Contenuti del libro
Informazioni
“Guerra e rivoluzione. Elogio dei socialismi imperfetti” di Carlo Formenti ti prende e ti sbatte in faccia una visione del mondo che va oltre i soliti schemi occidentali. Il libro non si ferma a criticare il capitalismo e il neoliberalismo, ma guarda a esperienze concrete come il particolare modello cinese, un’economia di mercato sotto forte controllo statale, o i tentativi di socialismo latinoamericano, nati da processi popolari ma pieni di sfide. Formenti analizza come il sistema globale, con le sue dinamiche di dipendenza tra centro e periferia e istituzioni come l’Unione Europea che limitano la sovranità nazionale, generi disuguaglianze e frammenti la classe lavoratrice. Vede fenomeni come il populismo e il sovranismo non solo come etichette negative, ma come reazioni a questa crisi profonda. È un invito a ripensare la lotta di classe e la democrazia in un mondo che sta diventando multipolare, suggerendo che forse la via d’uscita sta proprio nell’abbracciare percorsi socialisti “imperfetti” ma capaci di riconquistare il controllo sul proprio destino.Riassunto Breve
Il modello economico occidentale, basato sul mercato ma non più capace di garantire benessere diffuso, crea forti disuguaglianze e insoddisfazione. Questo porta a reazioni popolari come il populismo e il sovranismo, che le élite interpretano come forme di conflitto sociale. L’Unione Europea è vista come uno strumento di questo sistema, che impone politiche pro-mercato agli stati membri attraverso aiuti finanziari legati a riforme, limitando la loro capacità di agire per i cittadini. A livello globale, questo sistema crea una divisione tra paesi ricchi (“centro”) e paesi poveri (“periferia”), dove il centro sfrutta le risorse e il lavoro della periferia per mantenere la propria crescita, generando dipendenza e instabilità. Esistono però modelli diversi, come la Cina, che usa il mercato ma lo tiene sotto stretto controllo statale e del partito, puntando su uno sviluppo interno e rifiutando l’ingerenza esterna. Anche in America Latina ci sono stati tentativi di costruire socialismi attraverso riforme e nuove costituzioni, ma questi processi sono fragili e contrastati dalle vecchie élite e da potenze esterne. La lotta per un cambiamento sociale oggi è complicata dalla frammentazione della classe lavoratrice nei paesi occidentali. Le sinistre tradizionali faticano a trovare una strada efficace. Si pensa che sia necessario un nuovo percorso, che abbandoni le idee liberali, considerate incompatibili con un progetto di uguaglianza. Lo Stato non è qualcosa da distruggere, ma un terreno su cui combattere per cambiare le cose. Serve ricostruire un gruppo politico forte e unito. Un possibile programma per l’Occidente potrebbe prevedere un’economia dove lo Stato controlla settori importanti, un forte sistema di assistenza sociale e la ripresa della sovranità nazionale, uscendo da alleanze che limitano le scelte politiche ed economiche, come la NATO e l’UE. La sovranità è vista come fondamentale per permettere ai cittadini di decidere sul proprio futuro e per portare avanti la lotta per una società più giusta.Riassunto Lungo
1. La rivoluzione paziente e il suo modello
La Cina segue un modello di sviluppo economico che usa il mercato, ma non è di tipo capitalistico. Questa idea è stata studiata da Giovanni Arrighi. Si ispira a quanto diceva Adam Smith, che distingueva uno sviluppo “naturale”, basato sull’agricoltura e il commercio interno, da uno “innaturale” come quello europeo, legato al commercio con l’estero e alla forza militare. Smith vedeva la Cina come un’economia ricca ma stabile, che non cercava un’accumulazione di ricchezza senza fine.Storia e Riforme Economiche
La storia della Cina è stata segnata da secoli di benessere, seguiti poi da periodi di umiliazione sotto il dominio coloniale. Questo percorso ha portato a una rivoluzione che ha cambiato la nazione e la società. Il Partito Comunista Cinese, forte del sostegno dei contadini, ha cercato una sua strada per arrivare al socialismo. Dopo la morte di Mao, le riforme hanno introdotto elementi di mercato in modo lento e sempre sotto il controllo dello Stato. La proprietà pubblica, soprattutto della terra e delle banche, è rimasta fondamentale. Gli investimenti che arrivano dall’estero vengono gestiti in modo da permettere alla Cina di acquisire nuove tecnologie e conoscenze utili.
Il Sistema Politico
Il sistema politico cinese è diverso dalle democrazie occidentali. Si basa su una meritocrazia che funziona in senso verticale, dove i leader vengono scelti attraverso esami e valutando quanto hanno fatto concretamente. Esistono forme di democrazia locale e possibilità di consultazione dei cittadini. Tuttavia, la forza e la validità del potere politico derivano dai risultati concreti che vengono ottenuti per la popolazione, come la lotta contro la povertà e il miglioramento generale delle condizioni di vita.
Confronto con l’Esperienza Sovietica
A differenza di quanto è successo in Unione Sovietica, che provò ad eliminare velocemente il mercato e la proprietà privata, la Cina ha capito che serviva una lunga fase di passaggio in cui i rapporti di mercato fossero ancora presenti. Questa scelta è stata vista come più pragmatica e adatta alla realtà del paese. Il fallimento del modello sovietico viene attribuito anche alla sua rigidità e al modo in cui trattava gli intellettuali, creando tensioni interne. La Cina, invece, riesce a mescolare un approccio pratico e concreto, tipico del pragmatismo, con la tradizione del confucianesimo, che valorizza l’armonia sociale e la stabilità, e l’ideologia marxista. Questa combinazione unica ha permesso di seguire un percorso di sviluppo differente e graduale.
Politica Internazionale
Sul piano internazionale, la Cina segue una politica basata sul rispetto reciproco tra Stati e sulla non ingerenza negli affari interni degli altri paesi. Promuove l’idea di un ordine mondiale con più centri di potere, invece di cercare di dominare a livello globale. Questo modo di agire riflette la sua storia di nazione che è stata colonizzata per lungo tempo. Mostra anche la sua forte volontà di garantire l’unità del paese e la piena sovranità nazionale, principi considerati fondamentali.
Se la legittimità politica deriva dai risultati concreti, quali aspetti cruciali vengono trascurati in questa valutazione?
Il capitolo descrive un sistema politico la cui forza e validità derivano dai risultati ottenuti per la popolazione e da una struttura meritocratica. Tuttavia, questa prospettiva rischia di semplificare eccessivamente la complessità del potere politico. La legittimità di un sistema non è unicamente legata all’efficienza economica o alla selezione dei leader per merito (secondo criteri interni al sistema stesso). Aspetti come la tutela dei diritti individuali, la libertà di espressione, la trasparenza del processo decisionale e la possibilità di dissenso sono elementi fondamentali nel dibattito sulla legittimità politica, soprattutto in confronto con modelli diversi. Ignorare o minimizzare questi aspetti lascia una lacuna nell’analisi. Per approfondire questa tematica, sarebbe utile esplorare la filosofia politica, in particolare autori che trattano i concetti di legittimità, potere e diritti, come ad esempio John Locke o Hannah Arendt. Inoltre, un confronto con studi sulla politologia comparata e sui sistemi autoritari moderni potrebbe fornire un contesto più ampio.2. Le Sfide dei Socialismi Contemporanei e la Composizione di Classe Globale
Processi rivoluzionari in America Latina provano a sfidare il dominio occidentale cercando strade diverse verso il socialismo. Questi percorsi, come si vede in Ecuador, Bolivia e Venezuela, spesso iniziano con successi nelle elezioni e con nuove costituzioni che riconoscono diritti sociali e forme di partecipazione democratica. Nonostante questi passi avanti, i governi che nascono sono deboli. Esiste un doppio potere dove l’economia privata e una struttura statale vecchia e corrotta convivono con le nuove istituzioni create. Le forze che spingono per il cambiamento faticano a cambiare lo Stato dall’interno e a mantenere il sostegno della gente quando ci sono crisi economiche e l’opposizione delle vecchie classi dominanti e di parte delle classi medie, spesso aiutate da poteri esterni.Il dibattito tra riforma e rivoluzione
Questo scenario riapre il confronto tra chi crede nella riforma e chi nella rivoluzione. Alcuni pensano che un passaggio pacifico al socialismo sia difficile perché il potere del capitalismo rimane forte e c’è il rischio che le conquiste ottenute vengano cancellate da future sconfitte elettorali. Altri invece credono che i processi che portano a nuove costituzioni e le politiche che distribuiscono meglio la ricchezza possano creare le basi per un vero cambiamento. La natura socialista di questi governi non dipende dall’eliminazione totale del mercato o della proprietà privata, ma dalla capacità del potere politico di guidare i processi economici e sociali e dall’obiettivo dichiarato di costruire una società socialista.Cambiamenti nella società occidentale e le sfide per la sinistra
Nel mondo occidentale, la composizione delle classi sociali è cambiata, rendendo difficile trovare un unico gruppo che possa essere il motore di una rivoluzione. La classe lavoratrice è divisa da molti fattori, come il reddito, la possibilità di spostarsi, la geografia e le nuove forme di lavoro legate alla tecnologia (come il lavoro su piattaforme digitali). Esiste una tensione tra le grandi città (dove vivono le classi più ricche e nuove classi medie) e le aree periferiche (dove si trovano lavoratori con lavori precari e persone senza impiego). Le grandi migrazioni di persone sono usate dal capitale per creare divisioni tra i lavoratori. Le classi dirigenti locali, come quella italiana, mostrano di non riuscire a guidare la società con il consenso, ricorrendo spesso alla forza e all’aiuto di poteri esterni. Le forze politiche di sinistra tradizionali hanno avuto difficoltà a capire e a guidare questi processi, spesso restando minoritarie o unendosi a movimenti populisti. La sfida per chi oggi vuole costruire un progetto socialista è riuscire a unire i diversi gruppi di lavoratori che sono frammentati e affrontare la pressione esterna esercitata da alcuni paesi contro quelli che cercano di essere più indipendenti.Se la composizione di classe è così frammentata e divisa, come può un “potere politico” guidare i processi economici e sociali verso il socialismo, come suggerito dal capitolo?
Il capitolo descrive con acutezza la frammentazione della composizione di classe e le difficoltà di costruire una base sociale unitaria. Tuttavia, non chiarisce sufficientemente come il potere politico, pur avendo l’obiettivo dichiarato del socialismo, possa effettivamente “guidare i processi economici e sociali” senza un soggetto collettivo forte e coeso che lo sostenga e lo spinga. La sola “volontà politica” o il controllo parziale dello Stato potrebbero non bastare di fronte a una società divisa e a poteri economici e esterni resilienti. Per approfondire questo nodo cruciale, sarebbe utile confrontarsi con autori che hanno analizzato il rapporto tra Stato, classi sociali e costruzione del consenso o dell’egemonia, come Antonio Gramsci o Nicos Poulantzas, e con chi ha studiato le trasformazioni del lavoro e delle classi nel capitalismo contemporaneo, come David Harvey.3. Reazioni Popolari e la Questione della Sovranità nell’Era Globale
Populismo e sovranismo sono parole che le persone al potere usano per definire chi non è d’accordo. Questi movimenti nascono dai problemi economici e sociali di oggi, come la povertà e le grandi differenze tra ricchi e poveri, e dalla mancanza di fiducia nelle istituzioni. Non sono piani politici precisi, ma reazioni a una situazione che le élite vedono come una lotta tra classi sociali.Capire il populismo
Il populismo, per alcuni studiosi, nasce quando la politica non riesce più a dare risposte ai bisogni della gente. Questo porta a unire diverse richieste insoddisfatte, creando una divisione netta tra “il popolo” e “il potere”. “Il popolo” viene costruito in modo simbolico e con le parole, mettendo insieme persone diverse contro un nemico comune, come le élite o chi comanda. Però, questa idea rischia di non considerare le vere cause economiche e sociali dei conflitti e non aiuta a distinguere tra populismo di destra e di sinistra.I limiti del populismo di sinistra
Le esperienze di movimenti populisti di sinistra in Europa, come Podemos in Spagna e Syriza in Grecia, o quelle di Sanders e Corbyn, hanno mostrato grandi difficoltà. Questi movimenti si sono spesso concentrati sulla comunicazione e sulle campagne elettorali, senza riuscire a creare legami forti e organizzati nella società e nei posti di lavoro. I loro programmi economici sono apparsi poco coraggiosi, pensati più per ridurre i danni della crisi che per cambiare davvero le cose. Non sono riusciti a difendere gli interessi dei propri paesi di fronte al potere del capitalismo mondiale e di organizzazioni come l’Unione Europea. L’Unione Europea, infatti, impone regole su soldi e tasse che riducono la libertà degli Stati (la loro sovranità) e la loro possibilità di fare politiche che aiutino le persone meno ricche.L’importanza della sovranità nazionale
La sovranità nazionale non è vista come un problema per la pace o come una forma di nazionalismo chiuso, ma come l’ambiente necessario perché la democrazia funzioni e ci sia la lotta tra le classi sociali. Permette di creare uno spazio dove i cittadini possono decidere come gestire l’economia e la società del proprio paese. Cedere questa libertà a organizzazioni sovranazionali come l’Unione Europea è visto come qualcosa che rende l’economia meno legata alle decisioni politiche e indebolisce la democrazia, favorendo gli interessi di chi ha i capitali. La lotta tra le classi, quindi, non è solo il conflitto tra chi lavora e chi possiede i mezzi di produzione, ma comprende anche la battaglia per liberare una nazione dal dominio di un’altra.Ma la “crisi del valore” causata dall’abbondanza è davvero un problema risolvibile creando nuova incertezza, o questa “soluzione” non fa che spostare il problema?
Il capitolo introduce concetti come “consunzione del valore” e “stagflazione antropologica” per descrivere un blocco sociale legato all’eccessiva disponibilità di risorse. La tesi che il neoliberalismo agisca creando incertezza per ripristinare la spinta alla ricerca del valore è suggestiva, ma richiede un approfondimento critico. Manca un’analisi più robusta su come questi concetti si traducano in fenomeni sociali misurabili e se la presunta “soluzione” neoliberale non generi problemi altrettanto gravi o peggiori, come l’aumento delle disuguaglianze e del risentimento, che il capitolo stesso menziona. Per esplorare queste criticità, sarebbe utile confrontarsi con studi di sociologia economica e teoria sociale che analizzano le trasformazioni del capitalismo contemporaneo e le sue ricadute sulla stratificazione sociale e sul benessere individuale. Autori come Zygmunt Bauman o Richard Sennett offrono prospettive critiche sulla modernità liquida, l’insicurezza e l’impatto del lavoro flessibile sulla costruzione del sé e del valore.6. Capitalismo e Dipendenza: La Struttura Globale dello Sfruttamento
La teoria della dipendenza nasce e si sviluppa principalmente nei paesi del Sud del mondo tra gli anni Cinquanta e Ottanta del Novecento. L’idea centrale è che il sottosviluppo di molte nazioni non dipenda dalla mancanza di capitalismo, ma al contrario, sia una conseguenza diretta del modo in cui il capitalismo globale funziona. Questa teoria analizza il rapporto diseguale tra i paesi ricchi, definiti “centro” o metropoli, e i paesi più poveri, chiamati “periferia”.Il Meccanismo Centro-Periferia
Il “centro” del sistema tende ad accumulare ricchezza e capitale al proprio interno. Per evitare che questa accumulazione eccessiva porti a una crisi o stagnazione, il centro sposta parte di questa ricchezza in eccesso, il cosiddetto “surplus”, verso attività non direttamente produttive al proprio interno, come il commercio internazionale e gli investimenti nei paesi della “periferia”. Questo meccanismo permette al centro di sfruttare la manodopera e le materie prime disponibili nella periferia a costi molto bassi. In questo modo, i paesi periferici diventano sempre più dipendenti da quelli centrali. Questa dinamica non è vista come una scelta basata su valori morali, ma come una necessità intrinseca del sistema capitalistico nella sua fase monopolistica, che ha bisogno costante di nuovi mercati e risorse per continuare a crescere e accumulare ricchezza.Squilibri e Conseguenze della Dipendenza
Un aspetto cruciale di questa relazione è che i paesi che esportano materie prime (tipicamente la periferia) si trovano svantaggiati rispetto a quelli che esportano prodotti industriali (il centro). Questo svantaggio è legato anche alla posizione di debolezza dei lavoratori nei paesi periferici. Per cercare di ridurre questa dipendenza, una soluzione spesso proposta dalla teoria è l’industrializzazione forzata e la produzione interna di beni che prima venivano importati. La relazione tra centro e periferia crea continuamente squilibri e rende il sistema globale instabile. La ricerca continua da parte del capitalismo di nuovi modi per utilizzare il surplus e sfruttare territori e persone porta a una forte competizione tra le nazioni e aumenta il rischio di conflitti. Il capitalismo, in questa visione, genera costantemente aree economiche subordinate, alimentando fenomeni come il colonialismo e l’imperialismo.L’Evoluzione nella Teoria dei Sistemi Mondo
Negli anni Ottanta, di fronte a nuove crisi economiche e all’affermarsi di politiche economiche diverse, la teoria della dipendenza si evolve nella teoria dei sistemi mondo. Questa nuova prospettiva amplia l’analisi, spostando l’attenzione dai singoli stati-nazione all’intero sistema globale nel suo complesso. Si studiano così i grandi cicli di accumulazione del capitale e i periodi in cui una potenza domina sulle altre. Questa visione sottolinea che il capitalismo è un sistema in continuo movimento che crea divisioni spaziali legate alla lotta tra le classi sociali. Genera e si nutre di squilibri che non si risolvono da soli. La fase attuale del sistema sembra mostrare l’esaurimento delle soluzioni adottate di recente, come la crescita della finanza e la globalizzazione spinta. Questo porta a una transizione verso un mondo con più centri di potere, generando nuove tensioni e incertezze a livello globale.Ma il sottosviluppo è davvero solo una conseguenza della dipendenza esterna?
Il capitolo pone l’accento sul meccanismo di sfruttamento globale come causa principale del sottosviluppo. Tuttavia, questa visione rischia di trascurare il ruolo cruciale dei fattori interni ai paesi periferici, come la qualità delle istituzioni, la governance, la corruzione e le politiche economiche nazionali. Per avere un quadro più completo, è indispensabile considerare anche le analisi che provengono dalla scienza politica e dall’economia dello sviluppo, esplorando autori che hanno studiato la formazione dello stato e l’impatto delle dinamiche politiche interne sul percorso di sviluppo.Abbiamo riassunto il possibile
Se vuoi saperne di più, devi leggere il libro originale
Compra il libro[sc name=”1″][/sc] [sc name=”2″][/sc] [sc name=”3″][/sc] [sc name=”4″][/sc] [sc name=”5″][/sc] [sc name=”6″][/sc] [sc name=”7″][/sc] [sc name=”8″][/sc] [sc name=”9″][/sc] [sc name=”10″][/sc]
