Contenuti del libro
Informazioni
“Il mito dei Borbone. Il Regno delle Due Sicilie tra realtà e invenzione” di Andrea Mammone ti porta dentro un dibattito super attuale e acceso: quello sul `neoborbonismo` e sulla vera `storia del Sud Italia`. Il libro parte dal fatto che oggi c’è chi guarda al `Regno delle Due Sicilie` prima dell’unità come a una specie di paradiso perduto, una `Borbonia felix` che poi il `Risorgimento`, visto come un’invasione dal Nord, avrebbe distrutto e saccheggiato. Mammone non si ferma a questa narrazione, che spesso usa il `mito borbonico` per spiegare i problemi attuali del Sud, ma va a vedere come stavano davvero le cose. Esplora luoghi simbolo come Mongiana in Calabria, per capire se l’industria borbonica era davvero così avanzata, o Gaeta, l’ultima fortezza, per analizzare la resistenza. Il punto è che la `questione meridionale` è complessa, e il libro mostra come il regno borbonico avesse un sacco di problemi interni, dalla povertà diffusa alla mancanza di infrastrutture, che il `neoborbonismo` tende a ignorare, preferendo una visione nostalgica che, secondo l’autore, rischia di bloccare il Sud nel vittimismo invece di cercare soluzioni. È un viaggio per capire quanto c’è di `realtà e invenzione` in queste idee sul passato del Sud.Riassunto Breve
Il Sud Italia oggi affronta problemi economici e sociali come povertà e disoccupazione, sentendosi spesso trascurato dalla politica nazionale. Questo clima favorisce la nascita di movimenti che cercano di creare un’identità meridionale separata, noti come neoborbonismo. Questi gruppi raccontano una storia diversa dell’unità d’Italia, vista non come unificazione ma come un’invasione del Nord, guidata dal Piemonte e da potenze straniere, per sfruttare le ricchezze del Sud. Secondo questa idea, il Regno delle Due Sicilie prima del 1861 era ricco e felice, una “Borbonia felix”, che poi lo Stato unitario avrebbe impoverito e trattato come una colonia. La narrazione neoborbonica presenta figure come Garibaldi e i Savoia in modo negativo, mentre i briganti che si opposero all’unità diventano eroi. Si sostiene che la storia ufficiale nasconda queste “verità”. L’obiettivo è creare orgoglio per un passato glorioso e spingere per un’identità meridionale distinta, a volte chiedendo autonomia o secessione. Vengono promosse iniziative economiche e culturali come forma di resistenza. Spesso si usano toni forti e teorie del complotto. Nonostante i problemi reali del Sud, l’approccio neoborbonico non propone soluzioni pratiche, ma si basa su una visione del passato che non corrisponde alla realtà, alimentando un senso di vittimismo e ostilità verso il Nord. La diffusione di queste idee rischia di portare indietro culturalmente ed economicamente e di indebolire il senso di appartenenza all’Italia. La Calabria, ad esempio, con le sue difficoltà e la sua storia, viene usata in queste narrazioni. Mongiana, con le sue antiche fabbriche di ferro, diventa simbolo di una presunta grandezza industriale meridionale distrutta dall’unità. Ma la realtà storica mostra che il Regno delle Due Sicilie aveva problemi strutturali importanti già prima del 1861: isolamento, poche strade e ferrovie, industria non moderna e dipendente dallo Stato, agricoltura arretrata, molta povertà e analfabetismo. La chiusura di Mongiana e le difficoltà della Calabria dopo l’unità dipendono da tanti fattori economici e tecnologici, non solo da un complotto. Anche il Regno borbonico non era uniforme; province come Calabria e Sicilia soffrivano per il potere dei baroni, la mancanza di infrastrutture e la povertà diffusa. La politica dei Borbone era reazionaria e limitava le libertà, creando un forte malcontento interno. Già prima dell’unità, c’erano movimenti e rivolte in tutto il Sud che chiedevano riforme e una costituzione, dimostrando che l’unificazione fu anche il risultato di spinte interne e della partecipazione di molti meridionali che volevano cambiare. Gaeta, dove finì l’assedio contro i Borbone, è un luogo simbolo per i neoborbonici, visto come l’ultimo baluardo di una resistenza eroica. Questa visione si lega a volte a gruppi tradizionalisti o di destra. Il movimento neoborbonico ha guadagnato visibilità, anche grazie al contesto politico attuale, con la crisi dei partiti e l’ascesa di movimenti autonomisti o anti-meridionali. Trovano spazio nei media e dialogano con la politica, anche se non hanno grande successo elettorale. Le loro idee, spesso semplificate, non offrono soluzioni concrete ai problemi del Sud, come la mancanza di lavoro e l’emigrazione. Contribuiscono invece a indebolire l’identità nazionale e a rafforzare l’idea che i problemi del Sud siano solo colpa degli altri, ignorando i limiti del passato borbonico e i progressi portati dall’unità. L’assenza di un dibattito serio a livello nazionale sulla questione meridionale aiuta queste visioni nostalgiche a diffondersi.Riassunto Lungo
1. Il Sud tra storia e contro-storia
Oggi il Sud Italia affronta importanti difficoltà economiche e sociali. Si registrano alti livelli di povertà e una disoccupazione diffusa. Molti abitanti percepiscono anche una scarsa attenzione e un certo abbandono da parte della politica nazionale. È in questo contesto difficile che nascono e si rafforzano movimenti che cercano di promuovere con forza un’identità meridionale distinta e orgogliosa. Questi gruppi partono dalla situazione attuale per guardare al passato con occhi diversi.La storia vista dai neoborbonici
Il neoborbonismo costruisce una storia alternativa all’unità d’Italia. Per loro, il Risorgimento non fu un’unificazione, ma un’invasione. Dicono che il Nord, guidato dal Piemonte e aiutato da potenze straniere, voleva sfruttare le ricchezze del Sud. Secondo questa visione, il Regno delle Due Sicilie prima del 1861 era molto ricco e felice, una vera “Borbonia felix”. Dopo l’unità, invece, il Sud sarebbe stato impoverito e trattato come una colonia dallo Stato italiano.Eroi e storia ufficiale
Nella visione neoborbonica, figure storiche come Garibaldi e i sovrani di casa Savoia sono considerate negative, quasi dei nemici. Al contrario, i briganti che opposero resistenza all’unificazione vengono visti come veri eroi e combattenti per l’indipendenza del Sud. I sostenitori di questa corrente credono fermamente che la storia ufficiale, quella insegnata nelle scuole e diffusa dagli storici “accademici”, nasconda volutamente queste “verità”. Affermano che questa storia “di Stato” ignori le voci, le ragioni e le sofferenze di chi fu sconfitto durante quel periodo storico.Obiettivi e azioni
L’obiettivo principale di questi movimenti è risvegliare l’orgoglio per un passato che considerano glorioso. Vogliono costruire un’identità meridionale forte e separata da quella nazionale. A volte, arrivano a chiedere maggiore autonomia per il Sud o addirittura la secessione. Promuovono anche iniziative economiche e culturali per mostrare una forma di resistenza. Spesso usano toni molto critici e polemici, diffondendo anche teorie che assomigliano a quelle del complotto. Criticano duramente gli storici che non accettano le loro idee o interpretazioni.Le critiche a questo approccio
Nonostante i problemi reali che il Sud affronta, l’approccio neoborbonico viene spesso criticato. Molti osservano che questa visione non propone soluzioni concrete per il futuro. Si basa invece su un’idea del passato che è vista come nostalgica e non del tutto corretta. Questo modo di pensare rischia di alimentare un senso di vittimismo e un sentimento negativo verso il Nord Italia. La diffusione di queste idee, facilitata anche da internet, potrebbe portare a un passo indietro per il Sud. Rischia di indebolire il senso di appartenenza all’Italia intera. È una forma di regionalismo che sembra usare la storia in modo strumentale solo per rivendicazioni di identità. Questo fenomeno è particolarmente forte e visibile nella città di Napoli.Se il Regno delle Due Sicilie fosse stato davvero la “Borbonia felix” descritta dal capitolo, come si spiega la rapidità con cui un’economia e una società così prospere sarebbero state smantellate dopo il 1861, senza considerare fattori interni o preesistenti debolezze strutturali?
Il capitolo presenta la visione neoborbonica di un Sud pre-unitario idilliaco, contrapposto a un post-unità disastroso causato esclusivamente dall’esterno. Tuttavia, questa narrazione crea una lacuna logica: una realtà così florida non dovrebbe collassare con tale facilità. Per comprendere meglio la complessità della situazione, è fondamentale approfondire la storia economica e sociale del Regno delle Due Sicilie nel periodo pre-unitario, analizzando dati su infrastrutture, istruzione, debito pubblico e struttura produttiva, mettendoli a confronto con gli altri stati italiani e con il contesto europeo dell’epoca. Approfondire il pensiero di storici come Rosario Romeo o Pasquale Villani può offrire prospettive più articolate e basate su una documentazione ampia, aiutando a contestualizzare le condizioni reali del Sud prima e dopo l’unificazione.2. Mongiana e la Memoria Contesa del Sud
La Calabria, regione all’estremo sud della penisola italiana, ha un territorio isolato e difficile da attraversare. È caratterizzata da bellezze naturali e da ruderi che raccontano storie di abbandono e ricostruzione. Questa regione rappresenta un’idea di Mezzogiorno con problemi profondi, come la povertà, la mancanza di strade e servizi, e un’immagine esterna spesso negativa. Questa situazione genera sentimenti di rabbia e risentimento, che portano a credere che l’unificazione d’Italia sia la causa dei problemi del Sud.Mongiana: Un Esempio Chiave
Mongiana e le sue Ferriere
Un esempio importante in queste discussioni è Mongiana, un piccolo paese di montagna. È noto per le sue Reali Ferriere e Officine. Queste fabbriche, nate nel Settecento, erano un grande centro industriale nel Regno delle Due Sicilie. Erano specializzate nella produzione di metalli e armi, un settore strategico, ma dipendevano molto dagli ordini dello Stato. Impiegavano circa mille operai e tecnici, un numero notevole per l’epoca e la regione. Tuttavia, operavano in un’area prevalentemente agricola, lontana dai centri produttivi e con metodi di lavoro non sempre efficienti.Il Contesto del Regno Borbonico
Le Condizioni Economiche e Sociali
La Calabria borbonica soffriva di un’agricoltura arretrata, con tecniche di coltivazione vecchie. La maggior parte delle terre era nelle mani di pochi baroni e del clero, che sfruttavano i contadini. Ci furono tentativi di cambiamento, come la Cassa Sacra creata dopo il terremoto del 1783, che doveva ridistribuire i beni della Chiesa. Questi tentativi, però, fallirono e finirono per rafforzare il potere dei grandi proprietari terrieri. Anche la nuova classe di proprietari borghesi spesso non si occupava direttamente delle terre e continuava a sfruttare i lavoratori. A livello industriale, anche realtà come Mongiana usavano metodi non sempre efficienti.Il Declino dopo l’Unità
Le Cause della Chiusura
Dopo l’unificazione italiana, la fabbrica di Mongiana smise di produrre nel 1864 e fu venduta all’asta nel 1874. Le ragioni di questa chiusura sono diverse. Diminuirono gli ordini dallo Stato, i costi di produzione erano alti e c’era la concorrenza di altri paesi, soprattutto l’Inghilterra, che produceva in modo più economico e con tecnologie migliori. Le fabbriche di Mongiana erano tecnologicamente superate. Inoltre, mancavano strade e collegamenti moderni, rendendo difficile trasportare materiali e prodotti. Questo problema delle vie di comunicazione peggiorava la situazione sia per l’industria che per l’agricoltura.La Storia oltre le Semplificazioni
La Verità Storica e le Narrazioni
Oggi, alcune idee che si rifanno al passato borbonico presentano Mongiana come prova di una grande industria nel Sud che sarebbe stata distrutta dall’unità d’Italia. Vedono il Risorgimento come un’azione di saccheggio. Questa visione, però, semplifica una realtà storica molto più complessa. Non considera i problemi che esistevano già nel Regno delle Due Sicilie, come la povertà diffusa, un’organizzazione statale poco efficiente, la mancanza di infrastrutture e un’industria che era protetta e non riusciva a competere con l’estero. La chiusura di Mongiana e le difficoltà della Calabria dopo l’unificazione sono il risultato di un insieme di fattori economici, sociali e tecnologici, non solo di un presunto piano contro il Sud.Il capitolo smonta efficacemente la narrazione di un’industria borbonica fiorente distrutta dall’unità, ma quanto indaga a fondo le specifiche politiche del nuovo Stato unitario che potrebbero aver accelerato il declino di realtà come Mongiana?
Il capitolo analizza con lucidità le debolezze strutturali preesistenti e il contesto economico post-unitario, fattori cruciali per comprendere il destino di Mongiana. Tuttavia, la transizione da un’economia protetta e dipendente dallo Stato borbonico a un mercato più aperto e nazionale, gestita dal nuovo Stato unitario, è un passaggio complesso e controverso. Comprendere se e come le politiche (o la loro assenza) del governo sabaudo abbiano influenzato la velocità e la modalità della dismissione di asset industriali nel Sud, al di là della semplice cessazione degli ordini, è fondamentale per un quadro completo. Per approfondire questo aspetto, è utile studiare la storia economica dell’Italia post-unitaria e le diverse interpretazioni storiografiche sulla Questione Meridionale, consultando il lavoro di autori come Nitti, Romeo o Zamagni.3. Le Radici Meridionali del Disagio
La visione neoborbonica dipinge Napoli come il cuore di un Regno delle Due Sicilie florido e potente, un simbolo di grandezza ormai perduta. Questa prospettiva si concentra troppo sulla capitale e non rende giustizia alla complessa e variegata realtà dell’intero regno. Le province meridionali, infatti, presentavano difficoltà strutturali profonde che andavano oltre la situazione di Napoli, manifestando un malessere diffuso e radicato.Le Difficoltà delle Province Meridionali
Diverse problematiche affliggevano le aree meridionali come la Calabria e la Sicilia. Tra queste spiccavano il baronaggio assenteista, che non investiva nei territori, e la grave carenza di infrastrutture essenziali come strade e ferrovie, che ostacolavano i commerci e i collegamenti. L’industria era scarsamente sviluppata, spesso arretrata e dipendente dalle commissioni dello stato, senza una solida base autonoma. A ciò si aggiungevano un elevato tasso di analfabetismo e una povertà diffusa, spesso peggiorata da periodiche carestie e soprusi subiti dalla popolazione locale.Malessere e Spinte al Cambiamento
Questa condizione di disagio economico e sociale, unita a una politica borbonica percepita come reazionaria e troppo centralizzata, che limitava le libertà e soffocava ogni forma di opposizione, alimentò un forte sentimento di insofferenza verso il governo. Già dalla fine del Settecento, influenzati dalle nuove idee rivoluzionarie che circolavano in Europa, iniziarono a formarsi gruppi di orientamento liberale e patriottico. Questi gruppi chiedevano con insistenza riforme politiche, l’adozione di una costituzione e, con il passare del tempo, l’unificazione dell’Italia.Moti Rivoluzionari Diffusi
Le tensioni sfociarono in numerosi movimenti e rivolte che interessarono diverse zone del regno, non limitandosi alla sola Napoli. Anche province come la Calabria, la Sicilia e la Basilicata furono teatro di sollevazioni che videro la partecipazione di strati sociali diversi, dai contadini alla borghesia. Esempi significativi di questo fermento includono l’esperienza della Repubblica Napoletana nel 1799, i moti del 1820-21, che presero avvio da Nola e Salerno, e le rivoluzioni del 1848, iniziate a Palermo e poi estesesi rapidamente in tutto il Sud. Queste proteste spesso avanzavano richieste precise, come la concessione di una costituzione e un miglioramento concreto delle condizioni di vita della popolazione. La diffusione di società segrete come la Carboneria in tutto il territorio testimoniava l’ampiezza e la profondità del dissenso interno al regno.Il Contributo Meridionale all’Unità
Queste forti spinte rivoluzionarie e il desiderio diffuso di modernizzare le istituzioni politiche e la vita civile erano ben presenti nel Meridione. Essi contribuirono in maniera determinante a indebolire il regno borbonico e a portarlo verso la crisi e il successivo crollo. L’unificazione italiana, quindi, non fu semplicemente un’azione imposta dall’esterno, ma fu anche il risultato di un processo interno di delegittimazione del potere esistente e vide la partecipazione attiva di molti abitanti del Sud che desideravano ardentemente un cambiamento e l’unità nazionale.Il capitolo presenta una “storia riscritta” contrapposta a una “narrazione ufficiale”, ma quali sono le basi storiche e le interpretazioni consolidate che questa “vera storia” intende smentire?
Il capitolo si concentra sulla descrizione di una specifica interpretazione degli eventi, definita “storia riscritta”, senza però fornire un quadro dettagliato della storiografia consolidata sul Risorgimento e sulla situazione del Regno delle Due Sicilie. Per comprendere appieno il dibattito e valutare la fondatezza delle diverse narrazioni, è fondamentale approfondire il contesto storico, sociale ed economico del Sud pre-unitario, le dinamiche politiche e militari dell’unificazione, e le diverse scuole di pensiero storiografiche. Discipline come la storia economica, la storia sociale e la storia politica offrono strumenti essenziali. Autori come Denis Mack Smith, Rosario Romeo, Raffaele Romanelli, Giuseppe Galasso, Gigi Di Fiore e Francesco Saverio Nitti possono fornire punti di vista diversi e basati su ampie ricerche.5. Neoborbonismo: l’onda revisionista e i suoi legami politici
Il movimento neoborbonico è diventato più visibile, soprattutto intorno ai 150 anni dell’unità d’Italia. In quel periodo, storici che criticano il Risorgimento hanno trovato più spazio, mentre la destra cercava di ridurre l’importanza dell’antifascismo. La politica stava cambiando: i vecchi partiti erano in crisi e la Lega Nord cresceva, attaccando lo Stato centrale e chiedendo più autonomia, spesso con idee contro il Sud. Questo clima ha aiutato il movimento neoborbonico a farsi notare. La Lega attaccava l’idea di unità italiana e usava luoghi comuni contro il Sud, dicendo che sfruttava le risorse del Nord.Come nasce la risposta neoborbonica e i suoi legami politici
Rispondendo a questi attacchi e alla sensazione che la politica nazionale avesse dimenticato il Sud, sono nati i movimenti neosudisti e neoborbonici. Questi gruppi si basano sul ricordo positivo del passato borbonico e mostrano disprezzo per i politici del Nord, cercando così di raccogliere il malcontento sociale. Hanno trovato appoggio in alcune forze politiche, per esempio in parte del Movimento Cinque Stelle, che ha proposto iniziative contro il Risorgimento, come chiedere una giornata per ricordare le persone del Sud che hanno sofferto. Sono nati contatti e collaborazioni a livello locale e nazionale, arrivando anche a formare gruppi di discussione in Parlamento.
Influenza e critiche al movimento
Anche se sono divisi in tanti gruppi e non hanno avuto grandi successi nelle elezioni, questi movimenti riescono comunque a farsi sentire sui giornali e in televisione e a parlare con i politici. Le loro idee, spesso spiegate in modo troppo semplice per piacere alla gente e piene di storie che parlano di complotti, non aiutano a risolvere i veri problemi del Sud, come la mancanza di lavoro e il fatto che molti giovani vanno via. Anzi, rendono più debole l’idea di essere italiani e spingono a sentirsi vittime, dando la colpa dei problemi del Sud solo a quello che è successo in passato o fuori, senza considerare i difetti del periodo borbonico e i passi avanti che ci sono stati con l’unità d’Italia. Il fatto che il paese non riesca a fare progressi per il Sud e che non ci sia un vero dibattito sui suoi problemi aiuta queste idee nostalgiche a diffondersi.
Ma se il movimento neoborbonico ignora “i difetti del periodo borbonico e i passi avanti che ci sono stati con l’unità”, perché il capitolo non fornisce al lettore gli elementi storici per verificare questa affermazione?
Il capitolo critica la visione storica del movimento neoborbonico, ma non fornire esempi concreti dei “difetti del periodo borbonico” o dei “passi avanti” post-unitari indebolisce la critica stessa. Per comprendere appieno il dibattito e valutare le posizioni, è fondamentale approfondire la storia economica e sociale del Regno delle Due Sicilie prima del 1860 e confrontarla con le prime decadi post-unitarie. Autori come Francesco Saverio Nitti o Rosario Romeo offrono prospettive storiche cruciali per contestualizzare il periodo.Abbiamo riassunto il possibile
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