Contenuti del libro
Informazioni
“Il mondo dello zucchero. Come le cose dolci hanno trasformato la nostra salute e il pianeta” di Ulbe Bosma è un viaggio affascinante e a tratti inquietante attraverso la storia globale dello zucchero. Questo libro non parla solo di un ingrediente, ma di come la sua produzione, il suo commercio e il suo consumo abbiano plasmato economie, società e persino la nostra salute a livello mondiale. Dalle antiche rotte asiatiche e mediterranee, seguiamo lo zucchero che diventa il motore di un sistema atlantico brutale, basato sulle piantagioni e sulla schiavitù africana. Vedremo l’arrivo della rivoluzione industriale nel settore saccarifero, con nuove tecnologie e la nascita dello zucchero di barbabietola in Europa, creando una competizione globale. Ma la storia è anche quella del lavoro forzato che persiste, del potere crescente delle grandi aziende e dell’enorme impatto sulla salute pubblica, con l’esplosione di obesità e diabete legata al consumo di massa. È un racconto potente su come una sostanza apparentemente innocua sia diventata centrale per il colonialismo, l’economia moderna e le sfide sanitarie del nostro tempo.Riassunto Breve
La produzione di zucchero cristallino nasce in India, diffondendosi presto in Asia, Medio Oriente ed Egitto, con India e Cina che per secoli dominano il settore grazie a tecniche avanzate e vaste reti commerciali. La conoscenza arriva nel Mediterraneo occidentale con le conquiste arabe, stabilendosi in Spagna e Sicilia, per poi essere sviluppata da potenze europee come Venezia e Genova in aree come Cipro, dove si creano grandi aziende agricole con mulini idraulici, gettando le basi per il futuro sistema atlantico. La crisi dell’industria egiziana nel XV secolo sposta l’interesse verso le isole dell’Atlantico orientale (Madeira, Canarie), dove si perfeziona il modello della grande piantagione integrata, che a differenza del Mediterraneo, si basa in modo massiccio sul lavoro schiavile africano. La produzione si sposta poi nelle Americhe, con il Brasile portoghese che diventa un centro cruciale, supportato da capitali e commercianti europei. La “rivoluzione dello zucchero” nei Caraibi, come a Barbados, intensifica la monocoltura basata sulla schiavitù africana, innovazioni tecniche e una rigida divisione razziale. La schiavitù nelle piantagioni è brutale, con alta mortalità, ma i lavoratori resistono in vari modi. I profitti arricchiscono piantatori e città portuali europee, finanziando le economie metropolitane. Alla fine del XVIII secolo, la crescente domanda e le pressioni abolizioniste stimolano innovazioni tecnologiche (macchina a vapore, evaporatore sottovuoto) e scientifiche, trasformando le piantagioni in complessi agroindustriali. Parallelamente, in Europa, la scoperta dello zucchero di barbabietola e il Blocco Continentale promuovono una nuova industria, sostenuta da politiche protezionistiche e innovazioni, creando un concorrente per lo zucchero tropicale. A metà Ottocento, l’industria dello zucchero si industrializza completamente con nuove macchine, supportata da governi e potenze coloniali. Nonostante i movimenti abolizionisti, il lavoro forzato persiste in varie forme (schiavitù, servitù contrattualizzata, coltivazione forzata). La competizione globale, specialmente con lo zucchero di barbabietola sussidiato, porta a sovrapproduzione e crollo dei prezzi, accelerando la concentrazione delle aziende e la formazione di cartelli. Le élite coloniali si adattano, investendo in tecnologia e ricerca, mantenendo potere economico e politico. La crescita della produzione richiede grandi spostamenti di lavoratori, generando dibattiti sull’identità nazionale e politiche migratorie restrittive basate sulla razza. Negli Stati Uniti, il trust dello zucchero guida l’espansione imperiale per assicurarsi forniture, scontrandosi con i produttori nazionali di barbabietola che promuovono il protezionismo. La competizione globale porta a guerre commerciali e tentativi di regolamentazione che segmentano il mercato. Nonostante l’industria su larga scala, la produzione artigianale di zucchero grezzo resiste in molte aree rurali, a volte come simbolo di resistenza, ma affronta espropriazioni e sfruttamento. L’industria moderna si basa su una divisione sociale netta tra personale qualificato e vasti numeri di lavoratori stagionali nei campi, spesso migranti, che vivono in condizioni precarie simili al lavoro forzato del passato, soggetti a sfruttamento e debito. I lavoratori resistono con scioperi e organizzazione. Dopo la Seconda Guerra Mondiale, si tenta di migliorare le condizioni e stabilizzare il mercato, ma il protezionismo dei paesi ricchi e i nuovi dolcificanti (HFCS) minano questi sforzi. Le grandi aziende transnazionali dominano la filiera, continuando a sfruttare la manodopera a basso costo e causando danni ambientali. Lo zucchero, da bene di lusso, diventa un prodotto di massa, con un consumo pro capite che esplode, legato ai cibi e bevande industriali. Nonostante la consapevolezza dei danni alla salute (obesità, diabete) fin dal XIX secolo, l’industria promuove lo zucchero e finanzia ricerche che spostano l’attenzione su altri fattori. La diffusione di cibi confezionati e bevande zuccherate aumenta ulteriormente il consumo. L’industria esercita forte pressione politica contro le linee guida nutrizionali e le tasse sulle bevande zuccherate, investendo anche negli edulcoranti non calorici. L’elevato consumo di zucchero è correlato a gravi crisi sanitarie globali. L’industria tende a privatizzare i profitti e socializzare i costi sanitari e ambientali. Affrontare questo problema richiede determinazione politica e cambiamenti legislativi.Riassunto Lungo
1. Dalle antiche rotte asiatiche al consumo europeo
La storia della produzione di zucchero cristallino inizia molto tempo fa in India. Da lì, questa conoscenza si diffonde in altre regioni, raggiungendo la Persia, il Mediterraneo orientale e l’Egitto già nel V secolo dopo Cristo. Anche la Cina impara a produrre zucchero, sviluppando le proprie tecniche intorno al 200 avanti Cristo. Per molti secoli, l’Asia, con l’India e la Cina in prima linea, domina l’industria dello zucchero. Queste civiltà sviluppano tecniche molto avanzate e creano vaste reti commerciali, sia via terra che via mare, che coprono tutta l’Asia e arrivano fino in Europa. Un esempio notevole è Taiwan che, all’inizio del XVIII secolo, diventa un centro di produzione così importante da superare i volumi di zucchero prodotti nell’Atlantico in quel periodo, destinando gran parte della sua produzione all’esportazione.L’Arrivo nel Mediterraneo
La conoscenza e la tecnologia per produrre lo zucchero arrivano nel Mediterraneo occidentale grazie alle conquiste arabe, introducendo questa preziosa merce in Spagna e Sicilia. Successivamente, potenze europee come i crociati, i veneziani e i genovesi assumono un ruolo chiave, sviluppando la produzione in aree strategiche come Cipro. Qui si assiste alla creazione di grandi aziende agricole, vere e proprie piantagioni, spesso dotate di mulini idraulici per la lavorazione della canna. Questo modello produttivo mediterraneo, sebbene con differenze nel sistema lavorativo, getta le basi tecnologiche e organizzative che saranno poi cruciali per lo sviluppo del futuro sistema atlantico.La Svolta Atlantica e il Lavoro Schiavile
La crisi che colpisce l’industria egiziana nel XV secolo, causata da eventi come epidemie e invasioni, spinge l’interesse europeo verso le isole dell’Atlantico orientale, come Madeira e le Canarie. È qui che si perfeziona ulteriormente il modello della grande piantagione integrata. In queste aziende, la coltivazione della canna da zucchero e la sua lavorazione avvengono nello stesso luogo, creando sistemi produttivi complessi che spesso entrano in competizione per l’uso di risorse fondamentali come l’acqua. Una differenza fondamentale rispetto al Mediterraneo, dove il lavoro schiavile era limitato o di supporto, è che il sistema atlantico si basa in modo massiccio e sistematico sull’impiego di schiavi africani. Questo modello di produzione, legato indissolubilmente alla tratta degli schiavi, diventa il fulcro dell’industria zuccheriera atlantica.Da Lusso a Consumo di Massa in Europa
Originariamente, in Asia come in Europa, lo zucchero è considerato un bene di lusso, usato principalmente come medicinale o riservato alle élite più ricche. Tuttavia, con il passare del tempo, la sua accessibilità aumenta gradualmente. Nel XVIII secolo si assiste a una crescita rapidissima del consumo di zucchero in Europa occidentale e in Nord America. Questa esplosione del consumo è alimentata in gran parte dall’uso dello zucchero in nuove bevande che diventano molto popolari, come il tè e il caffè, e dal suo impiego crescente nella pasticceria. Lo zucchero inizia così a diffondersi dalle grandi città alle aree rurali, diventando un prodotto sempre più presente nella vita quotidiana, anche se i livelli di consumo pro capite in Europa e Nord America rimangono comunque inferiori a quelli dell’India fino al XIX secolo.Ma si può davvero celebrare la ‘crescita rapidissima del consumo’ in Europa senza affrontare a fondo il prezzo umano pagato per renderla possibile?
Il capitolo descrive il passaggio dello zucchero da bene di lusso a consumo di massa in Europa, legandolo al sistema atlantico basato sul lavoro schiavile. Tuttavia, la narrazione potrebbe beneficiare di un’analisi più diretta e approfondita del legame causale tra l’esplosione della domanda europea e l’intensificazione brutale della tratta degli schiavi e delle condizioni nelle piantagioni. Per comprendere meglio questa dinamica e il suo impatto duraturo, è fondamentale esplorare la storia della schiavitù atlantica e la storia economica del colonialismo. Autori come Sidney Mintz, Eric Williams e Robin Blackburn offrono prospettive cruciali su come il consumo europeo fosse intrinsecamente legato alla violenza e allo sfruttamento.2. Frontiere, Lavoro e Innovazione nello Zucchero
La produzione di zucchero ha iniziato a spostarsi dal Mediterraneo all’Atlantico all’inizio del Quattrocento, superando i limiti climatici europei. Le prime aree coinvolte in questo spostamento sono state Madera e poi le Americhe. Spagna e Portogallo hanno avviato le prime piantagioni nel Nuovo Mondo e a São Tomé. Ma è il Brasile portoghese che si è affermato come il principale produttore atlantico, sfruttando vasti terreni e introducendo nuovi mulini a tre rulli verticali che miglioravano il processo di macinazione. Lo sviluppo brasiliano è stato fortemente legato ai mercanti europei, inizialmente di Anversa e poi di Amsterdam, che fornivano i capitali necessari per gli investimenti e controllavano le fasi cruciali della raffinazione e del trasporto dello zucchero verso i mercati europei.Il Ruolo Cruciale della Schiavitù
La produzione di zucchero nell’Atlantico si è basata in gran parte sul lavoro forzato degli schiavi africani. Le guerre europee per il controllo coloniale hanno aumentato la competizione per le terre adatte alla coltivazione della canna da zucchero, specialmente nelle isole caraibiche. L’isola di Barbados, sotto il controllo britannico, è diventata un esempio di questa “rivoluzione dello zucchero”, passando a una coltivazione intensiva basata unicamente sulla canna da zucchero e sull’utilizzo massiccio di schiavi africani. Questo modello includeva anche innovazioni tecniche, come i mulini a vento per la macinazione e una gestione specifica del suolo per massimizzare la resa. Si è creata una divisione sociale e razziale molto netta tra i proprietari terrieri, che erano bianchi e detenevano il potere, e i lavoratori, che erano neri e ridotti in schiavitù. Questo sistema si è poi diffuso in altre isole dei Caraibi, sia sotto il dominio francese che britannico, replicando il modello intensivo e brutale.La vita degli schiavi nelle piantagioni di zucchero era estremamente dura e violenta, caratterizzata da condizioni di lavoro massacranti. I tassi di mortalità erano altissimi a causa della malnutrizione cronica, della diffusione di malattie infettive, delle violenze fisiche subite quotidianamente e degli incidenti frequenti legati ai macchinari e al processo di lavorazione. Nonostante le condizioni terribili e la disumanizzazione, gli schiavi hanno resistito in vari modi per preservare la propria dignità e libertà. Hanno mantenuto vive le loro pratiche culturali e religiose, sabotato le attrezzature delle piantagioni per rallentare la produzione, sono fuggiti formando comunità di schiavi liberi in aree remote (spesso chiamati cimarrones) e hanno organizzato ribellioni aperte contro i proprietari e i sorveglianti.
L’Impatto Economico in Europa
I grandi profitti generati dalla produzione e dal commercio dello zucchero hanno arricchito notevolmente i proprietari delle piantagioni, molti dei quali sono tornati in Europa o si sono trasferiti nelle colonie del Nord America. Questi guadagni hanno contribuito enormemente alla ricchezza e allo sviluppo di importanti città portuali europee che erano centri nevralgici del commercio atlantico, come Amsterdam, Londra e Bristol. L’economia atlantica, basata sullo schiavismo e sulla produzione di beni come lo zucchero, è diventata fondamentale per le potenze europee. Ha permesso di finanziare i debiti pubblici degli stati e ha sostenuto in modo significativo lo sviluppo di vari settori industriali in Europa, creando un circolo economico che legava strettamente l’Europa, l’Africa e le Americhe.Innovazioni nella Coltivazione e Produzione
Alla fine del Settecento, la crescente richiesta di zucchero sui mercati europei e le prime spinte del movimento abolizionista contro la schiavitù hanno portato a importanti innovazioni nel settore. Sono state introdotte nuove varietà di canna da zucchero più produttive e resistenti alle malattie, come la varietà Otaheite, che hanno permesso di aumentare i raccolti. Si sono applicate in modo più sistematico le conoscenze scientifiche disponibili all’epoca, dalla botanica per migliorare le piante alla chimica per ottimizzare i processi di estrazione. L’uso della macchina a vapore per macinare la canna ha sostituito la forza animale o eolica, aumentando l’efficienza. L’invenzione dell’evaporatore sottovuto ha migliorato la qualità dello zucchero prodotto. Queste trasformazioni tecnologiche e scientifiche hanno fatto diventare le piantagioni veri e propri complessi agroindustriali, più efficienti e su larga scala.L’Ascesa dello Zucchero di Barbabietola
In parallelo, in Europa è stata scoperta la possibilità di estrarre lo zucchero dalla barbabietola da zucchero, offrendo una fonte alternativa a quella tropicale. Questa nuova industria ha ricevuto un forte impulso dal Blocco Continentale imposto da Napoleone all’inizio del XIX secolo, che limitava l’arrivo dello zucchero di canna dalle colonie britanniche. Nonostante le difficoltà iniziali nel competere con lo zucchero tropicale e la necessità di affinare le tecniche di lavorazione, l’industria dello zucchero di barbabietola si è sviluppata rapidamente. Questo è avvenuto grazie a politiche governative che la proteggevano dalla concorrenza esterna, a continue innovazioni tecniche nei processi di estrazione e raffinazione (come la diffusione) e a importanti investimenti di capitali, specialmente in paesi come la Francia e la Germania. La barbabietola è diventata così un concorrente significativo per lo zucchero tropicale e ha rappresentato un ulteriore e fondamentale passo verso l’industrializzazione completa del settore dello zucchero nel suo complesso.Il capitolo descrive i profitti europei e le innovazioni, ma non rischia di presentare la brutalità della schiavitù come un mero ‘costo’ collaterale, piuttosto che come la base stessa dell’efficienza e della ricchezza generate?
Il capitolo offre un quadro chiaro, ma la sua narrazione rischia di separare troppo nettamente i “profitti” e le “innovazioni” in Europa dalla violenza sistematica e disumanizzante che li ha resi possibili. L’efficienza della piantagione schiavista non era un dato tecnico neutro, ma il risultato di un’organizzazione del lavoro basata sulla coercizione assoluta, sulla violenza e sull’altissimo tasso di mortalità, elementi che erano funzionali all’accumulazione di capitale. Per comprendere appieno questa dinamica, è fondamentale approfondire la storia della schiavitù atlantica non solo come storia sociale, ma come storia economica del capitalismo, leggendo autori come Eric Williams o Sidney Mintz.3. L’Età Industriale dello Zucchero: Tecnologia, Lavoro e Potere
Alla metà del diciannovesimo secolo, la produzione di zucchero cambia profondamente grazie all’uso di nuove tecnologie industriali. Macchine a vapore, evaporatori sottovuoto e centrifughe rivoluzionano i processi, segnando il passaggio dalla lavorazione artigianale a quella su larga scala. Questa trasformazione non avviene ovunque nello stesso modo e con la stessa velocità. Stati e governi coloniali giocano un ruolo fondamentale in questo cambiamento. Finanziano la costruzione di infrastrutture essenziali come porti e ferrovie, indispensabili per trasportare materie prime e prodotti finiti. Inoltre, sostengono attivamente l’adozione delle nuove macchine nelle piantagioni e nelle fabbriche. Esempi significativi di questo supporto statale si vedono a Giava, sotto il governo olandese, e nelle colonie francesi, dove istituzioni come il Crédit foncier colonial facilitano gli investimenti necessari.Il Lavoro Forzato Continua
Nonostante l’avanzamento dell’industrializzazione e la crescente influenza dei movimenti che chiedono l’abolizione della schiavitù, il lavoro forzato rimane una realtà centrale nella produzione di zucchero in molte aree del mondo. La schiavitù continua a essere la base del sistema produttivo in luoghi come Cuba, Brasile e Louisiana per gran parte di questo periodo. Accanto alla schiavitù, emergono o si rafforzano altre forme di lavoro non libero o coercitivo. Tra queste, la servitù contrattualizzata, che lega migranti provenienti dall’Asia e dall’Europa con accordi spesso ingiusti e restrittivi. A Giava, il sistema di coltivazione forzata imposto dal governo coloniale olandese obbliga i contadini locali a dedicare parte delle loro terre alla coltivazione della canna da zucchero per l’esportazione. Le condizioni di lavoro in queste piantagioni e fabbriche sono estremamente dure, portando a frequenti episodi di resistenza e rivolta da parte dei lavoratori sfruttati.La Competizione Globale e la Crisi
L’industrializzazione non riguarda solo la canna da zucchero, ma anche la barbabietola da zucchero in Europa, portando a un aumento della competizione sui mercati mondiali. L’industria della barbabietola cresce rapidamente, spesso grazie a forti sussidi e protezioni da parte degli stati europei, che mirano a ridurre la dipendenza dalle importazioni coloniali. Questa crescente offerta di zucchero a livello globale, sia da canna che da barbabietola, porta a una situazione di sovrapproduzione. La conseguenza più diretta è un drastico crollo dei prezzi dello zucchero, che raggiunge il suo punto critico nel 1884 con una crisi di mercato generalizzata. Questa crisi ha un impatto profondo sul settore, accelerando un processo già in atto: la concentrazione delle aziende. Per sopravvivere e controllare i prezzi, le imprese più piccole vengono assorbite da complessi industriali più grandi e si formano cartelli per limitare la concorrenza e stabilizzare i mercati.L’Adattamento delle Élite Coloniali
Di fronte a questi cambiamenti tecnologici, alle sfide del lavoro e alla crisi di mercato, la borghesia coloniale dimostra una notevole capacità di adattamento. Queste élite, composte da ricche famiglie di proprietari terrieri e mercanti che hanno accumulato fortune con lo zucchero, investono massicciamente nelle nuove tecnologie industriali per modernizzare le loro piantazioni e fabbriche. Comprendono l’importanza dell’innovazione e finanziano la creazione di stazioni sperimentali dedicate alla ricerca botanica e agronomica. Queste istituzioni, attive in luoghi come Giava, Louisiana e Barbados, lavorano per migliorare le tecniche di coltivazione e sviluppare nuove varietà di canna da zucchero. Un successo notevole è lo sviluppo della varietà POJ 2878 a Giava, resistente alle malattie e con rese elevate, che si diffonde in tutto il mondo tropicale. Le élite coloniali sono anche capaci di riorientare i loro mercati, come accade a Giava che si concentra sull’esportazione verso l’Asia. Queste famiglie mantengono un potere economico e politico molto forte nelle loro regioni, spesso attraverso solide reti familiari e stretti legami con il capitale finanziario e politico delle metropoli europee. La scienza e la tecnologia diventano così strumenti fondamentali non solo per aumentare l’efficienza produttiva, ma anche per rafforzare il controllo sulla manodopera e sul sistema coloniale nel suo complesso.Nonostante decenni di lotte operaie e tentativi di riforma, come mai la logica di sfruttamento e profitto a ogni costo nell’industria dello zucchero sembra resistere così tenacemente?
Il capitolo descrive efficacemente le dure condizioni dei lavoratori e le reazioni che hanno suscitato, ma lascia aperta la questione del perché, a fronte di tale storia di conflitto e pur con i cambiamenti intervenuti, le dinamiche di sfruttamento e l’impatto ambientale negativo persistano con tanta forza. Per comprendere meglio questa resilienza delle strutture di potere e delle pratiche dannose, potrebbe essere utile approfondire gli studi sulla political economy delle materie prime globali e analizzare il ruolo delle grandi corporation transnazionali nel modellare i mercati e le normative. Un autore chiave per iniziare a esplorare la storia e l’impatto sociale dello zucchero è Sidney Mintz.6. La dolcezza che ammala il mondo
La storia dello zucchero è quella di un bene che, da lusso per pochi, è diventato un prodotto alla portata di tutti in meno di cento anni. Le grandi industrie hanno spinto questa trasformazione, portando a un aumento enorme del consumo: da poco meno di 2 kg a persona nel 1850 a 20 kg negli anni Novanta. Questa crescita è stata favorita da leggi che proteggevano la produzione interna e dalla presenza massiccia di zuccheri in quasi tutti i cibi e le bevande venduti nei negozi.Allarmi per la salute e la reazione dell’industria
Già nel XIX secolo, si sapeva che troppo zucchero poteva causare problemi di salute come obesità e diabete. Medici e studiosi mettevano in guardia contro il consumo eccessivo. Nonostante questi primi allarmi, le aziende che producevano zucchero hanno lavorato per presentarlo come qualcosa di buono, una fonte di energia necessaria. Hanno anche pagato ricerche scientifiche per convincere le persone che i veri colpevoli delle malattie del cuore fossero i grassi, non lo zucchero. Questo ha portato a ignorare o mettere da parte chi continuava a dire che lo zucchero era legato a obesità e malattie gravi.La spinta dei cibi pronti e la resistenza alle regole
La diffusione di cibi già pronti e bevande con zucchero ha fatto aumentare ancora di più il consumo. Comprare prodotti confezionati sembrava più sicuro e pulito rispetto a quelli venduti sfusi. Grandi aziende sono diventate famose e hanno portato questo modo di mangiare, ricco di zucchero, in tutto il mondo. Anche durante le guerre, lo zucchero è stato incluso nelle razioni dei soldati, facendolo sembrare normale e indispensabile per avere energia. Anche se le prove sui danni alla salute diventavano sempre più forti, l’industria dello zucchero e delle bevande ha usato la sua influenza per impedire che venissero adottate regole per limitare il consumo. Hanno combattuto, ad esempio, contro l’idea di mettere una tassa sulle bevande zuccherate, anche se si è visto che queste tasse funzionano per far diminuire i consumi.La risposta degli edulcoranti artificiali
Per adattarsi e continuare a vendere, l’industria ha iniziato a investire molto negli edulcoranti, sostanze che dolcificano senza calorie. Spesso queste aziende si fanno concorrenza tra loro, ma si uniscono quando si tratta di opporsi a nuove leggi o regole. La storia di dolcificanti artificiali è piena di scontri legali e politici, spesso influenzati dagli interessi delle industrie. Anche un dolcificante naturale ha incontrato difficoltà per essere accettato e venduto.Un problema di salute globale e la sfida politica
Il grande consumo di zucchero è una delle cause principali di gravi problemi di salute in tutto il mondo, con milioni di persone colpite da diabete e malattie del cuore. Le aziende che producono e vendono questi prodotti guadagnano molto, ma i costi per curare le malattie e i danni all’ambiente ricadono sulla società. Per affrontare questo problema, servono decisioni politiche forti e nuove leggi importanti, come mettere limiti alla quantità di zucchero nei prodotti o tassare quelli che ne contengono troppo. Questo è difficile da fare a causa della grande influenza che queste industrie hanno sulla politica.Ma quanto la scienza stessa era confusa, prima che l’industria ci mettesse lo zampino?
Il capitolo dipinge un quadro netto di come l’industria dello zucchero abbia attivamente deviato l’attenzione dai danni dello zucchero verso i grassi, influenzando la ricerca e l’opinione pubblica. Tuttavia, la scienza della nutrizione è complessa e la comprensione dei ruoli di grassi e zuccheri nel metabolismo si è evoluta nel tempo. È lecito chiedersi se, al di là delle manipolazioni industriali, non esistesse già una genuina incertezza scientifica o un dibattito in corso che l’industria ha semplicemente sfruttato o amplificato. Per approfondire questa distinzione, è utile esplorare la storia della scienza della nutrizione e le metodologie di ricerca in questo campo. Approfondire autori che hanno analizzato la politica del cibo e la storia delle diete può fornire un contesto più ampio.Abbiamo riassunto il possibile
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