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Contenuti del libro
Informazioni
“Il cervello immortale” di Sergio Canavero ti porta in un viaggio incredibile, partendo dalla visione audace di un trapianto di testa, o meglio, un’anastomosi cefalo-somatica, ispirata dai lavori pionieristici del neurochirurgo Robert J. White. Non è fantascienza pura, ma un’esplorazione seria delle possibilità offerte dalle neuroscienze moderne per superare limiti come la paralisi, concentrandosi sulla riparazione del midollo spinale. Il libro scava a fondo nella rigenerazione nervosa, nel mistero del dolore centrale e nel potenziale della neuroplasticità. Scopri come il ruolo cruciale degli interneuroni e l’uso di sostanze come il PEG (polietilene glicole) e l’elettrostimolazione possano rendere possibile riconnettere le fibre nervose recise. Si parla di casi reali e del Progetto HEAVEN/GEMINI, con il primo volontario, Valery Spiridonov, e il supporto di ricercatori come Xiao-Ping Ren. Ma non si ferma qui: il libro affronta anche il dibattito sulla coscienza, le interfacce cervello-macchina e l’idea di immortalità tecnologica, mostrando come la scienza stia spingendo confini che sembravano invalicabili, nonostante la resistenza che le idee radicali incontrano sempre. È una lettura che ti fa riflettere su cosa significa essere umani e quanto lontano possiamo spingerci.Riassunto Breve
La possibilità di riparare il midollo spinale danneggiato apre la strada a interventi considerati prima impossibili. Si è osservato che il midollo spinale non è solo un semplice cavo che trasmette segnali dal cervello, ma contiene una rete di neuroni propri, chiamati interneuroni, che si trovano nella sostanza grigia. Questi interneuroni possono trasmettere segnali lungo il midollo e orchestrare movimenti anche quando le lunghe fibre che scendono dal cervello sono interrotte. La capacità del sistema nervoso, sia del cervello che del midollo spinale, di adattarsi e riorganizzarsi dopo un danno, chiamata neuroplasticità, è fondamentale per il recupero. Per riparare un midollo spinale reciso, come potrebbe accadere in un trauma o in un intervento chirurgico, si propone di rimuovere la parte danneggiata e unire le due estremità sane. Sostanze specifiche, dette fusogeni o sigillanti di membrana, come il polietilene glicole (PEG) e il chitosano, possono aiutare a riparare le membrane cellulari danneggiate e fondere le estremità dei prolungamenti nervosi tagliati, permettendo un rapido ritorno dei segnali elettrici. L’applicazione di uno stimolatore elettrico sul punto di unione del midollo spinale può velocizzare ulteriormente la guarigione e riattivare l’attività dei circuiti spinali. Studi su animali con midollo spinale completamente sezionato hanno dimostrato che l’applicazione di PEG ripristina la conduzione nervosa e porta al recupero del movimento e della sensibilità. Anche casi clinici umani, come quello di un paziente paraplegico che ha ripreso a camminare dopo un intervento che ha usato innesti nervosi e cellule olfattive per collegare i segmenti del midollo, supportano l’idea che la riparazione sia fattibile. Questa possibilità di riparare il midollo spinale rende tecnicamente realizzabile l’anastomosi cefalo-somatica. Questo intervento consiste nell’unire la testa di una persona affetta da una malattia neuromuscolare grave o paralisi al corpo sano di un donatore cerebralmente morto. Non si tratta di un trapianto di cervello, che è diverso. La procedura chirurgica è complessa e richiede precauzioni specifiche, come il raffreddamento del cervello a basse temperature per proteggerlo durante la fase di distacco. Il midollo spinale viene tagliato con lame sottilissime e poi unito irrigando il punto di fusione con PEG o chitosano e stabilizzando la colonna vertebrale. Dopo l’intervento, è necessaria una riabilitazione intensiva e farmaci per prevenire il rigetto, poiché il sistema immunitario del corpo donato potrebbe attaccare la testa ricevente. L’intervento solleva importanti questioni etiche e mediche. Le nuove idee scientifiche, specialmente quelle radicali, spesso incontrano resistenza e malintesi nella comunità scientifica e nel pubblico, come mostrano esempi storici. La preparazione del paziente per un nuovo corpo può usare la realtà virtuale per sfruttare la plasticità cerebrale. Il corpo donato e il suo sangue potrebbero anche avere un effetto ringiovanente sul cervello del ricevente. L’intervento pone anche interrogativi fondamentali sulla natura della coscienza: se sia solo un prodotto dell’attività cerebrale o esista in qualche modo indipendentemente da essa, un mistero che esperienze come quelle di premorte o procedure che implicano il distacco della testa potrebbero aiutare a esplorare. Il futuro della ricerca include anche lo sviluppo di interfacce cervello-macchina e l’integrazione uomo-robot, spingendo i limiti attuali del corpo umano.Riassunto Lungo
1. Dalla Visione alla Scienza del Cervello
La passione per la medicina e le neuroscienze nasce fin da bambini, alimentata da letture di fantascienza e programmi televisivi dedicati alla medicina. Un momento cruciale è la scoperta degli studi del neurochirurgo Robert J. White, noto per i suoi esperimenti sul trapianto di testa. Questo intervento estremo era pensato per trattare diverse malattie incurabili all’epoca. Nel 1970, White compie esperimenti pionieristici sulle scimmie, dimostrando che era possibile mantenere la sopravvivenza per circa una settimana senza il rigetto acuto del tessuto cerebrale. Questo progetto diventa da subito un obiettivo affascinante.La Ricerca Accademica e una Nuova Sfida
Durante gli studi universitari e l’internato in Neurochirurgia, la ricerca si concentra in particolare sulla rigenerazione nervosa e sulla complessa natura della coscienza. È in questa fase che emerge un problema scientifico cruciale: il dolore centrale. Si tratta di una condizione cronica e difficile da trattare, causata da danni al sistema nervoso centrale. Questa patologia appare particolarmente rilevante, anche in considerazione delle sfide future legate a interventi neurologici complessi.La Teoria sul Meccanismo del Dolore Centrale
L’analisi approfondita della letteratura scientifica e l’osservazione diretta di casi clinici portano allo sviluppo di una teoria innovativa sul meccanismo che causa il dolore centrale. Si ipotizza che una lesione cerebrale possa interrompere il dialogo tra la corteccia e il talamo. Queste due strutture cerebrali sono fondamentali per l’elaborazione delle sensazioni corporee e per la formazione della coscienza. L’interruzione di questa comunicazione sembra essere la causa che genera la sensazione di dolore, anche in assenza di stimoli esterni.Conferma della Teoria e Implicazioni Future
Questa teoria viene pubblicata nel 1992 e, negli anni successivi, trova conferma grazie a studi scientifici avanzati. Un caso clinico di dolore centrale, alleviato temporaneamente da una lesione artificiale creata nel cervello, fornisce ulteriore supporto all’idea che questo meccanismo sia valido anche quando il dolore centrale ha origine nel midollo spinale. Comprendere e riuscire a gestire il dolore centrale diventa così un passo fondamentale per affrontare le sfide future, incluse quelle poste dalla potenziale realizzazione di un trapianto di testa, che comporterebbe necessariamente la sezione del midollo spinale.Presentare il trapianto di testa come un “obiettivo affascinante” e una “sfida futura” non ignora forse le immense questioni etiche e la limitata base scientifica, riducendolo a un mero problema tecnico come il dolore centrale?
Il capitolo introduce un argomento di estrema complessità e controversia, come il trapianto di testa, definendolo un “obiettivo affascinante” senza però affrontare le enormi implicazioni etiche, filosofiche e pratiche che vanno ben oltre la gestione del dolore centrale o il rigetto acuto. La “sopravvivenza” di una settimana negli esperimenti su scimmie del 1970, pur significativa per l’epoca, non rappresenta una base solida per considerare tale procedura una “sfida futura” realisticamente perseguibile o desiderabile, data l’assenza di recupero funzionale e le cause di morte non legate al solo rigetto acuto. Per comprendere appieno la problematicità di questo “obiettivo”, sarebbe necessario approfondire la bioetica (si pensi agli scritti di Peter Singer o Beauchamp & Childress), la storia della neurochirurgia e della sperimentazione animale (con particolare attenzione al contesto e alle critiche rivolte al lavoro di White), e le neuroscienze della coscienza (riflettendo sugli studi di autori come Antonio Damasio o Giulio Tononi), per valutare se un simile intervento sia non solo tecnicamente possibile, ma anche eticamente ammissibile e scientificamente sensato nel suo complesso.2. Il Circuito Nascosto del Midollo Spinale
Recupero dopo lesioni spinali: casi storici e ricerca
Ci sono stati casi che hanno messo in discussione l’idea che la paralisi dopo un danno al midollo spinale sia sempre definitiva. Un esempio risale al 1901, riguardante una paziente il cui midollo spinale era stato tagliato da un proiettile. Dopo che la parte danneggiata fu rimossa e i monconi ricuciti, la donna riacquistò in parte la capacità di muoversi e sentire. Questo fa pensare che riparare chirurgicamente il midollo possa portare a un recupero.La rigenerazione delle fibre nervose
Studi successivi, come quelli condotti da L.W. Freeman a metà del Novecento, hanno confermato che animali come ratti e cani riescono a recuperare il movimento dopo che il midollo spinale è stato tagliato con precisione chirurgica. Si è osservato che le fibre nervose, chiamate assoni, ricrescono nella zona del taglio. Questo recupero richiede alcuni mesi e dipende dalla buona salute dell’animale. Le lesioni causate da traumi estesi sembrano avere una prognosi meno favorevole rispetto ai tagli netti fatti in chirurgia.Il ruolo degli interneuroni nel controllo del movimento
Secondo l’idea tradizionale, i comandi per il movimento partono dal cervello e scendono lungo lunghe fibre nervose nel midollo spinale fino ai neuroni che controllano i muscoli. Tuttavia, le ricerche suggeriscono che il midollo spinale contiene una rete di neuroni intermedi, chiamati propriospinali, che si trovano nella parte interna del midollo (sostanza grigia). Questi neuroni intermedi possono trasmettere segnali nervosi lungo il midollo, offrendo una via alternativa alle lunghe fibre che scendono dal cervello.Prove del circuito nascosto
Esperienze cliniche, come il recupero del movimento in persone con Parkinson dopo l’interruzione di alcune fibre nervose nel tronco cerebrale, suggeriscono che questi neuroni intermedi possono coordinare il movimento anche quando le vie principali sono danneggiate. Le ricerche sugli animali mostrano che il recupero motorio può avvenire anche dopo il taglio completo di tutte le lunghe fibre motorie, sottolineando quanto siano importanti questi neuroni intermedi. La loro vicinanza facilita la rigenerazione e la creazione di nuove connessioni.La capacità di adattamento del sistema nervoso
La neuroplasticità, cioè la capacità del sistema nervoso di cambiare e adattarsi, è fondamentale per il recupero. Il cervello può riorganizzarsi dopo un danno spinale, aiutando a ripristinare le funzioni. Questa capacità di adattamento si vede anche nel modo in cui percepiamo il nostro corpo, come mostrato dagli studi che usano la stimolazione cerebrale.Ma il “circuito nascosto” è davvero la soluzione definitiva alla paralisi, o il capitolo ignora le enormi sfide della rigenerazione nel sistema nervoso umano?
Il capitolo accenna alla rigenerazione e al ruolo degli interneuroni come vie di recupero, ma non sottolinea adeguatamente quanto sia differente la rigenerazione nel sistema nervoso centrale umano rispetto a quella osservata in alcuni modelli animali o in casi storici specifici. Le lesioni traumatiche estese creano un ambiente molto ostile alla ricrescita assonale, caratterizzato da tessuto cicatriziale e fattori inibitori specifici del SNC adulto. Per comprendere meglio la complessità del recupero, sarebbe utile approfondire la neurobiologia della rigenerazione assonale nel SNC, le strategie di ricerca attuali per superare l’inibizione alla crescita (come gli studi sui fattori trofici o sulla neutralizzazione degli inibitori), e la letteratura clinica più recente sui risultati della riabilitazione e delle terapie sperimentali nelle lesioni spinali umane. Autori come S. Schwab o M. Tuszynski hanno contribuito significativamente a questi campi.3. Ricostruire Connessioni: Plasticità e Fusione
Le procedure neurologiche complesse richiedono precauzioni specifiche per garantire la sicurezza del paziente. Ad esempio, durante interventi che prevedono l’interruzione del flusso sanguigno alla testa, come nel caso di un trapianto, è fondamentale adottare misure protettive. In queste situazioni, è essenziale raffreddare il cervello a temperature molto basse, tra i 12 e i 15 °C, per proteggerlo da possibili danni. Inoltre, per prevenire complicazioni gravi come l’ictus, si ricorre all’uso di una combinazione di farmaci neuroprotettivi. Farmaci come il magnesio e la lidocaina, usati insieme, hanno dimostrato di offrire risultati clinici superiori rispetto ai trattamenti standard.Stimolare la plasticità cerebrale
L’elettrostimolazione della corteccia cerebrale è una tecnica che attiva la plasticità del cervello, una capacità fondamentale per il recupero funzionale. Applicata a pazienti con Parkinson, questa stimolazione ha mostrato miglioramenti non solo nella parte del corpo direttamente trattata, ma anche in aree non stimolate, e l’effetto benefico persiste anche dopo lo spegnimento dello stimolatore. La stimolazione corticale è stata usata anche per trattare pazienti in stato vegetativo permanente, nell’ambito di studi come il Progetto Lazzaro. In alcuni di questi casi, si è osservato un miglioramento dello stato di coscienza, permettendo ai pazienti di rispondere a stimoli semplici. Tecniche di neurovisualizzazione, come la risonanza magnetica funzionale, confermano che la stimolazione aumenta l’attività e la connessione nelle aree cerebrali legate alla coscienza. Questo suggerisce che molti pazienti in stato vegetativo potrebbero avere neuroni in uno stato di “neurodormienza” recuperabile, specialmente se trattati precocemente per incoraggiare questa plasticità.Riparare le fibre nervose recise
Un altro aspetto cruciale per affrontare lesioni neurologiche gravi è la riconnessione delle fibre nervose recise, in particolare nel midollo spinale. Esistono sostanze, chiamate fusogeni o sigillanti di membrana, come il polietilene glicole (PEG) e il chitosano, che sono capaci di riparare le membrane cellulari danneggiate e di fondere le estremità dei prolungamenti nervosi tagliati. Studi condotti su animali con midollo spinale completamente sezionato hanno dimostrato che l’applicazione di PEG nel punto del taglio può ripristinare la conduzione nervosa, portando al recupero del movimento e della sensibilità. L’idea alla base del trapianto di testa prevede di sezionare il midollo spinale con una lama sottilissima e atraumatica e poi unire i due monconi irrigando il punto di fusione proprio con PEG o chitosano. Anche se le lunghe fibre nervose potrebbero non riconnettersi perfettamente, la plasticità cerebrale e spinale, unita alla rigenerazione degli interneuroni nel punto del taglio, permette il ripristino delle connessioni e il recupero funzionale. Questi progressi scientifici offrono nuove prospettive per affrontare sfide neurologiche considerate in precedenza insuperabili.Davvero le esperienze di premorte, per quanto affascinanti, bastano a smontare decenni di neuroscienze sulla coscienza?
Il capitolo presenta le esperienze di premorte (NDE), e in particolare i risultati dello studio AWARE, come una sorta di prova inconfutabile che la coscienza possa esistere indipendentemente dall’attività cerebrale. Questa è una posizione che, per quanto suggestiva, è ben lontana dall’essere accettata dalla comunità scientifica. Le NDE sono un fenomeno complesso e le loro interpretazioni sono oggetto di acceso dibattito. Molti scienziati propongono spiegazioni basate su meccanismi cerebrali che si attivano in condizioni di grave stress o ipossia, anche quando le misurazioni standard dell’attività elettrica sono assenti. Lo studio AWARE stesso, pur interessante, è stato criticato per la sua metodologia e la generalizzabilità dei risultati. Per navigare in questo terreno minato, è fondamentale studiare a fondo la neuroscienza della coscienza (si legga Stanislas Dehaene), le diverse posizioni nella filosofia della mente (si legga David Chalmers) e approcci più scettici all’analisi delle NDE (si legga Susan Blackmore), confrontando criticamente le diverse interpretazioni dei dati disponibili.9. Sogni Audaci e Nuovi Corpi
La ricerca scientifica si spinge oltre i limiti attuali, esplorando possibilità che un tempo sembravano fantascienza. Si sostiene che non si debbano porre divieti a studi etici, perché ciò che diventa tecnicamente fattibile alla fine si realizza. Le proibizioni, infatti, tendono a nascondere progressi che sarebbe invece meglio discutere apertamente.Interfacce tra Mente e Macchina
Un campo di ricerca molto attivo riguarda le interfacce tra cervello e macchina. Queste tecnologie promettono un futuro in cui il pensiero può controllare direttamente dispositivi meccanici e protesi avanzate. Si sta lavorando per creare reti neurali che connettano direttamente i cervelli e per integrare l’uomo con esoscheletri robotici che diventano come estensioni del corpo. Esperimenti condotti su animali hanno già dimostrato la possibilità di controllare cursori su uno schermo o robot a distanza usando solo i segnali cerebrali. Questa fusione tra uomo e macchina apre la strada all’interazione con ambienti virtuali complessi e al controllo di avatar in luoghi remoti, offrendo la possibilità di superare i limiti fisici del corpo.Progetti per l’Immortalità Tecnologica
Basandosi su queste nuove capacità, alcuni progetti puntano a superare i confini del corpo umano per raggiungere una forma di immortalità attraverso la tecnologia. L’idea più radicale prevede di rimuovere il cervello dal corpo e mantenerlo in vita all’interno di un supporto robotico avanzato. Un’altra possibilità esplorata è quella di creare un modello digitale completo della mente, trasferibile poi in un androide o in un ologramma. Il percorso per arrivare a questi obiettivi è ambizioso e prevede diverse tappe intermedie, come lo sviluppo di interfacce neurali sempre più sofisticate per controllare i robot, la creazione di sistemi di supporto vitale in grado di mantenere un cervello espiantato e, infine, la digitalizzazione della coscienza. Un progetto specifico ha fissato l’obiettivo di raggiungere questi traguardi entro il 2045.La Sfida del Trapianto di Corpo
L’idea di trapiantare una testa, o più precisamente un corpo su una testa esistente, incontra un notevole scetticismo nella comunità scientifica. La difficoltà maggiore sta nel riuscire a riconnettere il midollo spinale e tutti i nervi in modo che riprendano a funzionare immediatamente dopo l’intervento. Tuttavia, ricerche meno conosciute suggeriscono nuove possibilità. Alcuni studi indicano che specifici polimeri potrebbero aiutare le membrane nervose tagliate a ricompattarsi rapidamente. Questo permetterebbe ai segnali elettrici di riprendere a circolare velocemente, superando il problema della crescita molto lenta dei nervi periferici danneggiati. Esperimenti su roditori, dove si è ottenuta una fusione spinale con un recupero delle funzioni motorie, supportano l’idea che questo possa essere possibile. Restano comunque da affrontare questioni cruciali, come la reazione del sistema immunitario del cervello e del midollo spinale al nuovo corpo, le modalità per mantenere il cervello in salute durante l’intervento chirurgico e le enormi implicazioni etiche legate a una procedura così radicale. La storia della chirurgia insegna che concetti inizialmente ritenuti impossibili possono poi diventare realtà, suggerendo l’importanza di considerare queste nuove frontiere per offrire soluzioni a pazienti con gravi disabilità fisiche ma con una mente perfettamente funzionante.Su quali basi scientifiche concrete si fonda l’ottimismo del capitolo riguardo alla digitalizzazione della coscienza e all’immortalità tecnologica?
Il capitolo, pur descrivendo progetti ambiziosi basati sulle interfacce neurali, non chiarisce su quali basi scientifiche attuali si possa realisticamente prevedere la digitalizzazione della coscienza o il mantenimento in vita di un cervello espiantato entro scadenze definite. La natura stessa della coscienza è ancora oggetto di dibattito scientifico e filosofico, e la sua “digitalizzazione” è un concetto altamente speculativo, lontano dalle attuali capacità di mappatura o simulazione cerebrale. Per approfondire queste tematiche e comprendere meglio le sfide, è utile esplorare i campi della neuroscienza e della filosofia della mente. Autori come Daniel Dennett o Christof Koch offrono prospettive fondamentali sulla complessità della coscienza e sui limiti della nostra attuale comprensione.Abbiamo riassunto il possibile
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