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Informazioni
“I segreti d’Italia. Storie, luoghi, personaggi nel romanzo di una nazione” di Corrado Augias è un libro che scava a fondo nell’identità italiana, partendo dagli stereotipi esterni e interni per esplorare le mille sfaccettature di un paese complesso. Attraverso la letteratura dell’Ottocento, con i tipi umani di Cuore e Il piacere, e viaggiando tra luoghi iconici come Roma, la Sicilia con i suoi misteri e il divario Nord-Sud evidenziato dal brigantaggio post-unitario, l’autore svela le contraddizioni e le “due Italie”. Si incontrano figure storiche e letterarie affascinanti, dall’ideale radicale di Francesco d’Assisi in Umbria alle passioni di Maria Luigia di Parma rese celebri da Stendhal, fino a riflessioni sull’uso dell’arte come i Giudizi Universali per il controllo sociale e l’enigma della libertà civile, simboleggiato dalla storia del ghetto di Venezia. È un percorso appassionante tra storia, arte e letteratura per capire i “segreti” che definiscono l’Italia.Riassunto Breve
La percezione esterna degli italiani oscilla tra ammirazione e giudizi negativi, riflettendo in parte come gli italiani vedono se stessi, con stereotipi storici che li descrivono come indolenti o inaffidabili. Manca una dimensione tragica percepita, sostituita da una tendenza all’adattamento. La religiosità appare spesso esteriore. La letteratura di fine Ottocento mostra identità contrastanti: *Cuore* propone un modello borghese di etica del lavoro e senso dello Stato, mentre *Il piacere* esplora l’edonismo e l’egoismo, delineando due tipi umani persistenti. *Daniele Cortis* aggiunge il tema della corruzione politica. Roma, vista da Leopardi, è deludente e superficiale, priva di vera cultura. La Sicilia presenta un’identità complessa per le dominazioni subite, con diffidenza verso lo Stato, una cultura di vendetta e segretezza, e una religiosità che enfatizza la morte. Miti come i Beati Paoli e figure come Cagliostro riflettono questo contesto, con legami possibili con l’origine della mafia e un rapporto complesso con realtà e finzione. Dopo l’Unità , il Nord scopre un Sud arretrato e misero, paragonato all’Africa, alimentando l’idea delle “due Italie”. Il brigantaggio post-unitario, radicato nella miseria e nel malgoverno borbonico, viene represso duramente. Napoli incarna la dualità del Sud, tra bellezza e descrizioni negative di pigrizia e corruzione, con analisi moderne che parlano di “familismo amorale” e mancanza di “tradizione civica”. L’Umbria e Assisi sono legate alla figura di Francesco, che abbraccia un ideale radicale di povertà volontaria in contrasto con la ricchezza della Chiesa, una scelta che genera tensioni nell’ordine francescano e viene poi attenuata dalla Chiesa ufficiale. Parma e la dinastia Farnese mostrano un altro aspetto, legato al potere e alle passioni, come nelle vicende di Maria Luigia d’Austria, che governa in modo illuminato ma vive una vita personale complessa. Stendhal usa Parma per esplorare la passione e la mancanza di ipocrisia italiana. Queste storie mostrano l’intensità ideale e le vicende legate al potere e all’adattamento. Milano post-bellica mostra vitalità culturale e ricostruzione, ma anche il ritorno all’interesse privato e la trascuratezza del bene comune da parte delle élite. L’arte storica, come i Giudizi Universali, serve da strumento di controllo sociale attraverso la paura del castigo, un metodo che si contrappone all’ideale moderno di moralità basata sulla convinzione interiore. A Venezia, l’istituzione del ghetto nel 1516 nasce da timore ed esigenze economiche, imponendo segregazione ma offrendo protezione. La sua abolizione da parte di Napoleone nel 1797, nel contesto della caduta della Repubblica, riflette una difficoltà storica italiana nel promuovere internamente le libertà civili e l’unità , spesso ottenute tramite interventi esterni, un enigma centrale della storia della penisola.Riassunto Lungo
1. Due anime italiane nella letteratura dell’Ottocento
La percezione degli italiani vista dall’esterno è spesso contraddittoria, divisa tra l’ammirazione per la ricchezza culturale e la bellezza del paese e giudizi negativi che li descrivono come corrotti, inaffidabili e licenziosi. Questa visione esterna non è lontana da come gli italiani a volte percepiscono sé stessi. Stereotipi radicati nella storia, alimentati dai racconti dei viaggiatori durante il Grand Tour e dalla letteratura gotica, hanno dipinto gli italiani come persone indolenti, superstiziose e inclini al crimine. A differenza di altri popoli, come i tedeschi, nella storia e nella cultura italiana si nota spesso la mancanza di una profonda dimensione tragica. Questo si traduce in una tendenza ad adattarsi facilmente agli eventi e in un’immagine che può apparire debole o cinica, un atteggiamento che si rivela problematico in momenti cruciali come la guerra, come dimostrano alcuni episodi storici. Anche la religiosità italiana, osservata da fuori, appare spesso più legata alle manifestazioni esteriori, a volte chiassosa e vicina a forme di paganesimo, in contrasto con modi di vivere la fede più intimi e riservati.Due ritratti nella letteratura
La letteratura italiana di fine Ottocento offre uno sguardo privilegiato su diverse sfaccettature dell’identità nazionale che si stava formando in quel periodo cruciale. Due romanzi in particolare delineano ritratti umani molto diversi tra loro, quasi a rappresentare due “anime” del paese. Cuore di Edmondo De Amicis propone un modello di italiano basato su valori borghesi solidi: l’importanza del lavoro, la solidarietà verso gli altri, un forte senso dello Stato e l’amore per la patria. Questi valori vengono trasmessi soprattutto attraverso la scuola, vista come il luogo fondamentale per costruire l’identità dei giovani cittadini. Questo modello idealizza la figura di chi è diligente, rispetta le regole e contribuisce al bene comune con impegno e disciplina quotidiana.Modelli a confronto e nuove sfide
In netto contrasto con il modello proposto da De Amicis, Il piacere di Gabriele D’Annunzio esplora un tipo umano centrato sull’edonismo, la ricerca del piacere sensoriale e un forte egoismo che spesso ignora le convenzioni sociali. Il protagonista incarna un italiano che vive in modo irregolare, attratto dal lusso e spesso al di sopra delle proprie possibilità economiche, in perenne conflitto con le norme morali e sociali. Questi due romanzi presentano, quindi, due tipi di italiani che, in forme diverse, continuano a esistere nella società : da un lato quello misurato e ligio al dovere, dall’altro quello più fantasioso, disinvolto e incline a infrangere le regole. Quest’ultimo tipo, pur essendo minoritario, a volte sembra definire l’immagine di un’intera epoca. In questo quadro complesso dell’Italia che si sta unendo, si inserisce anche la questione della corruzione politica, un tema esplorato nel romanzo Daniele Cortis di Antonio Fogazzaro, aggiungendo un’ulteriore importante sfaccettatura alle sfide che la nazione doveva affrontare e ai diversi volti che l’identità italiana presentava alla fine dell’Ottocento.Ma è sufficiente analizzare due romanzi per cogliere l’intera “anima” di una nazione in formazione?
Il capitolo propone un’interessante dicotomia basata su due opere letterarie per descrivere l’identità italiana di fine Ottocento. Tuttavia, ridurre la complessa “anima” di una nazione in formazione a soli due modelli, per quanto influenti, rischia di semplificare eccessivamente un panorama molto più variegato. L’identità nazionale è un costrutto sociale e storico influenzato da molteplici fattori: differenze regionali, classi sociali, movimenti politici, economici e culturali. Per comprendere appieno questo periodo cruciale, sarebbe utile allargare lo sguardo oltre la sola letteratura d’élite, esplorando la storia sociale, l’antropologia culturale e le analisi politiche dell’Italia post-unitaria. Approfondire il pensiero di storici o sociologi che hanno studiato l’identità nazionale potrebbe offrire prospettive più ampie e sfaccettate.2. Realtà e Mito tra Roma e Sicilia
Giacomo Leopardi arriva a Roma nel 1822, cercando di allontanarsi da Recanati. La città del Papa, però, si rivela una delusione. Non trova la vera cultura che sperava; i letterati si occupano solo di antichità senza conoscere le lingue antiche, e la vita sociale è superficiale e futile. Leopardi rifiuta un lavoro legato alla Chiesa per non perdere la sua libertà . Nelle sue lettere racconta la corruzione del clero e la leggerezza della società romana. L’unico posto che riesce a toccarlo profondamente è la tomba del poeta Tasso. Dopo soli sei mesi, decide di lasciare Roma.La complessità della Sicilia
La Sicilia, invece, mostra un’identità molto complessa, plasmata dalle tante volte in cui è stata dominata da popoli stranieri. Questa lunga storia di invasioni ha creato una forte diffidenza verso ogni forma di potere statale e ha favorito lo sviluppo di una cultura basata sulla vendetta e sulla segretezza.Religione e il peso della morte
La religiosità in Sicilia mette in risalto il dolore e la fine della vita. Questo si vede bene nelle processioni religiose e nelle catacombe dei Cappuccini, dove i corpi mummificati ricordano a tutti quanto sia breve la vita. Questa attenzione costante alla morte serve anche a controllare il comportamento delle persone, spingendole a seguire certe regole.Miti e giustizia popolare
Da questo bisogno di rimediare ai torti subiti, nascono miti come quello dei Beati Paoli. Si racconta di questa setta segreta che amministrava una sua forma di giustizia al di fuori delle leggi ufficiali. Alcuni studiosi vedono un legame tra questi racconti e l’origine della mafia, intesa come un sistema di giustizia privata che si sostituisce a quella dello Stato.Letteratura, realtà e finzione
La letteratura siciliana descrive spesso un atteggiamento di rassegnazione e la capacità di adattarsi ai poteri esterni. Figure come Cagliostro sono esempi di inganno e stranezza che si ritrovano nelle storie dell’isola. Il tema della follia, che sia vera o solo finta, è molto presente nelle opere di autori come Pirandello e Sciascia. Anche la storia del barone Pisani e del suo ospizio per malati mentali riflette questo rapporto difficile e complesso tra quello che è reale e quello che è inventato. La “sicilitudine” racchiude tutte queste contraddizioni, nate dalla fragilità che l’isola ha vissuto nel corso della sua storia.Ridurre l’origine della mafia a un semplice sistema di “giustizia privata” legato a miti popolari non rischia forse di ignorare le sue ben più complesse radici socio-economiche e politiche?
Il capitolo accenna al legame tra i miti come quello dei Beati Paoli e l’idea di una giustizia al di fuori dello Stato, suggerendo un’origine della mafia in questa dinamica. Tuttavia, questa prospettiva, pur affascinante, potrebbe non cogliere la profondità e la complessità del fenomeno mafioso, che affonda le sue radici anche in specifiche condizioni economiche, nella gestione del potere politico e nella struttura sociale dell’isola, evolutesi significativamente nel tempo. Per comprendere meglio questo aspetto, sarebbe utile approfondire la storia economica e sociale della Sicilia post-unitaria e leggere autori che hanno studiato la mafia non solo come fenomeno culturale o criminale, ma come sistema di potere, come Salvatore Lupo o Diego Gambetta.3. Le Due Italie e la Scoperta del Sud
La scoperta delle condizioni nel Sud
Subito dopo l’Unità d’Italia, la classe dirigente del Nord scoprì le condizioni di vita nel Mezzogiorno. Queste condizioni erano viste come molto arretrate e quasi selvagge. Politici come Farini e Spaventa rimasero stupiti dalla grande povertà , dall’analfabetismo diffuso (nel 1861, l’87% al Sud contro il 67% al Nord) e dalla mancanza di ordine civile. Arrivarono persino a paragonare la regione all’Africa. Questa percezione negativa si diffuse rapidamente, rafforzata anche dal fenomeno del brigantaggio che seguì l’unificazione.
Il fenomeno del brigantaggio
Il brigantaggio fu un problema molto serio che emerse in quel periodo. Era legato alla grande povertà , alla mancanza di istruzione e a un sistema sociale che ricordava il feudalesimo. Le sue cause erano diverse e complicate, mescolando problemi sociali, politici e criminalità . La Commissione Massari, nel 1863, indicò come cause principali la miseria e il cattivo governo dei Borboni, che non aveva educato la popolazione e aveva creato sfiducia nella giustizia. Anche le azioni del Vaticano e l’obbligo di fare il servizio militare contribuirono a questo fenomeno. La risposta dello Stato fu molto dura, con la Legge Pica che permise misure eccezionali e portò a molte morti e condanne.
Napoli come esempio e le analisi moderne
Napoli, una delle città più importanti del Sud, è stata spesso descritta in modi molto diversi nel corso della storia. Per molto tempo, osservatori stranieri e italiani ne hanno parlato male, sottolineando aspetti come la pigrizia, la corruzione, la sporcizia e la violenza. Ma allo stesso tempo, è sempre stata vista come una città di grande bellezza e cultura. Questa doppia immagine si ritrova anche in studi sociologici più recenti. Questi studi parlano di ‘familismo amorale’, cioè la tendenza a mettere gli interessi della famiglia prima di quelli della comunità , e di una mancanza di ‘tradizione civica’ nel Sud, in contrasto con il Nord. Anche se queste idee sono state discusse e criticate, mettono in luce differenze profonde tra Nord e Sud. Queste differenze hanno contribuito a creare l’idea di ‘due Italie’, con il Mezzogiorno considerato la parte meno sviluppata del paese dal punto di vista economico.
Ma quale nesso logico unisce la critica alle élite imprenditoriali del dopoguerra con l’analisi storica dell’arte sacra come strumento di controllo?
Il capitolo presenta due temi distinti: la parabola post-bellica di Milano e dell’Italia, con il declino dello slancio iniziale e la critica alle classi dirigenti, e l’analisi storica dell’uso dell’arte religiosa, in particolare i Giudizi Universali, come strumento di potere e controllo sociale. La transizione tra questi due argomenti non è fluidamente argomentata, lasciando il lettore a chiedersi quale sia il filo conduttore o la tesi unificante che lega la corruzione del dopoguerra alla censura dei nudi michelangioleschi. Per colmare questa lacuna e comprendere meglio eventuali connessioni implicite o esplicite, sarebbe utile approfondire la storia sociale ed economica dell’Italia nel secondo dopoguerra, magari leggendo autori come Paul Ginsborg, e parallelamente esplorare la sociologia dell’arte e la storia del rapporto tra potere (politico ed ecclesiastico) e produzione artistica, consultando opere di studiosi come Arnold Hauser o Michael Baxandall.6. Il Ghetto e l’Enigma della Libertà Italiana
A Venezia, nel 1516, viene creato il ghetto, un quartiere dove gli ebrei devono vivere per forza. Questa decisione nasce dalla paura e dall’odio verso gli ebrei, ma anche da un bisogno economico. Gli ebrei sono infatti fondamentali per prestare denaro, cosa che i cristiani non potevano fare. Il ghetto impone regole molto rigide: le porte vengono chiuse di notte, c’è sorveglianza e gli ebrei devono indossare segni particolari come un disco o un cappello giallo. Nonostante siano separati, il ghetto offre anche una certa protezione contro le aggressioni esterne e permette loro di praticare liberamente la propria religione.La diffusione del modello e l’influenza della Chiesa
L’idea del ghetto di Venezia viene presto seguita in altre città . A Roma, nel 1555, un documento del Papa, la bolla Cum nimis absurdum, aggiunge altri divieti per gli ebrei. Per esempio, non possono possedere case o avere al loro servizio persone cristiane. La Chiesa ha un grande potere in questo periodo. L’Inquisizione, che cerca e punisce chi non segue la fede cristiana, si occupa anche degli ebrei che si erano convertiti e poi sono tornati alla loro religione d’origine.La fine del Ghetto veneziano
Il ghetto di Venezia finisce nel 1797 quando arrivano i soldati francesi guidati da Napoleone. Le porte vengono abbattute e gli ebrei ottengono tutti i diritti dei cittadini. Questo succede mentre la Repubblica di Venezia cade, in un momento difficile. Venezia viene data all’Austria con un accordo chiamato Trattato di Campoformio. Molti pensano che Venezia sia finita così per colpa di politici che non hanno saputo vedere lontano e di capi non all’altezza.Un enigma nella storia d’Italia
La storia del ghetto e il fatto che sia stato abolito da una forza esterna come quella di Napoleone mostrano un problema più grande della storia italiana. L’Italia ha avuto spesso difficoltà a far nascere e proteggere da sola, dentro il paese, le libertà dei cittadini e a creare l’unità nazionale. A differenza di altri paesi d’Europa, l’Italia ha spesso avuto bisogno che qualcuno da fuori intervenisse per iniziare cambiamenti importanti verso la libertà e i diritti delle persone. Questo fatto è un mistero importante nella storia italiana.Ma l’idea che l’Italia abbia sempre avuto bisogno di un salvatore esterno per conquistare la libertà non rischia di semplificare eccessivamente una storia complessa?
Il capitolo, pur offrendo un quadro efficace della creazione e fine del ghetto di Venezia e collegandolo a un presunto “enigma” della storia italiana, presenta questa dipendenza da forze esterne come un dato quasi assoluto. Questa lettura, che dipinge l’Italia come intrinsecamente incapace di generare riforme e libertà dall’interno, merita un’analisi più sfumata. È fondamentale considerare i movimenti intellettuali e politici che, ben prima dell’arrivo di Napoleone, dibattevano attivamente di diritti, riforme e unificazione nella penisola. Ignorare o minimizzare questi fermenti interni rischia di offrire una visione parziale e riduttiva del percorso storico italiano. Per approfondire questa prospettiva e bilanciare la narrazione, è utile studiare il periodo dell’Illuminismo italiano e i primi moti pre-risorgimentali, consultando le opere di storici che hanno analizzato le dinamiche interne, come ad esempio Denis Mack Smith o Rosario Romeo, per confrontare diverse interpretazioni.Abbiamo riassunto il possibile
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