riescono del tutto. Si trovano a metà strada: in alcuni posti ci sono re con parlamenti, ma solo i più ricchi e istruiti possono votare. Intanto nascono nuove idee politiche: il liberalismo che vuole proteggere le libertà individuali, la democrazia che chiede il voto per tutti, il socialismo che critica la proprietà privata e lo sfruttamento dei lavoratori, e il nazionalismo che spinge perché ogni popolo con stessa lingua e cultura abbia il suo Stato, come succede in Italia e Germania che prima erano divise. Anche l’economia cambia: spariscono le vecchie regole che bloccavano il commercio e il lavoro, favorendo il mercato libero e la proprietà privata. In Inghilterra inizia l’industrializzazione con le fabbriche. La società si trasforma, nascono imprenditori e operai, ma restano importanti la ricchezza legata alla terra e le vecchie strutture sociali come la famiglia che controlla molto le persone. C’è una forte tensione tra chi vuole cambiare tutto e chi vuole mantenere le tradizioni, tra l’idea che tutti abbiano diritti e il fatto che molti (poveri, donne, minoranze) ne siano esclusi. Si costruiscono identità di gruppo, soprattutto quella nazionale, che dice chi fa parte della comunità e chi no. Grandi imperi come quello austriaco, russo e ottomano sono deboli perché pieni di popoli diversi e basati su vecchie regole e disuguaglianze. Il nazionalismo li mette in crisi, con gruppi che vogliono essere autonomi o indipendenti. Allo stesso tempo, paesi come Gran Bretagna e Francia diventano imperi coloniali, sfruttando la debolezza di altri Stati. Anche gli Stati Uniti si espandono, ma sono divisi tra Nord e Sud per via della schiavitù, che crea una grande disuguaglianza razziale. Le rivolte del 1848 in Europa mostrano quanto siano fragili gli imperi di fronte alle richieste di libertà e nazionalità . La metà dell’Ottocento è l’epoca in cui si formano o si rafforzano gli Stati nazionali, spesso con guerre, come l’Italia e la Germania. Gli Stati cercano di far sentire i cittadini parte della nazione usando la scuola e l’esercito. In Italia, unificata sotto il Piemonte, ci sono problemi interni e conflitti. Negli Stati Uniti, la guerra civile porta alla fine della schiavitù, ma non della discriminazione razziale. Il mondo di fine Ottocento è sempre più connesso da scambi e migrazioni, ma anche diviso tra paesi ricchi e poveri. Ci sono crisi economiche che spingono molti paesi a proteggere le loro industrie. Nascono grandi movimenti politici come i socialisti e i cattolici organizzati. Si diffondono idee sbagliate sulla superiorità di alcune razze o popoli. Ma anche in Asia nascono movimenti nazionalisti per resistere al dominio occidentale. Le tensioni tra gli Stati nazionali e gli imperi in crisi aumentano all’inizio del Novecento, specialmente nei Balcani. Si formano alleanze militari contrapposte. L’assassinio di un principe austriaco nel 1914 da parte di un nazionalista serbo fa scoppiare la Prima Guerra Mondiale. La guerra è enorme, causa milioni di morti e porta al crollo dei grandi imperi e alla nascita di nuovi Stati. Il Novecento eredita le conseguenze di questa guerra e le sfide lasciate dall’Ottocento, che non è stato solo un secolo di progresso, ma anche di grandi conflitti e paure, anche se ha posto le basi per l’allargamento dei diritti e lo sviluppo economico che si vedranno in seguito.Riassunto Lungo
1. Rivoluzioni, Diritti e Compromessi
La fine del vecchio sistema, chiamato Antico Regime, inizia con le rivoluzioni in America nel 1776 e in Francia nel 1789. Queste rivoluzioni cambiano profondamente la politica e la società , introducendo l’idea di un mondo nuovo basato su principi radicalmente diversi rispetto al passato.Nuovi Principi Politici
Un concetto fondamentale che emerge in questo periodo di grandi cambiamenti è la divisione dei poteri dello Stato. Si distinguono il potere legislativo, che crea le leggi, l’esecutivo, che governa e applica le leggi, e il giudiziario, che garantisce il rispetto delle leggi. Questa separazione, teorizzata da pensatori come Montesquieu, è vista come uno strumento essenziale per evitare la concentrazione del potere e quindi la tirannia. Si afferma con forza l’idea che il potere pubblico debba essere limitato dalle leggi e che le persone non siano sudditi, ma cittadini che possiedono diritti naturali e inalienabili, come la libertà e la proprietà , diritti che esistono indipendentemente dall’esistenza di un governo.L’Impatto della Rivoluzione Francese e Napoleone
La Rivoluzione Francese rappresenta un momento cruciale nell’applicazione di questi nuovi principi. Uno dei suoi atti più significativi è l’abolizione dei privilegi legati ai gruppi sociali tradizionali, come la nobiltà e il clero, e lo smantellamento del sistema feudale. Questo porta all’affermazione dell’uguaglianza di tutti i cittadini davanti alla legge, un principio rivoluzionario per l’epoca. La sovranità non risiede più nel monarca per diritto divino, ma passa alla nazione o al popolo, cambiando radicalmente la fonte del potere legittimo. Successivamente, Napoleone Bonaparte consolida molti di questi cambiamenti, in particolare attraverso la centralizzazione dello Stato e la creazione di un sistema di leggi scritte e valide per tutti, processo noto come codificazione. Il suo Codice Civile, in particolare, diventa un modello per molti paesi, regolando in modo uniforme la proprietà privata e le relazioni tra gli individui.L’Età della Restaurazione e i Compromessi
Dopo la sconfitta definitiva di Napoleone, le principali potenze europee si riuniscono con l’obiettivo di riportare l’Europa all’ordine precedente le rivoluzioni, un periodo chiamato Restaurazione. L’intento è quello di ristabilire le monarchie legittime e i vecchi equilibri di potere. Tuttavia, i profondi cambiamenti introdotti dalle rivoluzioni e dall’era napoleonica non possono essere semplicemente cancellati. Si arriva così a un compromesso tra il desiderio di tornare al passato e la realtà di un mondo trasformato. In diversi paesi, soprattutto in Francia e Gran Bretagna, si stabiliscono monarchie costituzionali, dove il potere del sovrano è limitato da una costituzione e affiancato da parlamenti. Nonostante questo passo verso una maggiore rappresentanza, il diritto di voto rimane molto limitato, concesso solo ai cittadini maschi più ricchi e istruiti, in un sistema noto come suffragio ristretto.Idee Politiche a Confronto
Questo periodo di transizione e compromesso vede la nascita e la diffusione di nuove e potenti idee politiche che competono per definire il futuro della società . Il liberalismo pone l’accento sulla libertà individuale, la protezione dei diritti fondamentali e la necessità di un governo limitato che non opprima i cittadini. La democrazia, partendo dai principi liberali, spinge per un allargamento progressivo della partecipazione politica, chiedendo che il diritto di voto sia esteso a tutti i maschi adulti, indipendentemente dalla loro ricchezza o istruzione. Il socialismo emerge come una critica radicale alle disuguaglianze create dal capitalismo nascente, mettendo in discussione la proprietà privata e denunciando lo sfruttamento dei lavoratori, proponendo modelli di società basati sulla cooperazione o sul controllo collettivo dei mezzi di produzione. Infine, il nazionalismo definisce la nazione non solo come un territorio, ma come una comunità unita da legami di lingua, cultura, storia e tradizioni condivise, aspirando alla creazione di Stati nazionali indipendenti che riuniscano popolazioni con una comune identità , come nel caso dell’Italia e della Germania, all’epoca divise in numerosi piccoli Stati.Trasformazioni Economiche e Sociali
Parallelamente ai profondi cambiamenti politici e ideologici, l’economia subisce trasformazioni significative. Vengono gradualmente meno i vecchi vincoli ereditati dal sistema feudale e dalle corporazioni medievali, che limitavano la produzione, il commercio e la mobilità sociale. Questo processo favorisce l’espansione del mercato e consolida l’idea della proprietà privata come motore dell’attività economica. Si diffondono ampiamente le idee liberiste, che promuovono la massima libertà economica per gli individui e sostengono il libero scambio di merci tra i paesi, senza barriere doganali o restrizioni statali. Un evento di portata epocale è l’inizio dell’industrializzazione, che prende avvio in Inghilterra. La nascita delle fabbriche, l’introduzione di macchine sempre più efficienti e l’uso di nuove fonti di energia aumentano enormemente la capacità produttiva e cambiano il modo di lavorare. Tuttavia, è importante sottolineare che, per gran parte del XIX secolo, l’agricoltura e le attività artigianali tradizionali rimangono centrali nella vita economica e nella struttura sociale di gran parte d’Europa.Anche la società si trasforma, ma questo processo è complesso e non uniforme. Accanto a nuove figure che emergono con l’economia moderna, come gli imprenditori capitalisti che investono e organizzano la produzione e gli operai di fabbrica che vendono la propria forza lavoro, persistono con forza l’importanza della rendita derivante dalla proprietà terriera e le strutture sociali più tradizionali. La famiglia, in particolare, mantiene un ruolo centrale e un forte controllo sulla vita, sulle scelte e sul patrimonio degli individui. La nuova classe borghese, che acquisisce potere economico e influenza sociale, tende spesso a imitare lo stile di vita, i costumi e i valori della vecchia aristocrazia, cercando di legittimare la propria posizione. Questo dimostra come il cambiamento sociale sia un processo graduale, dove il nuovo convive a lungo con le forme e le gerarchie del passato.
Il periodo storico che si apre con le rivoluzioni è caratterizzato da una tensione fondamentale tra spinte diverse. Da un lato c’è il desiderio e la pressione per un cambiamento radicale della società , delle istituzioni e dell’economia. Dall’altro, questa spinta si scontra con la notevole forza della tradizione, delle vecchie strutture di potere e delle abitudini consolidate che resistono. Si assiste all’affermazione di principi che si vogliono universali, come i diritti umani e l’uguaglianza, ma contemporaneamente si manifestano forme di esclusione che colpiscono ampi gruppi della popolazione, come i poveri, le donne e diverse minoranze. È anche un’epoca in cui si costruiscono attivamente nuove identità collettive, in particolare quella nazionale, che servono a definire chi fa parte della comunità politica e sociale e chi, invece, ne è considerato esterno o diverso.
Se i principi rivoluzionari proclamavano diritti “naturali e inalienabili” per tutti, come si concilia questa pretesa di universalità con l’esclusione di ampie fasce della popolazione, come donne e ceti popolari, dal godimento effettivo di tali diritti?
Il capitolo evidenzia giustamente la tensione tra l’affermazione di principi universali e le forme di esclusione persistenti. Tuttavia, non approfondisce a sufficienza le ragioni e le modalità di questa esclusione, né mette in discussione l’effettiva portata “universale” che i rivoluzionari attribuivano a tali diritti. Per comprendere meglio questa contraddizione fondamentale, è utile analizzare i dibattiti politici e sociali dell’epoca, studiare le dichiarazioni dei diritti nel loro contesto storico e approfondire le ricerche sulla storia delle donne e delle classi popolari nel periodo rivoluzionario e post-rivoluzionario. Autori come Joan Scott o Lynn Hunt hanno esplorato queste tematiche.2. Imperi in Bilico tra Tradizione e ModernitÃ
Nel diciannovesimo secolo, grandi imperi come quello degli Asburgo, quello zarista e quello ottomano si presentano con una notevole varietà al loro interno. Sono formati da popolazioni diverse per lingua, cultura e religione. Si basano su strutture che vengono dal passato e su disuguaglianze, come la servitù dei contadini o i privilegi dati ai nobili. Il potere di questi imperi non nasce dall’idea di un popolo unito o di una nazione, ma dalla tradizione o da principi considerati divini.Fragilità interna e spinte nazionali
Questa grande diversità rende gli imperi vulnerabili quando iniziano a diffondersi le idee di nazione e autodeterminazione. Diversi gruppi etnici che vivono all’interno di questi confini iniziano a chiedere di avere più autonomia o addirittura di diventare indipendenti. Questo porta a conflitti sia con chi detiene il potere centrale, sia tra i vari gruppi etnici stessi. Queste richieste di maggiore libertà nazionale si uniscono spesso alle divisioni sociali che esistevano già da tempo all’interno degli imperi.Potenze esterne e modelli diversi
Parallelamente, potenze dell’Europa occidentale come la Gran Bretagna e la Francia aumentano la loro influenza nel resto del mondo attraverso il colonialismo. Sfruttano la debolezza di imperi e stati al di fuori dell’Europa, imponendo accordi commerciali che li favoriscono e ottenendo privilegi che limitano la libertà di quei paesi. L’impero britannico in India è un chiaro esempio di come una potenza esterna possa controllare vasti territori sfruttando le divisioni interne e la propria superiorità militare ed economica. Anche gli Stati Uniti, pur essendo diversi dagli imperi europei, mostrano una forte spinta a espandersi verso ovest, guidati dall’idea di un “destino manifesto”. Il paese è profondamente diviso tra Nord e Sud, con il Sud basato su un’economia agricola che usa la schiavitù. Questo crea una marcata disuguaglianza tra le razze e tra le classi sociali, differente dalle disuguaglianze tipiche degli imperi europei.Le rivoluzioni del 1848
Le tensioni interne ed esterne di questo periodo esplodono chiaramente nelle rivoluzioni che scuotono l’Europa nel 1848. Richieste di leggi più giuste, di maggiore partecipazione del popolo al governo e di libertà per le diverse nazioni mettono in crisi gli imperi. Scoppiano rivolte e persino guerre in molte aree. Nonostante la grande diffusione di questi moti rivoluzionari, alla fine le forze legate alla tradizione e all’ordine stabilito riescono a fermare le insurrezioni. Spesso le potenze imperiali collaborano tra loro per reprimere le rivolte. Tuttavia, la fragilità degli imperi tradizionali di fronte alle nuove idee politiche e nazionali che si stanno diffondendo diventa ormai evidente a tutti.Davvero le rivoluzioni del 1848 dimostrarono solo la “fragilità ” degli imperi, o non piuttosto la loro capacità di repressione e la debolezza intrinseca dei moti stessi?
Il capitolo mette giustamente in luce come i moti del 1848 abbiano evidenziato le tensioni interne agli imperi. Tuttavia, concentrandosi sulla “fragilità ” rivelata, trascura di analizzare a fondo le ragioni del fallimento di queste rivoluzioni. Comprendere perché le forze rivoluzionarie non riuscirono a prevalere è fondamentale per avere un quadro completo del periodo, poiché dimostra non solo la resilienza (o la brutalità ) del potere costituito, ma anche le divisioni e le debolezze interne ai movimenti stessi. Per approfondire questo aspetto cruciale, è utile studiare in modo più dettagliato la storia delle rivoluzioni del 1848 nei vari contesti europei. Un autore che offre una prospettiva ampia su questo periodo è Eric Hobsbawm.3. L’Era delle Unificazioni e la Sfida Nazionale
La metà dell’Ottocento, in particolare il periodo tra il 1859 e il 1871, ha segnato un’epoca di profonde trasformazioni in Europa e negli Stati Uniti. Questo quindicennio è stato cruciale per la formazione e il consolidamento degli stati nazionali, processi spesso accompagnati da guerre e aspri conflitti interni. Mentre alcuni stati già esistenti si rafforzavano, nuove importanti entità politiche come l’Italia e la Germania prendevano forma sulla scena internazionale. Contemporaneamente, grandi imperi come quello asburgico e zarista tentavano percorsi di modernizzazione, pur mantenendo spesso strutture autoritarie che cercavano legittimazione anche attraverso strumenti come i plebisciti. In questo contesto di cambiamenti radicali, emergono in particolare i percorsi che portarono all’unità l’Italia, la Germania e gli Stati Uniti, ognuno con le proprie specificità e le proprie sfide interne.
Unificazioni e Guerre Civili
L’Italia raggiunse l’unità sotto la guida del Piemonte, grazie a un mix di alleanze politiche e all’azione di movimenti volontari come quello guidato da Garibaldi. Il nuovo Regno d’Italia, con la sua struttura centralizzata basata sullo Statuto Albertino, si trovò subito a gestire forti divisioni interne e conflitti, come il brigantaggio nel Sud, che assunse i tratti di una vera e propria guerra civile. Anche gli Stati Uniti affrontarono un conflitto interno devastante: la guerra civile tra il Nord e il Sud portò all’abolizione della schiavitù, ma purtroppo la fase successiva vide l’imposizione di una rigida segregazione razziale e la negazione dei diritti fondamentali alla popolazione nera. In Europa, la Germania si unificò sotto la guida della Prussia di Bismarck, emergendo come una potente forza militare. Il suo sistema politico divenne federale, ma il governo manteneva una forte dipendenza dal volere del monarca.
Gli Imperi in Trasformazione
Mentre le nuove nazioni prendevano forma e si consolidavano, anche i grandi imperi esistenti dovettero affrontare la necessità di adattarsi e modernizzarsi. L’Impero asburgico e quello russo, in particolare, tentarono di introdurre riforme per gestire le sfide interne. Tuttavia, entrambi si scontrarono con le crescenti tensioni e le rivendicazioni delle diverse nazionalità presenti al loro interno, che minavano la stabilità . Nel caso asburgico, questo portò alla creazione dell’Impero Austro-Ungarico, una monarchia duale che cercava un difficile equilibrio tra le diverse componenti etniche. L’Impero russo, invece, reagì spesso con politiche di “russificazione”, cercando di imporre la cultura e la lingua russa alle minoranze, una strategia che finì per alimentare ulteriormente il malcontento e le spinte centrifughe.
Il Concetto di Nazione e la sua Diffusione
In questo periodo di intensa costruzione statale, anche l’idea stessa di “nazione” subì un’evoluzione significativa. Pensatori come Ernest Renan contribuirono a definire la nazione non solo in base a fattori oggettivi come la lingua o la razza, ma soprattutto come un legame basato sulla volontà comune dei cittadini di vivere insieme e su una memoria storica condivisa. Per forgiare questa identità condivisa e integrare le diverse popolazioni all’interno dei nuovi confini, gli stati si impegnarono attivamente in un vasto processo definito “nazionalizzazione delle masse”. Questo sforzo prevedeva l’uso sistematico di strumenti potenti come la scuola pubblica, che insegnava la storia e la lingua nazionale, il servizio militare obbligatorio, che mescolava giovani provenienti da diverse regioni, e la diffusione capillare di simboli, feste e monumenti pubblici che celebravano la patria e i suoi eroi. Attraverso queste azioni coordinate, si cercava di creare un forte senso di appartenenza e lealtà verso la nuova entità nazionale.
Le Sfide dell’Italia Unita
L’Italia unita, in particolare, dovette affrontare sfide enormi per diventare una nazione coesa. Tra i problemi più urgenti c’erano l’alto tasso di analfabetismo, le profonde differenze economiche e sociali tra le varie regioni del paese e il difficile rapporto con la Chiesa cattolica, che non riconosceva il nuovo stato. Il sistema politico, inizialmente basato su un suffragio molto ristretto che favoriva le élite, si aprì progressivamente nel tempo. Questo ampliamento del diritto di voto permise l’ingresso sulla scena politica di nuove forze e portò a dibattiti sempre più accesi su temi cruciali come la questione sociale e il ruolo che le classi popolari avrebbero dovuto avere nella vita del paese.
Il capitolo descrive il sionismo come un movimento “particolare” per un popolo senza territorio condiviso, ma non menziona il territorio su cui intendeva insediarsi, né chi lo abitava. Non è un’omissione cruciale?
Il capitolo, nel descrivere la nascita del sionismo, si concentra sulle sue caratteristiche interne e sul contesto europeo. Tuttavia, definire il sionismo come un movimento per un popolo “senza un territorio condiviso da tutti” e omettere il territorio su cui il progetto sionista intendeva realizzarsi, e chi lo abitava, crea una lacuna contestuale significativa. La storia del sionismo è indissolubilmente legata alla storia della Palestina e delle popolazioni che vi risiedevano. Ignorare questo aspetto rende difficile comprendere le dinamiche storiche successive. Per colmare questa lacuna, è utile approfondire la storia del Medio Oriente moderno e le diverse narrazioni storiche sul sionismo e la Palestina. Autori come Ilan Pappé o Rashid Khalidi offrono prospettive necessarie per una comprensione più completa.5. L’eredità del secolo e lo scoppio della Grande Guerra
All’inizio del Novecento, grandi imperi come quello ottomano cercano di modernizzarsi e definire la propria identità nazionale. Questo processo, però, crea nuove tensioni sia all’interno che con i paesi vicini. Le guerre nei Balcani tra il 1911 e il 1912 riducono i territori ottomani in Europa e rendono la Serbia più forte. L’Austria-Ungheria, annettendo la Bosnia-Erzegovina nel 1908, accende ulteriormente i nazionalismi serbi e iugoslavi, che vedono l’impero asburgico come un avversario. In questo clima, si formano alleanze militari opposte: la Russia si schiera con la Serbia, la Germania con l’Austria. La Russia, a sua volta, si lega a Francia e Gran Bretagna, creando l’Intesa. Il nazionalismo cresce in tutta Europa, soprattutto a est, spesso in modo aggressivo e separato dalle idee di libertà e democrazia. Anche l’Italia, pur essendo alleata dell’Austria nella Triplice Alleanza, ha pretese su territori dove vivono italiani ancora sotto il controllo austriaco, creando forti contrasti.Lo scoppio della guerra
L’evento che accende la miccia è l’uccisione dell’erede al trono d’Austria a Sarajevo nel 1914, per mano di un nazionalista serbo. Questo atto fa scattare il complesso sistema di alleanze. L’Austria dichiara guerra alla Serbia, la Russia interviene a difesa della Serbia, e subito dopo entrano in campo la Germania (alleata dell’Austria), la Francia e la Gran Bretagna (alleate della Russia), e l’Impero Ottomano (alleato di Germania e Austria). Molti all’inizio vedono la guerra come giusta e necessaria, presentandola come una difesa del proprio paese. L’Italia, inizialmente neutrale, si unisce al conflitto in seguito, schierandosi contro l’Austria.Le conseguenze del conflitto
Questa guerra causa milioni di morti e, pur combattuta principalmente in Europa, viene chiamata “mondiale” per il numero di paesi coinvolti. Il suo esito più immediato è la fine di grandi imperi: quello austro-ungarico, quello ottomano, quello tedesco e quello russo. Dalle loro ceneri nascono nuovi stati nazionali, ridisegnando la mappa d’Europa. In Russia, la guerra porta a una rivoluzione che cambia radicalmente il paese. Il periodo dopo la guerra è segnato da agitazioni rivoluzionarie e dal desiderio di stabilire nuove regole per le relazioni internazionali. Emergono principi come il diritto di ogni popolo a scegliere il proprio governo (l’idea di autodeterminazione, sostenuta da figure come Wilson e Lenin) e viene fondata la Società delle Nazioni, un primo tentativo di creare un organismo per mantenere la pace nel mondo.L’eredità del secolo precedente
Il Novecento, quindi, si trova a gestire le profonde ferite lasciate dalla guerra e le questioni irrisolte che arrivano dal secolo precedente. La storia del diciannovesimo secolo non è stata solo una marcia pacifica verso il progresso; ha portato con sé anche forti contrasti e timori. L’eredità dell’Ottocento si vede sia negli aspetti più difficili del Novecento, come certe paure legate alla libertà , sia nei grandi passi avanti. Pensiamo all’ampliamento dei diritti per le persone e i gruppi (diritti politici, civili, sociali), alla crescita dell’economia e al progressivo superamento del dominio coloniale. Queste conquiste del ventesimo secolo affondano le loro radici nelle idee di libertà e miglioramento che erano già nate e si erano sviluppate nel secolo precedente.Ma davvero crediamo che la Grande Guerra sia scoppiata solo per un attentato e un “complesso sistema di alleanze”?
Il capitolo, pur descrivendo l’evento scatenante e il ruolo delle alleanze, rischia di presentare lo scoppio della guerra come un meccanismo quasi automatico. La realtà storica è ben più complessa. L’attentato di Sarajevo fu indubbiamente la scintilla, ma il “complesso sistema di alleanze” non scattò da solo; fu attivato da decisioni politiche e militari prese in un clima di profonde tensioni preesistenti. Per comprendere veramente perché l’Europa precipitò nel conflitto, è necessario analizzare le cause profonde e di lungo periodo: le rivalità imperialistiche ed economiche, la corsa agli armamenti, le pressioni interne sui governi, i fallimenti diplomatici e le culture politiche e militari che vedevano la guerra come uno strumento accettabile. Approfondire la storia diplomatica e militare del periodo, e leggere autori che hanno messo in discussione le narrazioni semplificate sulle origini della guerra, come Christopher Clark, può aiutare a cogliere la complessità di quel momento cruciale.Abbiamo riassunto il possibile
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