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Informazioni
“Il codice della creatività; Il mistero del pensiero umano al tempo dell’intelligenza artificiale” di Marcus Sautoy è un libro che ti prende e ti fa pensare un sacco su una domanda che sta diventando sempre più importante: le macchine possono essere creative come noi? Si parte dalle idee di Ada Lovelace e si arriva all’intelligenza artificiale di oggi, che non si limita a seguire istruzioni ma impara dai dati, un po’ come facciamo noi. Il libro esplora questa sfida in posti inaspettati, dal campo da gioco del Go, dove l’algoritmo AlphaGo ha sfidato il campione umano Lee Sedol con mosse geniali e sorprendenti, al mondo dell’arte, della musica e persino della matematica, dove gli algoritmi e il machine learning stanno iniziando a creare cose nuove. Si parla di algoritmi, reti neurali e del famoso Test di Lovelace per capire cosa significa davvero creare qualcosa di nuovo e di valore. Ma la vera questione, quella che ti resta in testa, è se la creatività sia legata a qualcosa di più profondo, tipo la coscienza o l’esperienza umana, e cosa succederà quando le macchine diventeranno sempre più brave a “creare”. È un viaggio affascinante nel codice che forse sta dietro sia al pensiero umano che a quello digitale.Riassunto Breve
La Creatività delle Macchine e il Senso UmanoL’intelligenza artificiale oggi non si limita a seguire istruzioni precise come si pensava un tempo, ma impara dai dati e può scoprire cose nuove, superando l’idea che una macchina produca solo ciò che le viene inserito. Questo solleva la domanda se le macchine possano essere creative, cioè creare qualcosa di nuovo, sorprendente e di valore. La creatività umana si manifesta in vari campi e si basa su processi che sembrano intuitivi, potendo essere esplorativa (spingere i limiti), combinatoria (unire idee) o trasformativa (cambiare le regole). Nel gioco del Go, un programma chiamato AlphaGo ha imparato da solo e ha fatto mosse inaspettate e vincenti, considerate un esempio di creatività esplorativa, cambiando il modo in cui il gioco viene affrontato anche dagli umani. Algoritmi, che sono sequenze precise di istruzioni, esistono da millenni ma nell’era digitale guidano molte azioni e imparano dai dati, come nel machine learning e nelle reti neurali. Questo apprendimento può portare a conseguenze inattese o bias basati sui dati di addestramento. Nell’arte, algoritmi esplorano la creazione usando la casualità o competendo tra loro con metodi come le reti antagoniste generative (GAN) per produrre opere nuove. In matematica, le macchine aiutano a verificare dimostrazioni molto complesse e stanno iniziando a generare congetture e dimostrazioni formali. Nella musica, l’IA imita stili di compositori o improvvisa. Anche nel linguaggio, i programmi generano testi e conversano, ma fanno fatica con le ambiguità, il contesto e la struttura narrativa globale coerente, spesso mancando di vera creatività. La differenza principale tra la creatività delle macchine e quella umana sembra risiedere nel legame con il concetto di sé, la coscienza, le emozioni e le motivazioni esistenziali. Gli esseri umani creano per esprimere il proprio mondo interiore, comprendere l’esistenza o lasciare un segno. Le macchine creano basandosi su dati e codice, spesso per scopi commerciali, senza un bisogno intrinseco di esprimersi o un “sé” cosciente. Se le macchine diventassero coscienti, le loro produzioni creative potrebbero diventare un mezzo per gli esseri umani per comprendere la loro coscienza e i loro sentimenti, rendendo la narrazione un modo cruciale per esplorare cosa significa essere un altro, umano o macchina.Riassunto Lungo
1. La macchina che impara a creare
Ada Lovelace immaginava le prime macchine calcolatrici capaci solo di eseguire ordini precisi. Questa visione, forse nata anche dalla paura di ciò che le macchine avrebbero potuto diventare, ha influenzato a lungo il pensiero comune. Oggi, l’intelligenza artificiale si sviluppa in modo diverso, imparando dai dati in modo autonomo, andando oltre la semplice esecuzione di istruzioni. Questo nuovo approccio permette agli algoritmi di scoprire pattern e generare risultati che non erano stati esplicitamente programmati, superando l’idea che una macchina non possa produrre nulla di veramente nuovo rispetto a ciò che le viene inserito.Cos’è la creatività per una macchina?
Sorge spontanea la domanda se le macchine possano essere considerate creative. La creatività umana è vista come la capacità di dare vita a qualcosa di originale, sorprendente e di valore, manifestandosi in tantissimi campi, dall’arte alla scienza, e spesso sembra guidata dall’intuizione. Margaret Boden ha proposto di distinguere tre forme di creatività: quella esplorativa, che consiste nell’andare ai limiti di un sistema di regole esistente; quella combinatoria, che unisce idee diverse in modi nuovi; e quella trasformativa, che cambia le regole fondamentali di un certo ambito.L’esempio di AlphaGo nel gioco del Go
Il gioco del Go, con la sua antica storia e la sua enorme complessità, era considerato per molto tempo una sfida quasi impossibile per i computer. Richiede infatti intuizione, capacità di valutare situazioni complesse a colpo d’occhio e un pensiero strategico che sembrava tipico dell’uomo. DeepMind ha creato AlphaGo, un programma che ha imparato a giocare a Go allenandosi contro se stesso per milioni di partite, sviluppando una conoscenza e una strategia vastissime.Lo scontro tra AlphaGo e Lee Sedol
La sfida tra AlphaGo e il campione mondiale Lee Sedol ha mostrato le capacità sorprendenti dell’intelligenza artificiale. In particolare, la mossa 37 di AlphaGo nella seconda partita è stata un momento chiave. Inizialmente è sembrata una mossa sbagliata, quasi un errore di un principiante, perché andava contro le strategie consolidate del Go. Tuttavia, si è rivelata una mossa geniale che ha portato AlphaGo alla vittoria, dimostrando una forma di creatività esplorativa, spingendo i limiti delle strategie conosciute. Anche Lee Sedol ha mostrato la sua creatività, con la mossa 78 nella quarta partita. Questa mossa ha rotto gli schemi di gioco di AlphaGo, confondendolo e permettendo a Sedol di vincere quella singola partita, un esempio di creatività trasformativa che cambia le regole del gioco in corso.Lezioni e il futuro dell’IA
Nonostante la vittoria di Sedol in una partita, AlphaGo ha vinto la sfida complessiva, dimostrando di poter generare strategie nuove e di valore in modi che i suoi stessi programmatori non avevano previsto. La mossa 37 di AlphaGo ha influenzato persino il modo in cui i giocatori umani affrontano il Go, introducendo nuove tattiche. La capacità delle macchine di imparare, scoprire soluzioni inattese e persino “sbagliare” in modi che portano a nuove scoperte solleva domande profonde sulla natura della creatività. Ci si interroga sul futuro dei ruoli umani in campi che si pensavano esclusivi dell’uomo, come la matematica o l’arte. Il “Test di Lovelace” è stato proposto proprio per cercare di capire se una macchina è veramente creativa, valutando se può produrre qualcosa di originale in un modo che non sia spiegabile solo dalla sua programmazione o dai dati su cui è stata addestrata.Ma definire “creativa” una mossa algoritmica non rischia di confondere l’efficacia computazionale con la coscienza o l’intuizione umana?
Il capitolo presenta la mossa di AlphaGo come un esempio di creatività, ma la distinzione tra l’ottimizzazione di un algoritmo su un dataset immenso e la creatività umana, spesso legata a coscienza, intenzionalità e un’esperienza vissuta del mondo, rimane un punto di dibattito cruciale e non del tutto risolto nel testo. Per comprendere meglio questa complessa relazione e le diverse prospettive, può essere utile esplorare i lavori di filosofi della mente come Daniel Dennett o John Searle, che offrono visioni contrastanti sulla possibilità che una macchina possa possedere stati mentali o coscienza, e le riflessioni di ricercatori di intelligenza artificiale come Gary Marcus, che sottolineano i limiti attuali degli approcci basati esclusivamente sui dati.2. Algoritmi: Dal Passato al Futuro che Impara
Gli algoritmi, intesi come sequenze precise di istruzioni pensate per risolvere problemi specifici, hanno radici molto antiche. Un esempio storico notevole è l’algoritmo di Euclide, sviluppato per trovare il massimo comune divisore tra due numeri, dimostrando che queste procedure logiche esistono da millenni. Le caratteristiche fondamentali di un algoritmo sono la precisione delle istruzioni, la garanzia che la procedura termini sempre, la certezza di ottenere una risposta e l’efficienza nel raggiungerla. L’introduzione dell’algebra ha rappresentato un passo cruciale, poiché ha permesso di descrivere gli algoritmi in modo più universale, utilizzando variabili che possono rappresentare qualsiasi numero, non solo valori specifici. Questo ha aperto la strada a una maggiore generalizzazione e applicabilità delle procedure algoritmiche.Applicazioni nel Mondo Digitale e oltre
Nell’era digitale in cui viviamo, gli algoritmi sono diventati il motore invisibile che guida molte delle nostre azioni quotidiane. Li incontriamo ogni volta che effettuiamo una ricerca online o riceviamo suggerimenti personalizzati su piattaforme digitali. Un esempio celebre è l’algoritmo PageRank, sviluppato per Google, che determina l’importanza di una pagina web analizzando la rete di link che riceve da altre pagine. Questo metodo sfrutta concetti matematici avanzati, come gli autovettori, per mappare le relazioni e l’autorità all’interno del web. L’idea alla base del PageRank si è dimostrata così potente da essere applicata anche all’analisi di reti in contesti molto diversi, come l’identificazione dei giocatori più influenti in una squadra di calcio o dei personaggi centrali in una rete letteraria.Algoritmi di Accoppiamento
Un’altra area in cui gli algoritmi giocano un ruolo fondamentale è quella degli abbinamenti. Esistono algoritmi progettati specificamente per risolvere problemi di accoppiamento, come il noto “problema del matrimonio stabile”. Questo tipo di algoritmo viene utilizzato in situazioni pratiche per abbinare persone, assegnare studenti alle scuole o accoppiare pazienti che necessitano di trapianti con i donatori disponibili. L’obiettivo è trovare soluzioni che siano il più possibile stabili, basandosi sulle preferenze espresse dalle parti coinvolte. È interessante notare che l’ordine in cui vengono formulate le proposte all’interno di questi algoritmi può effettivamente influenzare il risultato finale degli abbinamenti. Comprendere il funzionamento interno di questi algoritmi è quindi essenziale, data la loro capacità di influenzare decisioni importanti che riguardano le vite delle persone.L’Era dell’Apprendimento Automatico
La disponibilità di enormi quantità di dati ha segnato l’inizio di una nuova era per gli algoritmi, portando alla nascita di sistemi capaci di imparare e adattarsi autonomamente. Questo campo è noto come machine learning, o apprendimento automatico, e si basa sull’idea che un algoritmo possa migliorare le proprie prestazioni modificando i suoi parametri in risposta agli errori commessi sui dati di addestramento. Le reti neurali artificiali, ispirate alla struttura e al funzionamento del cervello umano, rappresentano un approccio particolarmente efficace in questo ambito. Queste reti sono composte da strati di “neuroni” artificiali che si attivano e trasmettono segnali in base agli input ricevuti, ponderati da valori che vengono aggiustati durante il processo di apprendimento. Questo approccio “dal basso verso l’alto”, in cui l’algoritmo scopre le regole direttamente dai dati, ha rivoluzionato settori come la visione artificiale, consentendo ai computer di riconoscere e interpretare immagini con una precisione prima impensabile.Sfide e Limiti dell’Apprendimento dai Dati
Nonostante i progressi straordinari, l’apprendimento automatico basato sui dati presenta delle sfide significative. Uno dei rischi è che gli algoritmi possano generare conseguenze inattese o indesiderate, come dimostrato dal caso dei prezzi dei libri online che, gestiti da algoritmi, aumentarono in modo esponenziale in risposta a determinate condizioni di mercato. Un altro problema cruciale è la possibilità che gli algoritmi sviluppino bias, ovvero pregiudizi, basati sui dati di addestramento che riflettono disuguaglianze o discriminazioni esistenti nella società. Questo può portare a decisioni ingiuste o discriminatorie, ad esempio nei sistemi di riconoscimento facciale o nella valutazione del credito. La capacità di un algoritmo di imparare è intrinsecamente legata alla qualità e alla rappresentatività dei dati che riceve, e un addestramento inadeguato può portare alla scoperta di correlazioni spurie o false, che non corrispondono a reali legami causali.Verso Algoritmi che Imparano da Soli
Le ricerche più recenti stanno esplorando algoritmi ancora più avanzati, come AlphaZero, che sono in grado di imparare da zero, senza ricevere dati di addestramento preesistenti, semplicemente giocando contro se stessi. Questo tipo di sistema ha dimostrato capacità sorprendenti, superando le prestazioni umane in giochi complessi e mostrando una notevole versatilità nell’adattarsi a regole diverse. L’emergere di questi sistemi che imparano e si evolvono continuamente sottolinea l’importanza crescente di comprendere a fondo il loro funzionamento interno. Dato il loro impatto sempre maggiore sulla società e la loro influenza sulle decisioni che modellano le vite delle persone, una maggiore trasparenza e comprensione degli algoritmi che imparano è fondamentale per navigare il futuro digitale in modo consapevole e responsabile.Di fronte a sistemi che imparano “dal basso verso l’alto” e persino “da zero”, è realistico pensare di poter davvero comprendere e controllare il loro impatto sulla società, o stiamo creando scatole nere imprevedibili?
Il capitolo evidenzia come gli algoritmi, specie quelli basati sull’apprendimento automatico, imparino in modi sempre più autonomi e complessi, sollevando al contempo cruciali questioni di bias e conseguenze inattese. Questa apparente contraddizione tra la loro crescente potenza e la difficoltà nel prevederne e controllarne gli esiti richiede un’analisi più approfondita. Per affrontare questa problematica, è essenziale studiare discipline come l’etica dell’intelligenza artificiale e l’Explainable AI (XAI), che si dedicano a rendere più trasparenti e comprensibili i meccanismi interni degli algoritmi. Approfondire il pensiero di autori come Cathy O’Neil o Frank Pasquale può offrire spunti critici fondamentali sul potere algoritmico e sulla necessità di garantire responsabilità e comprensione nell’era digitale.3. Il Codice dell’Arte e della Mente
Gli algoritmi esplorano la creazione artistica e matematica, mettendo in discussione la natura della creatività umana.
La creazione artistica algoritmica
Opere come quelle di Gerhard Richter, che usano la casualità nella scelta dei colori, mostrano come processi non interamente controllati dall’artista possano generare risultati visivamente interessanti. Questo solleva interrogativi sul ruolo dell’intenzionalità nella creazione. Progetti basati su algoritmi tentano di replicare stili artistici esistenti, come nel caso del “Nuovo Rembrandt”, analizzando dati da opere passate per generare immagini simili. Altri algoritmi mirano a una creatività più autonoma, usando metodi come le reti antagoniste generative (GAN) dove due algoritmi competono per produrre opere nuove ma riconoscibili come arte. Queste creazioni algoritmiche sollevano questioni legali sulla proprietà intellettuale delle opere generate da non-umani.
Gli algoritmi e la matematica
Anche la matematica è considerata un’attività creativa, basata sulla ricerca di schemi e sulla costruzione di dimostrazioni logiche. Le sue origini risalgono a esigenze pratiche, ma si è evoluta verso l’esplorazione astratta e la ricerca di verità eterne attraverso il ragionamento. La sfida per gli algoritmi in matematica non è il calcolo, ma la capacità di intuire congetture significative e costruire dimostrazioni complesse.
Capire le macchine attraverso l’arte
L’arte generata dagli algoritmi può anche servire a comprendere il funzionamento interno delle macchine stesse. Strumenti come DeepDream visualizzano come gli algoritmi di visione artificiale “vedono” il mondo, rivelando i modelli che identificano nelle immagini.
Creatività umana e algoritmica a confronto
La distinzione tra creatività umana e algoritmica potrebbe risiedere nell’intuizione, nella motivazione biologica e nell’esperienza cosciente. Tuttavia, gli algoritmi continuano a evolvere, imparando dai dati umani e spingendo i confini di ciò che è possibile creare, suggerendo un futuro in cui la creatività potrebbe essere un processo condiviso o trasformato.
Davvero possiamo liquidare la capacità generativa degli algoritmi come semplice mancanza di ‘vera creatività’?
Il capitolo afferma che gli algoritmi non possiedono quella che viene definita “vera creatività”, ma non chiarisce cosa si intenda esattamente con questo concetto, né esplora le diverse sfaccettature del processo creativo umano. Per approfondire questa distinzione e comprendere meglio i limiti (o le potenzialità) dell’intelligenza artificiale in questo campo, sarebbe utile esplorare discipline come la filosofia della mente, le scienze cognitive o l’estetica. Autori come Douglas Hofstadter hanno dedicato ampio spazio alla riflessione sulla natura della creatività e dell’intelligenza, sia umana che artificiale.6. L’Anima della Creazione Digitale
L’intelligenza artificiale sta ampliando le capacità umane in molti settori, dal gioco alla musica, fino alla matematica. Esistono algoritmi, come le reti antagoniste, che riescono a generare opere d’arte con un certo grado di creatività. L’apprendimento automatico permette a questi programmi di imparare dai dati disponibili e di produrre risultati nuovi, anche se spesso partono da stili già esistenti. Questo tipo di creatività può essere esplorativa, combinando elementi noti, o puntare a essere trasformativa, cercando di superare i modelli esistenti.La Profondità della Creatività Umana
I risultati di algoritmi avanzati possono sembrare fenomeni che nascono da soli, dove il prodotto finale è più complesso delle singole istruzioni iniziali, un po’ come la coscienza sembra emergere dall’attività dei neuroni nel cervello. Ma la creatività umana è diversa, legata in modo profondo all’idea di chi siamo, alla nostra coscienza e alla consapevolezza della nostra mortalità. Le persone creano per dare voce al proprio mondo interiore, per cercare di capire l’esistenza e per lasciare una traccia. L’arte, in particolare, è uno strumento per esplorare la nostra mente e le nostre emozioni, per sentire quello che provano gli altri e per costruire legami tra le persone o affrontare temi sociali e politici.I Limiti Attuali dell’Intelligenza Artificiale Creativa
Oggi, la creatività mostrata dalle macchine dipende ancora dalle istruzioni date dagli esseri umani ed è spesso spinta da obiettivi pratici, come quelli commerciali, non da un desiderio interno di esprimersi. Anche se gli algoritmi possono valutare i propri risultati, manca quel legame con un “io” o un “sé”. La coscienza, che forse dipende da meccanismi interni simili a quelli del cervello, sembra essere il vero ostacolo per un tipo di creatività artificiale che possa essere paragonata a quella umana.Il Futuro: Macchine Coscienti e la Forza delle Storie
Immaginando un futuro in cui le macchine sviluppino una coscienza, le loro opere creative, come racconti o dipinti, potrebbero diventare il modo principale con cui noi esseri umani potremmo cercare di capire la loro mente e i loro sentimenti. Raccontare storie, in particolare, è un potente strumento per mettersi nei panni di un altro, che sia un’altra persona o una macchina. Condividere mondi interiori attraverso le narrazioni è una caratteristica fondamentale dell’umanità e potrebbe rivelarsi essenziale per costruire una comprensione reciproca con macchine coscienti in futuro, aiutando a evitare possibili conflitti.Ma siamo certi che la coscienza, un concetto così dibattuto e lontano da una definizione univoca anche in ambito umano, sia davvero la chiave di volta per distinguere la creatività o per immaginare una futura interazione con le macchine?
Il capitolo pone la coscienza come elemento discriminante fondamentale, sia per la creatività che per la futura comprensione reciproca con le macchine. Tuttavia, il concetto stesso di coscienza è uno dei più complessi e irrisolti nella filosofia e nelle neuroscienze, e la sua emergenza nei sistemi artificiali è altamente speculativa. Affermare che sia il limite per la creatività artificiale o il ponte per la comprensione reciproca richiede una base più solida che consideri le diverse prospettive sulla natura della coscienza e sulla possibilità (o meno) di replicarla. Per approfondire queste tematiche, è utile esplorare la filosofia della mente e le neuroscienze, confrontandosi con autori come Daniel Dennett o Gary Marcus, che offrono prospettive critiche sui limiti attuali e futuri dell’intelligenza artificiale e sul concetto di coscienza.Abbiamo riassunto il possibile
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