Economia e Business

Hooked. Le abitudini che creano dipendenza

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Le abitudini plasmano gran parte delle nostre azioni quotidiane, spesso in modo inconscio. Per le aziende, la capacità di formare abitudini nei consumatori rappresenta un vantaggio competitivo fondamentale. Il libro esplora come le aziende possono integrare i loro prodotti nella routine degli utenti, aumentando la fidelizzazione e la crescita. Si approfondisce il “Modello dell’Uncino”, un ciclo di trigger, azioni, ricompense variabili e investimenti che portano alla formazione di abitudini. Vengono analizzati i diversi tipi di inneschi, esterni e interni, che guidano il comportamento umano e le strategie per semplificare le azioni e massimizzare la motivazione degli utenti. Il libro esamina il ruolo cruciale delle ricompense variabili nel mantenere l’interesse e l’importanza dell’investimento da parte dell’utente per consolidare l’abitudine. Infine, si affrontano le questioni etiche legate alla creazione di prodotti persuasivi, fornendo strumenti per valutare la responsabilità dei creatori verso un uso consapevole e non manipolatorio delle tecnologie persuasive.

1. La formula dell’abitudine

Le abitudini influenzano gran parte delle nostre azioni quotidiane, spesso in modo automatico. Per le aziende, riuscire a creare abitudini nei clienti rappresenta un grande vantaggio. Infatti, se un prodotto entra a far parte delle abitudini delle persone, l’azienda ottiene clienti più fedeli, che nel tempo spendono di più e contribuiscono a una crescita più rapida dell’azienda stessa.

La zona dell’abitudine

Un’abitudine si forma quando un comportamento si ripete spesso e la persona lo considera utile. Se un prodotto viene usato frequentemente e offre un valore concreto, è più probabile che diventi un’abitudine. Questo concetto è noto come “Zona dell’Abitudine”. Quando un prodotto entra in questa zona, diventa una soluzione automatica per i bisogni delle persone.

Da ‘vitamine’ ad ‘antidolorifici’

All’inizio, molti prodotti che creano abitudini possono sembrare superflui, come delle “vitamine”: qualcosa di piacevole ma non indispensabile. Però, quando l’abitudine si consolida, questi prodotti si trasformano in “antidolorifici”, diventando essenziali per risolvere un bisogno, che sia psicologico o pratico. Se si rinuncia al prodotto, si prova una sensazione di mancanza, un vero e proprio “prurito” che spinge a usarlo di nuovo.

Il modello dell’uncino

Il processo di formazione delle abitudini è descritto dal “Modello dell’Uncino”. Questo modello è fatto di quattro fasi che si ripetono in ciclo:
  • Innesco (trigger): qualcosa che fa partire il comportamento.
  • Azione: il comportamento che si mette in atto in risposta all’innesco.
  • Ricompensa variabile: un premio che crea desiderio e spinge a ripetere l’azione.
  • Investimento: un impegno da parte dell’utente che aumenta la probabilità di ripetere il ciclo in futuro.
Ripetendo più volte questo ciclo, i prodotti possono entrare profondamente nella vita delle persone e diventare abitudini solide.

Se tutte le abitudini create dalle aziende fossero positive per i consumatori, non ci sarebbe bisogno di leggi a tutela della dipendenza da prodotti e servizi?
Il capitolo presenta il ‘Modello dell’Uncino’ come una strategia di successo per le aziende, ma tralascia completamente le implicazioni etiche di creare abitudini potenzialmente dannose per i consumatori. Per rispondere a questa domanda, è fondamentale approfondire le dinamiche psicologiche della persuasione e della dipendenza, studiando autori come Robert Cialdini e le ricerche sull’economia comportamentale e l’etica del ‘nudging’.


2. Innescare l’Azione

Cosa sono gli inneschi

Il comportamento delle persone è guidato da inneschi. Gli inneschi sono elementi che danno il via alla formazione di nuove abitudini. Questi inneschi si possono dividere in due tipi principali: esterni e interni.

Inneschi esterni

Gli inneschi esterni sono stimoli che arrivano dall’ambiente intorno a noi. Questi stimoli comunicano alla persona quale azione deve compiere. Un esempio di innesco esterno è un pulsante ben visibile su un sito internet, oppure una notifica che compare sullo smartphone. Esistono diversi tipi di inneschi esterni. Alcuni esempi sono gli inneschi a pagamento, come la pubblicità; gli inneschi guadagnati, come le citazioni sui giornali; gli inneschi relazionali, come il passaparola tra persone; e gli inneschi di proprietà, come le icone delle applicazioni sui telefoni.

Inneschi interni

Gli inneschi interni sono invece segnali che nascono dalla mente della persona. Spesso questi segnali sono collegati a emozioni, pensieri o abitudini che la persona ha già. Le emozioni negative, come la noia, la solitudine o la paura, sono inneschi interni molto potenti. Un prodotto che funziona bene riesce a creare un legameAutomaticamente, quando una persona prova un certo innesco interno, il prodotto diventa la risposta giusta per quel bisogno o emozione.

Come funziona l’azione: il modello B=MAT

Dopo che l’innesco si è attivato, l’azione successiva è fondamentale. Perché una persona compia un’azione, devono esserci contemporaneamente tre cose: motivazione, capacità e innesco. Questo concetto è spiegato dal modello comportamentale di Fogg, riassunto con la formula B=MAT. La motivazione è la voglia di fare l’azione, mentre la capacità è quanto è facile per la persona fare quell’azione. La semplicità dell’azione è molto importante e dipende da diversi fattori. Tra questi fattori ci sono il tempo necessario, il costo in denaro, la fatica fisica e mentale, l’accettazione da parte degli altri e la familiarità con quell’azione.

Semplificare l’azione e usare le euristiche

Per rendere un’azione più semplice, è utile eliminare tutti gli ostacoli che si trovano tra la persona e l’obiettivo da raggiungere. Inoltre, si può agire sulla percezione della persona usando le euristiche. Le euristiche sono delle scorciatoie mentali che guidano le decisioni delle persone. Alcuni esempi di euristiche sono l’effetto scarsità, l’effetto cornice, l’effetto ancoraggio e l’effetto progresso dotato. Capire come funzionano queste euristiche e usarle nel modo giusto può aumentare le probabilità che la persona compia l’azione desiderata. In questo modo, il prodotto diventa più efficace nel creare abitudini nelle persone. La cosa più importante è rendere l’azione il più semplice possibile, facendo capire subito qual è il premio che la persona otterrà facendo quell’azione.

Ma il modello B=MAT, così semplificato, non rischia di ignorare la complessità e la profondità delle motivazioni umane, riducendo l’individuo a un mero esecutore di ‘azioni’ innescate?
Il capitolo presenta il modello B=MAT come una formula quasi definitiva per spiegare l’azione umana. Tuttavia, questa eccessiva semplificazione potrebbe oscurare la miriade di fattori che influenzano realmente le nostre decisioni. Per rispondere a questa domanda, sarebbe utile approfondire le teorie psicologiche sulla motivazione e le scoperte dell’economia comportamentale, ad esempio studiando autori come Kahneman, per comprendere meglio le sfumature e le irrazionalità che guidano il comportamento umano, al di là di semplici “inneschi” e “azioni semplificate”.


3. La Forza Motrice della Ricompensa e dell’Impegno

Il Modello dell’Hook e la Creazione delle Abitudini

Il modello dell’Hook spiega come i prodotti riescono a creare delle abitudini nelle persone. Questo avviene attraverso un ciclo preciso, fatto di quattro fasi: trigger, azione, ricompensa variabile e investimento. La fase della ricompensa variabile è particolarmente importante.

L’Importanza della Ricompensa Variabile

La ricompensa variabile sfrutta il meccanismo del desiderio presente nel nostro cervello. Quando aspettiamo una ricompensa, si attiva una parte del cervello chiamata nucleo accumbens. Non è tanto il piacere della ricompensa stessa che ci attrae, ma soprattutto l’attesa e la ricerca di questa ricompensa. La variabilità è un elemento chiave perché mantiene vivo il nostro interesse. Se sappiamo già cosa succederà, l’attenzione diminuisce.

Tipi di Ricompense Variabili

Le ricompense variabili si presentano in tre forme principali, che corrispondono a diversi bisogni:
  • Ricompense della tribù: soddisfano il nostro bisogno di essere accettati e riconosciuti dagli altri. Un esempio sono i “mi piace” sui social media.
  • Ricompense della caccia: ci spingono a cercare risorse e informazioni. Pensiamo allo scorrere continuo delle notizie online, sempre alla ricerca di qualcosa di nuovo.
  • Ricompense del sé: ci danno soddisfazione personale quando diventiamo bravi in qualcosa o portiamo a termine un compito. Rientrano in questa categoria i videogiochi o anche l’organizzazione della posta elettronica.

Il Ruolo Fondamentale dell’Investimento

Le ricompense variabili da sole non bastano per creare un’abitudine duratura. È fondamentale anche la fase di investimento. Con “investimento” si intende un piccolo sforzo che l’utente compie, aggiungendo valore al prodotto nel tempo. Questo valore può essere di diversi tipi: contenuti creati dall’utente stesso, informazioni personali fornite, una rete di persone che lo seguono, la reputazione che si è costruito all’interno della piattaforma, o le capacità che ha sviluppato usando il prodotto.

Perché l’Investimento Aumenta l’Impegno

L’investimento rende le persone più legate al prodotto per diverse ragioni psicologiche. Tendiamo a dare più valore a ciò in cui abbiamo messo impegno. Vogliamo essere coerenti con le azioni che abbiamo fatto in passato. Cerchiamo di evitare quella sensazione spiacevole che si chiama dissonanza cognitiva, che proviamo quando facciamo o pensiamo cose contraddittorie. Inoltre, la fase di investimento prepara il terreno per il ciclo successivo dell’Hook, inserendo un nuovo trigger che spingerà l’utente a ripetere il ciclo.

Esempi di Prodotti di Successo

Prodotti molto popolari come Any.do, Tinder, Snapchat e Pinterest dimostrano bene come l’investimento degli utenti, anche se piccolo, rafforza l’abitudine all’uso. Questo investimento rende il prodotto sempre più utile e difficile da abbandonare nella vita delle persone. Quindi, per creare prodotti di successo, è importante offrire ricompense variabili che rispondano ai bisogni degli utenti e, allo stesso tempo, incentivarli a investire nel prodotto. In questo modo, si aumenta il valore che le persone percepiscono nel prodotto e si rende più probabile che continuino a usarlo regolarmente.

Se la variabilità della ricompensa è la chiave, non si rischia di creare dipendenza, piuttosto che abitudine?
Il capitolo enfatizza la potenza della ricompensa variabile nel creare abitudini, ma non si sofferma sui potenziali rischi di dipendenza che tale meccanismo può innescare. Una ricompensa variabile, per sua natura imprevedibile, può generare un comportamento compulsivo e problematico. Per comprendere meglio i meccanismi della dipendenza e i limiti etici dell’utilizzo di tali tecniche, è utile approfondire studi di psicologia comportamentale e riflessioni filosofiche sull’etica della tecnologia, con autori come B.J. Fogg per la parte comportamentale e Luciano Floridi per l’etica digitale.


4. L’Etica dell’Aggancio e la Matrice della Manipolazione

Il modello Hook è un sistema pensato per far prendere delle abitudini alle persone che usano un prodotto. L’obiettivo è collegare i bisogni degli utenti con le soluzioni offerte da chi crea il prodotto. Questo sistema funziona ripetendo dei cicli, che spingono le persone a usare sempre di più un prodotto per soddisfare le proprie necessità. Il modello Hook funziona bene perché trasforma gli stimoli esterni in abitudini mentali interne. In questo modo, le persone si affezionano sempre di più al prodotto e lo preferiscono ad altri.

Il problema etico del modello Hook

Creare prodotti che spingono le persone a usarli sempre di più pone però un problema etico. Bisogna capire se usare il modello Hook può essere considerato una forma di manipolazione. Per rispondere a questa domanda, si può usare la Matrice della Manipolazione. Si tratta di uno strumento che aiuta a capire se un prodotto è etico oppure no, prima di metterlo sul mercato. La matrice si basa su due domande fondamentali: “Io userei questo prodotto?” e “Questo prodotto migliora davvero la vita delle persone?”.

I quattro tipi di creatori

La matrice individua quattro tipi di creatori, a seconda della loro risposta alle due domande:
  • I Facilitatori: sono quelli che usano i loro prodotti e credono che facciano bene alle persone.
  • I Venditori Ambulanti: credono che i loro prodotti siano utili, ma non li usano in prima persona.
  • Gli Intrattenitori: usano i prodotti per divertirsi, ma non pensano che migliorino la vita degli altri.
  • I Rivenditori: non usano i prodotti e non credono nel loro valore. Il loro scopo principale è guadagnare.

L’esempio positivo della Bible App

Un esempio di come si può usare bene il modello Hook è la Bible App. All’inizio era un sito web poco interessante, ma poi è diventata un’app per smartphone molto più facile da usare e da consultare tutti i giorni. L’app usa diversi sistemi per coinvolgere le persone: manda notifiche, propone piani di lettura divisi in piccole parti, offre contenuti audio e permette di condividere versetti. In questo modo, crea un sistema di stimoli, azioni semplici, premi variabili e investimenti da parte dell’utente, come salvare segnalibri e aggiungere commenti. Grazie a questo sistema, l’app si è diffusa molto. Questo dimostra che il modello Hook può essere usato per creare abitudini positive. Però, bisogna sempre pensare alle responsabilità di chi crea questi prodotti, perché un uso eccessivo o la dipendenza possono essere un problema. Per chiunque progetti tecnologie che spingono le persone a fare qualcosa, è quindi fondamentale riflettere sull’etica.

Ma è davvero sufficiente chiedersi “Io userei questo prodotto?” e “Questo prodotto migliora davvero la vita delle persone?” per determinare l’eticità di un modello che crea dipendenza?
Il capitolo propone una matrice etica basata su due semplici domande personali, ma la questione della manipolazione e dell’etica nel design persuasivo è intrinsecamente complessa e sfaccettata. Ridurre l’analisi etica a una valutazione soggettiva e binaria rischia di banalizzare le implicazioni profonde che la creazione di abitudini può avere sulla libertà e sul benessere degli utenti. Per una comprensione più articolata, sarebbe utile esplorare le teorie filosofiche sull’etica e la responsabilità, come quelle di autori quali Kant o Jonas, e approfondire le dinamiche psicologiche della persuasione e della dipendenza, studiando autori come Cialdini o Kahneman.


5. Il Test delle Abitudini e la Ricerca di Opportunità

Per capire se un prodotto può diventare un’abitudine per le persone, si usa il processo di Habit Testing. Questo processo serve per migliorare il prodotto e si divide in tre fasi principali: capire chi usa spesso il prodotto, capire come lo usa, e cambiare il prodotto per farlo usare ancora di più.

Le fasi dell’Habit Testing

Per prima cosa, bisogna trovare le persone che usano spesso il prodotto. Per farlo, si decide quanto spesso una persona deve usare il prodotto per essere considerata un “utente abituale”. Poi, si guardano i dati per trovare le persone che usano il prodotto più di quella soglia. Una volta trovati questi utenti, si studia come usano il prodotto. Si cerca un “Habit Path”, cioè una serie di azioni che questi utenti fanno spesso. Ad esempio, Twitter ha scoperto che era importante che le persone nuove avessero almeno trenta follower per continuare a usare Twitter nel tempo.Dopo aver capito il percorso abituale degli utenti, si cambia il prodotto per aiutare le persone nuove a seguire questo percorso. Si possono cambiare diverse cose, come il modo in cui ci si registra al prodotto, i contenuti che si vedono all’inizio, o le funzioni a cui si dà più importanza. L’Habit Testing non finisce mai: è un processo continuo per migliorare sempre il prodotto, facendo dei cambiamenti e analizzando i risultati ogni volta.

Trovare nuove idee per prodotti che creano abitudini

Oltre a migliorare i prodotti che esistono già, è importante cercare nuove idee per creare prodotti che le persone usino volentieri tutti i giorni. Per trovare queste idee, si può iniziare osservando se stessi e pensando ai propri bisogni e problemi. Se qualcosa ci crea frustrazione nella vita di tutti i giorni, una nuova tecnologia potrebbe risolvere quel problema e diventare un’abitudine utile.Un altro modo è osservare le “nuove abitudini” che nascono tra piccoli gruppi di persone. A volte, delle piccole novità diventano abitudini per tante persone. Facebook, ad esempio, è nato come un modo per gli studenti di Harvard di restare in contatto, e poi è diventato un’abitudine per milioni di persone in tutto il mondo.Anche le nuove tecnologie possono creare nuove abitudini. Ogni volta che una tecnologia rende più facile fare qualcosa, nascono nuove possibilità. Infine, anche cambiare l’aspetto di un prodotto, cioè la sua interfaccia, può far nascere nuove abitudini. Un’interfaccia più facile da usare può cambiare completamente il modo in cui si usa un prodotto. Apple, Google, Instagram e Pinterest hanno dimostrato come interfacce semplici e intuitive possono avere un grande successo. Per trovare nuove idee per prodotti di successo, è fondamentale capire come cambiano le interfacce e immaginare come le persone interagiranno con la tecnologia in futuro.

Ma il capitolo non sorvola un po’ troppo velocemente sulle implicazioni etiche della creazione di abitudini, riducendo l’utente a mero soggetto passivo di strategie di engagement?
Il capitolo descrive il processo di Habit Testing e la ricerca di nuove abitudini senza però interrogarsi sulle responsabilità morali che comporta l’indurre comportamenti abituali negli utenti. Per rispondere a questa domanda, sarebbe utile approfondire le riflessioni di autori come N. Carr, che analizzano le implicazioni etiche e sociali delle tecnologie persuasive e il rischio di manipolazione insito nella progettazione di prodotti che mirano a creare dipendenza.


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