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Contenuti del libro
Informazioni
“Guida alla scrittura. Vademecum per aspiranti scrittori” di Giorgio Rienzo non è il solito manuale polveroso, ma una vera e propria bussola per chi vuole capire come funziona la parola scritta, che è diversissima da quella parlata, più immediata e legata al momento. Il libro ti porta dentro la “fabbrica delle parole”, spiegando che scrivere bene è un’arte tecnica che richiede regole precise e non è solo ispirazione. Si parte dalle basi, capendo come scegliere il lessico giusto, come costruire le frasi con una grammatica solida e come dare ritmo e architettura al testo, un po’ come fa Manzoni nei Promessi Sposi. Non mancano i consigli pratici, come usare i dizionari giusti per arricchire il vocabolario o come affrontare la revisione testi, quel lavoro di rifinitura che trasforma una bozza in un testo efficace e scorrevole. Attraverso esempi concreti, come la revisione di una lettera che discute diversi approcci educativi tra un professore e un preside, o l’analisi di interviste, capisci l’importanza di ogni singola scelta, dalla punteggiatura all’uso delle maiuscole. È un percorso che ti insegna l’anatomia della scrittura corretta, svelando gli elementi del linguaggio italiano, dalle parti variabili a quelle invariabili, mostrandoti che padroneggiare la tecnica è fondamentale per esprimersi al meglio sulla pagina e creare una scrittura efficace che si regge da sola, capace di comunicare davvero con il lettore.Riassunto Breve
La parola parlata è immediata e cambia facilmente, usa gesti, tono e si adatta a chi ascolta. Vive nel momento e nel suo ambiente naturale, accettando variazioni improvvise. La parola scritta, invece, è fissata, sta sulla pagina da sola e il lettore non può cambiarla. Per questo, ha bisogno di regole più precise e stabilite. Quando il parlato cerca di essere troppo formale come lo scritto, perde la sua spontaneità e diventa meno efficace per comunicare liberamente. Questo succede a volte nei discorsi pubblici, dove si cerca di dare importanza al parlato facendolo sembrare scritto. La scrittura usa le stesse parole del parlato, ma il suo lato tecnico è spesso meno considerato rispetto ad altre arti con materiali specifici. La scrittura funziona in un ambiente artificiale, la pagina, e le parole diventano segni che non dipendono più dal modo in cui vengono dette. Per farsi capire bene, un testo scritto deve avere tutto al suo interno, anche quello che nel parlato si capisce dai gesti o dalle pause. L’efficacia dello scritto dipende dal seguire regole fondamentali. La prima è scegliere le parole giuste, perché anche in frasi corte la parola esatta è cruciale. La seconda è la grammatica del testo, che non è solo correttezza, ma come si costruiscono le frasi, come si usa la punteggiatura, e come si possono usare ripetizioni per dare forza. La terza regola riguarda la struttura e il ritmo del testo, cioè come è organizzato e come le parole sono messe insieme per creare un flusso. L’inizio di un romanzo famoso mostra come una struttura complessa e un ritmo dato dalla sintassi e dalle ripetizioni aiutino il testo a stare in piedi da solo e a comunicare il suo significato. Solo rispettando queste regole un testo scritto può durare ed essere compreso. Scrivere bene richiede di conoscere molte parole e saperle organizzare. Leggere testi ben fatti aiuta a capire come funzionano. Per le parole, si usano dizionari che spiegano i significati, danno esempi o raccontano da dove vengono le parole. Altri strumenti aiutano a trovare parole simili o contrarie per scegliere la migliore. Cambiare una parola può cambiare molto il senso di una frase. Organizzare un testo significa dargli una forma chiara e logica. Una prima stesura può avere ripetizioni, parti inutili o idee messe male. Rivedere il testo serve a mettere a posto le parti, togliere quello che non serve, usare parole più precise e correggere errori. Si lavora anche sulla punteggiatura e su come il testo appare sulla pagina per renderlo più facile da leggere. In una lettera, per esempio, riorganizzare le idee su come educare i ragazzi rende il confronto tra approcci diversi (distanza e autorità contro vicinanza e autorevolezza) molto più chiaro e forte. Scrivere in modo professionale richiede un lavoro di revisione che parte da una bozza e la migliora. Si guarda come è fatto il testo all’inizio e se funziona per quello che deve dire. Si controllano le parole, se sono adatte, semplici e non ripetute troppo. Si verifica la grammatica, che le frasi siano chiare e logiche. Le correzioni servono a riordinare il testo per farlo scorrere meglio, a cambiare parole imprecise con altre più esatte, a togliere frasi che appesantiscono e a modificare come sono costruite le frasi per renderle più scorrevoli. Lo scopo è avere un testo corto, efficace e giusto per comunicare, rispettando anche quanto deve essere lungo. Questo lavoro di sistemazione trasforma una prima versione in quella finale migliore. Scrivere un testo richiede di correggerlo con attenzione, passo dopo passo. Una prima stesura spesso usa un linguaggio di tutti i giorni, ha errori e parti che non servono o non sono chiare. Analizzare il testo serve a trovare questi problemi: parole banali, frasi semplici, punteggiatura sbagliata, ripetizioni fastidiose e cose non dette bene. Correggere serve a rendere la scrittura più pulita e logica, semplificando e togliendo quello che disturba. Si interviene sulla grammatica, controllando vocali, accenti, come si dividono le parole e l’uso dell’apostrofo, facendo attenzione ai casi particolari per non creare confusione. Si considerano le consonanti, i loro suoni e le combinazioni, e le regole per le doppie. La punteggiatura è essenziale per dare ritmo e significato alle frasi; i vari segni guidano la lettura. L’uso corretto delle maiuscole segna l’inizio delle frasi e i nomi propri. Applicare queste regole e principi di revisione porta a un testo finale più preciso, scorrevole e capace di comunicare. Le parole che usiamo hanno funzioni diverse. Si dividono in parti che cambiano (variabili) e parti che non cambiano (invariabili). Le parti variabili sono nome, articolo, aggettivo, pronome e verbo. Nome, articolo, aggettivo e pronome cambiano la loro parte finale per indicare genere e numero. Il verbo cambia la sua parte finale per indicare persona, tempo e modo. L’articolo accompagna il nome. Il nome indica persone, animali o cose e ha genere e numero. L’aggettivo aggiunge una qualità al nome e si accorda con esso. Il pronome sostituisce il nome. Il verbo indica un’azione o uno stato e ha tempi e modi diversi. Le parti invariabili sono avverbio, preposizione, congiunzione e interiezione. L’avverbio aggiunge informazioni al verbo o ad altre parole. La preposizione collega elementi. La congiunzione unisce parole o frasi. L’interiezione esprime un suono o un’emozione.Riassunto Lungo
1. La Parola Fissata: Regole e Architettura
La parola parlata e quella scritta sono molto diverse. La parola parlata è legata al momento, scompare subito e usa gesti, tono della voce ed espressioni. Si adatta a chi ascolta, vive nel suo contesto naturale e può cambiare all’improvviso. La parola scritta, invece, è ferma sulla pagina, esiste per conto suo e il lettore non può modificarla. Per questo, ha bisogno di regole precise e condivise.Quando il modo di parlare cerca di essere come lo scritto, ad esempio recitando o usando un linguaggio troppo rigido, perde la sua spontaneità e diventa difficile da capire per chi ascolta. Questo accade spesso nei discorsi pubblici, dove sembra esserci una specie di “superstizione” verso la parola scritta, come se fosse più importante. Quando Reinhold Messner fu intervistato, le domande del giornalista cercavano risposte già “scritte”, quasi da memorizzare, ma la risposta semplice e diretta di Messner, con i suoi gesti e le pause, funzionava proprio perché era orale, viva nel momento.La sfida della scrittura
La scrittura usa le parole, lo stesso strumento del parlato, e per questo il suo aspetto tecnico viene spesso trascurato. Non è come la pittura o la musica, che usano materiali diversi e specifici. La parola scritta vive in un ambiente artificiale, la pagina, e diventa un segno che non ha più un legame diretto con il suono della voce. Per farsi capire bene, un testo scritto deve essere completo in sé, deve contenere tutto quello che nel parlato è dato dai gesti o dal tono.Le regole fondamentali della scrittura
Una scrittura efficace si basa su regole precise. La prima è scegliere le parole giuste. Anche in testi corti, come gli aforismi, la parola scelta è fondamentale e spesso non si può cambiare. La seconda regola riguarda come si costruisce il testo: la grammatica, non solo le regole formali, ma anche come si mettono insieme le frasi, dove si mettono i segni di punteggiatura, come si usano le ripetizioni per dare forza al messaggio.Architettura e ritmo del testo
La terza regola importante è l’architettura e il ritmo del testo. Riguarda la struttura generale e come le parole sono disposte per creare un flusso piacevole da leggere. All’inizio dei Promessi Sposi, ad esempio, la struttura è complessa, con cambi di punto di vista e un ritmo creato dalla costruzione delle frasi, dalle ripetizioni e dal suono delle parole. Questi elementi permettono al testo di stare in piedi da solo e di comunicare esattamente ciò che vuole. Solo seguendo queste regole, il testo scritto può durare nel tempo ed essere compreso da chiunque lo legga.Ma è proprio vero che parlato e scritto sono mondi così separati, o non si influenzano forse a vicenda in modi complessi?
Il capitolo pone una distinzione netta, quasi una dicotomia, tra la parola parlata e quella scritta, enfatizzando le loro differenze intrinseche. Tuttavia, questa separazione così rigida rischia di trascurare la ricca e continua interazione tra le due forme di linguaggio nel corso della storia e nella vita quotidiana. La lingua è un sistema dinamico in cui oralità e scrittura si compenetrano, con l’una che influenza le norme e gli usi dell’altra, e viceversa. Per ottenere una comprensione più completa, sarebbe utile esplorare gli studi che analizzano questa complessa relazione, magari approfondendo discipline come la sociolinguistica o la storia della lingua, e leggendo autori che si sono dedicati specificamente al rapporto tra oralità e cultura scritta, come Walter J. Ong.2. La Fabbrica delle Parole e l’Anima dell’Educatore
Una scrittura efficace nasce dalla capacità di usare le parole giuste e di organizzare le idee in modo logico. Leggere testi ben scritti è un ottimo modo per capire come funzionano i meccanismi espressivi. Per migliorare il proprio vocabolario, si possono usare diversi tipi di dizionari, ognuno con le sue caratteristiche.Affinare il Vocabolario
Alcuni dizionari, come il Lessico Universale Italiano o il Devoto-Oli, danno definizioni precise e indicano le funzioni grammaticali delle parole. Altri, come il Grande dizionario della lingua italiana di Battaglia, offrono esempi di come le parole sono state usate nella letteratura e suggeriscono accostamenti interessanti. I dizionari etimologici spiegano da dove vengono le parole, aiutando a comprenderne meglio il significato profondo. Strumenti come il Novissimo dizionario di Palazzi sono utili per trovare parole simili o contrarie, rendendo più facile scegliere il termine più adatto al contesto. Cambiare una sola parola, ad esempio sostituendo “ruolo” con “mestiere” o “virtù” con “meriti”, può cambiare notevolmente il senso e la forza di una frase.Dare Forma al Testo
Organizzare un testo significa dare struttura e coerenza alle idee. Un esempio pratico di questo lavoro è la revisione di una lettera. Una prima stesura può contenere ripetizioni, parti inutili, frasi tra parentesi che distraggono e un ordine poco logico delle informazioni. Il processo di revisione consiste nel riordinare i blocchi di testo, togliere ciò che è ridondante, sostituire espressioni deboli con formulazioni più precise e correggere errori di grammatica o frasi ambigue. Si interviene anche sulla punteggiatura e sulla presentazione visiva per rendere il testo più facile da leggere e più efficace nel suo insieme.Un Confronto sull’Educazione
Nella lettera presa come esempio, un professore si confronta con un preside su come educare i ragazzi. Il preside propone un’educazione basata sul mantenere le distanze, sull’uso del “Lei”, sull’imporre l’autorità e sull’evitare manifestazioni di affetto. Il professore, invece, propone un approccio basato sulla vicinanza rispettosa, sulla confidenza che crea fiducia, sull’autorevolezza che viene dalla persona e non solo dal ruolo, e sull’espressione sincera dei sentimenti. Sostiene che molti ragazzi, che spesso non ricevono sufficienti attenzioni a casa, hanno bisogno di questa vicinanza per potersi fidare e aprirsi. Questo metodo non è privo di difficoltà, perché si rischia di essere fraintesi o di sembrare deboli, ma porta a risultati migliori. Obbliga l’educatore a crescere come persona e spinge i ragazzi a confrontarsi con valori autentici. La fatica che questo approccio richiede è considerata un investimento prezioso per un’educazione veramente efficace.Ma questa “vicinanza rispettosa” non nasconde insidie o non è forse un’idealizzazione priva di riscontri concreti?
Il capitolo, nel confrontare due approcci educativi, presenta quello basato sulla “vicinanza rispettosa” come nettamente superiore e portatore di “risultati migliori”, senza però specificare quali siano tali risultati né su quali basi empiriche si fondi questa affermazione. L’argomentazione ignora inoltre le complesse dinamiche relazionali che possono emergere, limitandosi a menzionare il rischio di essere fraintesi senza esplorare le potenziali difficoltà nel mantenere confini chiari o gestire situazioni delicate. Per approfondire la complessità del rapporto educatore-ragazzo e valutare criticamente i diversi modelli pedagogici, sarebbe utile confrontarsi con studi di pedagogia e psicologia dell’educazione, leggendo autori che hanno analizzato le dinamiche di autorità, fiducia e relazione in ambito scolastico.3. La Rifinitura del Testo
Scrivere in modo professionale richiede un lavoro di elaborazione che parte da una prima stesura. Si inizia sempre analizzando il testo. Si guarda come è organizzato e se le idee sono presentate in modo chiaro e logico. Si controlla quali parole sono state usate, per vedere se sono adatte, semplici e se non ci sono troppe ripetizioni che appesantiscono la lettura. Infine, si verifica la grammatica e la costruzione delle frasi, per essere sicuri che tutto sia corretto e facile da capire.Correggere e Migliorare il Testo
Dopo l’analisi iniziale, si passa a migliorare il testo. Si riorganizzano le parti per farle scorrere meglio e collegare bene le idee tra loro. Si cambiano le espressioni che non sono precise o sono troppo comuni con termini più adatti e specifici. Si tolgono le frasi o le parole che non servono e rendono il testo pesante da leggere. Si modificano le frasi per renderle più facili da leggere e comprendere. Lo scopo è ottenere un testo conciso, efficace e giusto per quello che si vuole comunicare, che sia informare su un argomento, esprimere un’opinione o convincere qualcuno, tenendo conto anche di quanto deve essere lungo. Questo lavoro trasforma la prima versione in un testo finale migliore e ottimizzato per il suo scopo.Ma la mera “correzione” grammaticale e sintattica garantisce davvero l’efficacia comunicativa di un testo?
Il capitolo descrive con precisione gli aspetti meccanici della revisione, concentrandosi su grammatica, punteggiatura e sintassi come elementi chiave per la “scrittura corretta”. Tuttavia, l’efficacia di un testo va ben oltre la mera aderenza alle regole formali. Un testo può essere grammaticalmente ineccepibile eppure fallire nel comunicare il suo messaggio, nel persuadere il lettore o nel raggiungere il suo scopo, perché non tiene conto del contesto comunicativo, del pubblico a cui si rivolge o della struttura logica dell’argomentazione. Per comprendere appieno cosa rende un testo efficace, al di là della sua “correttezza” formale, è essenziale esplorare discipline come la retorica e la teoria della comunicazione. Approfondire il pensiero di autori come Aristotele può offrire una prospettiva più ampia sul rapporto tra linguaggio, persuasione e contesto.5. Gli Elementi del Linguaggio Italiano
Le parole che usiamo nel discorso hanno ruoli diversi. Si dividono in due grandi gruppi: quelle variabili e quelle invariabili. Le parti variabili cambiano la loro forma, di solito alla fine, per dare informazioni aggiuntive. Questa variazione si chiama ‘declinazione’ per nomi, articoli, aggettivi e pronomi, e ‘coniugazione’ per i verbi. Le parti invariabili, invece, mantengono sempre la stessa forma.Le Parti Variabili
Le parti variabili del discorso, oltre al verbo, sono l’articolo, il nome, l’aggettivo e il pronome. L’articolo si mette prima del nome e ci dice se è determinato o meno. Il nome serve a indicare persone, animali o cose, che possono essere concrete (come una sedia) o astratte (come la gioia), comuni (come ‘città’) o proprie (come ‘Roma’). Ogni nome ha un genere (maschile o femminile) e un numero (singolare o plurale). L’aggettivo aggiunge una qualità al nome, descrivendolo meglio, e deve accordarsi con il nome in genere e numero. Il pronome, infine, prende il posto di un nome per evitare ripetizioni e può avere diverse funzioni, come indicare una persona (pronome personale), collegare frasi (pronome relativo) o specificare possesso (pronome possessivo), tra le altre.Il Verbo
Il verbo è la parte del discorso che esprime un’azione compiuta o subita, oppure uno stato. Cambia forma in base alla persona che compie l’azione, al tempo in cui avviene e al modo in cui l’azione viene presentata. Ha tempi semplici, come il presente o il futuro, e tempi composti, che usano gli ausiliari ‘essere’ o ‘avere’, come il passato prossimo. I modi finiti (indicativo, congiuntivo, condizionale, imperativo) indicano come l’azione è vista (reale, possibile, ecc.), mentre i modi indefiniti (infinito, participio, gerundio) non specificano la persona. I verbi possono essere transitivi se l’azione passa direttamente su un oggetto, o intransitivi se l’azione riguarda solo il soggetto. Hanno anche forme per indicare se il soggetto compie l’azione (attiva), la subisce (passiva) o se l’azione ricade su se stesso (riflessiva). Ci sono infine verbi che non hanno un soggetto specifico (impersonali) e altri che non seguono le regole normali di coniugazione (irregolari).Le Parti Invariabili
Le parti invariabili del discorso, che non cambiano forma, sono l’avverbio, la preposizione, la congiunzione e l’interiezione. L’avverbio modifica o aggiunge informazioni a un verbo, a un aggettivo o a un altro avverbio, specificando per esempio il modo, il tempo o il luogo. La preposizione ha il compito di collegare parole o gruppi di parole all’interno di una frase, creando legami di significato. La congiunzione serve a unire tra loro parole, gruppi di parole o intere frasi, stabilendo relazioni logiche come l’unione o la contrapposizione. L’interiezione, infine, è una parola o un suono che esprime un’emozione improvvisa, uno stato d’animo o una reazione (come “Ah!”, “Oh!”, “Ehi!”).È davvero corretto definire ‘declinazione’ la variazione di nomi, articoli, aggettivi e pronomi in italiano?
Il capitolo usa il termine ‘declinazione’ per descrivere la variazione di nomi, articoli, aggettivi e pronomi. Tuttavia, questo termine è tradizionalmente legato ai sistemi di casi grammaticali, presenti in lingue come il latino ma non nell’italiano moderno, dove la variazione riguarda principalmente genere e numero. Questa scelta terminologica potrebbe generare confusione o apparire imprecisa rispetto a una trattazione linguistica più rigorosa. Per approfondire la morfologia dell’italiano e la corretta terminologia, è utile consultare opere di linguistica e grammatica, studiando autori come Tullio De Mauro o Luca Serianni.Abbiamo riassunto il possibile
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