Contenuti del libro
Informazioni
“Il caso Collini” di Ferdinand Schirach ti catapulta subito nel cuore di un mistero: un uomo, Fabrizio Collini, uccide a sangue freddo un rispettato industriale a Berlino e poi aspetta la polizia, ma si chiude in un silenzio impenetrabile. A difenderlo d’ufficio c’è Caspar Leinen, un giovane avvocato alle prime armi che si ritrova catapultato nel suo primo grande caso, scoprendo presto un legame personale inaspettato e doloroso con la vittima. Quello che sembra un semplice caso di omicidio si trasforma rapidamente in un complesso thriller legale che scava a fondo nel passato oscuro della Germania. Mentre Leinen cerca disperatamente un movente per il suo cliente muto, l’indagine lo porta indietro nel tempo, fino agli orrori della Seconda Guerra Mondiale e ai crimini nazisti rimasti impuniti. Il libro esplora temi potenti come la giustizia, la vendetta, il peso della storia e le falle del sistema legale tedesco, in particolare riguardo alla prescrizione dei reati. Tra aule di tribunale a Berlino e archivi polverosi, la ricerca della verità diventa un viaggio difficile che mette a dura prova il giovane avvocato e rivela come le ombre del passato possano estendersi per decenni, influenzando il presente in modi inimmaginabili. È una storia che ti fa riflettere su cosa significhi veramente giustizia e su quanto possa essere complicato ottenerla quando si scontra con la storia e la legge.Riassunto Breve
Fabrizio Collini uccide Jean-Baptiste Meyer a Berlino sparandogli più volte. Collini attende la polizia e viene arrestato, ammettendo il fatto ma rifiutando di collaborare o spiegare il motivo. Viene assegnato come difensore d’ufficio l’avvocato Caspar Leinen, giovane e con poca esperienza. Le prove materiali, come impronte e tracce, confermano la responsabilità di Collini. Leinen scopre che la vittima è Hans Meyer, nonno del suo migliore amico d’infanzia, una figura importante nel suo passato. Nonostante il legame personale e il desiderio iniziale di rinunciare, Leinen accetta l’incarico, consigliato anche da un avvocato esperto, Richard Mattinger, che rappresenta la famiglia Meyer come parte civile. L’autopsia rivela che i colpi sono stati sparati da dietro e dall’alto, suggerendo premeditazione. Collini, un operaio in pensione senza precedenti, rimane in silenzio sul movente anche con Leinen, rendendo difficile la difesa contro l’accusa di omicidio volontario aggravato. Le indagini non trovano legami apparenti tra Collini e Meyer. Il processo si apre con il mistero del movente irrisolto. Collini non parla in aula. L’avvocato Mattinger evidenzia la brutalità del crimine. Leinen, esaminando gli atti, si concentra sull’arma, una Walther P38. Questa pista lo porta a un archivio federale a Ludwigsburg. Qui, documenti storici rivelano un collegamento tra l’arma, Collini e il passato di Meyer. Si scopre che Hans Meyer era un SS-Sturmbannführer durante la Seconda Guerra Mondiale. Collini, tramite una dichiarazione letta da Leinen in tribunale, racconta la sua infanzia nel 1943 in Italia. Soldati tedeschi arrivano alla sua cascina. Un soldato aggredisce sua sorella maggiore; nella colluttazione, parte un colpo dalla pistola del soldato, uccidendo la ragazza. Il padre di Collini, un partigiano, viene catturato. Il soldato responsabile è Hans Meyer. Un altro evento chiave è una rappresaglia ordinata da Hans Meyer a Genova nel 1944, dove venti prigionieri italiani, tra cui il padre di Collini, vengono fucilati dopo un attentato. Collini attende la morte della zia prima di vendicarsi cinquantasette anni dopo. In tribunale, si discute la liceità delle fucilazioni di rappresaglia secondo il diritto dell’epoca. Emerge che Collini aveva denunciato Meyer negli anni Sessanta, ma l’indagine fu archiviata nel 1969 per prescrizione del reato. Una legge del 1968, l’EGOWIG, modificò i termini di prescrizione per il concorso in omicidio, portando alla prescrizione di molti crimini nazisti, inclusi quelli organizzati da funzionari come Meyer. Questa legge fu influenzata da Eduard Dreher, un ex procuratore nazista. Il crimine di Meyer, classificato come concorso in omicidio, cadde in prescrizione a causa di questa legge. Il processo si interrompe bruscamente. Collini si toglie la vita in cella durante la notte. Il processo viene archiviato. L’avvocato Leinen riceve una busta da Collini contenente una foto sbiadita di una bambina con scritto sul retro: “Questa è mia sorella. Chiedo scusa per tutto.”Riassunto Lungo
1. Un’ombra sul passato
Fabrizio Collini uccide Jean-Baptiste Meyer in una suite d’albergo a Berlino sparandogli più volte alla testa. Dopo il fatto, Collini informa il personale dell’hotel e attende l’arrivo della polizia, venendo poi arrestato senza opporre resistenza. Durante l’udienza di convalida, ammette di aver commesso l’omicidio ma si rifiuta categoricamente di parlare o di collaborare in qualsiasi modo con il suo difensore. Viene assegnato d’ufficio l’avvocato Caspar Leinen, un giovane legale con poca esperienza nel campo penale. Le prove raccolte, come le impronte sull’arma del delitto e le tracce sulla scena, confermano inequivocabilmente la presenza di Collini e la sua responsabilità nell’atto.L’incarico dell’avvocato
Nonostante la gravità dell’accusa che pende su Collini e il completo silenzio mantenuto dall’imputato, Caspar Leinen decide di accettare l’incarico d’ufficio che gli è stato affidato. Affronta così la sfida di difendere un uomo che non collabora e la cui colpevolezza sembra evidente fin dalle prime indagini e dalle prove raccolte sulla scena del crimine. Per preparare al meglio la difesa in una situazione così complessa e apparentemente senza speranza, il giovane avvocato inizia subito a studiare a fondo il caso. Richiede l’accesso completo a tutti gli atti processuali disponibili per cercare di comprendere ogni dettaglio e trovare un possibile appiglio. Il suo obiettivo primario diventa quello di scoprire il movente dietro un gesto apparentemente inspiegabile e brutale.
Una scoperta inattesa
Successivamente, mentre approfondisce la documentazione del caso, Caspar Leinen scopre che la vittima, identificata inizialmente come Jean-Baptiste Meyer, è in realtà Hans Meyer. Questa rivelazione è sconvolgente per l’avvocato, poiché Hans Meyer era il nonno del suo migliore amico d’infanzia, Philipp, tragicamente scomparso anni prima. Hans Meyer era stato una figura paterna gentile e importante nella vita di Caspar durante la sua giovinezza, offrendo lui supporto e affetto. Questa inaspettata scoperta lega indissolubilmente il caso legale a un profondo e doloroso legame personale e affettivo per l’avvocato Leinen. Si trova così in una posizione estremamente difficile, dovendo difendere l’uomo accusato di aver ucciso qualcuno che era molto vicino alla sua storia personale e alla sua amicizia più significativa.
Di fronte a un cliente muto e a un legame personale così stringente con la vittima, quale logica professionale o umana spinge un avvocato ad accettare un incarico apparentemente senza speranza?
Il capitolo descrive la scelta dell’avvocato di assumere la difesa nonostante le evidenti difficoltà processuali e il pesante conflitto di interessi personale. Questa decisione, presentata come un dato di fatto, solleva interrogativi sulla natura del dovere professionale e sui limiti etici che un legale è chiamato ad affrontare. Per approfondire tali dinamiche, è utile studiare i principi della deontologia forense e la psicologia delle decisioni in contesti di forte pressione emotiva e professionale.2. Il peso della toga
Un importante industriale, Hans Meyer, viene ucciso in un hotel, e la notizia si diffonde rapidamente sui giornali. Fabrizio Collini viene arrestato come presunto responsabile. Per rappresentare la famiglia Meyer come parte civile, viene contattato l’avvocato Richard Mattinger, un penalista con molta esperienza. Nel frattempo, un giovane avvocato di nome Caspar Leinen riceve l’incarico di difensore d’ufficio per Collini.Il conflitto personale dell’avvocato
Leinen scopre subito di avere un legame personale con la famiglia della vittima, una circostanza che lo spinge a voler rinunciare all’incarico. Per questo motivo, scrive un’istanza al giudice chiedendo di essere sostituito nel caso.Il confronto e il dovere
In tribunale, Leinen incontra l’avvocato Mattinger, già presente e coinvolto nel caso. Mattinger legge l’istanza presentata da Leinen e, pur comprendendo le sue ragioni personali, gli consiglia con fermezza di non ritirarsi. Gli spiega che il dovere di un avvocato penalista è difendere il cliente che gli viene affidato, senza farsi condizionare da legami personali o dalla difficoltà del caso. La responsabilità principale è verso l’imputato, che altrimenti rimarrebbe senza difesa.Le prove dall’autopsia
Successivamente, Leinen partecipa all’autopsia del corpo di Hans Meyer. L’esame medico legale rivela che i colpi di arma da fuoco sono stati sparati da dietro e dall’alto, e non ci sono segni che la vittima abbia cercato di difendersi. Questi dettagli fanno pensare che l’omicidio sia stato preparato in anticipo. Le scoperte dell’autopsia suggeriscono che l’accusa contro Collini sarà probabilmente quella di omicidio volontario aggravato. Di fronte a questi elementi, Leinen inizia a riflettere sulla possibilità che il suo cliente possa confessare.Ma il “peso della toga” giustifica davvero ignorare un conflitto d’interessi così evidente?
Il capitolo presenta la posizione dell’avvocato Mattinger come un richiamo al dovere assoluto del difensore, quasi a suggerire che la responsabilità verso l’imputato annulli qualsiasi altra considerazione. Tuttavia, la realtà della professione forense è ben più complessa. Esistono precise norme deontologiche che regolano i casi di conflitto d’interessi, proprio per garantire l’imparzialità e la piena efficacia della difesa. Non è scontato che un legame personale con la vittima possa essere semplicemente accantonato in nome del dovere; in molti ordinamenti, costituirebbe un motivo legittimo, se non doveroso, di astensione. Per comprendere meglio questa tensione tra dovere e conflitto, sarebbe utile approfondire le discipline della deontologia forense e dell’etica legale. Autori che trattano di filosofia del diritto e responsabilità professionale possono offrire spunti cruciali per valutare quando il “peso della toga” impone di resistere alle pressioni e quando, invece, richiede un passo indietro per tutelare l’integrità del processo e la fiducia nella giustizia.3. Il peso del silenzio
Un giovane avvocato, Caspar Leinen, riceve un incarico inaspettato: difendere Fabrizio Collini, accusato di aver ucciso Hans Meyer. Leinen conosce molto bene la famiglia Meyer, avendo trascorso l’infanzia crescendo insieme al nipote della vittima. Nonostante questo legame personale così stretto, Leinen decide di accettare la difesa, incoraggiato anche dal consiglio di un avvocato più esperto, Mattinger. Questa scelta si presenta subito difficile per lui, vista la sua vicinanza affettiva con le persone colpite dal crimine. L’accusa è grave e il caso si annuncia fin da subito estremamente complesso e delicato.Le prove e il silenzio dell’accusato
Le prove raccolte contro Collini sono molto forti e sembrano schiaccianti fin dall’inizio. Vengono trovate tracce di sangue e polvere da sparo sui suoi vestiti e sulle sue mani. Le sue impronte sono presenti sull’arma del delitto e sulla scena dove è avvenuto l’omicidio. Collini stesso ha chiamato la polizia subito dopo i fatti ed è rimasto sul posto senza tentare la fuga. Una volta in carcere, Collini ammette apertamente di aver commesso l’omicidio. Tuttavia, si rifiuta in modo categorico di fornire qualsiasi spiegazione sul motivo del suo gesto. Nonostante Leinen gli spieghi che rivelare il movente potrebbe aiutarlo a ottenere una pena meno severa, specialmente considerando l’accusa di omicidio volontario aggravato, Collini non cede. Accetta solo di descrivere come ha ucciso Meyer, raccontando di essersi finto giornalista per potergli avvicinarsi e incontrarlo.Le indagini ufficiali
Le indagini condotte dalla polizia non riescono a trovare alcun legame preesistente tra Collini e Meyer. Dai controlli risulta che Collini è un operaio ormai in pensione. La sua vita appare tranquilla e riservata, senza precedenti penali che possano far pensare a una personalità violenta o a legami con ambienti criminali. Le ricerche approfondite non portano alla luce alcun movente di tipo economico o personale che possa spiegare il delitto. Nonostante la totale assenza di un movente accertato, il procuratore decide comunque di procedere con l’accusa di omicidio volontario aggravato, basandosi sulle prove materiali e sulla confessione parziale dell’imputato.La ricerca di risposte
Leinen si trova molto turbato dal silenzio ostinato del suo cliente e dalla sua storia personale legata alla vittima. Sente la necessità di trovare delle risposte per capire cosa sia realmente successo. Si confronta con Johanna, la figlia di Hans Meyer, che è comprensibilmente disperata e non riesce a darsi pace per l’inspiegabile perdita del padre. Insieme, Leinen e Johanna decidono di cercare negli archivi privati di Hans Meyer. Si recano a Roßthal, nella casa di famiglia, sperando di trovare tra le carte qualcosa, un indizio, un documento che possa collegare Meyer a Collini e gettare luce sul motivo dell’omicidio. Purtroppo, la loro ricerca non porta a nessun risultato utile per spiegare il delitto. Il mistero sul movente che ha spinto Collini a uccidere Hans Meyer rimane così irrisolto.Come è possibile che la giustizia, nel tentativo di chiudere i conti col passato, abbia finito per blindare l’impunità di chi quel passato l’aveva macchiato di sangue?
Il capitolo mette in luce un aspetto inquietante: come meccanismi legali, apparentemente neutri o volti a gestire il post-bellico, possano di fatto tradursi in scappatoie per crimini gravissimi. La prescrizione del reato di Meyer, causata da una legge specifica del 1968 e influenzata da una figura con un passato controverso come Eduard Dreher, solleva dubbi profondi sulla capacità di un sistema legale di fare i conti con le proprie ombre. Per comprendere meglio questo paradosso, è fondamentale approfondire la storia giuridica della Germania post-1945, i processi di “denazificazione” (e i loro fallimenti) e l’evoluzione del diritto penale in relazione ai crimini di guerra. Studiare le opere di storici del diritto e sociologi che hanno analizzato la “Vergangenheitsbewältigung” (l’elaborazione del passato) può offrire prospettive cruciali.7. La fine improvvisa e l’ultima prova
La decima giornata del processo prende il via con un ritardo, l’inizio è fissato alle undici. Quando arriva il momento di entrare in aula, l’imputato non c’è. La presidente del tribunale annuncia che l’imputato, Fabrizio Maria Collini, si è tolto la vita nella sua cella durante la notte. Il decesso è stato accertato alle due e quaranta. A seguito di questo evento, il processo contro l’imputato viene archiviato e i costi necessari sono a carico dello stato. Subito dopo l’annuncio, l’aula si svuota rapidamente.Dopo l’aula
L’avvocato difensore riceve una busta sigillata che il suo cliente gli ha lasciato. La busta è stata trovata sul tavolo nella cella. Al suo interno c’è una piccola fotografia in bianco e nero, un po’ sbiadita. Ritrae una ragazzina. Sul retro della foto, qualcuno ha scritto: “Questa è mia sorella. Chiedo scusa per tutto.” Lasciando il tribunale, l’avvocato incontra una donna seduta fuori dalla sua casa. La donna gli chiede se anche lei rientra in “tutto questo”. L’avvocato le risponde che lei è la persona che è.Una fotografia e una riga sul retro: è questa la ‘prova’ che il capitolo offre per spiegare ‘tutto’?
Il capitolo si chiude con un atto definitivo – il suicidio – e una ‘prova’ che di definitivo ha ben poco: una foto e una frase sibillina. Presentare questo come ‘l’ultima prova’ è, francamente, un colpo di scena che elude la necessità di una vera spiegazione. Il ‘tutto’ per cui l’imputato chiede scusa rimane un’ombra, così come l’identità e il ruolo della donna che attende l’avvocato. La giustizia formale può anche archiviare, ma la narrazione umana esige ben altro. Per capire come le motivazioni profonde e inconfessate muovano le azioni umane, al di là delle aule di tribunale, è utile confrontarsi con la psicologia del profondo e con autori che hanno saputo scandagliare l’abisso della colpa, come Fëdor Dostoevskij.Abbiamo riassunto il possibile
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