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Contenuti del libro
Informazioni
Il cielo di pietra. Il secolo dei giganti” di Antonio Forcellino ti catapulta nel cuore del XVI secolo, un’epoca pazzesca dove Roma e Istanbul si contendono il mondo in un gioco di potere, fede e sopravvivenza. Non è solo storia, è un affresco vivido che ti porta dentro gli intrighi della corte papale sotto Papa Paolo IV Carafa, con l’Inquisizione romana che semina terrore e i nipoti Carafa che gestiscono la corruzione, imprigionando figure come il Cardinal Morone. Ma c’è anche la grandezza di Michelangelo Buonarroti, che lavora alla Cupola di San Pietro, un gigante che sfida il caos con la sua arte. Dall’altra parte, l’Impero Ottomano con il Sultano Solimano e i suoi figli Bayezid e Selim, una corte altrettanto spietata. Il libro ti fa vivere il Conclave 1559, un vero campo di battaglia diplomatico, e la drammatica Battaglia di Lepanto 1571, uno scontro epico nel Mediterraneo. Tra cardinali, sultani, artisti e donne potenti come Vittoria Farnese e Giulia Gonzaga, scoprirai un mondo dove la fede si scontra con la politica e dove i destini individuali si intrecciano con la grande storia. È un viaggio appassionante in un secolo di giganti, tra speranze di riforma e la dura realtà del potere.Riassunto Breve
A Roma, sotto il pontificato di Paolo IV Carafa, il potere papale si manifesta in modo assoluto, con l’Inquisizione che perseguita chiunque sia sospettato di voler riformare la Chiesa. Il cardinale Morone viene imprigionato a Castel Sant’Angelo con l’accusa di eresia, un’azione vista come un tentativo di eliminare potenziali successori. La corruzione è diffusa, gestita dai nipoti del papa, mentre una guerra contro la Spagna prosciuga le risorse. Durante un interrogatorio, il papa accusa Morone di eresia basandosi su presunte confessioni, ma Morone respinge le accuse, difendendo la sua fede e criticando il papa. A Roma, Michelangelo osserva la corruzione e il clima di paura, trovando rifugio nell’arte e criticando apertamente il papa, pur sentendosi protetto dalla sua importanza per San Pietro. La famiglia Carafa domina Roma, usando l’Inquisizione contro i nemici religiosi e estorcendo denaro. Vengono raccolti fascicoli che accusano di eresia figure legate alla Spagna, come Morone e Vittoria Colonna, in un piano politico dei Carafa. La depravazione dei nipoti Carafa è evidente, portando Martuzza, l’amante di Giovanni Carafa, a pianificare la fuga. Anche il cardinale Polo in Inghilterra è nel mirino del papa, che ne chiede l’estradizione. Intanto, alla corte ottomana, il principe Bayezid cerca l’appoggio del gran visir Sokollu per la successione, offrendo corruzione, ma Sokollu mantiene la sua lealtà al sultano Solimano. A Napoli, l’Inquisizione usa le accuse di eresia per colpire nemici; Giulia Gonzaga, seguace di Valdés, riceve notizia della morte del cardinale Polo. A Roma, i cardinali Medici, Gonzaga e Farnese visitano Morone in prigione, trovando le accuse deboli e notando l’odio del papa. Ottengono per Morone condizioni migliori e la possibilità di difendersi. Uomini potenti usano la forza per affermare il potere; a Gallese, Giovanni Carafa uccide il presunto amante della moglie e poi la fa uccidere, temendo danni politici. Alla corte ottomana, la successione tra i figli di Solimano porta a conflitti e condanne a morte. A Roma, la brutalità dei Carafa provoca indignazione popolare; la morte di Paolo IV scatena una rivolta contro l’Inquisizione. Sokollu aiuta Selim a sconfiggere Bayezid in battaglia, che poi fugge in Persia. Morone visita Michelangelo prima del conclave, discutendo l’elezione del nuovo papa e la bolla che impedisce a Morone di essere eletto. Martuzza fugge a Urbino, accolta dalla duchessa Vittoria Farnese, raccontando la sua vita e cercando indipendenza a Venezia. Il conclave del 1559 è un campo di battaglia diplomatico, influenzato da potenze esterne e interessi personali. Le fazioni si dividono, e un tentativo di eleggere il cardinale Carpi fallisce per l’opposizione del cardinale d’Este. Bayezid fugge in Persia, accolto dallo Scià che lo vede come un ostaggio prezioso. L’elezione papale è bloccata per mesi; Carlo Carafa blocca i voti per riavere un feudo. Cosimo de’ Medici orchestra l’elezione del cardinale Gian Angelo Medici, offrendo accordi ai Carafa per sbloccare la situazione. Gian Angelo Medici viene eletto papa Pio IV. Il nuovo papa si consulta con Morone e Gonzaga, pianificando la chiusura del concilio di Trento e la riforma interna della Chiesa, puntando alla moralizzazione della curia e processando i nipoti Carafa. Si discute anche della minaccia ottomana, mentre la flotta ottomana sconfigge quella spagnola a Djerba. Il papa visita Michelangelo al cantiere di San Pietro, ammirando l’opera e chiedendogli di disegnare le porte della città. Solimano, anziano, mantiene il potere, alimentando la rivalità tra Selim e Bayezid; Mihrimah Sultan tenta di salvare Bayezid, ma i suoi messaggeri vengono uccisi. A Roma, i Carafa e Dal Monte sono processati per omicidi e corruzione, affrontando l’ostilità popolare e venendo arrestati. L’arrivo di Virginia della Rovere a Roma segna un’alleanza; Vittoria Farnese critica il fratello Alessandro per le sue scelte politiche e il declino della Chiesa, notando l’abilità politica delle donne come Elisabetta I. Mihrimah Sultan teme per Bayezid in Persia; Solimano accetta di farlo tornare in cambio di denaro, ma poi ordina la sua esecuzione e quella dei suoi figli. A Roma, Pio IV condanna a morte i Carafa per crimini e accordi con nemici; vengono giustiziati pubblicamente. Morone incontra Giulia Gonzaga a Mantova, spiegando che il Concilio di Trento si concentra sulla riforma istituzionale, non sulla “fede nuova”, e la avverte del rischio rappresentato dall’inquisitore Ghisleri, consigliandole di rompere i legami. Giulia resiste, ma Morone sottolinea che le speranze per un mondo diverso sono finite. Michelangelo trascorre i suoi ultimi giorni a Roma, assistito da amici, muore serenamente. Nel Mediterraneo, la tensione con gli Ottomani cresce dopo Djerba; i Cavalieri di Malta intensificano le incursioni, portando all’assedio di Malta nel 1565. I Cavalieri resistono con coraggio, e l’arrivo di soccorsi spagnoli e una tempesta costringono gli Ottomani alla ritirata. A Venezia, Vittoria Farnese discute di arte e politica, spingendo per una Lega Santa contro gli Ottomani, che mirano a Cipro. Solimano guida l’esercito in Ungheria e muore durante l’assedio; Sokollu nasconde la morte per garantire la successione di Selim. A Napoli, Giulia Gonzaga, temendo l’Inquisizione, muore pacificamente; le sue lettere vengono usate contro Carnesecchi. Selim decide di attaccare Cipro, spingendo i cristiani a formare una lega. La formazione della lega cristiana incontra difficoltà politiche e militari, con esitazioni da Venezia e Spagna; solo il Papa Pio V desidera la guerra. Figure come Morone e Colonna lavorano per superare le resistenze. La flotta cristiana si riunisce a Messina ma subisce ritardi e conflitti interni. Notizie delle atrocità a Cipro aumentano la volontà di combattere. Un pescatore fornisce informazioni cruciali sulla flotta ottomana a Lepanto, portando alla decisione di dare battaglia. La mattina del 7 ottobre 1571, le flotte si affrontano a Lepanto; un improvviso cambio del vento favorisce i cristiani. I cannoni cristiani colpiscono efficacemente la flotta ottomana, che è mal equipaggiata. La battaglia si trasforma in un massacro, e la flotta turca viene sconfitta. La vittoria cristiana impedisce l’espansione turca verso l’Italia, ma l’influenza a lungo termine della battaglia sui popoli mediterranei è minore del previsto, poiché la scoperta di un nuovo mondo apre un altro scenario globale.Riassunto Lungo
1. La Tempesta di Carafa su Roma
Sotto il governo di Paolo IV Carafa, il papa esercita un potere totale e incontrastato. L’Inquisizione, guidata con pugno di ferro, perseguita senza pietà chiunque sia anche solo sospettato di desiderare una riforma della Chiesa. In questo clima di paura e controllo, il cardinale Morone viene arrestato e imprigionato a Castel Sant’Angelo. Non vengono fornite giustificazioni pubbliche per questo atto, ma molti lo interpretano come un tentativo del papa di eliminare figure potenti e possibili successori, come Morone stesso e il cardinale Reginaldo Polo. La corruzione fiorisce a Roma, gestita apertamente dai nipoti del pontefice, mentre la guerra dichiarata dal papa contro la Spagna prosciuga le casse e mette in difficoltà la città.L’interrogatorio del cardinale Morone
Durante un duro interrogatorio avvenuto nella sua cella, Papa Carafa si confronta direttamente con Morone. Il pontefice lo accusa di eresia, affermando di avere prove basate su confessioni ottenute da altre persone. Le accuse specifiche riguardano le critiche mosse da Morone a pratiche come il culto dei santi e la vendita di reliquie, oltre alla sua presunta partecipazione alla stesura del controverso testo “Beneficio di Cristo”. Morone, con grande dignità, respinge con forza tutte le accuse rivoltegli. Difende la sua fede, che pone al centro il sacrificio di Cristo come unica via per la salvezza, e critica apertamente la fede del papa, definendola ancorata a superstizioni e formalismi. Nonostante le minacce esplicite di tortura e persino di morte, Morone non cede. Mantiene un atteggiamento fiero, chiede con insistenza un processo regolare e non esita a mettere in discussione l’autorità e la legittimità del papa, confrontandolo con pontefici corrotti del passato.Michelangelo e la città sotto controllo
In questo stesso periodo, a Roma, Michelangelo vive e lavora, osservando gli eventi con disincanto. L’arresto di Morone non lo sorprende affatto, avendo assistito per decenni alla diffusa corruzione all’interno della corte papale. Nonostante il clima di paura, spionaggio e controllo capillare imposto dal papa, Michelangelo trova un senso di libertà nella sua arte. La considera un servizio diretto a Dio, una missione che lo rende immune dalle meschinità terrene e lo protegge. I lavori per la grande cupola di San Pietro procedono con lentezza, anche a causa della mancanza di fondi, prosciugati dalla guerra voluta dal papa. Per assicurarsi che il suo ambizioso progetto per la cupola venga portato a termine anche dopo la sua scomparsa, prende la decisione di far costruire un modello in legno estremamente dettagliato. Ne discute con i suoi assistenti e con l’amico Tommaso de’ Cavalieri, sottolineando l’importanza cruciale di questo modello e la necessità di trovare un falegname capace. Esprime la sua profonda preoccupazione per la sorte di Morone e non risparmia critiche feroci al papa, che definisce senza mezzi termini un ipocrita e un fanatico. Pur essendo consapevole di essere costantemente sorvegliato, Michelangelo non teme il potere papale, sentendosi protetto dalla sua posizione unica e indispensabile per il completamento di San Pietro. Questa dedizione lo porta a rifiutare persino una prestigiosa offerta di lavoro dal Sultano ottomano, rimanendo fermo nel suo impegno a Roma.Il capitolo presenta il conflitto tra Carafa e Morone come una lotta tra potere e superstizione contro una fede più pura. Ma quali erano le reali poste in gioco teologiche che infiammavano il dibattito in quel periodo?
Il capitolo, pur cogliendo il clima di terrore, semplifica eccessivamente le ragioni profonde dello scontro tra Paolo IV e figure come Morone. La persecuzione non era solo frutto di sete di potere o di una generica ‘superstizione’, ma affondava le radici in complesse e aspre dispute teologiche interne alla Chiesa, acuite dalla Riforma protestante. Capire il pensiero dei cosiddetti ‘spirituali’, il ruolo del ‘Beneficio di Cristo’ e le diverse interpretazioni della salvezza e del ruolo della Chiesa è essenziale per afferrare la posta in gioco. Per approfondire, è indispensabile studiare la storia della Controriforma e i dibattiti che prepararono e accompagnarono il Concilio di Trento. Autori come Hubert Jedin o Massimo Firpo sono punti di riferimento per comprendere questo cruciale periodo.2. La rete del potere e dell’eresia
Roma si trova sotto il controllo della famiglia Carafa, guidata dal Papa. Un diffuso malcontento serpeggia tra la popolazione e la nobiltà, ma nessuno osa opporsi apertamente alla loro tirannia. Il Papa utilizza l’Inquisizione come strumento per colpire i suoi nemici, spesso mascherando conflitti politici sotto accuse religiose. Allo stesso tempo, i nipoti Carafa sfruttano la loro posizione per estorcere denaro alla nobiltà romana. Evitano di toccare solo i territori della famiglia Colonna, che gode della potente protezione degli spagnoli.Le accuse di eresia come arma politica
Il Papa Paolo IV dimostra la sua autorità imprigionando il cardinale Morone senza formulare accuse precise, un atto che spaventa profondamente l’intero collegio cardinalizio. I Carafa possiedono documenti che sembrano incriminare diverse figure di spicco con l’accusa di eresia. Tra i sospettati ci sono Morone stesso, il cardinale Polo, Vittoria Colonna, Giulia Gonzaga e Eleonora Gonzaga. Queste accuse si basano sul presunto legame tra queste personalità e la diffusione del luteranesimo attraverso i testi di Juan de Valdés. Tuttavia, è chiaro che l’accusa di eresia viene usata dai Carafa principalmente come uno strumento politico per eliminare i loro avversari. L’obiettivo è colpire in particolare coloro che sono legati alla Spagna, come Marcantonio Colonna e Guidobaldo della Rovere. La figura di Vittoria Colonna viene presentata come il possibile punto di partenza di questa “eresia” a Roma, forse a causa del suo ruolo attivo e influente in discussioni religiose, un’attività che all’epoca poteva essere vista come un’indebita intrusione in ambiti maschili.Reazioni e strategie contro i Carafa
La situazione è estremamente delicata perché il re di Spagna, Filippo II, è molto sensibile al tema dell’eresia. Se i suoi alleati venissero colpiti da questi sospetti, potrebbe decidere di ritirare il suo appoggio. Per contrastare il piano dei Carafa, si cerca attivamente un modo per informare Filippo II della vera natura delle accuse, forse sfruttando i contatti con figure influenti come il Duca d’Alba o il viceré di Napoli. Parallelamente, si progetta di inviare alcuni cardinali di grande peso politico direttamente dal Papa per chiedere chiarimenti sul processo intentato contro Morone e per cercare di bloccare l’uso politico dell’Inquisizione.La depravazione dei nipoti e la fuga di Martuzza
Nel frattempo, la vita a Roma è segnata dalla depravazione e dalla crudeltà dei nipoti Carafa e del cardinale Innocenzo Dal Monte. Martuzza, l’amante di Giovanni Carafa, è testimone diretta dei loro comportamenti violenti e decide che deve trovare un modo per fuggire da quell’ambiente pericoloso. Un’opportunità inattesa si presenta quando i Carafa e Innocenzo organizzano un viaggio a Gallese. Lo scopo ufficiale è indagare su Violante, la moglie di Giovanni, accusata falsamente di adulterio. Questo spostamento offre a Martuzza il momento ideale per mettere in atto il suo piano e scappare da Roma, lontano dalla violenza e dalla corruzione che la circondano.Il cardinale Polo in Inghilterra
Lontano da Roma, in Inghilterra, il cardinale Polo si trova anch’egli nel mirino del Papa Carafa. Polo sta aiutando la regina Maria I a ristabilire il cattolicesimo nel paese, un compito difficile e delicato. Il Papa Carafa ne chiede l’estradizione a Roma, probabilmente con l’intenzione di imprigionarlo come fatto con Morone. La regina Maria affronta numerose difficoltà politiche e personali: teme per la stabilità del suo regno e per il suo matrimonio con Filippo II. In questa situazione di incertezza, si affida molto ai consigli di Polo. Nonostante le forti pressioni da parte di Roma, Polo rimane in Inghilterra. Egli sconsiglia alla regina di fare viaggi o di agire contro la sorella Elisabetta, sottolineando l’importanza di distinguere l’autorità spirituale del papato dalle azioni personali, e spesso discutibili, del Papa regnante.Se l’accusa di eresia è solo uno strumento politico, perché il capitolo non chiarisce la natura teologica di tale “eresia”?
Il capitolo presenta l’accusa di eresia come un mero strumento politico, utile ai Carafa per colpire i propri avversari, in particolare quelli legati alla Spagna. Tuttavia, non viene minimamente approfondito quale fosse il contenuto teologico delle idee attribuite a Juan de Valdés o quali specifiche posizioni fossero considerate eretiche dall’Inquisizione romana dell’epoca. Questa lacuna impedisce di comprendere appieno il contesto in cui queste accuse venivano mosse e perché proprio quelle figure fossero considerate vulnerabili. Per acquisire una visione più completa, sarebbe fondamentale studiare la storia religiosa del Cinquecento italiano, le correnti riformate e “spirituali”, e il funzionamento dell’Inquisizione, magari consultando opere di storici come Adriano Prosperi o Massimo Firpo.3. Le Prove di Lealtà e Fede
A Istanbul
Il gran visir Sokollu riceve una visita inaspettata di notte. È il principe Bayezid, che sta per partire per una missione e cerca l’appoggio del visir per assicurarsi la successione al trono. Bayezid esprime forti critiche verso il fratello Selim, giudicandolo inadatto a governare per le sue debolezze. Mette persino in dubbio la lealtà e la fede di Sokollu, insinuando che sia segretamente cristiano. Per ottenere il suo aiuto nell’eliminare il fratello e diventare sultano, offre al visir una grande quantità di gioielli. Sokollu mantiene la calma e rifiuta decisamente il tentativo di corruzione. Riafferma con fermezza la sua lealtà al sultano Solimano e avverte Bayezid delle gravi conseguenze che un simile gesto potrebbe avere, dimostrando la sua integrità e la sua profonda conoscenza degli intrighi di corte.A Napoli
L’atmosfera natalizia in città fa da contrasto all’attività dell’Inquisizione, che sfrutta le accuse di eresia per colpire chi le è ostile. Giulia, una donna che segue gli insegnamenti di Valdés, trova rifugio in un convento dove la preparazione del presepe è un momento molto importante. Qui riceve di nascosto una lettera scritta in codice da Pietro Carnesecchi, un altro seguace di Valdés. La lettera porta la triste notizia della morte del cardinale Polo a Londra, avvenuta poco dopo quella della regina Maria. Si diffonde l’ipotesi che Polo possa essersi tolto la vita per evitare di cadere nelle mani dell’Inquisizione, guidata dal temuto Carafa. Questa notizia causa grande dolore e tristezza a Giulia.A Roma
Nella capitale, i cardinali Medici, Gonzaga e Farnese fanno visita al cardinale Morone, che è stato imprigionato a Castel Sant’Angelo con l’accusa di eresia per ordine di Papa Paolo IV, al secolo Carafa. Gli mostrano il fascicolo con le accuse, che i tre cardinali trovano deboli e basate principalmente su pettegolezzi e sulle strette amicizie di Morone con figure come Vittoria Colonna e il cardinale Polo. Le accuse principali riguardano un presunto culto di Cristo che metterebbe in secondo piano i santi. Morone appare sereno, forte e sostenuto dalla sua fede. I cardinali notano l’odio implacabile che il papa nutre nei suoi confronti, nonostante la salute del pontefice stia peggiorando. Discutono di una bolla papale che impedisce a chi è stato processato per eresia di diventare papa, ma progettano di annullarla non appena si terrà il prossimo conclave. Riescono a ottenere per Morone una cella migliore, dotata di una finestra, e la possibilità di preparare adeguatamente la sua difesa, prendendo anche precauzioni contro possibili tentativi di avvelenamento.Davvero un singolo pescatore fuggito dalla prigionia basta a spazzare via ogni esitazione e decidere le sorti di una flotta intera?
Il capitolo, pur descrivendo efficacemente la tensione e le difficoltà, sembra attribuire un peso forse eccessivo all’informazione fornita da un singolo individuo per giustificare il superamento di “ogni esitazione residua” e la decisione unanime di attaccare. La realtà della guerra e della diplomazia del XVI secolo era intessuta di informazioni frammentarie, spesso contraddittorie, e le decisioni strategiche scaturivano da un complesso intreccio di intelligence, valutazioni politiche, pressioni interne e calcoli di rischio. Per approfondire l’argomento e comprendere meglio i meccanismi decisionali in contesti di alta incertezza, è utile approfondire la storia militare, la storia navale e la storia della diplomazia e dell’intelligence nel Mediterraneo del Cinquecento. Un buon autore da leggere per avere una visione più ampia delle dinamiche politiche e militari dell’epoca è Fernand Braudel, anche se non si concentra specificamente su questo evento, offre un contesto fondamentale. Altri autori che hanno studiato la battaglia di Lepanto e le sue cause possono fornire dettagli più specifici sui processi decisionali e sulla gestione delle informazioni.16. La Battaglia di Lepanto: Vento, Cannoni e un Nuovo Mondo
La mattina del 7 ottobre 1571, la flotta cristiana doppiò il capo vicino Lepanto, trovando la flotta turca pronta ad affrontare lo scontro. I turchi, seguendo l’ordine di Selim, uscirono dalla rada spinti inizialmente dallo scirocco, tra canti e vesti da cerimonia, ignorando le voci contrarie alla battaglia. La flotta cristiana si dispose a punta di lancia, con la nave di Don Juan al centro, le galee veneziane vicine alla costa e le navi di Marcantonio Colonna sul lato del mare. Entrambe le parti usarono musica e danze, cercando di esorcizzare il terrore che precedeva lo scontro imminente. Mentre le flotte si avvicinavano, il vento smise di soffiare all’improvviso, un evento che cambiò le sorti iniziali.Lo Scontro Decisivo
Questo improvviso cambio del vento avvantaggiò enormemente i cristiani, che, remando controvento, riuscirono a controllare meglio le distanze e la disposizione delle proprie navi. La flotta turca, invece, rimase ferma e dovette affidarsi solo ai remi, perdendo la sua facilità di manovra. I turchi iniziarono la battaglia lanciando frecce, ma la maggior parte non raggiunse le navi cristiane, permettendo ai cristiani di calcolare con precisione la gittata dei loro cannoni. Quando i cristiani aprirono il fuoco, i colpi dei cannoni furono devastanti, affondando i primi vascelli turchi e ostacolando le navi che seguivano. La flotta ottomana si trovò in grande difficoltà, anche a causa di navi non costruite in modo ottimale, scarso equipaggiamento e la presenza di molti malati a bordo che riducevano la forza dei rematori. La battaglia si trasformò rapidamente in un massacro. In poche ore, la flotta turca si disperse e si arrese, con l’unica eccezione delle navi dei pirati algerini che riuscirono a fuggire.Le Conseguenze e il Futuro
La vittoria cristiana fu vista subito come un momento cruciale. Molti pensarono che avesse fermato in modo definitivo l’avanzata turca verso l’Italia. Questo successo diede grande speranza e fu celebrato in tutta Europa. Tuttavia, guardando alla storia successiva, l’impatto duraturo di questa battaglia sul destino dei popoli del Mediterraneo si rivelò meno grande di quanto si credesse. La scoperta di un nuovo mondo, infatti, stava già aprendo scenari globali completamente diversi, spostando l’attenzione e le forze economiche e politiche verso altre direzioni.Ma la vittoria di Lepanto fu davvero solo merito di un colpo di vento, o c’è dell’altro che il capitolo tralascia?
Il capitolo, nel descrivere la battaglia, pone grande enfasi sul ruolo del vento come fattore determinante, quasi un evento miracoloso che avrebbe deciso le sorti dello scontro. Tuttavia, ridurre l’esito di uno scontro navale di tale portata a un singolo evento meteorologico rischia di semplificare eccessivamente una realtà ben più complessa. Per comprendere appieno le ragioni della vittoria cristiana e della sconfitta ottomana, è fondamentale considerare altri elementi cruciali: le differenze nella tecnologia navale e nell’armamento (in particolare l’artiglieria), le tattiche adottate dai comandanti, la preparazione e il morale degli equipaggi, le capacità logistiche e le condizioni delle navi stesse, come accennato brevemente nel testo. Approfondire la storia militare navale, la storia dell’Impero Ottomano e la storia del Mediterraneo in quel periodo può fornire una prospettiva più sfaccettata. Autori come John F. Guilmartin Jr. o Fernand Braudel offrono spunti essenziali per un’analisi più approfondita.Abbiamo riassunto il possibile
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