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Informazioni
“Il fronte russo. La guerra in Ucraina raccontata dall’inviato tra i soldati di Putin” di Luca Steinmann … ti porta dritto nel cuore del conflitto in Ucraina, ma da una prospettiva che non senti spesso: quella dei territori controllati dalla Russia e dei soldati russi e delle milizie filorusse. Il libro è un viaggio nel Donbass, una regione segnata dalla guerra dal 2014, e poi nell’invasione su larga scala iniziata nel 2022. Steinmann ti fa vedere la vita al fronte a Donetsk, la distruzione di città come Mariupol e Volnovacha, e come vivono i civili sotto assedio, intrappolati tra i bombardamenti e la mancanza di tutto. Incontri le diverse facce delle forze russe, dai soldati regolari al gruppo Wagner e ai ceceni, e capisci il ruolo di gruppi come il battaglione Azov nella narrazione russa. È un racconto crudo sul giornalismo di guerra, sulla propaganda russa, sulle difficoltà di verificare le informazioni e sul pericolo costante nei territori occupati, ma anche sulla resilienza della gente e sulle diverse identità che si scontrano in questa guerra fratricida. Un libro che ti fa riflettere su cosa significa vivere e combattere in un conflitto che ha cambiato l’Europa.Riassunto Breve
Il conflitto nella regione del Donbass, nell’Ucraina orientale, inizia nel 2014 tra milizie filorusse e l’esercito ucraino, con supporto esterno dalla Russia e dai Paesi occidentali. Questa divisione riflette le tensioni identitarie dell’Ucraina post-sovietica. Dopo le proteste di Euromaidan a Kiev e il cambio di governo, percepito da molti nell’est come un colpo di stato anti-russo, sorgono movimenti armati filorussi nel Donbass, che proclamano le repubbliche di Donetsk e Lugansk. Nonostante gli accordi di Minsk, i combattimenti continuano e la Russia aumenta la sua influenza, mentre l’Ucraina integra battaglioni nazionalisti e riceve aiuti occidentali.All’inizio del 2022, la tensione sale con l’ammassamento di truppe russe al confine. Le autorità filorusse annunciano evacuazioni e mobilitazioni. Incidenti lungo la linea del fronte aumentano la percezione di un’imminente escalation. Il 21 febbraio 2022, la Russia riconosce l’indipendenza delle repubbliche del Donbass, che chiedono aiuto militare. Il 24 febbraio, la Russia lancia un'”operazione militare speciale” su vasta scala, giustificata con la difesa del Donbass, la “denazificazione” e la “smilitarizzazione” dell’Ucraina.La guerra si estende oltre il Donbass, con attacchi su più fronti. Un obiettivo chiave è Mariupol, città portuale strategica per l’accesso al mare e simbolo della “denazificazione” per la presenza del battaglione Azov. Le forze russe impiegate sono diverse, includono esercito regolare, milizie locali, volontari, Guardia Nazionale, ceceni e il Gruppo Wagner.La vita nelle città del Donbass sotto controllo filorusso, come Donetsk, è segnata da bombardamenti continui. La popolazione vive tra paura e resilienza, adattandosi alla minaccia. Molti hanno legami con la Russia e si sentono abbandonati dall’Ucraina. Gli uomini temono la mobilitazione forzata. La guerra di propaganda rende difficile la verifica delle informazioni. L’accesso per i giornalisti è limitato e richiede accreditamenti, spesso gestiti dal ministero della Difesa russo, che può revocare i permessi arbitrariamente.L’avanzata russa nel Donbass è lenta e difficile, caratterizzata da combattimenti in campo aperto, guerra di posizione e campi minati. Città come Volnovacha e Popasnaja subiscono distruzioni massicce. A Mariupol, l’assedio intrappola migliaia di civili in condizioni disperate, rifugiati negli scantinati senza servizi essenziali. Le forze russe e cecene controllano gli accessi e gestiscono i centri di filtrazione per i civili in fuga. Nei territori conquistati, inizia un processo di integrazione nel sistema russo, con la rimozione di simboli ucraini e la promozione dell’ideologia del “Russkiy Mir”.Dopo il fallimento dell’offensiva rapida su Kiev, la Russia concentra gli sforzi nel Donbass e sul sud. La battaglia per Mariupol culmina nell’assedio delle acciaierie Azovstal, ultimo bastione della resistenza ucraina. Le forze cecene giocano un ruolo centrale nell’assalto. Nonostante la conquista di Mariupol e aree del Donbass, l’avanzata russa si ferma, trasformando il conflitto in una guerra di logoramento.Le città controllate dai russi, come Donetsk, continuano a subire bombardamenti quotidiani, anche sul centro abitato, causando vittime civili e danni alle infrastrutture idriche. La centrale nucleare di Enerhodar è oggetto di attacchi reciproci. Sul fronte, i guadagni territoriali sono minimi e costosi, come a Peski e Marinka.Mosca accelera i piani di annessione, organizzando referendum nei territori occupati e distribuendo passaporti russi. Organizzazioni legate a Mosca promuovono l’integrazione. La mobilitazione forzata nel Donbass e in Russia riflette le perdite e la necessità di rinforzi.Nei territori occupati del sud, come la regione di Kherson, l’ambiente è ostile per le forze russe. La popolazione locale, anche se russofona, mostra resistenza e collabora con i servizi segreti ucraini, segnalando le posizioni russe. La ritirata russa da Kherson sulla riva occidentale del Dnipro evidenzia le difficoltà nel mantenere il controllo in aree ostili.La guerra si estende oltre il fronte, come dimostra l’attentato a Mosca che uccide Darja Dugina. La superiorità tecnologica ucraina, supportata da armi occidentali come gli HIMARS, rappresenta una sfida per le operazioni russe. Il Gruppo Wagner opera su fronti specifici, impiegando veterani in combattimenti ravvicinati e costruzione di linee difensive. La vita nelle trincee e nei rifugi sotterranei è caratterizzata dal pericolo costante dei bombardamenti.Riassunto Lungo
1. Viaggio nella tensione del Donbass
La regione del Donbass, situata nell’Ucraina orientale, è stata il fulcro di un conflitto iniziato nel 2014. Questa guerra vede contrapporsi le milizie filorusse e l’esercito ucraino. La Russia fornisce un sostegno significativo, sia militare che finanziario, alle forze filorusse, mentre l’Ucraina riceve l’appoggio di Stati Uniti, Gran Bretagna e altri Paesi membri della NATO. Questa divisione e questo scontro riflettono le profonde difficoltà che l’Ucraina, dopo la fine dell’Unione Sovietica, ha incontrato nel definire una chiara identità nazionale, divisa tra una parte della popolazione che mantiene forti legami storici e culturali con la Russia e un’altra che guarda con decisione verso l’Occidente. Nel 2014, le proteste che hanno avuto luogo a Kiev, note come Euromaidan, hanno portato a un cambiamento di governo nel Paese. Questo cambio è stato percepito da molti abitanti delle regioni orientali e meridionali dell’Ucraina come un vero e proprio colpo di stato orchestrato contro gli interessi russi. In risposta a questi eventi, nel Donbass, una regione storicamente e culturalmente molto legata alla Russia, sono sorti movimenti di protesta e gruppi armati di orientamento filorusso. Questi gruppi, sostenuti da volontari e riforniti di armi dalla Russia, sono riusciti a prendere il controllo di alcune aree del territorio, arrivando a proclamare l’indipendenza delle autoproclamate repubbliche di Donetsk e Lugansk. Di fronte a questa situazione, l’esercito ucraino è intervenuto militarmente per cercare di riprendere il controllo delle zone perdute.Gli Accordi di Minsk e la Lenta Escalation
Nonostante i tentativi di trovare una soluzione pacifica attraverso gli accordi di Minsk, firmati nel 2014 e nel 2015, che prevedevano un cessate il fuoco e la reintegrazione dei territori separatisti con un certo grado di autonomia, i combattimenti e le tensioni nella regione non si sono mai fermati del tutto. In questo periodo di stallo e conflitto a bassa intensità , la Russia ha progressivamente aumentato la sua influenza nelle aree controllate dalle milizie filorusse. Questo aumento di controllo si è manifestato, tra le altre cose, con l’introduzione della moneta russa come mezzo di pagamento e con la concessione di passaporti russi alla popolazione locale. Parallelamente, l’Ucraina ha rafforzato le proprie capacità militari, integrando anche battaglioni di orientamento nazionalista all’interno del proprio esercito regolare e continuando a ricevere aiuti militari e supporto logistico dai Paesi occidentali, preparandosi a una possibile ripresa su larga scala delle ostilità .La Crisi del 2022
La situazione è peggiorata drasticamente all’inizio del 2022, quando la Russia ha iniziato ad ammassare un numero ingente di truppe lungo il confine con l’Ucraina, aumentando enormemente la pressione sulla regione. Contemporaneamente, le autorità filorusse presenti nel Donbass hanno annunciato l’evacuazione dei civili verso il territorio russo e hanno dato il via alla mobilitazione degli uomini in età da combattimento, preparandosi a un possibile conflitto imminente. Un evento specifico che ha ulteriormente innalzato la tensione è stata un’esplosione avvenuta a Donetsk, che ha distrutto l’auto di uno dei capi miliziani locali. Questo episodio è stato immediatamente interpretato dalle forze filorusse come un attacco deliberato da parte ucraina e come un segnale inequivocabile dell’inizio di una guerra su vasta scala. Al contrario, fonti occidentali hanno descritto l’incidente come una probabile provocazione orchestrata dalla Russia stessa. In quel momento, la tensione lungo la linea del fronte ha raggiunto livelli altissimi, con il rischio di un’escalation completa sempre più concreto.Come si può pretendere di comprendere l’origine di un conflitto così complesso limitandosi a una sequenza di eventi, senza un’analisi più approfondita delle cause profonde e delle responsabilità esterne?
Il capitolo descrive in modo chiaro la cronologia degli eventi nel Donbass a partire dal 2014, ma la genesi di un conflitto di questa portata è un groviglio di fattori storici, politici ed economici che meritano un’indagine più scrupolosa. Affermare che i movimenti filorussi siano sorti “in risposta” agli eventi di Kiev, pur essendo una parte della narrazione, rischia di semplificare eccessivamente dinamiche complesse, inclusa l’influenza e il ruolo attivo di attori esterni ben prima e durante l’escalation. Per cogliere la vera portata della crisi, è indispensabile approfondire la storia delle relazioni tra Russia e Ucraina, le politiche di allargamento delle alleanze occidentali e le dinamiche interne che hanno portato alle divisioni nel Paese. Discipline come la storia contemporanea dell’Europa orientale, la geopolitica e gli studi strategici sono fondamentali. Per un quadro più completo, è utile leggere autori che hanno analizzato la storia dell’Ucraina e le politiche russe, come Serhii Plokhy o Timothy Snyder.2. Vivere al fronte di Donetsk
A Donetsk, i combattimenti non si fermano, anche se la guerra non è dichiarata ufficialmente. Si sentono di continuo esplosioni di artiglieria sparata dai filorussi e missili lanciati dagli ucraini. Questo crea un clima di tensione costante in tutta la città . I suoni della battaglia sono una presenza fissa nella vita di tutti i giorni. La linea del fronte è vicina e tangibile per gli abitanti.
Le difficoltà della popolazione
La gente vive questa situazione in modo complesso. Alcuni accettano il regime filorusso, altri non hanno alternative dopo anni di conflitto. Molti sentono un forte legame con la lingua e la cultura russa e con il passato sovietico, e si sentono abbandonati dall’Ucraina dal 2014. Gli uomini in età da combattere hanno paura della mobilitazione forzata e si nascondono in casa. L’evacuazione è pensata soprattutto per donne, bambini e anziani; spesso gli uomini non possono passare ai checkpoint, causando separazioni dolorose nelle famiglie.
La vita quotidiana tra le macerie
La città stessa è un fronte a cielo aperto, soprattutto nei quartieri più vicini alle posizioni ucraine, come Kievskij e Petrovskij. Queste zone portano i segni visibili di anni di bombardamenti: edifici distrutti e strade danneggiate. Nonostante il pericolo sia costante, la vita di ogni giorno prosegue in modo quasi surreale. I negozi sono aperti, i bambini giocano per strada, le scuole cercano di funzionare. Gli abitanti mostrano grande forza d’animo, adattandosi alla minaccia e preparando rifugi sotterranei per proteggersi.
La guerra dell’informazione
Nel Donbass si combatte anche una guerra fatta di parole e immagini, con versioni degli eventi completamente diverse diffuse dai canali filorussi e da quelli filoucraini. Questo rende molto difficile capire cosa sia vero per chi vive sul posto. La disinformazione è uno strumento usato da entrambe le parti del conflitto. Verificare le notizie indipendentemente è quasi impossibile per la maggior parte delle persone. L’accesso alla regione per le persone straniere è diventato limitato, e così ci sono pochi testimoni esterni che possono raccontare quello che succede in modo neutrale.
Ma se, come afferma il capitolo, nel Donbass si combatte una guerra di informazioni dove è quasi impossibile distinguere il vero, come possiamo essere certi che la narrazione qui presentata non sia essa stessa parte di tale guerra o influenzata da una delle parti?
Il capitolo evidenzia giustamente la difficoltà di accedere a informazioni neutrali e la pervasività della disinformazione nel contesto del Donbass. Tuttavia, nel presentare la situazione, offre una specifica prospettiva che, per quanto basata su testimonianze, potrebbe non essere immune dalle dinamiche di polarizzazione e manipolazione informativa descritte. Per affrontare questa lacuna e sviluppare una comprensione più completa e critica, è fondamentale approfondire lo studio della guerra dell’informazione e delle tecniche di propaganda. Discipline come la sociologia dei media, la scienza politica e la storia contemporanea, con particolare attenzione ai conflitti ibridi, possono fornire gli strumenti analitici necessari. È utile confrontare fonti diverse, comprendere i meccanismi di costruzione delle narrazioni e studiare autori che si sono occupati dell’analisi critica dei discorsi pubblici e della verifica delle fonti in contesti di conflitto.3. I giorni che precedono la guerra
La situazione militare nel Donbass mostrava un aumento della tensione. C’era chi, come Sergej, legato agli ambienti russi, prevedeva un attacco non limitato al Donbass. Pensava che la Russia avrebbe voluto conquistare tutta l’Ucraina. Città importanti come Kharkov e Mariupol sarebbero state prese per bloccare l’accesso al Mar Nero. Un attacco solo sul Donbass non avrebbe avuto senso se gli accordi di Minsk fossero falliti. La Russia era pronta a non rispettare più l’ordine internazionale.Il riconoscimento dell’indipendenza
La sera del 21 febbraio 2022, la Russia ha riconosciuto ufficialmente che le Repubbliche di Donetsk e Lugansk erano indipendenti. Dopo questo annuncio, ci sono stati piccoli festeggiamenti pubblici a Donetsk. Una persona che in passato era stata ministro nella repubblica di Donetsk ha interpretato questo riconoscimento come un passo verso l’unione con la Russia. Ha detto che l’obiettivo era “liberare tutta l’Ucraina”. Subito dopo il riconoscimento, le repubbliche hanno chiesto aiuto militare alla Russia. Il presidente Putin ha accettato questa richiesta.La calma apparente, le speranze dei civili e le dichiarazioni ufficiali
Il giorno dopo il riconoscimento, Donetsk sembrava stranamente calma. Non si vedevano molti soldati russi muoversi in città , il che faceva pensare a un approccio meno aggressivo del previsto. La gente comune viveva la giornata con un misto di paura e speranza. Molti speravano che la presenza russa portasse stabilità , fermasse i bombardamenti e che la regione venisse unita alla Russia, mettendo fine a otto anni di guerra e isolamento. Il desiderio di una vita normale prevaleva sulle idee politiche. Durante una conferenza stampa tenuta in quei giorni, i rappresentanti russi hanno affermato che al momento non c’erano truppe russe nel Donbass. Hanno però aggiunto che la Russia sarebbe intervenuta per proteggere la popolazione se l’Ucraina avesse fatto delle provocazioni. Il presidente della repubblica di Donetsk ha parlato di un ritorno al “Russkij Mir”, un concetto che significa l’unione dei popoli russi.L’inizio dell’operazione militare speciale
La mattina del 24 febbraio, il presidente Putin ha annunciato l’inizio di una “operazione militare speciale” in Ucraina. Ha spiegato che era necessario difendere il Donbass da un presunto genocidio. Altre ragioni addotte erano contrastare l’espansione della NATO e “demilitarizzare e denazificare” l’Ucraina. Ha definito l’Ucraina una “terra storica” russa. Nello stesso momento dell’annuncio, missili russi hanno colpito molte città ucraine. Le truppe russe hanno attraversato i confini su larga scala. L’invasione su vasta scala era iniziata.Se la tecnologia ucraina offre un “vantaggio” decisivo, come mai il fronte resta “spesso fermo” e si riduce a bombardamenti continui?
Il capitolo presenta un quadro in cui un presunto vantaggio tecnologico ucraino convive con una situazione di stallo e bombardamenti costanti. Questo solleva interrogativi sulla reale incidenza della tecnologia in un conflitto che sembra assumere i tratti di una guerra di logoramento, dove la capacità di resistere e infliggere perdite reciproche prevale sulla manovra decisiva. Per comprendere meglio questa dinamica, sarebbe utile approfondire gli studi sulla strategia militare contemporanea, in particolare l’impatto delle nuove tecnologie (come i droni) in contesti di guerra di posizione o urbana. Letture sulla storia militare e sulla teoria della guerra (ad esempio, Clausewitz, o autori più moderni come Van Creveld sull’evoluzione della guerra) possono fornire un quadro concettuale per analizzare come i fattori tecnologici interagiscano con la geografia, la politica e la volontà di resistere sul campo.18. Ostilità e intelligence nel sud occupato
L’esercito russo completa la ritirata dalla città di Kherson, situata sulla riva occidentale del fiume Dnipro. Questa decisione segue difficoltà dovute all’ostilità della popolazione locale, all’attività di guerriglia e ai bombardamenti ucraini che hanno danneggiato il ponte Antonivsky, una via di rifornimento cruciale. Circa cinquantamila persone vengono evacuate dalla città durante questa fase. Le autorità filorusse si spostano nella città di Genichesk. La ritirata segna un cambio di strategia per la Russia, che ora si concentra sulla difesa dei territori meridionali e sulla costruzione di estese linee fortificate. La regione a sud del Dnipro, dove le forze russe si sono riposizionate, presenta un ambiente ostile per le truppe occupanti. Non si tratta di un fronte di guerra tradizionale, ma di una zona caratterizzata da una guerriglia attiva e dalla forte opposizione della popolazione.La vita sotto occupazione e le dinamiche locali
In questo contesto ostile, emergono situazioni specifiche come quella del villaggio di Tavrichanka. Qui, scelto come quartier generale dalle forze cecene, le truppe occupano case abbandonate dai residenti locali più ricchi che sono fuggiti. Queste abitazioni sono spesso lussuose e mostrano i segni di una partenza molto affrettata. La popolazione che è rimasta è largamente ostile ai soldati occupanti. Chiunque interagisca o lavori per le truppe russe viene etichettato come “collaborazionista” e affronta minacce, isolamento sociale e atti intimidatori da parte di gruppi partigiani e di altri residenti. Liste di presunti collaboratori circolano anche online, aumentando la pressione su queste persone. A Genichesk, dove si sono spostate le autorità filorusse, la popolazione tatara di Crimea si trova in una posizione complessa. Molti lavorano per l’amministrazione insediata dalla Russia, ma nutrono una profonda diffidenza verso i russi. Considerano la collaborazione come un mezzo per cercare di proteggere gli interessi della propria comunità in un contesto difficile. Nonostante la loro posizione ufficiale, a volte forniscono avvertimenti o informazioni a persone che percepiscono come a rischio, dimostrando una lealtà divisa.L’efficacia dell’intelligence locale
La combinazione tra l’intelligence fornita dalla popolazione locale e la precisione dei missili HIMARS ucraini rende le basi russe estremamente vulnerabili. Gli abitanti segnalano le posizioni delle truppe occupanti all’esercito ucraino, permettendo attacchi mirati e precisi. Le stesse case occupate dai soldati a Tavrichanka, ad esempio, sono diventate bersaglio di questi attacchi. Questo dimostra il costante pericolo che le forze russe affrontano a causa dell’ambiente ostile e della capillare rete di informatori presenti sul territorio.Ma è davvero così netta la linea tra “popolazione ostile” e “collaborazionisti” in un territorio occupato?
Il capitolo, pur accennando alla posizione complessa dei Tatari di Crimea che lavorano per l’amministrazione russa ma nutrono diffidenza, rischia di semplificare eccessivamente le dinamiche umane sotto occupazione. La sopravvivenza quotidiana, la necessità di interagire con l’autorità di fatto per servizi essenziali o per cercare di proteggere la propria comunità , creano una vasta gamma di comportamenti che vanno ben oltre la dicotomia “resistente” vs. “collaboratore”. Inoltre, il capitolo descrive l’efficacia dell’intelligence locale ma non approfondisce le contromisure messe in atto dall’occupante per contrastarla o per tentare di pacificare il territorio. Per comprendere meglio queste sfumature e colmare le lacune, sarebbe utile approfondire gli studi sulla sociologia delle occupazioni militari, sulla resistenza civile e sulle strategie di contro-insurrezione. Autori che hanno analizzato le esperienze di popolazioni sotto occupazione in diversi conflitti offrono prospettive cruciali sulla complessità delle scelte individuali e collettive in contesti estremi e sulle dinamiche tra occupante e occupato.Abbiamo riassunto il possibile
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