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Contenuti del libro
Informazioni
“Homo sapiens e altre catastrofi. Per un’archeologia della globalizzazione” di Telmo Pievani è quel tipo di libro che ti fa riconsiderare tutto quello che credevi di sapere sull’evoluzione umana. Dimentica l’idea noiosa della “scala del progresso” che va dritta dalle scimmie a noi; la paleoantropologia moderna, come ci racconta Pievani, ha scoperto che la nostra storia è un vero e proprio “cespuglio ominino”, pieno di specie diverse che vivevano insieme in Africa milioni di anni fa, come Australopithecus o i primi del genere Homo. Non siamo arrivati qui con una marcia trionfale, ma attraverso un sacco di ramificazioni, esperimenti evolutivi e, diciamolo, pura fortuna. Il libro esplora come siamo emersi da questo caos, come il bipedismo sia stato una delle prime grandi mosse, e come il genere Homo sia nato e si sia diffuso fuori dall’Africa (la famosa teoria “Out of Africa”), incontrando e interagendo con altri tipi umani, tipo i Neanderthal. Ma la parte che ti colpisce di più è come la nostra storia, fatta di migrazioni e globalizzazione fin dall’inizio, ci abbia portato a diventare una “specie catastrofica”, capace di alterare il pianeta al punto da entrare nell’Antropocene e causare una nuova ondata di estinzioni di massa. È una riflessione potentissima su quanto la nostra esistenza sia un “glorioso accidente”, non un destino scritto, e su quanto sia urgente capire la nostra impronta sul mondo oggi.Riassunto Breve
La visione tradizionale dell’evoluzione umana la descrive come una progressione lineare, una sorta di scala che porta dalle forme primitive fino a Homo sapiens, con l’idea di un “anello mancante” e un cammino inesorabile verso la perfezione guidato dall’aumento del cervello. Tuttavia, le scoperte di molti fossili come Australopithecus afarensis, Ardipithecus ramidus e Sahelanthropus tchadensis hanno mostrato che l’evoluzione umana è stata fin dall’inizio un processo molto più complesso e ramificato, un vero e proprio “cespuglio” con diverse specie ominidi che vivevano contemporaneamente. Il bipedismo, cioè la capacità di camminare su due gambe, appare come la prima grande novità evolutiva, avvenuta milioni di anni fa in Africa, forse legata ai cambiamenti climatici e alla formazione della Rift Valley che ha isolato popolazioni e favorito nuove direzioni evolutive. Questa postura eretta potrebbe essere stata utile inizialmente per disperdere il calore, aprendo poi la strada ad altri vantaggi come l’uso delle mani. La documentazione fossile conferma la grande varietà di ominini, come Australopithecus, Paranthropus e Kenyanthropus, che coesistevano, smentendo l’idea di una sola specie alla volta. Anche la definizione di specie in paleontologia è complicata, ma il quadro generale è quello di un’evoluzione con molte ramificazioni e derive, simile a quella di altri mammiferi. L’inizio dell’era glaciale, causato da eventi geologici come il sollevamento dell’Istmo di Panama, ha portato a ulteriori cambiamenti ambientali in Africa, favorendo la nascita del genere Homo. Specie come Homo habilis, con un cervello leggermente più grande e capace di usare strumenti, e successivamente Homo ergaster, con un corpo più adatto alla savana e una tecnologia più avanzata (acheuleana), emergono in questo periodo di grande diversificazione. L’intelligenza di Homo non è vista come una superiorità assoluta, ma come una diversa strategia di adattamento, forse legata a un prolungamento dell’infanzia (neotenia) che ha permesso un maggiore sviluppo cerebrale. Homo ergaster è anche la prima specie a migrare fuori dall’Africa, come dimostrano i ritrovamenti in Georgia. L’evoluzione del genere Homo continua a mostrare una molteplicità di forme, e l’idea di un’evoluzione multiregionale per Homo sapiens è stata superata dalla teoria “Out of Africa”, supportata da studi genetici sul DNA mitocondriale e sul cromosoma Y. Questi studi indicano un’origine africana recente per l’umanità moderna, circa 200.000 anni fa, e mostrano una bassa variabilità genetica tra le popolazioni attuali, suggerendo una storia recente e confutando l’esistenza di “razze” umane antiche e biologicamente distinte; le differenze superficiali sono adattamenti recenti. La storia di Homo sapiens include la convivenza con altre specie umane, come i Neanderthal, che erano intelligenti e complessi, con cui ci sono state interazioni e ibridazioni. Nonostante questo, i Neanderthal si sono estinti, mentre Homo sapiens si è diffuso globalmente. Un momento chiave per Homo sapiens è il “grande balzo in avanti” di circa 40.000 anni fa, con l’emergere di arte, simboli e tecnologie avanzate, forse legato allo sviluppo del linguaggio articolato e di un’intelligenza simbolica più complessa. L’estinzione dei Neanderthal non sembra essere stata un evento rapido, ma un lento declino dovuto a competizione e forse minore adattabilità. L’espansione globale di Homo sapiens ha avuto un impatto enorme sugli ecosistemi, coincidendo con estinzioni di massa di grandi animali in diverse regioni. Oggi, l’attività umana sta causando una “Sesta Estinzione”, un evento catastrofico paragonabile a quelli del passato ma causato da una singola specie. Homo sapiens è una “specie catastrofica” capace di alterare il pianeta e minacciare sé stessa. L’esistenza di Homo sapiens appare come un evento improbabile e contingente nella storia della vita, non un esito predeterminato di un progresso lineare. L’evoluzione è piena di coincidenze e biforcazioni casuali. Nonostante questa imprevedibilità, si osservano schemi ricorrenti nei processi evolutivi. Riconoscere l’interdipendenza tra specie ed ecosistemi è fondamentale, specialmente ora che l’umanità può modificare il proprio futuro e quello del pianeta. La consapevolezza della natura fortuita della nostra esistenza dovrebbe portare a un senso di responsabilità.Riassunto Lungo
1. Oltre la Scala del Progresso
La vecchia idea dell’evoluzione umana
Per molto tempo, si è pensato che l’evoluzione umana fosse come una marcia trionfale, un percorso lineare che dalle forme più primitive arrivava fino all’Homo sapiens. Questa idea si basava sul concetto di “anello mancante” e immaginava un’evoluzione singola e graduale. Si pensava che una specie di ominide sostituisse l’altra, in un cammino continuo verso la perfezione. Era diffusa la credenza che l’evoluzione umana fosse una specie di scala, guidata dall’aumento delle capacità del cervello, con l’intelligenza dell’Homo sapiens come punto di arrivo.Le nuove scoperte cambiano tutto
Però, le scoperte dei fossili hanno cambiato completamente questa idea semplice. Quando sono state trovate le australopitecine robuste, l’Homo habilis e poi l’Australopithecus afarensis (Lucy), si è capito che diverse specie di ominidi avevano convissuto in Africa milioni di anni fa. Altre scoperte, come l’Ardipithecus ramidus, l’Australopithecus anamensis, l’Orrorin tugenensis e il Sahelanthropus tchadensis (Toumai), hanno confermato che l’evoluzione umana all’inizio non era lineare. Al contrario, era piena di diversità e ramificazioni, come un albero con molti rami.L’evoluzione umana è un cespuglio, non una scala
Questi ritrovamenti ci dicono che all’inizio dell’evoluzione degli ominidi c’erano molte specie diverse che vivevano contemporaneamente, ognuna adattata al proprio ambiente. La capacità di camminare su due gambe, il bipedismo, è stata la prima grande novità nell’evoluzione, più importante dello sviluppo del cervello. Quindi, l’idea che ci fosse una successione lineare, con “una sola specie ominide alla volta”, non è più valida. Le origini umane sono un “cespuglio” evolutivo complicato, una storia piena di rami, molto diversa dall’immagine di una scala di progresso che si pensava in passato.Se l’evoluzione umana non è una scala di progresso, ma un cespuglio, allora cosa significa veramente “progresso” nell’evoluzione?
Il capitolo demolisce efficacemente la vecchia concezione lineare dell’evoluzione, ma lascia in sospeso una questione cruciale: se abbandoniamo l’idea di una “scala”, come dobbiamo interpretare i cambiamenti che hanno portato all’Homo sapiens? Dire che l’evoluzione è un “cespuglio” è una descrizione, non una spiegazione. Per comprendere meglio le implicazioni di questa nuova visione, sarebbe utile esplorare il dibattito filosofico sul concetto di progresso in biologia evoluzionistica, magari approfondendo il pensiero di autori come Stephen Jay Gould, critico nei confronti di una visione teleologica dell’evoluzione, e studiando testi di paleoantropologia che affrontano le dinamiche complesse e non lineari della storia evolutiva umana.2. Il Cespuglio Ominino: Ramificazioni e Deriva Evolutiva
La storia evolutiva degli esseri umani non è lineare, ma assomiglia piuttosto a un cespuglio con molti rami. Questa idea è supportata da diverse scoperte scientifiche.Le Orme di Laetoli e l’Adozione della Postura Bipede
Un ritrovamento molto importante sono le orme di Laetoli. Queste orme dimostrano un fatto cruciale: i primi ominini hanno iniziato a camminare in posizione eretta. Questo è successo in Africa, in un periodo di grandi cambiamenti ambientali. Il clima stava diventando più secco e si stava formando la Rift Valley, una lunga spaccatura nel terreno.La Rift Valley e la Frammentazione degli Habitat
Questi cambiamenti climatici e geografici hanno avuto un effetto importante sugli ambienti naturali. Gli habitat si sono divisi, isolando gruppi di primati. Questa separazione ha dato il via a nuovi processi evolutivi, portando alla formazione di specie diverse.L’Ipotesi della East Side Story e il Bipedismo
Una teoria chiamata “East Side Story” suggerisce che la Rift Valley abbia funzionato come una barriera naturale. Questa barriera ha separato le scimmie che poi si sono evolute in scimpanzé e gorilla, dagli ominini. Camminare su due gambe, il bipedismo, è diventato il tratto distintivo degli ominini. All’inizio, questa postura potrebbe non essere stata pensata per vivere nella savana, ma si è rivelata utile per regolare la temperatura corporea in ambienti misti. Stare in piedi aiutava a disperdere il calore, e questo ha aperto la strada ad altre novità, come avere le mani libere.La Diversità degli Ominini e la Teoria degli Equilibri Punteggiati
I fossili ritrovati mostrano che c’erano molte specie diverse di ominini. Diverse specie e generi, come Australopithecus, Ardipithecus, Kenyanthropus e Paranthropus, sono esistiti contemporaneamente. Questa varietà mette in discussione l’idea di un’evoluzioneProgressiva e lineare verso l’Homo sapiens. La teoria degli equilibri punteggiati si adatta bene a questa visione. Questa teoria spiega che ci sono stati lunghi periodi di relativa calma evolutiva, interrotti da momenti brevi di grandi cambiamenti e nascita di nuove specie. Questi cambiamenti sono spesso causati da isolamento geografico e trasformazioni ambientali.La Complessità della Definizione di Specie e il “Cespuglio Ominino”
Anche definire cosa sia una “specie” quando si parla di fossili è complicato. Ci sono diverse interpretazioni, alcune più restrittive e altre più ampie. Questo influisce su come vediamo il “cespuglio ominino”, se come un cespuglio molto ramificato o meno. Nonostante queste incertezze, è chiaro che l’evoluzione umana è stata caratterizzata da molte specie, convivenza, ramificazioni e cambiamenti. Questo modello è simile a quello che si osserva in altri gruppi di mammiferi. L’evoluzione umana, quindi, non è stata un percorso diritto, ma un processo pieno di esperimenti e diversificazioni. La sopravvivenza dell’Homo sapiens appare quindi come un risultato casuale, e non qualcosa di inevitabile.Se l’evoluzione umana è un cespuglio casuale, come possiamo dare un senso alla comparsa dell’Homo sapiens come specie dominante?
Il capitolo presenta l’evoluzione umana come un processo largamente contingente, quasi fortuito. Ma se la sopravvivenza dell’Homo sapiens è un mero incidente, come si concilia questa visione con l’evidente successo ecologico e la complessità unica della nostra specie? Per rispondere a questa domanda, è utile approfondire le dinamiche della selezione naturale e i concetti di fitness evolutiva, magari esplorando il lavoro di autori come Dawkins o Dennett, per comprendere meglio se e come, all’interno di un quadro evolutivo non lineare, possano emergere traiettorie preferenziali e caratteristiche adattative di successo.3. Alle Origini del Genere Homo
L’inizio dell’era glaciale coincide con la nascita del genere Homo. Questo può sembrare strano, ma un evento geologico apparentemente piccolo come il sollevamento dell’Istmo di Panama ha avuto conseguenze enormi. Questo sollevamento ha cambiato il clima a livello globale, portando all’era glaciale e trasformando l’ambiente in Africa. Le australopitecine, che vivevano bene in un ambiente misto di foreste e savane, si sono trovate in difficoltà quando le praterie si sono espanse e le foreste si sono ridotte, dovendosi adattare a nuove condizioni di vita.Questo cambiamento del clima ha portato alla nascita di diverse specie di ominini. In questo periodo compare Homo habilis, caratterizzato da un cervello un po’ più grande e dalla capacità di usare strumenti di pietra. È importante notare che già prima di Homo habilis esistevano forme di tecnologia primitiva. In questa fase, diverse specie di ominini, tra cui australopitecine e parantropi, hanno convissuto. Questo dimostra che è stato un periodo di grande cambiamento e sperimentazione dal punto di vista evolutivo.L’intelligenza del genere Homo non è semplicemente una forma di superiorità rispetto agli altri primati, ma piuttosto un modo diverso di adattarsi all’ambiente. Una teoria interessante è quella della neotenia. Secondo questa ipotesi, il genere Homo si distingue per aver mantenuto caratteristiche tipiche dei cuccioli anche in età adulta. In pratica, l’infanzia si è prolungata, dando più tempo al cervello per svilupparsi. Questo ritardo nello sviluppo potrebbe aver portato a una crescita del cervello più grande e con caratteristiche diverse, favorendo lo sviluppo di nuove capacità di pensare e ragionare.Homo ergaster rappresenta un ulteriore passo avanti nell’evoluzione. Questa specie aveva un corpo più adatto a vivere nella savana e ha iniziato a utilizzare la tecnologia acheuleana, caratterizzata da strumenti di pietra più elaborati e simmetrici. Homo ergaster è anche la prima specie a mostrare segni di controllo del fuoco e a migrare fuori dall’Africa, diffondendosi in Eurasia. Il ritrovamento di resti a Dmanisi, in Georgia, dimostra quanto presto questa specie si sia diffusa e ha riaperto il dibattito su come classificare le prime specie Homo. Questi ritrovamenti mettono in discussione l’idea di un’evoluzione umana lineare e semplice. L’evoluzione del genere Homo è quindi un processo complesso e con molte ramificazioni, influenzato dal clima, dall’ambiente, dalla genetica, dalle migrazioni e dalla continua nascita di nuove specie.Definire l’Homo sapiens “specie catastrofica” non rischia di oscurare la complessità del rapporto tra uomo e ambiente?
Il capitolo presenta una visione preoccupante, ma forse eccessivamente semplicistica, dipingendo l’umanità come una forza puramente distruttiva. È cruciale interrogarsi se questa definizione non trascuri le capacità umane di adattamento positivo e innovazione. Per una comprensione più articolata, sarebbe utile esplorare le opere di autori come Jared Diamond, che analizzano i successi e i fallimenti delle società umane nel gestire le risorse ambientali, o approfondire studi di antropologia culturale per capire la varietà delle interazioni uomo-natura nel corso della storia.7. Il Glorioso Accidente
L’unicità della specie umana
La specie Homo sapiens rappresenta un evento molto raro nella storia dell’universo. È come un piccolo ramo periferico nell’enorme varietà della vita sulla Terra, e la sua esistenza è durata solo un brevissimo periodo rispetto ai tempi lunghissimi della storia geologica. Nonostante sia comparsa sulla Terra in tempi recenti, questa specie ha dimostrato una straordinaria capacità di trasformare l’ambiente e di sviluppare tecnologie potentissime. Queste tecnologie possono essere usate sia per creare cose nuove e utili, sia per distruggere, e hanno un impatto su tutto il pianeta.L’evoluzione non è una linea retta
L’evoluzione degli esseri umani non segue un percorso semplice e diretto verso il miglioramento. Invece, è il risultato di tanti eventi casuali, di scelte avvenute per caso e di coincidenze difficili da prevedere. Se la storia dell’evoluzione venisse riavvolta e fatta ripartire da capo, probabilmente il risultato sarebbe molto diverso. Quindi, l’idea che l’evoluzione porti inevitabilmente al progresso è sbagliata, come dimostrano gli studi moderni sulla paleontologia e sulla biologia evolutiva.Gli schemi ricorrenti nell’evoluzione
Anche se l’evoluzione è imprevedibile e dipende dal caso, si possono notare degli schemi che si ripetono, delle regolarità nei cambiamenti. Questi schemi non sono leggi fisse, ma piuttosto tendenze e concatenazioni di eventi che si ripetono nel tempo. Per capire questi schemi, è necessario studiare insieme la paleoantropologia e la biologia evolutiva, unendo diverse discipline.Interdipendenza e responsabilità
Un aspetto fondamentale dell’evoluzione umana e della vita sulla Terra è l’interdipendenza. Ogni specie, ogni ambiente naturale e ogni gruppo di esseri viventi è collegato agli altri attraverso una rete complessa di relazioni che riguardano l’evoluzione e l’ambiente. Riconoscere questa interdipendenza è essenziale per il futuro dell’umanità, soprattutto oggi che gli esseri umani hanno la possibilità di cambiare la propria biologia e di influenzare il futuro del pianeta. Essere consapevoli che la nostra esistenza è frutto del caso dovrebbe farci sentire più responsabili, spingerci alla collaborazione e renderci più umili nel modo in cui guardiamo alla conoscenza.Ma se l’evoluzione è un “glorioso accidente”, davvero la consapevolezza di questa casualità ci rende più responsabili, o piuttosto ci spinge verso un relativismo etico in cui tutto è permesso?
Il capitolo afferma che la consapevolezza della casualità dell’evoluzione dovrebbe renderci più responsabili. Tuttavia, non chiarisce il meccanismo attraverso il quale la constatazione di un “accidente” evolutivo dovrebbe tradursi in un imperativo morale. Per rispondere a questa domanda, sarebbe utile esplorare il pensiero di autori come Albert Camus o Jean-Paul Sartre, che hanno affrontato il tema dell’esistenza e della responsabilità in un universo privo di un disegno preordinato. Approfondire la filosofia esistenzialista potrebbe fornire strumenti concettuali utili per comprendere meglio la relazione tra caso, esistenza umana e responsabilità.Abbiamo riassunto il possibile
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