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Informazioni
“I dannati di Vlassov. Il dramma dei russi antisovietici nella seconda guerra mondiale” di Adriano Bolzoni ti porta dentro una storia poco raccontata, quella di chi in Russia ha osato opporsi al potere sovietico. Il libro esplora due grandi occasioni mancate: la prima durante la Guerra Civile Russa, quando gli Alleati non diedero il supporto decisivo alle forze anti-bolsceviche, i Bianchi, permettendo al regime di Stalin di consolidarsi. La seconda, forse ancora più drammatica, si svolge durante la Seconda Guerra Mondiale, con l’Operazione Barbarossa. Qui, nonostante milioni di russi vedessero nei tedeschi una possibile liberazione da Stalin e fossero pronti a collaborare, la follia ideologica di Hitler, basata su razzismo e sterminio, impedì di sfruttare questo potenziale, trasformando la speranza in resistenza. Al centro di questa tragedia c’è la figura del Generale Vlassov e il suo Esercito Russo di Liberazione (ROA), simbolo di un’alternativa anti-sovietica che non fu mai pienamente supportata. Ma il dramma non finisce con la guerra: il libro svela la terribile sorte dei russi antisovietici finiti nelle mani degli Alleati occidentali. Milioni di persone, tra soldati, profughi ed esuli, furono rimpatriate forzatamente nell’URSS, spesso con l’inganno, per finire nei Gulag o essere giustiziate, una tragedia dimenticata che macchia la storia post-bellica. Bolzoni ricostruisce questo destino amaro, mostrando come la collaborazione russa con la Germania, nata dall’odio per il comunismo, si sia scontrata con la brutalità nazista e sia poi stata punita dalla politica di rimpatrio forzato degli Alleati, lasciando questi “dannati” senza via di scampo.Riassunto Breve
Durante la Prima Guerra Mondiale, la Russia partecipa al fianco degli Alleati, ma la Rivoluzione d’Ottobre porta i bolscevichi al potere, che si ritirano dal conflitto. Questo scatena una guerra civile contro le forze anti-comuniste, i “Bianchi”, che mostrano determinazione e ottengono successi, come la Legione Cecoslovacca. Le potenze Alleate inviano piccoli aiuti, ma non riescono a coordinarsi per un supporto deciso che avrebbe potuto sconfiggere il debole governo bolscevico. Prevale la stanchezza post-bellica e una sottovalutazione del bolscevismo. L’aiuto insufficiente porta alla sconfitta dei Bianchi e al consolidamento del potere sovietico. Anni dopo, durante la Seconda Guerra Mondiale, la Germania attacca l’Unione Sovietica. Nonostante l’URSS abbia superiorità materiale, l’Armata Rossa è disorganizzata e le popolazioni locali in molte aree accolgono i tedeschi con speranza, vedendoli come liberatori dalla tirannia di Stalin. Questa situazione offre alla Germania una grande opportunità : sfruttare il vasto sentimento anti-sovietico per ottenere collaborazione e formare un esercito russo contro Stalin. Molti comandanti tedeschi e russi, come il generale Vlassov, sostengono questa strategia. Tuttavia, Hitler rifiuta categoricamente l’idea, vedendo la guerra come uno scontro razziale e di sterminio. La sua politica brutale aliena rapidamente la popolazione russa, trasformando la potenziale collaborazione in resistenza e alimentando i partigiani. Questo errore politico impedisce alla Germania di sfruttare il potenziale umano russo contro l’URSS. Dopo la fine della guerra, milioni di russi si trovano in mano agli Alleati occidentali, inclusi soldati che hanno combattuto con i tedeschi, profughi, esuli e civili. Nonostante le convenzioni internazionali e la consapevolezza del tragico destino che li attende in URSS (Gulag, esecuzioni), i governi alleati, in particolare Regno Unito e Stati Uniti, decidono di rimpatriarli forzatamente. Questa consegna avviene spesso con l’inganno e la forza, nonostante le proteste, i tentativi di resistenza e i suicidi. Casi emblematici sono la riconsegna dei cosacchi in Austria e di altre unità russe. Milioni di persone vengono così consegnate al regime sovietico, accusate di tradimento e inviate nei campi di lavoro forzato. La portata di questa tragedia, che coinvolge milioni di persone consegnate dagli Alleati a un destino crudele, e l’entità della collaborazione russa con la Germania, motivata dall’odio per il comunismo, rimangono in gran parte poco conosciute, anche a causa della segretezza degli archivi e della cancellazione delle tracce da parte del regime sovietico.Riassunto Lungo
1. L’occasione perduta in Russia
Durante la Prima Guerra Mondiale, la Russia contribuì in modo importante allo sforzo bellico degli Alleati, schierando un grande esercito sul fronte orientale. Questo evento cambiò radicalmente lo scenario della guerra. Ma la Rivoluzione d’Ottobre del 1917 portò al potere i bolscevichi. Loro firmarono una pace separata con la Germania a Brest-Litovsk. Così la Russia si ritirò dal conflitto, cedendo vasti territori.La Guerra Civile e le Forze Anti-Bolsceviche
Questa decisione scatenò una sanguinosa guerra civile all’interno della Russia. Contro il governo bolscevico si opposero diverse forze contrarie al comunismo. Queste forze, chiamate i “Bianchi”, includevano militari fedeli allo zar, cosacchi e gruppi di diverse regioni che volevano l’indipendenza o un governo diverso. Anche se divise, queste forze dimostrarono grande determinazione. Ad esempio, la Legione Cecoslovacca, formata da circa 60.000 ex prigionieri, ottenne importanti vittorie e arrivò a controllare grandi aree della Siberia e della Russia orientale.L’Intervento degli Alleati e l’Occasione Mancata
Le nazioni Alleate, come Gran Bretagna, Francia, Stati Uniti, Italia e Giappone, inviarono piccoli gruppi di soldati in Russia. All’inizio, il loro scopo era limitato, ad esempio proteggere depositi di armi. C’era però la possibilità di dare un aiuto molto più consistente alle forze anti-bolsheviche. Con un supporto adeguato, i Bianchi avrebbero potuto sconfiggere il governo bolscevico, che all’inizio era debole e con un esercito poco organizzato. Figure importanti, come Winston Churchill, sostenevano un intervento deciso e su larga scala.Il Fallimento del Supporto e il Rafforzamento del Potere Sovietico
Tuttavia, gli Alleati non riuscirono a mettersi d’accordo su una strategia comune. Prevalsero la stanchezza dopo la guerra, il desiderio di riportare a casa i soldati e una sottovalutazione del pericolo rappresentato dai bolscevichi. L’aiuto dato ai Bianchi rimase insufficiente e non coordinato. Le forze anti-bolsheviche, nonostante il loro coraggio, furono gradualmente sconfitte. La mancanza di un aiuto esterno efficace e l’incapacità di unire le diverse fazioni dei Bianchi portarono al rafforzamento del potere sovietico.Davvero il fallimento dell’intervento Alleato fu la causa principale della vittoria Bolscevica, o questa visione non ignora le profonde debolezze interne delle forze anti-Bolsceviche?
Il capitolo pone l’accento sulla mancata azione degli Alleati come l’elemento cruciale che determinò l’esito della Guerra Civile Russa, lasciando intendere che un intervento più deciso avrebbe potuto rovesciare i Bolscevichi. Questa lettura, tuttavia, rischia di trascurare le ragioni più profonde della sconfitta delle forze Bianche, che non dipesero solo dalla quantità di aiuti esterni, ma anche dalla loro disunità , dalla corruzione diffusa, dalla mancanza di un programma politico coerente e dall’incapacità di ottenere un sostegno popolare significativo. Per valutare criticamente l’idea di una “occasione perduta”, è fondamentale studiare le dinamiche interne del conflitto, le strategie e le debolezze di tutte le fazioni in campo. Approfondire le opere di storici specialisti della Rivoluzione e della Guerra Civile Russa, come Pipes o Figes, può offrire una prospettiva più completa e sfaccettata.2. L’occasione mancata: il popolo russo contro Stalin
L’Operazione Barbarossa, iniziata il 22 giugno 1941, segna l’attacco della Germania all’Unione Sovietica. L’URSS possiede una netta superiorità militare in termini di uomini e materiali, soprattutto carri armati, grazie a un’industria che da anni produce armamenti su vasta scala. La Germania, invece, ha dalla sua parte maggiore esperienza sul campo e una migliore qualità dei comandi militari. I tedeschi sperano in una vittoria rapida, puntando sul possibile crollo del sistema sovietico sotto il peso dell’invasione. Molti generali tedeschi sono consapevoli della forza potenziale russa e credono che battere l’URSS sia possibile solo con l’appoggio della popolazione locale.Le prime vittorie e la reazione della popolazione
Nelle fasi iniziali dell’invasione, le truppe tedesche ottengono successi schiaccianti. Catturano milioni di soldati sovietici e infliggono perdite enormi all’Armata Rossa, che si trova in uno stato di grande disorganizzazione, peggiorato dalle purghe volute da Stalin che hanno colpito duramente gli ufficiali. Le popolazioni che vivono nelle aree occupate accolgono i tedeschi in modo non ostile in molte zone, a volte addirittura con speranza. Vedono l’arrivo dei tedeschi come una possibile liberazione dalla dittatura di Stalin, dal sistema dei kolchoz (le fattorie collettive) e dal clima di terrore.Un’occasione politica sprecata
Questa situazione rappresenta una grande opportunità sia politica che militare per la Germania. Potrebbe sfruttare il forte sentimento contro il regime sovietico per ottenere collaborazione dalla popolazione. Potrebbe formare un vero e proprio esercito russo di liberazione e creare amministrazioni locali autonome con l’aiuto della gente del posto. I comandanti tedeschi sul campo capiscono questa possibilità e spesso incoraggiano la collaborazione, reclutando centinaia di migliaia di volontari russi che vengono impiegati come ausiliari e combattenti.La politica di Hitler e le sue conseguenze
Adolf Hitler, tuttavia, rifiuta in modo assoluto questa strategia. La sua visione della guerra è quella di uno scontro basato sulla razza e finalizzato allo sterminio. Il suo obiettivo è conquistare, dominare e sfruttare la Russia per ottenere “spazio vitale” per la Germania. Non considera i popoli slavi come possibili alleati, ma solo come inferiori. Le sue direttive sono brutali e le azioni repressive delle SS e dei funzionari nazisti nei territori occupati allontanano rapidamente la popolazione. Quella che poteva essere una collaborazione si trasforma in resistenza, alimentando un forte movimento partigiano.L’errore decisivo
Mentre i paesi Alleati occidentali inviano aiuti fondamentali all’URSS, permettendo all’Armata Rossa di riorganizzarsi e muoversi più agevolmente, la politica di Hitler impedisce alla Germania di utilizzare il grande potenziale umano russo contro Stalin. Questo errore politico ha un peso maggiore di qualsiasi altro fattore militare nel compromettere le possibilità tedesche di vincere la guerra sul fronte orientale. La possibilità di sconfiggere l’URSS con il sostegno dei russi viene sistematicamente sabotata dalla volontà di Hitler, nonostante molti suoi generali fossero di parere contrario.È davvero così certo che l’errore politico di Hitler sia stato il fattore decisivo, più di ogni altro elemento militare, nel fallimento tedesco sul fronte orientale?
Il capitolo, nel sottolineare l’occasione politica sprecata dalla Germania, pone l’accento in modo molto deciso sull’errore di Hitler come il fattore determinante, addirittura più rilevante di qualsiasi altro fattore militare, per spiegare la sconfitta sul fronte orientale. Questa è una tesi forte, che merita un’analisi più approfondita. La realtà storica è spesso più sfaccettata, e la catastrofe tedesca in Russia fu il risultato di una combinazione letale di elementi: la brutalità ideologica nazista che alienò le popolazioni, certo, ma anche le immense distanze, le sfide logistiche insormontabili, la capacità di resistenza e mobilitazione dell’Unione Sovietica e l’impatto cruciale degli aiuti Alleati. Ridurre la sconfitta a un singolo errore politico, per quanto grave, rischia di semplificare eccessivamente un quadro complesso. Per comprendere meglio la molteplicità delle cause, è utile esplorare le analisi di storici militari come Antony Beevor o Richard Overy, che offrono prospettive più ampie sulla campagna.3. Volontari Contro Stalin: Un Destino Amaro
Nel dicembre 1941, Adolf Hitler prese il comando diretto delle operazioni militari, rafforzando il suo potere sui generali. In quel periodo, l’esercito tedesco si trovava in grande difficoltà in Russia. Non era riuscito a conquistare Mosca e Leningrado, e le truppe erano molto stanche e provate. Nonostante le perdite subite dall’esercito sovietico, i comandanti tedeschi capirono che era necessario fermarsi per un po’ e cercare di collaborare con le persone del posto. Molti russi, infatti, non sopportavano il regime sovietico e mostravano ostilità verso di esso.La possibilità di collaborare con i russi
Esisteva una grande opportunità di convincere i russi a combattere contro Stalin. Lo dimostrava il fatto che moltissime persone collaboravano spontaneamente con i tedeschi. Centinaia di migliaia di russi si unirono ai tedeschi in diverse formazioni. Figure importanti, come il generale Andrej Vlassov, un rispettato ufficiale sovietico catturato nel 1942, emersero come possibili guide per un esercito russo che lottasse per la liberazione nazionale, chiamato ROA. Vlassov propose di creare questa forza, e molti ufficiali tedeschi pensavano che fosse l’unica via per vincere sul fronte orientale.Il netto rifiuto di Hitler
Tuttavia, Hitler si oppose con forza a questa idea. Rifiutò categoricamente questa strategia e impedì che si formassero grandi unità russe autonome. Invece, portò avanti una politica molto dura e crudele nei territori occupati. Questa scelta, basata sulla sua ideologia, non tenne conto del forte sentimento anti-sovietico diffuso tra la popolazione e della volontà di molti russi di combattere per riconquistare la propria libertà . Fu un’occasione persa per la Germania.La sorte nelle mani degli Alleati
Quando le forze alleate occidentali sbarcarono in Europa, catturarono decine di migliaia di questi russi che avevano combattuto o lavorato al fianco dei tedeschi. Inizialmente, gli Alleati promisero di trattarli secondo le regole internazionali. Però, i governi alleati, specialmente quello britannico, cedettero alle pressioni di Stalin. Per assicurarsi che i propri prigionieri venissero rimpatriati, decisero di rimandare forzatamente questi russi nell’Unione Sovietica. Questo accadde pur sapendo bene il terribile destino che li aspettava: i campi di lavoro (Gulag) o l’esecuzione. Questa politica di rimpatrio forzato riguardò milioni di russi, inclusi profughi e persone che vivevano all’estero. Fu un momento molto triste e poco conosciuto della guerra.Ma erano davvero tutti “russi” quelli consegnati all’URSS, o c’era una complessità etnica e politica volutamente ignorata?
Il capitolo usa il termine “russi” per descrivere le milioni di persone consegnate. Questa semplificazione rischia di nascondere una realtà ben più complessa. L’Unione Sovietica era un mosaico di etnie, e molti tra i rimpatriati non si consideravano “russi”, ma ucraini, cosacchi, georgiani, ecc. Alcuni, in particolare tra i militari, avevano scelto di combattere attivamente contro il regime sovietico per motivi politici o nazionali. Comprendere questa distinzione è fondamentale per afferrare appieno la tragedia e le motivazioni di chi resistette al rimpatrio. Per approfondire, è utile studiare la storia dell’URSS, le sue dinamiche etniche e le formazioni militari composte da cittadini sovietici che combatterono al fianco della Germania. Autori come Nikolai Tolstoy hanno esplorato in profondità questa specifica tragedia.6. La Tragedia Dimenticata: Rimpatri Forzati e Collaborazione Russa
Centinaia di migliaia di russi che si trovavano in Occidente dopo la Seconda Guerra Mondiale, tra cui prigionieri di guerra, esuli e civili, furono trasferiti con la forza nell’Unione Sovietica o nelle zone controllate dall’Armata Rossa. La responsabilità maggiore di questi rimpatri forzati ricadde sui governi di Regno Unito e Stati Uniti. Alcuni paesi mostrarono resistenza: Francia e Belgio, ad esempio, non parteciparono attivamente. Il Liechtenstein rifiutò categoricamente di consegnare un gruppo di russi, offrendo loro asilo. La Svizzera permise inizialmente ai funzionari sovietici di operare quasi liberamente, portando alla consegna di centinaia di persone, anche se non usò la forza contro chi si rifiutava. La Svezia, invece, adottò un comportamento molto criticato, dichiarandosi subito pronta a rimpatriare con la forza decine di migliaia di baltici e russi, nonostante le proteste interne e gli scioperi della fame dei prigionieri. Milioni di persone furono consegnate a un destino di morte o prigionia nei Gulag, spesso in violazione delle leggi internazionali.La Collaborazione con la Germania
Durante la guerra, un fenomeno parallelo e di vasta portata vide milioni di russi combattere o collaborare con le forze tedesche contro il regime sovietico. Questo coinvolse centinaia di migliaia di uomini in unità militari regolari, come battaglioni di fanteria, cavalleria e artiglieria. Esistevano anche divisioni Waffen-SS composte da diverse nazionalità dell’URSS, come ucraini, baltici, caucasici e cosacchi, oltre a formazioni autonome e ausiliarie. Questa collaborazione era motivata da un profondo odio per il comunismo staliniano e dalla speranza di liberazione dal regime. La politica di Hitler verso l’Est, però, era basata sull’annientamento piuttosto che sulla collaborazione, e impedì di sfruttare appieno questo vasto potenziale anti-sovietico. Nonostante le vittorie iniziali tedesche e la crisi dell’Armata Rossa, la guerra di sterminio nazista rafforzò la resistenza sovietica e il regime di Stalin. La creazione di un vero esercito di liberazione russo, il ROA, sotto il generale Vlassov, fu autorizzata troppo tardi, solo alla fine del 1944, quando la situazione militare tedesca era già compromessa. La tragedia dei rimpatri forzati e l’enorme entità della collaborazione russa con la Germania rimangono in gran parte sconosciute nella storia ufficiale. Gli archivi occidentali su questi eventi sono ancora chiusi e il regime sovietico ha sistematicamente cancellato ogni traccia delle vittime e dei movimenti anti-comunisti.È davvero plausibile sostenere che eventi di tale portata, come la collaborazione di milioni di russi con la Germania nazista e i rimpatri forzati di centinaia di migliaia di persone, rimangano “in gran parte sconosciuti nella storia ufficiale”?
Il capitolo solleva questioni di indubbia rilevanza storica, portando alla luce tragedie spesso relegate ai margini della narrazione comune. Tuttavia, l’affermazione che tali fenomeni siano “in gran parte sconosciuti” nella storia ufficiale merita un’analisi più approfondita. Sebbene la consapevolezza pubblica possa essere limitata, la storiografia specialistica, in particolare quella sulla Seconda Guerra Mondiale e sulla Guerra Fredda, ha ampiamente documentato sia i rimpatri forzati che le complesse dinamiche della collaborazione anti-sovietica, analizzandone le motivazioni, le diverse forme e le tragiche conseguenze. Per valutare criticamente quanto questi eventi siano effettivamente “dimenticati” e per comprenderne la reale portata, è fondamentale approfondire la storia militare del fronte orientale, le politiche post-belliche dei governi Alleati verso i cittadini sovietici e le intricate relazioni tra i regimi totalitari e le popolazioni occupate. Discipline come la storia militare, la storia diplomatica e gli studi sui totalitarismi offrono strumenti essenziali. Autori come N. Tolstoy hanno dedicato studi fondamentali ai rimpatri, mentre la collaborazione è stata oggetto di analisi da parte di numerosi storici della Seconda Guerra Mondiale.Abbiamo riassunto il possibile
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