Contenuti del libro
Informazioni
“Il burlone – L’angoscia” di Maksim Gor’kij ti butta subito dentro storie intense. Il libro inizia con Nikolai Gvosdef, il “burlone”, un compositore in una tipografia che non sopporta più l’ipocrisia degli articoli del giornale che parlano di bontà ma ignorano le ingiustizie sociali proprio lì dentro. È una critica forte agli intellettuali e alla distanza tra chi ha studiato e chi no, un tema di ingiustizia sociale che torna. Poi la scena cambia e seguiamo Tihon Pavlovitsc, un mugnaio che viene colpito da un’improvvisa e profonda angoscia esistenziale dopo un funerale. La sua vita tranquilla viene sconvolta dalla riflessione sulla morte e sulla ricerca di senso, un vero tormento dell’anima. Tihon cerca risposte parlando con diverse persone, ma si scontra con l’incomprensione. I capitoli ci portano dalla redazione di un giornale alle strade della città, dalla casa del mugnaio a una trattoria, mostrando diversi spaccati di vita. Il canto diventa un elemento chiave nel terzo capitolo, capace di squarciare l’anima di Tihon con la sua tristezza, anche se poi si cerca di affogare tutto nell’alcol. Questo riassunto del libro “Il burlone L’angoscia” fa capire che Gor’kij scava a fondo nel peso della coscienza, nell’angoscia e nella lotta per trovare un posto o un significato in un mondo pieno di contraddizioni.Riassunto Breve
Nella redazione di un giornale, un compositore di nome Nikolai Gvosdef modifica un articolo inserendo critiche dirette, definendo il testo “stupide filastrocche” e “tantafere senza costrutto”. Confessa l’atto, spiegando che gli articoli, pur parlando di temi sociali, ignorano le ingiustizie concrete subite dai lavoratori nella tipografia stessa, come multe e maltrattamenti. Sostiene che gli articoli sono “fandonie” e che ha voluto inserire una “parola vera” per vergogna. L’amministratore trova la situazione divertente, mentre un collega lo descrive come un “burlone” con precedenti. Gvosdef incontra poi il redattore, ricordando la loro infanzia comune e confrontando le loro vite divergenti, attribuendo la differenza alla mancanza di istruzione per sé. Esprime amarezza per la sua posizione inferiore e critica gli intellettuali che, pur provenendo da ambienti simili, non aiutano chi è rimasto indietro, affermando che la comprensione dovrebbe venire dal cuore. Si sente considerato “vuoto” dagli educated e chiede perché non lo aiutino a uscire dall’ignoranza. Il redattore fatica a rispondere, riconoscendo l’ingiustizia. Gvosdef, sentendosi incompreso, si allontana. Un mugnaio, Tihon Pavlovitsc, sperimenta un’improvvisa e inspiegabile angoscia dopo aver assistito a un funerale in città. Durante la cerimonia, un oratore descrive la vita di sofferenza del defunto e critica l’abitudine di vivere “senz’anima”, sepolta dalle preoccupazioni quotidiane. Queste parole colpiscono profondamente il mugnaio, facendolo riflettere sulla propria vita, sui suoi affari disonesti e sulla certezza della morte. Si sente in colpa e turbato, incapace di trovare pace. La sua casa e famiglia appaiono estranee. Cerca confronto parlando con il suo operaio Kusma, che paragona la vita a una bolla di sapone e non comprende la sua inquietudine. Successivamente, si reca dal maestro di scuola che lo aveva criticato, sperando in una conversazione, ma l’incontro degenera in un litigio. In città, incontra Anna, una giovane donna che descrive la durezza della sua vita e la sua angoscia, vista come una “mutilazione” dell’anima. La sua sofferenza risuona con il mugnaio, ma non allevia il suo tormento. L’angoscia persiste, rendendo la vita priva di senso di fronte alla morte. Si sente diviso, incapace di capire il suo “giusto cammino”. Si osserva che la vita è governata da leggi misteriose contro cui l’uomo non può lottare, e l’unica saggezza è cedere al flusso degli eventi. Ogni discussione sul significato della vita è inutile. L’anima, se esiste, è una prova della sua presenza terrena. In una stanza affollata, Tihon si unisce a un gruppo per bere e cantare. Un uomo mutilato propone di iniziare con un canto triste per preparare l’anima. Kostia inizia a cantare una canzone triste sull’orfano, unendosi alle voci di Tania e del mutilato. Il canto crea un’atmosfera di profonda angoscia. Tihon ascolta immobile, sentendo un dolore strano e dolce nell’anima, come se un peso sul suo cuore si rompesse. L’emozione è così intensa che scatta in piedi, gridando di non poterne più, con il viso bagnato di lacrime, sentendo l’anima squarciata dal canto. Dopo l’interruzione, l’atmosfera cambia. Kostia riprende a cantare ma viene accolto da risate. Tihon, volendo divertirsi e dimenticare l’angoscia, beve e incoraggia gli altri. Annuscka chiede musica per ballare. Tihon si ubriaca rapidamente e balla. Giorni dopo, Tihon torna a casa sentendosi male per gli stravizi, riflettendo sulla vita come un’oscillazione e ammettendo di essere un “vecchio diavolo”.Riassunto Lungo
1. La verità del burlone
In una redazione di giornale, il redattore capo scopre che un articolo è stato modificato. Sono state aggiunte critiche decise, definendo il testo “stupide filastrocche” e “tantafere senza costrutto”. Il compositore Nikolai Gvosdef confessa di essere l’autore di queste modifiche, ammettendo di aver agito con un intento preciso.La spiegazione di Gvosdef
Gvosdef spiega che gli articoli del giornale, pur parlando di concetti elevati come l’amore per il prossimo e le difficoltà della vita, ignorano le ingiustizie concrete che avvengono proprio all’interno della tipografia. Cita esempi come multe ingiuste ai lavoratori e maltrattamenti verso i ragazzi. Secondo lui, gli articoli sono “fandonie”, ovvero falsità, e ha voluto inserire una “parola vera” per scuotere la coscienza del redattore. La reazione degli altri presenti è varia: l’amministratore trova la situazione divertente e pensa possa persino aumentare le vendite, mentre l’impaginatore descrive Gvosdef come un “burlone” con una storia di scherzi, a volte dannosi.L’incontro e il confronto
Giorni dopo, Gvosdef incontra il redattore per caso durante una passeggiata. Questo incontro offre l’occasione per un confronto più personale. Gvosdef ricorda la loro infanzia, cresciuti nella stessa strada, e mette a confronto le loro vite che ora sono molto diverse. Attribuisce la differenza alla sua mancanza di istruzione formale. Esprime un profondo senso di amarezza per la sua posizione sociale inferiore e critica il redattore e altri intellettuali.La critica agli intellettuali
Secondo Gvosdef, questi intellettuali, pur provenendo da ambienti simili ai suoi, non fanno nulla per aiutare chi è rimasto indietro. Sostiene che la vera comprensione e la simpatia dovrebbero nascere dal cuore, non da astratti “punti di vista” intellettuali. Si sente considerato “vuoto” dalle persone istruite e si chiede perché non si impegnino per aiutarlo a uscire dalla sua ignoranza. Il redattore si trova in difficoltà, riconoscendo l’ingiustizia nelle parole di Gvosdef ma non riuscendo a trovare una risposta adeguata o parole significative. Sentendosi incompreso, Gvosdef si allontana, lasciando il redattore con il peso delle sue accuse.È sufficiente accusare gli “intellettuali” di ipocrisia per colmare il divario sociale ed educativo?
Il capitolo presenta con forza la prospettiva di Gvosdef, che attribuisce la propria condizione e le ingiustizie locali all’inerzia o alla falsità degli intellettuali, rei di non agire concretamente per aiutare chi è rimasto indietro. Tuttavia, questa argomentazione, pur emotivamente potente, rischia di semplificare eccessivamente le cause della disuguaglianza sociale e la complessità del ruolo degli intellettuali nella società. Non è chiaro dal capitolo se l’azione individuale o la “simpatia dal cuore” siano sufficienti a risolvere problemi strutturali, né vengono esplorate le possibili limitazioni o le diverse forme di impegno che gli intellettuali potrebbero avere. Per approfondire questa tematica e cercare risposte, sarebbe utile indagare discipline come la sociologia, che studia le strutture di classe e la mobilità sociale, e la filosofia politica, che analizza il concetto di responsabilità sociale e il ruolo delle élite. Si possono esplorare autori che hanno trattato il rapporto tra conoscenza, potere e azione sociale.2. Il Tormento dell’Anima Imprigionata
Un mugnaio di nome Tihon Pavlovitsc viveva una vita tranquilla e soddisfatta. Tutto cambia improvvisamente dopo un viaggio in città. Lì, assiste a un funerale e ascolta le parole di un oratore. L’oratore descrive la vita difficile e povera del defunto, uno scrittore. Critica anche le persone presenti per la loro mancanza di sensibilità, per vivere “senz’anima”, soffocati dalle preoccupazioni di ogni giorno. Le sue parole colpiscono il mugnaio nel profondo.Queste riflessioni lo turbano profondamente. Inizia a pensare alla propria vita, ai suoi affari non sempre onesti con i contadini, e alla certezza che un giorno anche lui morirà. Si sente in colpa e non riesce più a trovare pace o a dormire. La sua casa e la sua famiglia, che prima lo rendevano felice, ora gli sembrano strane e fastidiose.
Cercare un po’ di conforto
Tormentato da questi pensieri, cerca qualcuno con cui parlare e che possa capirlo. Per prima cosa, parla con il suo operaio, Kusma. Kusma è un giovane allegro e spensierato, che non si preoccupa delle cose profonde. Paragona la vita a una semplice bolla di sapone che scoppia. Non riesce a capire l’inquietudine del suo padrone e vede il vivere e il morire come cose naturali e senza complicazioni. Il mugnaio non trova l’aiuto che sperava.
Successivamente, decide di andare dal maestro di scuola. Questo maestro lo aveva criticato in un giornale per le sue azioni. Il mugnaio spera di avere una discussione seria, ma l’incontro non va bene. Si trasforma subito in un litigio. Il maestro, che non sta bene di salute, difende la sua critica dicendo che si basava sulla giustizia. Il mugnaio invece si arrabbia, pensa alla sua posizione sociale e si sente completamente incompreso.
Ancora inquieto, il mugnaio torna in città. In una trattoria, incontra una giovane donna di nome Anna. Anna vive una vita difficile e deve arrangiarsi ogni giorno. Racconta al mugnaio quanto sia dura la sua esistenza, la vergogna e l’angoscia che prova. Parla anche della sua relazione con un uomo che ha perso una parte del corpo ma che canta bene. La sofferenza di Anna sembra una “mutilazione” dell’anima, causata dalla vita stessa. Le sue parole toccano il mugnaio, ma non riescono ad alleviare il suo tormento interiore.
L’angoscia che non se ne va
L’angoscia continua a tormentarlo, un peso difficile da capire. Rende la sua vita senza senso e senza uno scopo, soprattutto quando pensa che la morte arriverà per tutti. Il mugnaio si sente diviso dentro di sé. Non riesce a capire quale sia la cosa giusta da fare nella sua vita. Non sa cosa serve davvero alla sua anima per trovare la pace.
Ma è davvero così semplice cadere in un baratro esistenziale senza via d’uscita, come sembra suggerire il capitolo?
Il capitolo descrive con efficacia il subitaneo scatenarsi di un profondo tormento interiore nel mugnaio, ma la narrazione lascia irrisolta la questione fondamentale: esiste un percorso concreto per affrontare e superare un’angoscia così paralizzante? La rappresentazione di un’anima “imprigionata” che non trova conforto in nessun confronto solleva dubbi sulla possibilità di trovare risposte o vie d’uscita. Approfondire la filosofia morale, la psicologia clinica e le tradizioni spirituali che trattano il tema della colpa e della ricerca di significato potrebbe offrire prospettive più articolate sulla natura e sulla gestione di tali crisi. Autori come Tolstoj, che spesso esplora temi simili, o pensatori che si sono occupati della condizione umana e della ricerca di senso, potrebbero fornire chiavi di lettura alternative.3. L’Anima Squarciata dal Canto
In una stanza piena di gente e rumore, un gruppo si ritrova per bere e cantare insieme. Ci sono diverse persone, tra cui Tihon Pavlovitsc, Annuscka, un musicante con la fisarmonica, un giovane operaio, Tania e un uomo che ha perso le braccia. Quest’uomo, il mutilato, propone di iniziare la serata con un canto malinconico, capace di preparare l’anima, per poi passare a melodie più vivaci e cariche di passione, che possano scuoterla e darle forza.Il Canto che Ferisce l’Anima
Kostia, un giovane magro e pallido, comincia a intonare una canzone triste che parla di un orfano in cerca del suo destino. La sua voce di tenore, alta e tremante, si unisce a quella profonda e costante di Tania, che canta da contralto, e al falsetto vibrante dell’uomo mutilato, che partecipa solo con le vocali. Questo canto a più voci crea un’atmosfera di profonda angoscia e dolore, toccando corde emotive molto intense.La Reazione di Tihon
Tihon Pavlovitsc ascolta immobile, provando un dolore inatteso e quasi dolce nel profondo dell’anima. È come se un peso che porta sul cuore si spezzasse in tanti piccoli frammenti appuntiti. L’emozione diventa così forte e insostenibile che Tihon scatta in piedi, incapace di trattenersi, e grida di non poterne più. Ha il viso arrossato e bagnato di lacrime, sentendo la sua anima come squarciata dalla potenza di quel canto.Dopo l’Angoscia
Dopo l’interruzione improvvisa, l’atmosfera nella stanza cambia radicalmente. Tania e l’uomo mutilato smettono di cantare. Kostia, ancora immerso nella melodia, prova a riprendere, ma viene accolto da risate che lo riportano alla realtà, facendolo impallidire. Tihon, desideroso di scacciare l’angoscia provata, inizia a bere e incoraggia gli altri a fare lo stesso, cercando divertimento e oblio. Annuscka chiede al musicante di suonare qualcosa di allegro per ballare, e presto Tihon si ubriaca rapidamente, unendosi anche lui alle danze.Riflessioni sulla Vita
Giorni dopo, Tihon torna a casa sentendosi stanco e con un peso nel cuore, conseguenza degli eccessi dei giorni precedenti. Riflette sulla natura della vita, vedendola come un’altalena continua, un susseguirsi di alti e bassi, un brivido costante. In questo momento di riflessione, ammette a sé stesso di essere, nonostante tutto, un “vecchio diavolo”. Questa riflessione sembra suggerire che la vita, con le sue forze misteriose e spesso dolorose, è qualcosa a cui l’uomo deve semplicemente cedere, trovando una forma di saggezza nell’accettare il flusso degli eventi senza opporsi.È logico che un’anima ‘squarciata’ dal dolore trovi immediato sollievo nell’oblio e consideri questa fuga una forma di saggezza?
Il capitolo presenta un’esperienza emotiva estremamente intensa, descritta come capace di “squarciare l’anima”, seguita da un’immediata e radicale ricerca di distrazione nell’alcol e nel divertimento. Questa transizione repentina e la successiva riflessione che sembra identificare l’accettazione passiva del flusso vitale con la saggezza lasciano perplessi. Non è chiaro come un dolore così profondo si risolva in una fuga così superficiale, né perché questa fuga o l’accettazione cinica degli eventi debbano essere considerate una forma di saggezza. Per comprendere meglio le complesse dinamiche tra sofferenza, meccanismi di difesa e ricerca di significato, sarebbe utile esplorare testi di psicologia che trattano i traumi emotivi e le strategie di coping, o autori filosofici che hanno dibattuto il rapporto tra l’uomo, il dolore e la ricerca della saggezza, come Schopenhauer o Nietzsche.Abbiamo riassunto il possibile
Se vuoi saperne di più, devi leggere il libro originale
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