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Contenuti del libro
Informazioni
“Il Parlamento europeo” di Luciano Ignazi è un viaggio affascinante nella storia e nel funzionamento di un’istituzione chiave dell’integrazione europea. Il libro ripercorre l’evoluzione del Parlamento europeo, dalla sua nascita come Assemblea comune con membri scelti dai parlamenti nazionali, fino all’introduzione delle elezioni europee a suffragio universale nel 1979, un passo cruciale per la sua legittimità. Esplora la sua lotta per ottenere maggiori poteri legislativi e di controllo attraverso i vari trattati europei, come l’Atto unico europeo e il Trattato di Maastricht, che hanno introdotto procedure come la codecisione. Un tema centrale è il “deficit democratico” dell’UE e come il Parlamento europeo cerca di colmarlo, confrontandosi con il potere del Consiglio e della Commissione europea. Il testo analizza le sfide delle elezioni europee, viste spesso come “di secondo ordine” rispetto a quelle nazionali, e le dinamiche interne dei gruppi parlamentari, la loro coesione e l’impatto dell’allargamento UE e dell’euroscetticismo. Si parla anche dei partiti europei, ancora legati a quelli nazionali, e di come tutto questo influenzi la rappresentanza e la democrazia a livello europeo. È un libro che ti fa capire a fondo le complessità e l’importanza del Parlamento europeo nel panorama politico dell’Unione.Riassunto Breve
Il Parlamento europeo nasce come un’assemblea i cui membri sono scelti dai parlamenti dei paesi fondatori, riflettendo un percorso di integrazione graduale più che l’idea iniziale di un’elezione diretta. Anche se il Trattato di Roma prevede questa possibilità, le prime elezioni a suffragio universale si tengono solo nel 1979. L’elezione diretta aumenta la legittimità del Parlamento, ma i suoi poteri rimangono limitati per molto tempo, contribuendo a un “deficit democratico” dove il Parlamento ha meno influenza rispetto agli organi che rappresentano i governi nazionali, come il Consiglio. I poteri del Parlamento crescono gradualmente: ottiene controllo sul bilancio e sulla Commissione, e con l’Atto unico europeo acquisisce la procedura di cooperazione, che gli permette di proporre modifiche alle leggi. Un passo cruciale è il Trattato di Maastricht, che introduce la procedura di codecisione, rendendo il Parlamento un colegislatore su molte materie, e rafforza il suo ruolo nella nomina della Commissione. I trattati successivi ampliano ulteriormente la codecisione. Le elezioni per il Parlamento europeo sono in realtà quindici elezioni nazionali separate, con regole diverse tra i paesi, e sono spesso viste come “di secondo ordine” rispetto a quelle nazionali perché non decidono il governo del paese. Questo porta a una partecipazione al voto che è diminuita nel tempo, influenzata da fattori nazionali e dalla percezione dell’importanza del Parlamento. Nonostante questo, i partiti politici si organizzano in gruppi transnazionali all’interno del Parlamento, che mostrano una forte coesione nei voti, anche se le federazioni di partiti a livello europeo rimangono dipendenti dai partiti nazionali. Il deficit democratico persiste perché il Parlamento non ha un vero potere di sanzionare il Consiglio Europeo, che definisce le politiche, e il suo controllo sulla Commissione è indiretto. L’allargamento dell’Unione, avvenuto prima di un pieno rafforzamento delle istituzioni europee, ha spesso favorito i processi decisionali tra i governi nazionali a scapito di quelli che coinvolgono il Parlamento, rendendo più difficile per quest’ultimo promuovere una maggiore integrazione.Riassunto Lungo
1. L’evoluzione del Parlamento europeo: dalla nascita alla lotta per i poteri
Il Parlamento europeo nasce come Assemblea comune della Comunità europea del carbone e dell’acciaio (CECA), creata nel 1952. All’inizio, questa assemblea era formata da rappresentanti scelti dai parlamenti nazionali dei sei paesi fondatori. L’idea di chi sognava un’Europa unita, come espresso nel Manifesto di Ventotene, puntava a un’assemblea eletta direttamente dal popolo, ma la situazione politica spinse verso un’integrazione più lenta e graduale.Dal Trattato di Roma alle prime elezioni
Il Trattato di Roma del 1957, che diede vita alla Comunità economica europea (CEE), mantenne l’Assemblea e stabilì che un giorno sarebbe stata eletta direttamente da tutti i cittadini, come previsto dall’articolo 138, senza però fissare una data. Le prime elezioni dirette si tennero solo nel 1979. Anche se l’elezione diretta la rese più forte e rappresentativa, per molti anni i suoi poteri rimasero pochi, creando quello che fu chiamato “deficit democratico”. Questo significa che il Parlamento aveva meno potere rispetto ad altre istituzioni, come il Consiglio dei ministri e il Consiglio europeo, dove siedono i rappresentanti dei governi dei vari paesi e che prendono le decisioni più importanti.L’ampliamento dei poteri
I poteri del Parlamento sono cresciuti piano piano nel tempo. Dal 1972 ottenne il potere di controllare il bilancio e l’operato della Commissione europea (l’esecutivo). Poteva persino votare una mozione di sfiducia, anche se questo strumento fu usato raramente. Un passo avanti importante fu l’Atto unico europeo (AUE) del 1987, che introdusse una nuova procedura chiamata “di cooperazione”. Questa procedura permise al Parlamento di proporre modifiche alle leggi e persino di respingerle, anche se la decisione finale restava comunque al Consiglio.L’iniziativa del Parlamento e l’impatto del Progetto Spinelli
L’AUE arrivò anche grazie alle proposte del Parlamento stesso, come il Progetto Spinelli del 1984. Questo progetto immaginava un nuovo trattato per l’Unione europea che avrebbe dato al Parlamento molti più poteri, compreso quello di proporre nuove leggi. Anche se il Progetto Spinelli non fu accettato completamente, la sua forte spinta politica fu fondamentale per arrivare alla prima vera riforma del Trattato di Roma.Perché, nonostante si parli di “lotta per i poteri”, il capitolo non chiarisce quali fossero le forze politiche o istituzionali che si opponevano all’aumento dell’influenza del Parlamento e quali fossero le loro ragioni?
Il capitolo descrive l’aumento graduale dei poteri del Parlamento europeo e accenna al “deficit democratico”, ma omette di analizzare in profondità il conflitto politico e istituzionale che ha caratterizzato questa evoluzione. Per comprendere appieno la “lotta per i poteri”, è essenziale esplorare le resistenze incontrate dal Parlamento e le motivazioni degli attori (stati membri, altre istituzioni) che preferivano mantenere un equilibrio di potere diverso. Approfondire la storia politica dell’integrazione europea e gli studi sulle dinamiche istituzionali dell’UE, leggendo autori che analizzano i processi decisionali e i rapporti di forza tra le istituzioni comunitarie, può fornire il contesto mancante.2. Il Parlamento Europeo: Passi di Crescita tra i Trattati
L’Atto unico europeo (AUE), firmato nel 1986 ed entrato in vigore l’anno successivo, ha rappresentato la prima modifica significativa del Trattato di Roma. Sebbene fosse meno ambizioso rispetto al precedente Progetto Spinelli, questo atto è stato un evento cruciale per l’integrazione europea. L’AUE ha riconosciuto per la prima volta un ruolo politico più definito al Parlamento Europeo (Pe). Ha introdotto per il Pe poteri quasi-decisionali in alcune materie specifiche, attraverso l’applicazione delle procedure di assenso e cooperazione. Inoltre, ha stabilito una scadenza chiara e vincolante per il completamento effettivo del mercato unico europeo. Questo momento storico ha segnato l’inizio dell’utilizzo della riforma dei trattati come strumento principale per guidare e accelerare il processo di integrazione.Il Trattato di Maastricht e l’Unione Europea
Un passo da gigante nell’evoluzione istituzionale è stato compiuto con il Trattato di Maastricht, firmato nel 1992. Questo trattato ha istituito formalmente l’Unione Europea, ampliando in modo considerevole i suoi campi di competenza e azione. Per il Parlamento Europeo, Maastricht ha significato un aumento sostanziale dei poteri legislativi. È stata introdotta la procedura di codecisione, un meccanismo che richiede l’approvazione congiunta sia del Parlamento che del Consiglio per l’adozione di molte leggi europee. Il trattato ha anche conferito al Pe una facoltà, seppur indiretta, di iniziativa legislativa, permettendogli di sollecitare la Commissione a presentare proposte. Il controllo sulla Commissione stessa è stato rafforzato, includendo la necessità dell’approvazione parlamentare sia per la sua nomina complessiva che per quella del suo presidente. Anche i poteri del Pe in materia di bilancio dell’Unione sono stati significativamente potenziati.L’ampliamento dei poteri con Amsterdam e Nizza
Il percorso di crescita dei poteri del Parlamento Europeo è proseguito con i Trattati di Amsterdam (1997) e Nizza (2001). Questi accordi hanno continuato ad ampliare l’applicazione della procedura di codecisione, estendendola a un numero sempre maggiore di settori politici. Un’ulteriore conferma del ruolo crescente del Pe è arrivata con il voto sulla nomina del presidente della Commissione, che è diventato obbligatorio per il Parlamento. Questi trattati si sono anche concentrati sulla necessità di affrontare e risolvere le questioni relative agli adattamenti istituzionali indispensabili in vista dei futuri allargamenti dell’Unione a nuovi stati membri. Hanno riguardato temi cruciali come la dimensione massima del Parlamento stesso, la composizione e il funzionamento della Commissione e le regole di voto all’interno del Consiglio. Le decisioni prese in questa fase hanno spesso rappresentato compromessi complessi, influenzati in modo significativo dagli interessi nazionali dei vari stati membri.Il progetto del Trattato Costituzionale
Un tentativo successivo di promuovere un ulteriore sviluppo istituzionale è stato rappresentato dal progetto di Trattato Costituzionale. Questo progetto proponeva riforme importanti per la struttura della Commissione Europea e per la figura della presidenza del Consiglio. Prevedeva inoltre l’introduzione di un sistema di doppia maggioranza per le votazioni più rilevanti in Consiglio. Tuttavia, è importante sottolineare che questo progetto non prevedeva un aumento significativo dei poteri che il Parlamento Europeo aveva già acquisito. Il Trattato Costituzionale non è mai entrato in vigore, e il suo fallimento è stato causato principalmente dai profondi disaccordi insorti tra gli stati membri, in particolare per quanto concerneva la ripartizione dei pesi di voto all’interno del Consiglio.Come funziona il Parlamento Europeo al suo interno
L’organizzazione interna del Parlamento Europeo è strutturata principalmente attorno all’attività dei gruppi parlamentari. Sono questi gruppi a gestire gran parte delle attività quotidiane e a distribuire le risorse disponibili tra i deputati. La figura del presidente del Parlamento, insieme all’ufficio di presidenza, ricopre ruoli chiave di gestione amministrativa e di rappresentanza esterna dell’istituzione. La Conferenza dei presidenti, che riunisce i leader dei diversi gruppi politici, ha il compito fondamentale di coordinare l’insieme dei lavori parlamentari e di stabilire l’ordine del giorno. Le proposte legislative vengono esaminate in dettaglio dalle diverse commissioni parlamentari specializzate prima di essere discusse e votate in seduta plenaria. Nonostante ogni singolo parlamentare goda di diritti individuali, l’azione collettiva e coordinata dei gruppi politici tende a dominare l’attività legislativa e di controllo del Parlamento. Rimangono ancora aperte e oggetto di dibattito alcune questioni pratiche e logistiche significative, come la dispersione delle sedi di lavoro in diverse città e la definizione completa e uniforme dello statuto dei parlamentari europei.Se il capitolo descrive una crescita costante dei poteri formali del Parlamento Europeo, quanto conta davvero questa istituzione nel labirinto decisionale dell’Unione, schiacciata tra Commissione e Consiglio e gli interessi nazionali?
Il capitolo elenca meticolosamente i poteri acquisiti dal Parlamento Europeo, ma non approfondisce come questi poteri si traducano in influenza reale all’interno del complesso “triangolo istituzionale” dell’Unione, né come l’istituzione si posizioni rispetto ai persistenti interessi nazionali che, come accennato, continuano a plasmare i compromessi. Per comprendere appieno il ruolo del Parlamento, è necessario studiare la scienza politica europea, concentrandosi sull’interazione dinamica tra Commissione, Consiglio e Parlamento stesso, e leggere autori che analizzano il funzionamento pratico delle istituzioni e le dinamiche di potere nell’UE.3. Le Sfide del Voto Europeo
Le elezioni per il Parlamento europeo non sono un voto unico a livello continentale, ma si svolgono come quindici elezioni nazionali separate. Questo accade perché non esiste una legge elettorale uguale per tutti i paesi membri, ma solo alcune regole di base condivise, come l’età minima per votare, fissata a 18 anni, e il periodo in cui si tengono le votazioni, che è una settimana nel mese di giugno. Per il resto, i sistemi elettorali di ogni nazione mantengono differenze importanti. Ad esempio, alcuni paesi usano collegi elettorali più piccoli all’interno della nazione, altri prevedono una percentuale minima di voti per poter eleggere rappresentanti (come il 5% in Francia e Germania), e in alcuni è possibile indicare una preferenza per specifici candidati.Un voto di “secondo ordine”
Queste elezioni vengono spesso considerate meno importanti rispetto a quelle che si tengono nei singoli paesi per scegliere il governo nazionale. Questa percezione di “secondo ordine” ha un effetto sul comportamento degli elettori. Essi si sentono più liberi di votare per partiti più piccoli o diversi dal solito, sapendo che il loro voto non deciderà chi governerà il paese. Il risultato di queste elezioni può quindi essere visto come un modo per esprimere un giudizio sull’operato del governo in carica a livello nazionale.Perché meno persone votano
La partecipazione al voto per il Parlamento europeo ha mostrato una tendenza alla diminuzione nel tempo. Se nel 1979 votava il 62,3% degli aventi diritto, nel 1999 questa percentuale è scesa al 49,4%. Diversi fattori contribuiscono a questo calo. Esiste una tendenza generale all’astensione che riguarda molte democrazie in tutto il mondo. Fattori specifici legati a queste elezioni includono la presenza o meno dell’obbligo di voto in alcuni paesi, che naturalmente aumenta l’affluenza dove esiste. Anche la coincidenza delle elezioni europee con altre votazioni nazionali o locali può influenzare la partecipazione, così come la distanza temporale dalle elezioni politiche principali. Altre cause importanti sono la poca informazione diffusa sul ruolo e sull’importanza del Parlamento europeo, che porta a percepirlo come un’istituzione distante e poco influente. L’atteggiamento generale verso l’Unione Europea, sia esso favorevole o critico, gioca un ruolo: chi è più critico tende a partecipare meno. Inoltre, l’impegno dei partiti politici e dei mezzi di comunicazione nel promuovere queste elezioni appare spesso limitato. Anche se molte persone sanno che il Parlamento europeo esiste, questa consapevolezza non si traduce automaticamente in una motivazione a recarsi alle urne.Le campagne e il loro focus
Le campagne elettorali per il Parlamento europeo tendono a concentrarsi prevalentemente su questioni interne ai singoli paesi piuttosto che su temi europei comuni. Ci sono eccezioni, come in Danimarca, dove l’Europa è un argomento centrale nel dibattito politico. La natura di “secondo ordine” di queste elezioni, unita alle regole elettorali che a volte favoriscono i partiti minori, può portare a risultati elettorali che si discostano in modo significativo da quelli delle elezioni nazionali.L’organizzazione dei partiti in Europa
Nonostante il voto avvenga su base nazionale, i partiti politici hanno iniziato a organizzarsi a livello europeo molto presto. Già prima delle prime elezioni dirette del 1979, i principali orientamenti politici, come i socialisti, i liberali e i democratico-cristiani, avevano formato strutture organizzative che andavano oltre i confini nazionali. Queste organizzazioni sono nate da legami internazionali preesistenti tra i partiti nazionali, piuttosto che direttamente dai gruppi politici che si formavano all’interno del Parlamento europeo. Questa origine ha influenzato il modo in cui si sono sviluppate nel tempo. L’ingresso di nuovi paesi nell’Unione Europea ha ulteriormente modificato la composizione e gli equilibri dei gruppi politici presenti nel Parlamento.Ma siamo sicuri che la fallita Costituzione europea fosse davvero solo un esercizio intergovernativo?
Il capitolo, nel delineare il persistente deficit democratico, afferma che il fallito tentativo di dotare l’Europa di una Costituzione privilegiava comunque soluzioni di tipo intergovernativo. Questa lettura, pur legittima, merita un approfondimento critico. Per comprendere appieno la complessità di quel dibattito e le diverse anime presenti nel progetto costituzionale, è fondamentale studiare la storia dell’integrazione europea e le diverse teorie che ne spiegano lo sviluppo, come il liberalismo intergovernativo o il neofunzionalismo. Approfondire il lavoro di autori come Andrew Moravcsik o Ernst Haas può offrire prospettive diverse sulla natura dei processi decisionali europei e sul bilanciamento tra sovranità nazionale e integrazione sovranazionale.6. Percorsi di studio sull’Europa politica
Capire il Parlamento europeo e l’Unione europea richiede di basarsi su ricerche accademiche specifiche. I primi studi in Italia hanno analizzato come votano i parlamentari europei, quanto sono uniti i gruppi politici e la capacità del Parlamento di rappresentare i cittadini e avere legittimità.Studi più recenti e analisi approfondite
Gli studi più recenti, spesso disponibili in inglese e molto più numerosi, approfondiscono vari aspetti. Esaminano nel dettaglio il Parlamento europeo e il sistema dei partiti politici che operano a livello sovranazionale. Queste ricerche analizzano anche il ruolo del Parlamento nel processo di integrazione europea e nel consolidamento della democrazia. Alcune opere si concentrano specificamente sui partiti politici europei, descrivendone l’organizzazione interna e la loro influenza. Altre analisi hanno una visione più ampia, considerando l’intera Unione europea e inserendo il Parlamento nel suo contesto istituzionale. Questi lavori coprono le diverse istituzioni, gli attori principali, il sistema di governo e le politiche adottate dall’UE. Vengono trattati anche la storia dell’integrazione europea e temi cruciali come la democrazia, la rappresentanza dei cittadini e la cittadinanza stessa. La ricerca più attuale considera inoltre l’impatto dell’allargamento dell’Unione e le discussioni relative a una possibile nuova Costituzione europea.Davvero questi studi ‘approfonditi’ sul Parlamento europeo e la sua ‘rappresentanza’ e ‘legittimità’ concludono che la democrazia europea è consolidata, o si limitano a descrivere un sistema con evidenti lacune?
Il capitolo, pur menzionando studi su rappresentanza e legittimità, non chiarisce se le ricerche concludano che il Parlamento europeo e l’Unione nel complesso abbiano superato il noto problema del ‘deficit democratico’. Questo è un punto cruciale e dibattuto nella scienza politica. Per approfondire, è necessario esaminare le diverse teorie sulla legittimità dell’UE e le analisi critiche sul bilanciamento dei poteri tra le istituzioni. Si possono cercare autori che hanno affrontato il tema del deficit democratico, come ad esempio Giandomenico Majone o chi ha analizzato in dettaglio l’evoluzione dei poteri del Parlamento rispetto ad altre istituzioni come il Consiglio.Abbiamo riassunto il possibile
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