Filosofia

Il nostro bisogno di consolazione

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1. La Ricerca della Consolazione e la Libertà Interiore

La mancanza di fede porta con sé il timore di una vita priva di significato, un semplice vagare verso la fine. L’uomo di oggi non eredita né la certezza di un dio o di un punto fermo, né il fervore di chi abbraccia lo scetticismo o l’ateismo. In questa condizione, il profondo bisogno umano di trovare consolazione sembra impossibile da soddisfare pienamente.

Le Diverse Forme di Consolazione

La consolazione viene cercata attivamente in molteplici forme, ma spesso si rivela effimera. Tra le consolazioni immediate e tangibili si possono trovare l’affetto di una persona cara, la presenza di un compagno, l’espressione attraverso l’arte, un inatteso spiraglio di libertà, la semplice vitalità di un essere vivente, o la solidità rassicurante di uno scoglio. Tuttavia, esistono anche false consolazioni che spingono l’individuo verso l’eccesso: l’abuso del proprio talento, la ricerca sfrenata del godimento, il disprezzo per gli altri o, nel suo estremo, il desiderio di morte come via di fuga.

La Vita tra Eccesso e Amarezza

L’esistenza si manifesta come un equilibrio precario, sospeso tra l’eccesso distruttivo e l’amarezza della disillusione. In questo contesto, non si cerca una giustificazione per la propria esistenza, ma piuttosto una forma di espiazione. Qualsiasi consolazione che non riconosca e rispetti la libertà intrinseca dell’essere umano si rivela ingannevole, nient’altro che un pallido riflesso della disperazione interiore. La vera consolazione di cui si ha bisogno non è un mero gioco di parole o concetti astratti, ma un’illuminazione profonda che trasforma la percezione della realtà.

Le Illusioni della Consolazione

La vita stessa non è un problema da risolvere, ma piuttosto un viaggio imprevedibile e costellato di esperienze. Momenti che sembrano offrire conforto, come l’immensità percepita nell’eternità del mare, la consapevolezza dell’onnipresenza della morte, il fallimento del talento nel creare una vera connessione con gli altri, o l’illusione di trovare libertà nella natura incontaminata, si rivelano spesso false consolazioni. Queste esperienze finiscono per evidenziare la precarietà della condizione umana, la solitudine incolmabile o la mancanza di una vera libertà interiore. Anche la morte, vista come consolazione per una vita sprecata, appare orribile a chi cerca disperatamente un senso e una consolazione nella vita stessa.

La Vera Consolazione: Essere Liberi

Non esiste una filosofia unica e onnicomprensiva capace di abbracciare l’intera complessità dell’esistenza. Esiste invece un duello costante: da un lato le false consolazioni che non fanno che aumentare il senso di disperazione, dall’altro una vera consolazione che offre, anche se solo temporaneamente, un senso di liberazione. L’unica vera consolazione duratura risiede nella profonda consapevolezza di essere un uomo libero, un individuo inviolabile e sovrano all’interno dei propri limiti, padrone di sé stesso.

Il Percorso verso la Libertà

La libertà, paradossalmente, spesso ha inizio con la consapevolezza della propria schiavitù. Il timore di vivere pienamente è un chiaro segno della mancanza di libertà, mentre la calma gioia che deriva dall’indipendenza ne è la prova più autentica. La vita, a volte, sembra quasi intenzionalmente creare legami di schiavitù: la dipendenza dal proprio talento, il peso del proprio nome o della reputazione, o la spinta verso la depressione che può portare a vedere la morte come l’unica apparente prova di libertà. Il miracolo della liberazione si manifesta nella scoperta che nessuna forza esterna, nessun altro essere umano, ha il diritto di esigere tanto da annullare completamente la propria voglia di vivere. La vita, proprio come il mare o il vento, possiede un fine intrinseco, un valore in sé, e non dovrebbe mai essere vissuta come una prigionia al servizio di funzioni o aspettative esterne. La vita stessa, con il suo valore intrinseco, viene prima di qualsiasi dovere imposto dall’esterno. Ogni individuo ha diritto a momenti di completa autonomia, in cui si sente un’unità completa e non solo una piccola parte indistinta di una massa più grande.

Libertà Interiore e Tempo

In questi momenti di autentica autonomia, è possibile sentirsi liberi dalle consapevolezze che solitamente conducono alla disperazione. Il tempo, con le sue misurazioni lineari, si rivela una falsa misura della vita, capace di toccare solo le sue manifestazioni più superficiali ed esterne. Tutto ciò che è veramente importante e meraviglioso nell’esistenza – l’amore profondo, la bellezza che commuove, l’aiuto reciproco – si svolge al di fuori della dimensione temporale. La vita non è una prestazione da valutare o misurare in termini di efficienza o durata, ma uno svilupparsi continuo verso la propria perfezione intrinseca. L’uomo, al pari di ogni altro elemento della creazione, porta in sé il proprio fine ultimo.

La Sfida del Mondo Esterno

È possibile liberarsi dal potere minaccioso della morte non ancorando la propria vita a punti precari e fallaci come la misurazione del tempo o la ricerca della fama effimera. Tuttavia, non è sempre possibile mantenere costantemente lo sguardo rivolto verso questa libertà puramente interiore. Si rende necessario confrontarsi con il mondo esterno e con le molteplici forme di oppressione create dall’uomo stesso, che spesso appaiono soverchianti e più forti della volontà individuale. Non potendo spezzare completamente queste catene esterne, si può imparare a distinguere tra le richieste irragionevoli imposte dalla società e quelle ineludibili dettate dalla realtà. Nel mondo moderno, la libertà di essere pienamente padroni del proprio elemento interiore sembra in gran parte perduta.

La Potenza della Libertà nel Silenzio

La libertà, almeno per il momento, deve trovare il modo di esistere e manifestarsi all’interno delle forme sociali e delle strutture imposte dal mondo esterno. Il mondo, con la sua forza e le sue pressioni, appare prevalente, ma l’individuo possiede la capacità intrinseca di opporre sé stesso a questa potenza. La vera forza, la potenza dell’individuo, risiede nella capacità di contrapporre parole di libertà al potere del mondo, di affermare la propria inviolabilità attraverso il linguaggio. La potenza illimitata, la forma più alta di resistenza, si raggiunge quando solo il silenzio, inteso come rifiuto di conformarsi e come affermazione della propria essenza, difende l’inviolabilità dell’essere. Questa profonda consapevolezza, questa capacità di opporre il proprio silenzio alla potenza del mondo, è l’unica vera consolazione che rimane. È un ricordo potente che sostiene l’individuo e lo orienta verso una ragione di vita che va oltre la semplice ricerca di una consolazione passeggera o l’adesione a una qualsiasi filosofia precostituita.



Ma se le catene esterne non si possono spezzare, questa “vera consolazione” non è forse solo una prigione dorata?
Il capitolo propone la libertà interiore come unica vera consolazione, ma riconosce che le pressioni del mondo esterno sono spesso soverchianti e non possono essere spezzate. Questo solleva interrogativi cruciali sulla natura di questa “consolazione”: come può un’affermazione puramente interna fornire un reale conforto o una resistenza efficace di fronte a sofferenze, ingiustizie o oppressioni sistemiche che hanno origine fuori dall’individuo e non si risolvono con il silenzio o la consapevolezza interiore? Per esplorare questa tensione, sarebbe utile confrontarsi con filosofie che hanno affrontato il rapporto tra l’individuo e il potere esterno, come l’esistenzialismo (si pensi a Sartre o Camus) o le analisi delle strutture di potere (come quelle di Foucault), e magari confrontare l’approccio del capitolo con quello dello Stoicismo (ad esempio, Epitteto).


2. La disperazione che impone doveri

Tra il 1945 e il 1950 si concentra la produzione letteraria di Stig Dagerman. Nato nel 1923, cresce con i nonni paterni dopo che la madre lo lascia, per poi trasferirsi a Stoccolma con il padre. Entra giovanissimo nel movimento anarco-sindacalista, di cui il padre è militante. Partecipa ad azioni contro i nazisti e dirige giornali anarchici, un percorso che segna profondamente la sua visione del mondo e la sua opera futura.

L’Anarchismo e la Disperazione Attiva

La scelta anarchica è fondamentale per comprendere Stig Dagerman e la sua opera. Questa posizione è la base della sua disperazione lucida e attiva, una condizione che impone dei doveri precisi. Essere anarchici in quel periodo storico significa mantenere uno sguardo libero sulla realtà, riconoscere l’oppressione e la manipolazione presenti in ogni schieramento politico e sociale. Implica sottrarsi alle solidarietà imposte dallo Stato e sentirsi invece solidali con gli individui infelici e oppressi. È una posizione di testimonianza e ribellione contro una storia percepita come ingiusta, un dovere morale di essere eretici rispetto alle convenzioni dominanti. L’impegno politico di Dagerman è caratterizzato da un rigore etico inflessibile, dal rifiuto di ogni compromesso e da un’opposizione radicale a ogni forma di falsità e ipocrisia. In questo contesto, l’autore arriva a coltivare la propria angoscia, considerandola un sintomo di salute morale, un segnale che indica la capacità di non accettare passivamente le ingiustizie.

Le Opere Principali

L’angoscia, il terrore e il senso di colpa sono temi centrali fin dal suo debutto letterario nel 1945 con il romanzo Il serpente. In quest’opera, l’esperienza militare diventa un potente simbolo della tirannia dello Stato sull’individuo, un’immagine che riflette la sua visione critica del potere. Mantenere viva l’angoscia appare essenziale per non smettere di pensare e interrogarsi sul mondo. Il romanzo rispecchia il clima post-bellico e si lega al “Quarantismo” svedese, un movimento letterario che poneva l’ansia e la disperazione al centro della propria espressione artistica. Stig Dagerman diventa rapidamente un simbolo di questa generazione tormentata. Seguono altri lavori significativi come L’isola dei condannati e i reportaggi raccolti in Autunno tedesco. Questi ultimi mostrano la sofferenza degli umiliati e dei vinti, senza però dimenticarne le eventuali colpe, offrendo uno sguardo profondamente anarchico sulla contraddizione intrinseca nell’obbedienza cieca. La sua intensa produzione letteraria include anche importanti drammi e romanzi come Bambino bruciato e Pene delle nozze.

Il Peso del Successo e la Crisi Personale

Nonostante il successo letterario, la pressione legata alla scrittura diventa per Dagerman intollerabile, trasformandosi in un vero e proprio tormento. Il senso di colpa e l’inadeguatezza si intensificano progressivamente, minando la sua capacità creativa e il suo benessere interiore. Questa lotta personale si riflette anche nella sua opera.

L’Ultima Riflessione e la Fine

Nel 1952, pubblica Il nostro bisogno di consolazione, un testo che si presenta come un monologo intimo e sofferto. In esso, l’autore esplora le profonde contraddizioni tra il desiderio umano di felicità e l’apparente impossibilità di raggiungerla in un mondo segnato dalla sofferenza. Nonostante riesca a cogliere un’intuizione sul valore salvifico della bellezza, il senso di infelicità e disperazione prevale. Questa lotta interiore culmina tragicamente nel 1954, quando Stig Dagerman muore suicida. Poco prima della sua morte, consegna una poesia satirica che rappresenta un’ultima, commovente difesa dei deboli e degli oppressi. I suoi libri, duri e aspri, rimangono a sfidare la morale e l’intelligenza dei lettori, portando avanti la sua visione di una disperazione che non è passiva rassegnazione, ma un impulso potente che impone doveri etici e di ribellione.

Come si giustifica la transizione logica e necessaria dall’adesione a un movimento politico come l’anarchismo a una “disperazione che impone doveri” individuali?
Il capitolo presenta la “scelta anarchica” come la base della “disperazione lucida e attiva” di Dagerman, una condizione che “impone dei doveri precisi”. Tuttavia, non viene sufficientemente approfondito il meccanismo filosofico o psicologico che rende questa transizione così diretta e apparentemente inevitabile. Per comprendere meglio questa connessione e valutare se la disperazione sia una conseguenza necessaria o solo una possibile reazione all’anarchismo (o a un certo tipo di anarchismo in un certo periodo storico), sarebbe utile esplorare la filosofia politica dell’anarchismo in modo più ampio, confrontandola con altre posizioni politiche radicali. È inoltre fondamentale approfondire la filosofia esistenzialista, che affronta temi come la libertà, la responsabilità, l’angoscia e la disperazione, e il loro legame con l’azione e il dovere. Autori come Bakunin, Kropotkin, Sartre e Camus possono offrire prospettive diverse su questi complessi rapporti tra ideologia, stato interiore e imperativi etici.


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