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“Guerra e darwinismo sociale” di Antonello Vergata è un libro che ti fa capire quanto fossero complicate e a volte assurde le idee su come la società funziona, specialmente quando si mischiavano con le teorie di Darwin. Non è solo roba da biologia, ma un casino di pensieri su lotta, competizione e cooperazione applicati agli uomini e alle nazioni. Si parte dal concetto super ambiguo di “darwinismo sociale”, che alcuni usavano per giustificare l’individualismo sfrenato o l’imperialismo, mentre altri, come Kropotkin, ci vedevano l’importanza dell’aiuto reciproco. Vediamo come pensatori tipo Spencer e Darwin stesso provavano ad applicare la selezione naturale all’uomo, a volte preoccupandosi che la civiltà potesse “indebolire” la specie (e qui entra in gioco l’eugenetica di Galton). Ma il focus principale è la guerra: era vista come una specie di selezione naturale che rafforzava i popoli, o al contrario come qualcosa che eliminava i migliori e portava alla degenerazione? Il libro esplora questi dibattiti, che hanno infiammato l’Europa, soprattutto in Francia e Germania, legandosi a idee di nazionalismo e superiorità razziale. È affascinante vedere come, alla fine, ideologie come il fascismo e il nazismo abbiano usato concetti di lotta e razza, ma spesso staccandosi dal biologismo puro per abbracciare miti, volontà e idee spirituali, dimostrando quanto fosse contorta e strumentale l’applicazione di queste teorie alla realtà sociale e politica.Riassunto Breve
Concetti come lotta per l’esistenza e selezione naturale, presi dalla biologia, vengono applicati allo studio della società umana. Questo uso, chiamato darwinismo sociale, è un termine apparso nel 1880, ma è ambiguo e usato per indicare idee diverse, dall’individualismo estremo all’imperialismo e all’eugenetica. Molti criticano l’applicazione fatta da altri, non l’idea in sé. Herbert Spencer è considerato un precursore, sostenendo il *laissez-faire* e credendo nell’ereditarietà dei caratteri acquisiti; vede la concorrenza individuale come motore di progresso. Charles Darwin applicò la selezione all’uomo, includendo facoltà mentali e morali. Riconosce la lotta per il progresso ma nota che la civiltà (medicina, assistenza) può ostacolare la selezione naturale, mostrando ambivalenza tra la dura selezione e la “simpatia”. Considera l’eugenetica moderata ma dubita che sia realizzabile. Altri, come Greg e Galton, si preoccupano della sopravvivenza dei meno adatti nelle società civili. Galton fonda l’eugenetica per migliorare la popolazione, privilegiando l’ereditarietà sull’educazione. Questa preoccupazione si lega al nazionalismo e all’imperialismo. Una visione opposta, come quella di Kropotkin, enfatizza la cooperazione e l’aiuto reciproco come fattori chiave dell’evoluzione sociale. Riguardo alla guerra, alcuni la vedono come motore di progresso nelle prime fasi sociali, imponendo disciplina e selezionando i più forti o organizzati. Molti però credono che la guerra diventi obsoleta e dannosa, un atavismo barbarico. Darwin introduce l’idea di selezione di gruppo, dove la coesione di una tribù porta alla vittoria. Le applicazioni dei concetti darwiniani alla società sono diverse e spesso in conflitto, riflettendo dibattiti su individualismo, ruolo dello Stato e natura umana.Nel periodo successivo a Darwin, si discute sugli effetti biologici della guerra. Alcuni sostengono che la guerra sia selezione naturale, rafforzando nazioni e individui migliori. Questa visione considera la guerra un motore di progresso. Altri, pur accettando il legame tra biologia e società, concludono che la guerra moderna è disgenica: elimina i più sani e intelligenti, lasciando i meno adatti a riprodursi, portando a un deterioramento della razza. Questa tesi è usata anche da pacifisti. Il dibattito è complesso, mescolando valori e fatti, applicando determinismo biologico a fenomeni sociali. L’idea della lotta si applica anche tra nazioni, giustificando imperialismo e guerra aggressiva come necessità biologica o prova di valore nazionale. Questo avviene in Germania e in paesi anglosassoni, unendo idee darwiniane a concetti preesistenti di superiorità razziale. Spesso, le idee darwiniane danno una veste scientifica a convinzioni nazionaliste o razziste già esistenti, semplificando il concetto originale.Dopo la sconfitta del 1871, in Francia si riflette sulla decadenza nazionale, vista come conseguenza di materialismo e democrazia. La guerra è considerata necessaria per il progresso, uno stimolo contro l’apatia e una lotta per la vita tra nazioni, legando vigore intellettuale e morale a quello fisico. In Germania, la difesa della guerra spesso non è darwiniana. La guerra è vista come principio dinamico della storia, non riducibile a lotta biologica, ma lotta per potenza e libertà. Si critica il darwinismo come visione meccanica. La guerra è un fenomeno umano peculiare, radicato in un impulso all’attività, che promuove lo spirito comunitario. Durante la Prima Guerra Mondiale, gli intellettuali tedeschi difendono la guerra come lotta per la *Kultur* (valori spirituali, comunità) contro la *Zivilisation* (materialismo, individualismo). Il militarismo è essenziale per proteggere la *Kultur*. Le ideologie fasciste e naziste, pur enfatizzando lotta e razza, spesso non si basano su darwinismo biologico rigoroso. Il razzismo nazista è più un mito del sangue, una sintesi mistica. Anche in Italia, l’apologia della guerra si concentra su vitalismo, eroismo e rigenerazione spirituale. Il concetto di *Lebensraum* si integra con idee razziali e geopolitiche, ma il fondamento non è strettamente biologico-darwiniano. Hitler applica concetti di lotta e selezione alle razze in termini di volontà della natura o del creatore, con un razzismo intriso di miti.Dopo la Prima Guerra Mondiale, si rifiuta il pacifismo. La guerra è vista come forza che distrugge e rinnova, rivelando la realtà eterna di nazione e razza. Questa visione rigeneratrice si manifesta nell'”arditismo”, che esalta l’attivismo violento e il coraggio. Mussolini esalta lotta e violenza, viste come essenziali per rivelare virtù umane. Inizialmente mostra interesse per darwinismo e nietzschianesimo, ma critica la casualità della selezione naturale, proponendo un’evoluzione guidata da volontà e coscienza. Successivamente, si allontana da spiegazioni biologiche o economiche, enfatizzando motivazioni morali e spirituali. Il fascismo si presenta come dottrina spirituale e attivistica che rifiuta pace perpetua ed egualitarismo. Le ideologie fascista e nazista non si fondano principalmente su darwinismo sociale o biologismo, ma su visioni mitiche e volontaristiche. Le giustificazioni della guerra attingono a temi tradizionali. La guerra mondiale contribuisce a indebolire il darwinismo militarista. Comprendere la natura umana richiede di considerare la biologia con spirito critico, evitando semplificazioni. Affrontare la realtà, anche quella sgradevole, è necessario.Riassunto Lungo
1. Le Molte Facce dell’Evoluzione Sociale
Il darwinismo sociale usa concetti come la lotta per esistere e la selezione naturale per capire come funziona la società. Questa idea, nata intorno al 1880, non è sempre chiara e viene spesso usata in modo negativo per descrivere diverse posizioni, che vanno dall’idea che ognuno pensi solo a sé stesso (individualismo estremo) all’idea di espandere il proprio potere su altri popoli (imperialismo) o di migliorare la razza umana (eugenetica). Molte persone criticavano come gli altri usavano questi concetti, più che i concetti in sé.Le Idee di Herbert Spencer
Prima ancora che le idee di Darwin si diffondessero, Herbert Spencer sosteneva un’economia basata sul laissez-faire, cioè sulla libertà totale del mercato senza interventi dello Stato. Credeva che la natura stessa, con le sue difficoltà, selezionasse i più adatti, migliorando la popolazione. Quando accettò l’evoluzione, Spencer seguì le idee di Lamarck, pensando che i cambiamenti acquisiti durante la vita potessero essere trasmessi ai figli. Per lui, la selezione naturale era meno importante. Spencer pensava che la competizione tra le persone fosse un motore di progresso, perché spingeva a migliorare le proprie capacità, mentre l’aiuto dello Stato era visto come un ostacolo dannoso.Darwin e l’Uomo
Anche Charles Darwin, nel suo libro L’origine dell’uomo del 1871, parlò di come la selezione naturale si applicasse agli esseri umani, considerando anche le capacità mentali e il senso morale. Riconosceva che la lotta per esistere era importante per il miglioramento, ma vedeva anche un problema: la civiltà, con la medicina e l’aiuto verso chi era in difficoltà, poteva rallentare o bloccare la selezione naturale. Darwin aveva un’idea complessa su questo: considerava la “simpatia”, cioè la capacità di provare compassione, come un risultato positivo dell’evoluzione, ma allo stesso tempo capiva che era in contrasto con la selezione più dura. Pensava all’eugenetica, un modo per migliorare la popolazione, ma non era sicuro che fosse davvero possibile metterla in pratica.Preoccupazioni sulla Società e l’Eugenetica
Altre persone videro le cose in modo diverso. Alcuni, come Greg e Galton, erano preoccupati che nelle società più avanzate sopravvivessero anche le persone meno adatte, a causa dell’aiuto reciproco e della medicina. Galton, in particolare, creò l’eugenetica con lo scopo di intervenire attivamente per migliorare la popolazione umana. Per lui, l’ereditarietà (ciò che si riceve dai genitori, nature) era molto più importante dell’educazione (ciò che si impara, nurture) nel determinare le qualità di una persona. Questa preoccupazione per il miglioramento della popolazione si unì spesso alle idee di nazionalismo e di espansione (socialimperialismo), portando a pensare che lo Stato dovesse intervenire con riforme per rendere la nazione più forte nella competizione con gli altri paesi.L’Importanza della Cooperazione
C’era anche un’idea contraria, che metteva l’accento sulla collaborazione. Kropotkin, ad esempio, era convinto che l’aiuto reciproco tra gli individui fosse il motore principale dell’evoluzione, soprattutto quando si trattava di sopravvivere in ambienti difficili. Per lui, la capacità di vivere in gruppo e il senso di ciò che è giusto erano caratteristiche innate, che derivavano dagli istinti degli animali. Anche in Francia, chi seguiva le idee di Lamarck promuoveva la solidarietà. Essi vedevano la “lotta” non come competizione tra individui, ma come uno sforzo comune per migliorare l’ambiente sociale e biologico, pensando che questi miglioramenti potessero essere trasmessi alle generazioni future.La Guerra e l’Evoluzione Sociale
Un altro punto di discussione riguardava la guerra. Alcuni pensavano che, nelle prime fasi della società, la guerra fosse un elemento che portava al progresso, perché imponeva disciplina e faceva emergere i gruppi più forti o meglio organizzati. Questa idea era sostenuta da pensatori come Bagehot, Spencer e Molinari. Però, molti altri credevano che, una volta superate quelle prime fasi, la guerra perdesse la sua utilità e diventasse solo un qualcosa di vecchio e dannoso, un ritorno a tempi più barbari, come pensava Letourneau. Darwin stesso osservò che la guerra aveva un effetto negativo sulla selezione naturale, perché spesso morivano i soldati migliori e più coraggiosi. Però, introdusse anche l’idea che la selezione potesse avvenire a livello di gruppo: una tribù più unita e con un forte senso morale poteva avere più probabilità di vincere e sopravvivere rispetto a una meno coesa.Ma davvero la ‘lotta per l’esistenza’ e la ‘selezione naturale’, concetti nati per spiegare la biologia, possono essere usati per giustificare politiche sociali ed economiche, o persino l’eugenetica?
Il capitolo presenta diverse applicazioni del darwinismo sociale, evidenziando come concetti biologici siano stati usati per interpretare e giustificare fenomeni sociali complessi, dalla competizione economica all’eugenetica. Tuttavia, il capitolo non esplora a fondo le profonde critiche logiche ed etiche mosse a questa trasposizione. Applicare direttamente principi biologici a società umane, con le loro strutture culturali, morali ed economiche uniche, è un salto concettuale che richiede un’analisi critica ben più rigorosa. Per approfondire le obiezioni a questo approccio e le alternative proposte, è fondamentale studiare la sociologia, l’etica e la filosofia politica. Autori come Émile Durkheim, Karl Polanyi o Martha Nussbaum offrono prospettive essenziali sulla complessità delle società umane e sui limiti del riduzionismo biologico in ambito sociale.2. La guerra come selezione naturale o degenerazione
Dopo le teorie di Darwin sull’evoluzione, si confrontarono diverse idee sugli effetti biologici delle guerre. Alcuni pensavano che i conflitti armati agissero come una selezione naturale, rafforzando le nazioni e migliorando le qualità fisiche e morali delle persone. Vedevano la guerra come una lotta per l’esistenza capace di selezionare gli individui migliori. Questa visione considerava la guerra un modo per far progredire la società, mettendo alla prova l’efficienza e i valori di un popolo. Anche la coscrizione obbligatoria era vista come uno strumento utile per questo obiettivo biologico, capace di individuare e rafforzare i membri più validi della comunità.La guerra come causa di indebolimento
Altri invece, pur accettando l’idea che biologia e società fossero legate, arrivavano a conclusioni opposte. Credevano che la guerra moderna, con le sue armi e strategie, avesse un effetto negativo sulla popolazione, un effetto “disgenico”. Secondo loro, la guerra eliminava i più sani, i più coraggiosi e i più intelligenti, che erano i primi a morire in battaglia. Questo significava che i meno adatti al servizio militare sopravvivevano più facilmente e si riproducevano, portando a un indebolimento generale della “razza” o della popolazione nazionale. Anche alcuni gruppi pacifisti usavano questa tesi, preoccupati per il peggioramento delle qualità fisiche e morali della nazione.La complessità del confronto
La discussione su questi temi era complicata e piena di punti di vista diversi e a volte contraddittori. Spesso si mescolavano opinioni personali e dati di fatto, cercando di spiegare fenomeni sociali complessi solo con leggi biologiche. Era difficile separare l’analisi scientifica dalle convinzioni politiche o morali preesistenti. La mancanza di chiarezza sulle teorie dell’ereditarietà in quel periodo rendeva la discussione ancora più difficile da seguire e portava a interpretazioni contrastanti. Questa confusione di piani rendeva il dibattito particolarmente acceso e poco risolutivo.La lotta tra nazioni
L’idea della lotta per l’esistenza non fu applicata solo agli individui all’interno di una nazione, ma anche ai rapporti tra le nazioni stesse. Fu usata per giustificare l’espansione coloniale e le guerre aggressive, presentandole come una necessità biologica o una dimostrazione del valore e della forza di una nazione. Questo modo di pensare si diffuse sia in Germania, con interpretazioni particolari delle idee di Darwin che portarono al cosiddetto “darwinismo alla tedesca”, sia in paesi come l’Inghilterra o gli Stati Uniti, dove concetti simili si unirono a idee preesistenti sulla superiorità di certi popoli o sul loro “destino manifesto” di dominio. Questa applicazione del darwinismo sociale fornì una presunta base scientifica all’imperialismo.L’uso distorto delle idee
Molte volte, le idee di Darwin furono usate per dare un aspetto scientifico a convinzioni che esistevano già, come il nazionalismo spinto, il razzismo o l’idea di un impero in espansione. Queste idee venivano spesso distorte o semplificate per servire scopi politici o sociali specifici. Si semplificava il concetto originale di lotta per l’esistenza per farlo combaciare con visioni del mondo già formate e predeterminate. Questa discussione mostrava una grande confusione tra quelle che si pensava fossero leggi della natura e quelli che invece erano semplicemente valori, ideologie o pregiudizi sociali del tempo.Ma davvero si pensava che la guerra, un fenomeno umano complesso, potesse funzionare come una banale selezione biologica per migliorare o peggiorare la “qualità” di una nazione?
Il capitolo descrive un dibattito che mescola pericolosamente biologia, sociologia e ideologia. L’idea che la guerra possa agire come una selezione naturale per migliorare la “razza” o la popolazione nazionale è una semplificazione grossolana e fuorviante dei principi evolutivi. La selezione naturale opera su tratti ereditabili che influenzano la sopravvivenza e la riproduzione in un dato ambiente su scale temporali molto lunghe, non su qualità effimere o non genetiche in un contesto artificiale e distruttivo come la guerra moderna. Questa applicazione distorta del darwinismo ignora la complessità della genetica umana e i molteplici fattori sociali, economici e tecnologici che determinano l’esito di un conflitto e la sopravvivenza degli individui. Per comprendere la fallacia di questo approccio, è utile approfondire la biologia evoluzionistica, la sociologia e la storia del pensiero scientifico, leggendo autori che hanno criticato il darwinismo sociale, come Stephen Jay Gould.3. La lotta per lo spirito e il mito del sangue
Dopo la sconfitta del 1871, in Francia si riflette sulla decadenza del paese. Questa decadenza viene vista come una conseguenza del materialismo e della democrazia, che avrebbero indebolito la disciplina e la capacità di difesa della nazione.La guerra, in questa visione, è considerata una condizione necessaria per il progresso. È uno stimolo potente contro l’apatia e il materialismo tipico della borghesia. La guerra viene anche vista come una vera e propria lotta per la vita tra le nazioni. Questa prospettiva lega strettamente il vigore intellettuale e morale a quello fisico, portando all’idea di una selezione naturale che favorirebbe una razza superiore.
Le idee sulla guerra in Germania
In Germania, la difesa della guerra si basa spesso su argomenti che non derivano dal darwinismo, e a volte sono addirittura apertamente contrari ad esso. La guerra è vista come un principio dinamico che muove la storia, non riducibile a una semplice lotta biologica o economica. È piuttosto una lotta per la potenza e la libertà.Si critica il darwinismo perché considerato una visione meccanica e utilitaristica della vita, che riflette una mentalità orientata al commercio. La guerra è vista come un fenomeno profondamente umano, che nasce da un impulso spontaneo all’attività e alla crescita, non solo alla conservazione. È considerata la manifestazione di una forza vitale che va oltre l’individuo singolo, che promuove lo spirito di comunità e che rende nobile la violenza.
La Prima Guerra Mondiale e il confronto tra Kultur e Zivilisation
Durante la Prima Guerra Mondiale, gli intellettuali tedeschi difendono il conflitto presentandolo come una lotta per la Kultur contro la Zivilisation. La Kultur rappresenta i valori spirituali, il senso di comunità e la disciplina, mentre la Zivilisation è associata al materialismo, all’individualismo e all’economismo.Il militarismo è considerato essenziale per proteggere la Kultur. La guerra è vista come un’esperienza capace di trasformare profondamente le persone, rivelando l’essenza più profonda del popolo e creando un forte senso di comunità e di sacrificio collettivo.
Fascismo, Nazismo e il mito del sangue
Le ideologie fasciste e naziste, pur mettendo in grande risalto il concetto di lotta e di razza, spesso non si fondano su un’applicazione rigorosa del darwinismo biologico. Il razzismo nazista, come viene espresso da Rosenberg, è più un “mito del sangue”, una sintesi che mescola misticismo e spiritualità, piuttosto che un concetto puramente biologico.La storia, in questa visione, è interpretata come una lotta continua tra razze diverse, ognuna con un’anima differente. Anche in Italia, l’esaltazione della guerra, portata avanti da movimenti come i futuristi o i nazionalisti, si concentra sul vitalismo, sull’eroismo e sulla rigenerazione spirituale, piuttosto che su argomenti di tipo biologico.
Il concetto di Lebensraum (spazio vitale) si sviluppa integrando idee razziali e geopolitiche, ma il suo fondamento non è strettamente biologico-darwiniano. Anche Hitler, pur parlando di lotta e selezione, applica questi concetti alle razze in termini di volontà della natura o del creatore. Il suo razzismo è intriso di miti e idealismo, non si basa sulla scienza biologica.
[/membership]Affermare che la guerra è una “forza vitale” o “rigenerazione spirituale” non è forse un modo per mascherare la sua intrinseca brutalità e irrazionalità dietro un velo mistico?
Il capitolo evidenzia come le giustificazioni della guerra si siano spesso allontanate da argomenti strettamente biologici, abbracciando concetti come vitalismo o “mito del sangue”. Tuttavia, affidarsi a idee quali “forza vitale” o “spirito della nazione” sposta il dibattito su un piano difficile da analizzare razionalmente o verificare empiricamente. Questa mancanza di un fondamento concreto rende tali argomentazioni potenzialmente più insidiose, poiché fanno leva sull’emozione e sulla credenza piuttosto che sulla ragione. Per comprendere come queste giustificazioni non razionali possano influenzare il pensiero e l’azione politica, è utile approfondire gli studi sulla psicologia delle masse, la retorica politica e la filosofia della guerra. Autori come Gustave Le Bon, Carl Schmitt, o pensatori che hanno analizzato il ruolo del mito nella società, come Ernst Cassirer, possono offrire prospettive preziose.4. La Guerra, la Volontà e il Mito
Dopo la Prima Guerra Mondiale, si fa strada un modo di pensare che respinge l’idea di pace e le organizzazioni internazionali. La guerra viene vista come una forza potente, capace di distruggere i vecchi schemi e di portare un rinnovamento nel mondo. Non è solo distruzione, ma una vera rivoluzione che svela la realtà profonda della nazione e della razza, superando le visioni che puntano sull’unione tra i popoli. Questa idea di guerra come forza rigeneratrice prende forma nel movimento chiamato “arditismo”.Lo spirito dell’arditismo
L'”arditismo” esalta l’azione violenta e il coraggio del singolo. Chi ne fa parte disprezza l’ordine stabilito e la disciplina tradizionale. Il loro obiettivo è portare nella vita di tutti i giorni lo spirito combattivo e intenso vissuto nelle trincee. È un movimento che cerca di mantenere viva l’energia e la determinazione mostrate durante il conflitto, applicandole alla società civile.Le idee di Mussolini sulla violenza e l’evoluzione
Anche Mussolini condivide l’esaltazione della lotta e della violenza. Per lui, la violenza è fondamentale per far emergere le qualità migliori delle persone ed è una parte naturale della vita. Inizialmente, mostra interesse per le teorie di Darwin sull’evoluzione, mescolandole con le idee di Nietzsche sulla forza. Tuttavia, critica alcuni aspetti del darwinismo, come l’idea che i cambiamenti avvengano per caso e che la selezione naturale sia solo la sopravvivenza del più forte. Propone invece che l’evoluzione sia guidata dalla volontà e dalla consapevolezza, e vede la selezione più come l’eliminazione di chi non è adatto a progredire.Dal biologismo alle motivazioni spirituali
In seguito, Mussolini si allontana dalle spiegazioni basate sulla biologia o sull’economia per giustificare la violenza e la guerra. Inizia a mettere l’accento su ragioni di tipo morale, spirituale e sentimentale. Il fascismo si presenta così come una dottrina basata sullo spirito e sull’azione, che rifiuta l’idea di una pace eterna e l’uguaglianza tra le persone tipica della democrazia. Al contrario, sostiene che la disuguaglianza tra gli uomini sia un fatto positivo e utile.Le basi del fascismo e del nazismo
Le ideologie fascista e nazista non si basano principalmente sulle teorie del darwinismo sociale o sulla biologia. Si fondano invece su visioni che mescolano mito e volontà. Le ragioni che danno per giustificare la guerra riprendono temi del passato, spesso rielaborati in modo nuovo. La Prima Guerra Mondiale contribuisce a indebolire l’idea che il darwinismo giustifichi la guerra. Il legame tra la biologia e lo studio dell’uomo e della società rimane un argomento complesso. Per capire a fondo la natura umana, è importante considerare anche gli aspetti biologici, ma sempre con un approccio critico, evitando di semplificare troppo. Affrontare la realtà così com’è, anche quando è difficile, è essenziale per poter costruire un futuro migliore per tutti.Se il capitolo afferma che fascismo e nazismo si basano su mito e volontà piuttosto che su biologia o darwinismo sociale, come si concilia questo con l’idea, menzionata in precedenza, che la guerra riveli la “realtà profonda della nazione e della razza”?
Il capitolo presenta un quadro in cui le giustificazioni per la violenza e la guerra si spostano da basi biologiche a motivazioni spirituali e mitiche. Tuttavia, la persistenza del concetto di “razza” come elemento rivelato dalla guerra suggerisce che le idee biologico-razziali, seppure non nel senso stretto del darwinismo sociale, mantenessero un ruolo significativo nella costruzione ideologica. Per comprendere meglio questa complessa interazione tra mito, volontà e concetti pseudoscientifici di razza, può essere utile approfondire la storia delle idee politiche del Novecento e la sociologia storica, leggendo autori come Emilio Gentile o George Mosse.Abbiamo riassunto il possibile
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